Lezione F Flashcards

0
Q

Da quali fasi distinte è scandita la risposta anticorpale ?

A

La risposta anticorpale è una risposta specifica che segue un determinato ordine cronologico: nel momento in cui un antigene viene a contatto con il nostro sistema immunitario, si differenziano i linfociti B, i quali andranno a trasformarsi in plasmacellule e nella risposta che viene definita primaria, verranno prodotte le IgM. Nel corso della storia evolutiva dell’infezione si ha una risposta secondaria con la produzione di IgG.
Applicando le reazioni sierologiche possiamo in definitiva dare una risposta qualitativa e quantitativa della classe di immunoglobuline G o della classe di immunoglobuline M. Quindi possiamo dire se ce n’è, quanto ce n’è, e se sono immunoglobuline dell’infezione primaria oppure se sono immunoglobuline prodotte dall’infezione secondaria. (Per risposta primaria si intende la produzione di anticorpi quando un antigene penetra per la prima volta in un organismo. Per risposta secondaria si intende la produzione di anticorpi quando lo stesso antigene penetra per la seconda volta nell’organismo.)

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1
Q

Su quale concetto fondamentale si basano le reazioni sierologiche ?

A

Le reazione sierologiche si basano su un concetto fondamentale, ovvero la formazione dell’immunocomplesso, cioè un aggregato fra due tipologie di molecole che sono l’antigene e l’anticorpo.

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2
Q

Quale evento molecolare è l’oggetto delle indagine sierologica ?

A

In definitiva la reazione sierologica è una reazione che mette in evidenza la formazione dell’immunocomplesso, ovvero l’unione tra l’antigene e l’anticorpo. Questa reazione può essere dimostrata mettendo a contatto un siero in cui si presume ci possano essere degli anticorpi, con un determinato antigene (antigene microbico, proteina di un virus, proteina di un batterio, polisaccaride di un batterio ad es.).
La reazione sierologica è quindi una reazione la quale, mettendo a contatto un siero contenente o che si presume possa contenere anticorpi, con un determinato antigene, permette di apprezzare l’avvenuta formazione dell’immunocomplesso. I reagenti delle reazioni sierologiche sono due: il siero a contenuto anticorpale noto o presunto, e l’antigene. Di questi due reagenti uno deve essere sempre noto. L’avvenuta formazione dell’immunocomplesso, visivamente apprezzabile, identifica automaticamente il parametro incognito.

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3
Q

Perché le indagini sierologiche sono ambivalenti ?

A

Le reazioni sierologiche sono ambivalenti poichè esse permettono:
• disponendo di un antigene noto, di dimostrare in un siero la presenza di anticorpi verso quel determinato antigene;
• disponendo di un siero contenente un anticorpo noto, di dimostrare in un materiale la presenza dell’antigene corrispondente.
I reagenti delle reazioni sierologiche sono due: il siero a contenuto anticorpale noto o presunto, e l’antigene.
Di questi due reagenti uno deve essere sempre noto. L’avvenuta formazione dell’immunocomplesso, visivamente apprezzabile, ci identifica automaticamente il parametro incognito.

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4
Q

In cosa differiscono due batteri della stessa specie che hanno un “sierotipo” differente ?

A

Vi sono alcuni tipi di batteri che presentano dei sierotipi diversi, ovvero che hanno degli antigeni diversi nell’ambito della stessa specie, pertanto evocheranno la formazione di diverse tipologie di anticorpi ognuno specifico per quel determinato antigene.
Se si hanno ad esempio due Streptococchi, uno di gruppo A e uno di gruppo B, nonostante siano entrambi Cocchi Gram-positivi e determinano patologie simili, presentano un fattore distintivo, ossia un polisaccaride che è antigenicamente diverso. Quindi in vitro si potrà discriminare avendo un siero immune a quale gruppo antigenico si sta facendo riferimento, cioè di quale sierotipo è quel determinato batterio.

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5
Q

Quando si ricercano nel paziente determinati anticorpi si sta’ effettuando una tecnica di diagnostica diretta o indiretta ?

A

Di contro si può fare una diagnostica indiretta delle malattie da infezione perché si va a cercare nel siero del paziente una traccia dell’avvenuta infezione causata da quel microrganismo invece di voler ricercare il microrganismo vero e proprio. Ad esempio l’epatite B, una malattia da infezione causata da un virus che quando entra a contatto con l’organismo evoca una risposta immunitaria. Nell’organismo verranno prodotti diverse tipologie di anticorpi ognuno diretto contro ogni antigene del virus capace di avere questa qualità. Se il virus dell’epatite B ha quindi ad esempio cinque antigeni diversi, si ritroveranno cinque tipologie di anticorpi ognuno specifico per ognuna di queste cinque proteine.

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6
Q

In cosa differiscono le indagini sierologiche dirette ed indirette ?

A

La diagnostica indiretta è in contrapposizione con la diagnosi diretta, fondamentale in microbiologia, la quale si occupa di dimostrare che in un determinato campione biologico è avvenuta un’infezione mettendo in evidenza direttamente il microrganismo patogeno che ha causato l’infezione.

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7
Q

Quali interazioni chimiche determinano la formazione dell’immunocomplesso ? Quali parametri condizionano la stabilità di questo legame ?

A

La reazione tra antigene e anticorpo è caratterizzata tre tipi di interazioni:
- Interazioni tra gruppi ionici con cariche opposte;
- Interazioni di Van Der Waals, cioé attrazione tra atomi;
- Legami idrogeno, cioè interazioni tra gruppi polari non ionici.
Questo legame non è quindi un legame forte, stabile per sempre, e perché avvenga in vitro è necessario che si mantengano delle condizioni ottimali, condizioni ottimali che riguardano la temperatura, il pH e la concentrazione salina.
È molto importante anche la concentrazione dei due reagenti: se si ha un siero con pochissimi anticorpi sarà difficile mettere evidenza l’immunocomplesso. Quindi è importante sia la concentrazione degli antigeni che quella degli anticorpi, così importante da condizionare alcune reazioni sierologiche.

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8
Q

Che influenza hanno la sensibilità e la specificità delle reazioni sierologiche sulle pratiche diagnostiche ?

A

Queste reazioni sierologiche hanno come tutte le reazioni applicate in diagnostica dei limiti dettati dalla loro sensibilità e dalla loro specificità.
La Sensibilità riguarda la capacità di quella tecnica di mettere in evidenza anche piccole quantità di analiti.
La Specificità ci da l’idea di quanto sia specifico il legame di un anticorpo per un determinato antigene e non per altri.

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9
Q

Cos’è un epifenomeno ? A cosa si ricorre se una determinata interazione antigene anticorpo non determina un epifenomeno ?

A

Quando l’antigene reagisce con l’anticorpo, e in qualche caso si ha un epifenomeno cioè un fenomeno visibile ad occhio nudo, mentre in altri casi bisogna fare un aggiunta per metterlo in evidenza.
L’epifenomeno si riferisce a quelle reazioni sierologiche il cui effetto è visibile, è un fenomeno che sta al di sopra della reazione. Quando non c’è un epifenomeno naturale vengono messe in atto alcune tecniche artificiali che alla fine determinano ugualmente un epifenomeno.

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10
Q

Qual’è la definizione di antigene ? Come si definiscono la “antigenicità” è la “immunogenicità” ?

A

Si definiscono antigeni tutte quelle sostanze che, introdotte nell’organismo, sono in grado di indurre l’attivazione del sistema immunitario con la produzione di anticorpi o con l’innesco di una reazione cellulo-mediata e di reagire specificatamente con gli anticorpi di cui hanno” indotto la produzione o con le cellule effettrici della risposta immunitaria cellulo-mediata (la reazione cellulo-mediata, ossia l’attivazione della branca T linfocitaria del nostro sistema immunitario non rientra nello studio delle reazioni sierologiche).
Un antigene risulta definito da due principali funzioni:
~ l’immunogenicità, cioè la capacità di stimolare il sistema immunitario.
~ l’antigenicità o specificità di combinazione, ossia la capacità di reagire specificatamente con gli anticorpi o con le cellule di cui ha indotto la formazione.

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11
Q

Perché un aptene possiede antigenicità ma non immunogenicità ? Di cosa ha bisogno per stimolare il sistema immunitario ?

A

Si definisce “aptene” una sostanza capace di reagire con l’anticorpo, ma dotata solo della specificità di combinazione, senza però essere in grado di stimolare il sistema immunitario a meno di non venire introdotta insieme ad un veicolo immunogeno. Per indurre la risposta anticorpale, un aptene deve essere coniugato con un “carrier”, che da corpo all’aptene rendendolo immunogeno.
Sull’aptene, quindi, sono quindi presenti i determinanti antigenici e questo concetto si applica in alcuni tipi di vaccinazioni.

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12
Q

Quali sono i parametri che rendono una sostanza un antigene, dotata cioè sia di antigenicità che di specificità ?

A

Perché una sostanza possa definirsi antigene, dotata pertanto di immunogenicità e di antigenicità deve possedere i seguenti:
~ Estraneità, è un concetto fondamentale per l’immunologia che rimanda alla distinzione tra self e non self. Non sempre tuttavia le sostanze estranee sono in grado di stimolare il sistema immunitario e talvolta l’organismo reagisce contro i propri costituenti (malattie autoimmunitarie);
~ Peso molecolare adeguato, perché una sostanza possa essere immunogena deve avere un peso molecolare opportuno (non inferiore a 1000);
~ Stato fisico, esistono antigeni in forma aggregata e antigeni solubili;

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13
Q

Cosa sono gli “epitopi” o “determinanti antigenici” ?

A

I determinanti antigenici o epitopi sono specifiche regioni poste sulla superficie dell’antigene la cui configurazione sterica può essere riconosciuta dal sistema immunitario. Il numero di epitopi per molecola, cioè la valenza dell’antigene può variare moltissimo.

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14
Q

Come influenzano pH, temperatura e concentrazione salina (forza ionica), sulla velocità di formazione dell’immunocomplesso ?

A

La reazione antigene - anticorpo è una reazione altamente specifica per cui ogni anticorpo si lega esclusivamente al determinante antigenico del quale ha indotto la formazione, discriminandolo anche tra molecole molto simili. La reazione antigene - anticorpo è tra le più rapide reazioni bimolecolari conosciute, considerata la scarsa probabilità che ogni collisione tra antigene e anticorpo possa portare alla formazione dell’ immunocomplesso.
La velocità della reazione antigene anticorpo è influenzata da:
~ temperatura: aumentando la temperatura aumenta la velocità della reazione a causa della maggiore energia cinetica impressa alle particelle dell’antigene e dell’anticorpo;
~ pH e concentrazione salina del mezzo: la presenza di ioni nel mezzo neutralizza le cariche elettriche favorendo l’incontro tra antigene e anticorpo.

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15
Q

Come si dimostra la formazione dell’Immunocomplesso in vitro ? A quali tecniche bisogna ricorrere se il tipo di reazione non si accompagna ad un “epifenomeno naturale” ?

A

L’avvenuta formazione dell’ immunocomplesso “in vitro” si accompagna a manifestazioni direttamente apprezzabili ad occhio nudo e pertanto può essere dimostrata.
Le reazioni sierologiche che hanno un epifenomeno naturale sono:
~ Reazione di precipitazione;
~ Reazione di agglutinazione;
~ Reazione di fissazione del complemento;
~ Reazioni di neutralizzazione.
Le reazioni che impiegano un tracciante e che implicano una determinazione artificiale dell’epifenomeno sono:
~ Reazioni immunoenzimatiche;
~ Reazioni di immunofluorescenza;
~ Reazioni di immunoblot.

16
Q

Come avviene la formazione del reticolo tra anticorpi e antigene ? Qual’è la differenza tra reazione di agglutinazione e di precipitazione ?

A

Se si hanno una serie di antigeni, per la formazione del reticolo questi anticorpi che hanno due siti combinatori devono trovarsi in concentrazioni ottimali in maniera tale che lo stesso anticorpo possa legare l’epitopo di un antigene con l’epitopo di un altro antigene. Se lo stesso anticorpo che ha due siti si lega a due determinanti antigenici dello stesso antigene non si può formare un reticolo ma si forma un immunocomplesso solubile. Quindi affinché possa avvenire una reazione di precipitazione è necessaria la formazione del reticolo tra gli antigeni solubili e gli anticorpi.
La reazione é quindi molto influenzata dalla reazione dei reagenti.
La differenza tra la reazione di precipitazione e quella di agglutinazione sta proprio nella natura dell’antigene: nell’agglutinazione abbiamo degli antigeni corpuscolati (globuli rossi, batteri, ecc.); nella reazione di precipitazione abbiamo delle proteine ad esempio, dei polisaccaridi, ossia molecole che non hanno un corpo. Si può però rendere corpuscolato un antigene solubile poiché si possono utilizzare globuli rossi o delle particelle di lattice per dare il corpo a questi antigeni solubili. Per fare questo si coniuga l’antigene solubile con qualcosa che ha un corpo, come ad esempio un globulo rosso. Di conseguenza il globulo rosso fungerà da carrier, dando corpo all’antigene, ma l’effetto finale, ovvero l’epifenomeno, sarà una reazione di agglutinazione. Questo non significa che il globulo rosso è l’antigene in questione, ma che l’antigene è diverso; il globulo rosso o la particella di lattice fungono soltanto da supporto per gli antigeni solubili.

17
Q

Reazione di precipitazione: come si svolge ? Descrivi l’andamento della curva di precipitazione in funzione di un aumento della concentrazione dell’antigene con una quantità fissa di anticorpo. Cos’è la zona di equivalenza ?

A

Una reazione di precipitazione si ha quando in un siero immune o presunto tale si va a cimentare con un antigene macromolecolare solubile e la formazione dell’immunocomplesso si evidenza con un precipitato.
La reazione di precipitazione é una reazione che é condizionata fortemente dalla concentrazione degli analiti. In questo tipo di reazione si forma questo immunocompelssso che é un precipitato solubile e visibile. Per comprendere le cause che rendono possibile la formazione di un precipitato insolubile a partire da immunocomplessi solubili è necessario esaminare lo svolgimento della reazione in relazione alla concentrazione relativa dei reagenti. Si puó fare una reazione del genere agendo sulle diluizioni, si puó ad esempio, diluire l’antigene se si vuole cercare l’anticorpo; quindi si diluisce l’antigene e lo si cimenta con questi anticorpi in tre diverse provette dove la concentrazione dell’anticorpo rimane sempre costante e viene variata soltanto quella dell’antigene.
Ci sará una zona in cui si avrá la cosiddetta equivalenza tra antigene e anticorpo e in cui ci sará il massimo del precipitato che si puó avere. Questa zona, detta zona di equivalenza, é dovuta a quelle concentrazioni ottimali che permettono la formazione del reticolo, ovvero permettono il legame degli anticorpi agli antigeni in maniera tale da formare una sorta di scacchiera, che diventa insolubile e precipita. Inoltre si potrà evidenziare come nella prima parte della curva ci sia presenza di anticorpi liberi e nella terza zona siano presenti solo antigeni liberi. Le prime due fasi della curva sono prevedibili, ossia è logico che aumentando la quantità di antigene aumentino gli immunocomplessi che precipitano fino a raggiungere la fase di equivalenza con assenza nel sopranatante di antigeni o anticorpi liberi. Meno prevedibile è il comportamento del precipitato nelle provette della terza zona, dove essendo l’antigene aggiunto in eccesso rispetto all’anticorpo ci si aspetterebbe una quantità di precipitato uguale a quello della zona di equivalenza. Poiché nel sopranatante della terza zona non si ritrovano anticorpi liberi, essi sono tutti legati all’antigene pertanto la diminuzione di precipitato non può avere che una spiegazione: una parte degli immunocomplessi che si formano in presenza di un eccesso di antigene e in quantità proporzionale, sono formati da immunocomplessi solubili. Aumentando la quantità di antigene nella miscela si formeranno piccoli complessi (una molecola di anticorpo legata a due molecole di antigene) che non potranno incrementare la loro dimensione per l’assenza di anticorpo libero, rimanendo quindi in “soluzione” senza formazione di precipitato.
La reazione é quindi molto influenzata dalla reazione dei reagenti. Perché avvenga la reazione di precipitazione ci deve essere una condizione ottimale dell’uno e dell’altro componente, poiché soltanto a queste concentrazioni ottimali si ha la formazione del reticolo, e la sua precipitazione. Ció non puó accadere ne in eccesso di antigene ne in eccesso di anticorpo. La reazione di precipitazione puó avvenire o in mezzo liquido (provetta) o in mezzo solido.

18
Q

Descrivi la reazione di agglutinazione. Quali sono delle importanti applicazioni di quest’ultima alla diagnostica di laboratorio ?

A

Mescolando un siero immune specifico (contenente anticorpi specifici) con antigeni costituiti da elementi cellulari, quali batteri o globuli rossi, si formeranno immunocomplessi che si riuniscono in ammassi voluminosi e visibili ad occhio nudo i quali sedimentano al fondo della provetta. La reazione di agglutinazione pertanto può essere definita come una reazione sierologica in cui un siero immune o presunto tale viene saggiato con un antigene corpuscolato e nella quale la formazione dell’immunocomplesso si palesa con la formazione di ammassi voluminosi (agglutinato che precipita). Il meccanismo che è alla base della formazione degli immunocomplessi nella reazione di agglutinazione è identico a quello che porta alla formazione degli immunocomplessi solubili nella reazione di precipitazione. Ciò che diversifica le due reazioni è dato dalla diversa natura dell’antigene (corpuscolato nel primo caso, solubile nel secondo) e il diverso aspetto del sedimento che sarà più grossolano nella reazione di agglutinazione mentre invece nella reazione di precipitazione apparirà più fine.
Tra i vari tipi di reazioni:
~ Reazione di Vidal (salmonellosi);
~ Reazione di Wright (brucellosi);
~ Reazione di Weil - Felix (rickettsiosi).

19
Q

Come si applica la reazione di agglutinazione alla determinazione classica dei gruppi sanguigni ?

A

Il gruppo sanguigno è una delle numerose caratteristiche di un individuo, ed è geneticamente determinato/ereditato alla nascita e presenta contributi da entrambi i genitori, che viene classificato tramite la presenza o l’assenza di antigeni sulla superficie dei globuli rossi. Questi antigeni possono essere proteine, carboidrati, glicoproteine o glicolipidi a seconda dal sistema di classificazione usato e alcuni di essi sono presenti anche sulla superficie di altri tipi di cellule di vari tessuti.
Nel sistema AB0 esistono quattro diversi gruppi sanguigni:
~ Il gruppo 0 non possiede alcun antigene sulla membrana dei globuli rossi; mentre il plasma sanguigno possiede ambedue le agglutinine.
~ Il gruppo A ha sui globuli rossi la presenza dell’antigene A, mentre nel plasma si riscontra la presenza dell’agglutinina beta (o anti-B);
~ Il gruppo B invece è caratterizzato dalla presenza dell’antigene B sui globuli rossi e dalla presenza dell’agglutinina alfa (o anti-A) nel plasma.
~ Il gruppo AB presenta entrambi gli antigeni sui globuli rossi, ma nessuna agglutinina nel plasma.
La determinazione classica del sistema gruppale ABO si effettua in laboratorio su vetrini. Per ogni determinazione si utilizzano tre vetrini su ciascuno dei quali si pone una goccia del sangue da testare ed una di fisiologica, sul primo vetrino poi si mette una goccia di siero test anti-A, sul secondo di anti-B, sul terzo di anti-AB ricavato da un donatore di gruppo O. Su ciascun vetrino si mescolano le tre componenti (sangue, fisiologica ed antisiero) si bascula per qualche minuto a temperatura ambiente e si legge per una agglutinazione che, se presente, è chiara e massiva.

20
Q

Cos’è una reazione di neutralizzazione ? Come si svolge una reazione di inibizione dell’emoagglutinazone ?

A

La reazione di neutralizzazione è una reazione sierologica in cui un siero immune o presunto tale viene cimentato con una antigene dotato di una attività biologica specifica e nella quale la formazione dell’immunocomplesso è evidenziata dalla perdita dell’attività biologica dell’antigene. Quindi se si ha un antigene che si muove, ad esempio,mun batterio mobile, come il Treponema, ci sono degli anticorpi diretti contro il Treponema che reagiscono con questa cellula batterica bloccandone l’attivitá. In questo modo si ha quindi una reazione di neutralizzazione poiché viene inibita la sua attività biologia ossia la motilità (reazione di immobilizzazione). Altri esempi di reazioni di neutralizzazione sono ad esempio reazioni in cui virus che hanno proteine di superifice con attivitá emoagglutinanti, vengono fatti reagire con degli anticorpi diretti contro queste emoagglutinine e il legame che avverrà tra le emoagglutinine e gli anticorpi bloccherà l’attivitá emoagglutinante del virus stesso. Anche in questo caso si avrá una reazione di neutralizzazione. Questa reazione è utile poiché da la possibilitá di rintracciare degli anticorpi nel siero di un paziente, e per farlo si prende questo virus dotato di emoagglutinine, lo si mette a contatto con il siero immune o presunto tale, così se in questo siero ci saranno anticorpi contro le emoagglutinine avverrá il legame. In una seconda parte della reazione verranno inseriti dei globuli rossi che sedimentano nel fondo della provetta quando nel siero c’é l’anticorpo che ha bloccato l’agglutinina, mentre se non vi sono anticorpi e l’agglutinina non é legata ma si trova libera si legherá alle emazie che agglutineranno (inibizione dell’emoagglutinazione).