Variazione Linguistica Flashcards

1
Q

VARIAZIONE

A

È la capacità di una lingua di variare in base a uno o più parametri extralinguistici (detti VARIABILI SOCIOLINGUISTICHE, di carattere sociale e culturale) e di articolarsi di conseguenza in VARIETÀ diverse.

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2
Q

Cosa corrisponde a ciascuna VARIABILE SOCIOLINGUISTICA?

A

A ciascuna variabile sociolinguistica corrisponde un “asse di variazione” o “DIMENSIONE DI VARIAZIONE SOCIOLINGUISTICA” = dimensione entro la quale la variazione della lingua e suoi mutamenti si esplicano concretamente.

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3
Q

INSIEME DELLE VARIETÀ

A

L’insieme delle varietà presenti in una lingua va a costituire il REPERTORIO LINGUISTICO a disposizione dei parlanti. In corrispondenza di ciascuna dimensione di variazione individuiamo VARIETÀ di lingue differenti.

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4
Q

ASSE DI VARIAZIONE

A

Ogni asse di variazione Individua due poli, alto e basso, tra cui si collocano le varietà che vengono condizionate da quel parametro sociolinguistico.

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5
Q

VARIAZIONE LINGUISTICA

A

concetto che si riferisce alla sincronia (greco “sin” = con insieme, contemporaneità). Identifica la variazione così come si configura attualmente o in un determinato momento della storia di una lingua. Individua le varietà interne e i fattori extralinguistici che contribuiscono ad articolarle.

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6
Q

MUTAMENTO LINGUISTICO

A

concetto che si riferisce alla diacronia (greco “dia” = attraverso + khrònos). Identifica la variazione chi si è verificata nel corso del tempo e fotografa le tappe delle modifiche e le modalità con le quali la variazione si è manifestata. // È la sostituzione, in un certo arco temporale, di una variante con un’altra variante, attraverso una fase in cui le diverse varianti coesistono e si distribuiscono secondo tendenze determinate da fattori sociali (→ Le varianti convivono finché i parlanti non eleggono quella che si afferma e diventa variante esclusiva)
N.B.: I mutamenti linguistici prendono le mosse dalla lingua parlata informale, di uso comune e quotidiano.

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7
Q

ITALIANO

A

lingua romanza/neolatina, continua il latino riprendendo buona parte di forme e strutture.

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8
Q

Esempio di PROCESSO DI MUTAMENTO LINGUISTICO (1)

A
  1. La 1° pers. sing. dell’imperfetto indicativo continuava l’imperfetto latino che aveva come desinenza -AM, con valore di MORFEMA (=sentendo AMAB-AM il parlante comprendeva che il verbo indicava la 1° pers. sing. dell’imperfetto indicativo)
  2. Da -AM si è generato il morfema che in italiano aveva la stessa funzione: -A(M) > -a (AMAB-AM>amav-a) → “-a” morfema italiano
  3. PROBLEMA: il morfema desinenziale di 1° pers. sing. era identico a quello di 3° pers. sing. → l’imperfetto indicativo di 3° pers. sing. continua l’imperfetto latino con morfema desinenziale -AT ⇒ -A(T) > -a (AMAB-AT>amav-a) → “-a” morfema italiano
  4. Se il sogg. non viene espresso è impossibile capire la differenza: sistema poco funzionale, perciò i parlanti italiani apportano un MUTAMENTO → per rendere il sistema verbale più funzionale e differenziare le due persone, i parlanti italiani iniziano a sostituire sempre più spesso nel corso del tempo il morfema “-a” con il morfema “-o” (= le 2 varianti)
  5. Perché il morfema “-o”? Era il morfema della 1° pers. sing. dell’indicativo, derivava dalla desinenza latina -o con valore morfematico: AM-Ō > am-o.
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9
Q

Esempio di PROCESSO DI MUTAMENTO LINGUISTICO (2)

A
  1. La -o della 1° pers. sing. dell’indicativo viene quindi estesa alla 1° pers. sing. dell’imperfetto indicativo, marcando lo con lo stesso morfema, per LIVELLAMENTO ANALOGICO.
  2. Per del tempo i parlanti hanno scelto tra le varianti a seconda dei contesti comunicativi: -a in contesti formali, -o informali.
  3. Il mutamento (io) amava > (io) amavo avviene a livello di lingua parlata e si afferma progressivamente. La lingua scritta tarda ad accogliere io amavo perché la diffusione nell’oralità induce a percepirlo come forma inadeguata agli usi scritti.
  4. Le grammatiche ignorano “io amavo” fino a fine ‘800 nonostante nel parlato fosse ormai affermata e l’altra variante non più usata.
  5. Manzoni, per avvicinare la lingua scritta a una varietà viva e vera, sostituisce le 1° pers. sing. dell’indicativo perfetto in -a presenti nell’edizione del 1827 con la desinenza in -o nell’edizione del 1840.
  6. L’autorevolezza del modello manzoniano porterà ad accogliere il tipo “io amavo” che si generalizza era e verrà inserito nella norma tra fine ‘800 e inizio ‘900.
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10
Q

LIVELLAMENTO ANALOGICO

A

processo di regolarizzazione, consistente nell’allineare sulle stesse caratteristiche, fonologiche o morfologiche, le voci che condividono una stessa funzione grammaticale, con lo scopo di semplificare il sistema verbale o nominale e renderlo più efficiente

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11
Q

VANTAGGI DEL MUTAMENTO DAL PUNTO DI VISTA FUNZIONALE

A

a. Le 1° persone del presente dell’imperfetto sono contrassegnate dallo stesso morfema anziché da due differenti (io amo, io amavo)
b. La 1° e la 3° persona dell’imperfetto indicativo non sono più identiche fra loro (io amavo, egli amava) e c’è una distinzione morfematica che rende il sistema più funzionale permettendoci di non esprimere il soggetto.

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12
Q

VARIAZIONE E VARIABILI

A

Variazione sociolinguistica = variazione che si manifesta in una lingua in uno specifico momento della sua storia in seguito gli effetti delle variabili sociolinguistiche e delle dimensioni di variazioni sociolinguistiche individuabili per ciascuna di queste variabili.

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13
Q
  1. VARIAZIONE DIACRONICA
A

variazione della lingua attraverso il TEMPO. Da essa dipendono le varietà diacroniche e il fenomeno del mutamento (es. italiano del ‘300> italiano di oggi).

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14
Q
  1. VARIAZIONE DIATOPICA
A

variazione della lingua attraverso lo SPAZIO GEOGRAFICO. Da essa dipendono le varietà diatopiche (dialetti italoromanzi primari, dialetti italianizzati, italiani regionali).

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15
Q
  1. VARIAZIONE DIASTRATICA
A

variazione della lingua attraverso gli STRATI SOCIALI E CULTURALI. Da essa dipendono le varietà diastratiche che si differenziano in base alla provenienza sociale del parlante, alla sua estrazione culturale o la sua appartenenza a determinati gruppi sociali (es. italiano popolare o dei semicolti).

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16
Q
  1. VARIAZIONE DIAFASICA
A

variazione in base alla SITUAZIONE COMUNICATIVA. Da essa dipendono le varietà diafasiche che avvengono in base alle situazioni, ai contesti o ai contenuti della comunicazione (es. italiano standard letterario, italiano dell’uso medio, lingue specialistiche = varietà marcata in senso di afasico perché adeguata a un certo contesto comunicativo con figure che condividono le stesse conoscenze in un certo ambito specialistico).

17
Q
  1. VARIAZIONE DIAMESICA
A

variazione della lingua in base al MEZZO FISICO DI CUI CI SI SERVE PER COMUNICARE. Da essa dipendono le varietà diamesiche individuate tra 2 poli estremi: lingua scritta e lingua parlata.

18
Q

FATTORI CHE INCIDONO SU VARIAZIONE MUTAMENTO LINGUISTICO INDIVIDUATI DALLE DIMENSIONI DI VARIAZIONE SOCIOLINGUISTICA

A

1) tempo; 2) spazio geografico; 3) collocazione sociale e culturale del parlante; 4) situazione comunicativa; 5) mezzo con cui viene realizzato il messaggio linguistico.
1)→ Dimensione diacronica; 2) 3) 4) → dimensioni sincroniche che si intersecano con la dimensione diacronica, incidendo sulle singole tappe di un ampio mutamento linguistico avvenuto nei secoli; 5) → dimensione sincronica (visivo-grafico/fonico-acustico)

19
Q

ARCHITETTURA DELL’ITALIANO CONTEMPORANEO - BERRUTO ‘87

A

Berruto cerca di rappresentare graficamente le dimensioni di variazione in un diagramma bidimensionale che cerca di rendere conto dell’inferenza tra le dimensioni:
* usa criteri per classificare le varietà di lingua e collocare ogni produzione linguistica all’interno di uno spazio preciso;
* le dimensioni di variazione si intersecano l’una con l’altra definendo tante varietà diverse;
* ogni variazione è PLURIDIMENSIONALE perché per definirla c’è sempre l’apporto di fattori correlati a diverse dimensioni

20
Q

Cosa sono le DIMENSIONI DI VARIAZIONE?

A

Le dimensioni di variazione sono ASSI lungo e quali le varietà si distribuiscono in successione gerarchica, ai due estremi ci sono la varietà più alta e quella più bassa. Le varietà si dispongono lungo un CONTINUUM che non prevede interruzioni nette ma passaggi graduali e sfumati (uso vivo e concreto).

21
Q
  1. ASSE DIASTRATICO→
A

polo alto= italiano ricercato delle persone colte; polo basso= italiano popolare dei semicolti;

22
Q
  1. ASSE DIAFASICO→
A

polo alto= italiano formale aulico, seguito da italiani usati in contesti formali ma più specifici: italiano tecnico scientifico, italiano burocratico; polo basso= italiano informale trascurato;

23
Q
  1. ASSE DIAMESICO→
A

polo alto= scritto monologico (= rispettoso della norma, prosa letteraria); polo basso= parlato dialogico (=colloquiale); in mezzo= scritto dialogico (testi in prosa), dialoghi scritti (teatro).

24
Q
  1. VARIAZIONE DIATOPICA
A

non è rappresentata perciò non troviamo le varietà dialettali (basse), perché viene reputata come una dimensione di variazione sottointesa a tutte le altre che condiziona in Italia in misura più o meno ampia la variazione lungo tutti gli altri assi (incide soprattutto sulle variazioni del quadrante 4, cioè sulle varietà più parlate che scritte, perché non ci sono le differenze fonetiche. Ma si possono trovare tracce del condizionamento diatopico anche nello scritto.)

25
Q

ITALIANO STANDARD NORMATIVO in Berruto

A

letterario, è collocato tra i diversi assi ma decentrato rispetto all’intersezione: è spostato verso il polo più alto, sia dell’asse diastratico che diafasico che diamesico → dovrebbe essere una variazione neutra ma in realtà essendo stato codificato per la lingua scritta e letteraria ha un grado di formalità maggiore rispetto al parlato, e si manifesta soprattutto nello scritto di persone con cultura medio-alta.

26
Q

ITALIANO NEOSTANDARD in Berruto

A

più vicino al centro perché ha minore formalità, varietà sia scritta che parlata dalle persone colte ma anche di cultura media.

27
Q

INTERFERENZA DELLA DIMENSIONE DIATOPICA SULL’ITALIANO SCRITTO

A

Si verifica nella produzione scritta dei semicolti, persone non istruite o scarsamente istruite che hanno acquisito italiano per via orale (da persone con un livello culturale più alto) e che tentano di maneggiare l’italiano scritto non avendo idea delle sue caratteristiche. Troviamo molti esempi fino ai primi del ‘900, ma anche oggi in alcune categorie di scriventi:
1) bambini in età scolare (elementari e primi anni medie)
2) adulti con un basso livello di scolarizzazione, che hanno scarse occasioni di confrontarsi con l’italiano standard normativo o neostandard parlato e scritto (es. persone di età medio-alta nate e cresciute in paesini; persone che non scrivono spesso in italiano come emigrati all’estero)
3) adulti con un livello di scolarizzazione media (diploma superiore) che tuttavia perdono nel tempo queste competenze a causa del mancato esercizio → ANALFABETISMO DI RITORNO.

28
Q

ESEMPI di interferenza diatopica su ita. scritto

A

-ITALIA SETTENTRIONALE= difficoltà nell’uso di consonanti doppie e scempie → caratteristica dei dialetti settentrionali è lo SCEMPIAMENTO DELLE CONSONANTI INTENSE trasposta nell’italiano scritto (es. capelli> capeli)
- ITALIA CENTRO MERIDIONALE= caratteristica dei dialetti del centro-sud: CONDIZIONAMENTO DELLE GEMINATE INTRINSECHE /bb/ e /ddʒ/ → le consonanti /b/ (di bene) e /ddʒ/ (di gente) quando poste in posizione intervocalica oppure tra vocale e vibrante sono pronunciate sempre intense (es. roba>robba)

29
Q

INTERFERENZA DELLA DIMENSIONE DIATOPICA SULL’ITALIANO PARLATO

A

Parlanti di diverse aree dell’Italia porteranno nelle esecuzioni orali le caratteristiche fonetiche o morfosintattiche del dialetto di origine, ne deriverà un italiano con tratti locali più o meno marcati → ITALIANO REGIONALE.
I tratti sono più o meno evidenti in base al livello socio-culturale del parlante: più è scarsamente acculturato, meno sarà la sua capacità di discernere che cosa fa parte dell’italiano e cosa è frutto del condizionamento nel suo dialetto di origine, quindi i tratti che tradiscono la sua provenienza geografica sono più profondi.

30
Q

ESEMPI di interferenza diatopica su ita. parlato

A
  • LOMBARDIA: A. parlante su livelli medi alti e bassi dell’asse diastratico: /e/ pronunciata chiusa davanti a /n/ (es. béne), ma aperta davanti a l+consonante e davanti a consonante intensa (bèlva).
    B. livello più profondo: morfologia/sintassi → parlante collocato livelli bassi dell’asse diastratico: costrutto diretto anziché indiretto per “avere bisogno”: “ho bisogno una cosa” anziché “ho bisogno di una cosa” (il complemento oggetto non si lega con la preposizione “di” ma direttamente)
  • CALABRIA: A. parlante su livelli medi alti e bassi dell’asse diastratico: le vocali toniche sono solo aperte → italiano marcato in diatopia: [rɛte] ⇒ tratto fonetico della Calabria meridionale che realizza le vocali sempre aperte.
    B. livello più profondo: morfologia/sintassi → parlante collocato livelli bassi dell’asse diastratico: infinito coniugato, cioè il verbo non è all’infinito ma coniugato con la persona che compie l’azione ⇒ “vogghiu mu/ma/mi vaju a casa” = voglio andare a casa; vogghiu = voglio; vaju =vado (coniugato con la persona che vuole compiere l’azione); mu/ma/mi = particella che non si traduce, non ha significato, ma solo la funzione grammaticale di segnalare che il verbo non va interpretato come presente ma come verbo all’infinito → italiano marcato in diatopia: “voglio che vado a casa” (CALCO STRUTTURALE, con “che=mu”), “voglio mu/ma vadu a casa” (CALCO E COMMISSIONE LINGUA DIALETTO, con “voglio→ italiano”, “mu/ma→ particella dialettale”, “vadu→ realizzazione dialettale in forma italianizzata”; ⇒ alcuni parlanti lo percepiscono come italiano).