La Critica della ragion pura Flashcards

1
Q

Che problema affronta Kant nella Critica della ragion pura ?

A

La Critica della ragion pura è sostanzialmente un’analisi critica dei
fondamenti del sapere. E, poiché ai tempi di Kant l’universo del sapere si articolava in
scienza (matematica e fisica) e metafisica, essa prende la forma di un’indagine valutativa
circa queste due attività conoscitive.

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2
Q

A quali domande la Critica cerca di dare risposta ?

A

Le domande fondamentali a cui la Critica cercherà di dare risposta sono:
■ «Come è possibile la matematica pura?»;
■ «Come è possibile la fisica pura?»;
■ «Come è possibile la metafisica in quanto disposizione naturale?».
Consapevole di non potersi accontentare, nel caso della metafisica, di uno studio che si limiti
ad analizzarla come «disposizione naturale», a queste tre domande Kant ne aggiunge
una quarta:
■ «Come è possibile la metafisica come scienza?».
Tuttavia, mentre nel caso della matematica e della fisica si tratta di giustificare una situazione
di fatto, chiarendo le condizioni che le rendono possibili come scienze, nel caso della
metafisica si tratta in realtà di scoprire “se” esistano condizioni tali che possano legittimare
le sue pretese di porsi come scienza, o, viceversa, se essa sia inevitabilmente condannata
alla non-scientificità.

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3
Q

Come concepisce la scienza Kant ?

A

Kant ritiene, contro il razionalismo, che la scienza derivi dall’esperienza, ma ritiene
anche, contro l’empirismo, che alla base dell’esperienza vi siano dei principi inderivabili
dall’esperienza stessa.
In virtù di questi ultimi, essa è anche a priori, cioè universale e necessaria.

Pur derivando in parte dall’esperienza e pur nutrendosene continuamente, la scienza presuppone anche,
alla propria base, alcuni principi immutabili che sono i “pilastri” su cui essa si regge.
I principi di questo tipo sono giudizi sintetici a priori.

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4
Q

Quali sono i giudizi sintetici a priori ?

A

I giudizi sintetici a priori sono:
■ giudizi poiché consistono nel connettere un predicato con un soggetto;
■ sintetici perché il predicato dice qualcosa di nuovo e di più rispetto al soggetto;
■ a priori perché, essendo universali e necessari, non possono derivare dall’esperienza, la
quale, come aveva insegnato Hume, non ci dice, ad esempio, che ogni evento debba necessariamente,
anche in futuro, dipendere da cause, ma solo che finora (nel passato) è stato così.

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5
Q

Quali sono i giudizi analitici a priori ?

A

I giudizi analitici a priori sono giudizi che vengono enunciati a priori, senza bisogno di ricorrere all’esperienza, in quanto in essi il predicato non fa che esplicitare, con un processo di analisi basato sul principio di non-contraddizione, quanto è già implicitamente contenuto nel soggetto.
Pur essendo universali e necessari (a priori), i giudizi analitici a priori sono dunque infecondi, perché non ampliano il nostro preesistente patrimonio conoscitivo.

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6
Q

Quali sono i giudizi sintetici a posteriori ?

A

I giudizi sintetici a posteriori sono giudizi in cui il predicato dice qualcosa di nuovo rispetto al soggetto, aggiungendosi o sintetizzandosi a quest’ultimo in virtù dell’esperienza, cioè a posteriori.
Pur essendo fecondi (sintetici), questi giudizi sono privi di universalità e necessità, perché poggiano
esclusivamente sull’esperienza.

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7
Q

Come sono possibili giudizi sintetici a priori ?

A

Kant risponde a questo interrogativo articolando la sua ipotesi gnoseologica di fondo ed
elaborando una nuova teoria della conoscenza, intesa come sintesi di materia e forma, ossia
di un elemento a posteriori e un elemento a priori:
■ per “materia” della conoscenza si intende la molteplicità caotica e mutevole delle impressioni
sensibili che provengono dall’esperienza (elemento empirico o a posteriori);
■ per “forma” della conoscenza si intende l’insieme delle modalità fisse attraverso cui la
mente umana ordina, secondo determinati rapporti, tali impressioni (elemento razionale
o a priori).
Kant ritiene infatti che la mente filtri attivamente i dati empirici attraverso forme che le
sono innate e che risultano comuni a tutti i soggetti pensanti.
Come tali, queste forme sono a priori rispetto all’esperienza e hanno validità universale e
necessaria, in quanto tutti le possiedono e le applicano allo stesso modo.

L’esistenza nell’uomo di determinate forme a priori universali e necessarie attraverso cui si “incapsulano” i
dati della realtà spiega perché si possano formulare dei giudizi sintetici a priori intorno a essa senza timore di essere smentiti dall’esperienza.

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8
Q

Perché la concezione gnoseologica di Kant è definita “rivoluzione copernicana” ?

A

Come Copernico, per spiegare i moti celesti, aveva ribaltato i rapporti tra lo spettatore e le stelle, e quindi tra la Terra e il Sole, allo stesso modo Kant, per spiegare la scienza, ribalta i rapporti tra soggetto e oggetto, affermando che non è la mente che si modella in modo passivo sulla realtà – nel qual caso non
vi sarebbero conoscenze universali e necessarie – ma la realtà che si modella sulle forme
a priori attraverso cui la percepiamo.

In questo modo Kant fonda l’oggettività della conoscenza nel cuore stesso della soggettività e intende il fondamento del sapere in termini di possibilità e di limiti, cioè conformemente al modo d’essere di quell’ente pensante finito che è l’uomo.

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9
Q

Cosa comporta la nuova ipotesi gnoseologica di Kant ?

A

La nuova ipotesi gnoseologica comporta la distinzione kantiana tra fenomeno
e cosa in sé:
■ il fenomeno è la realtà quale ci appare tramite le forme a priori che sono proprie della
nostra struttura conoscitiva. Esso, dunque, non è un’apparenza illusoria, poiché è un
oggetto, e un oggetto reale, ma è reale soltanto nel rapporto con il soggetto conoscente:
in altre parole, il fenomeno possiede una peculiare oggettività (universalità e necessità),
consistente nel fatto di valere allo stesso modo per tutti gli intelletti strutturati come il
nostro;
■ la cosa in sé è la realtà considerata indipendentemente da noi e dalle forme a priori
mediante le quali la conosciamo. Come tale, la cosa in sé costituisce una «x sconosciuta»,
che rappresenta tuttavia il necessario correlato dell’«oggetto per noi» o fenomeno.

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10
Q

Quali sono le facoltà conoscitive ?

A

Kant distingue tre facoltà conoscitive principali: «Ogni nostra conoscenza scaturisce dai
sensi, da qui va all’intelletto, per finire nella ragione».
■ La sensibilità è la facoltà con cui gli oggetti ci sono dati intuitivamente attraverso i sensi
e tramite le forme a priori di spazio e tempo;
■ l’intelletto (in senso stretto) è la facoltà attraverso cui pensiamo i dati sensibili tramite i
concetti puri o le categorie;
■ la ragione (in senso stretto) è la facoltà attraverso cui, procedendo oltre l’esperienza,
cerchiamo di spiegare globalmente la realtà mediante le idee di anima, mondo e Dio.

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11
Q

Come si divide la Critica della ragion pura ?

A

L’opera si biforca in due tronconi principali:
a) la dottrina degli elementi, che si propone di scoprire, isolandoli, quegli elementi formali
della conoscenza che Kant chiama «puri», o «a priori»;
b) la dottrina del metodo, che consiste nel determinare l’uso possibile degli elementi a priori
della conoscenza, cioè il metodo della conoscenza medesima.

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12
Q

Come si divide la dottrina degli elementi ?

A

La dottrina degli elementi, che è la parte più estesa della Critica, si ramifica a sua volta in
estetica trascendentale e logica trascendentale:
■ l’estetica trascendentale studia la sensibilità e le sue forme a priori dello spazio e del
tempo, mostrando come su di esse si fondi la matematica;
■ la logica trascendentale si sdoppia a sua volta in analitica trascendentale, che studia
l’intelletto e le sue forme a priori (le 12 categorie), mostrando come su di esse si fondi la
fisica; e dialettica trascendentale, che studia la ragione e le sue tre «idee» di anima, mondo
e Dio, mostrando come su di esse si fondi la metafisica.

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13
Q

Qual è il significato di trascendentale ?

A

Kant connette il concetto di trascendentale con quello di forma a priori, la quale, come sappiamo, non esprime una proprietà (ontologica) della realtà in sé, ma solo una condizione (gnoseologica) che rende possibile la conoscenza della realtà fenomenica.
Il principale significato di “trascendentale”, su cui egli ha esplicitamente richiamato l’attenzione, è quello che lo identifica non con gli elementi a priori in quanto tali, ma
con lo studio filosofico dei medesimi.

Pertanto, a rigore, in Kant risultano trascendentali non tanto le forme a priori, quanto le
discipline filosofiche relative a esse (l’estetica trascendentale, l’analitica trascendentale ecc.)

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14
Q

Come deve essere inteso il titolo Critica della ragion pura ?

A

Il titolo in questione può essere interpretato esattamente nel seguente modo: “esame critico generale della validità e dei limiti che la ragione umana possiede in virtù dei suoi elementi puri a priori”.

Dinnanzi al «tribunale» (come lo chiama Kant) della critica, la ragione appare come giudice e giudicato al tempo stesso. Infatti, la critica è «della» (der) ragione sia nel senso che la ragione è ciò che viene reso argomento di critica, sia nel senso che essa è ciò che mette in atto la critica.

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15
Q

Cosa studia Kant nell’Estetica trascendentale ?

A

Nell’Estetica trascendentale Kant studia la sensibilità e le sue forme
a priori.

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16
Q

Come considera Kant la sensibilità ?

A

Egli considera la sensibilità «ricettiva», perché essa non genera i propri contenuti,
ma li accoglie per intuizione dalla realtà esterna o dall’esperienza interna. Tuttavia la sensibilità
non è soltanto ricettiva, ma anche attiva, in quanto organizza il materiale delle sensazioni
(le intuizioni empiriche) tramite lo spazio e il tempo, che sono appunto le forme
a priori (le intuizioni pure) della sensibilità.

L’intuizione è la conoscenza alla quale l’oggetto risulta direttamente presente
Kant distingue tra un’intuizione sensibile e un’intuizione intellettuale. L’intuizione sensibile è l’intuizione propria di un essere pensante finito, a cui l’oggetto è dato e coincide
con la ricettività della sensibilità; quella intellettuale è l’intuizione di un ipotetico intelletto divino.
Le intuizioni empiriche consistono nell’immediato riferirsi all’oggetto mediante le sensazioni. Le intuizioni pure sono le forme a priori delle sensazioni. «Chiamo pure (in senso
trascendentale) tutte le rappresentazioni in cui nulla è riscontrabile che appartenga alla sensazione. Di conseguenza, la forma pura delle intuizioni sensibili in generale si troverà a priori nell’animo.

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17
Q

Cosa è lo spazio ?

A

Lo spazio è la forma del senso esterno, cioè quella «rappresentazione a priori, necessaria,
che sta a fondamento di tutte le intuizioni esterne» e del disporsi delle cose «l’una accanto all’altra».

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18
Q

Cosa è il tempo ?

A

Il tempo è la forma del senso interno, cioè quella rappresentazione a priori che sta a fondamento
dei nostri stati interni e del loro disporsi l’uno dopo l’altro, ovvero secondo un ordine di successione.

Poiché è unicamente attraverso il senso interno che ci giungono i dati del senso esterno,
il tempo si configura anche, indirettamente, come la forma del senso esterno, cioè come la
maniera universale attraverso cui percepiamo tutti gli oggetti. Ogni cosa è nel tempo.

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19
Q

Con quali argomenti kant confuta la concezione empirista dello spazio e del tempo ?

A

Contro l’interpretazione empiristica, Kant afferma che spazio e tempo non possono derivare
dall’esperienza, poiché per fare un’esperienza qualsiasi dobbiamo già presupporre le
rappresentazioni originarie di spazio e di tempo.

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20
Q

Con quali argomenti kant confuta la concezione oggettivista dello spazio e del tempo ?

A

Contro l’interpretazione oggettivistica, Kant sostiene che qualora spazio e tempo fossero
davvero dei recipienti vuoti, ossia degli assoluti a sé stanti, essi dovrebbero continuare a
esistere anche nell’ipotesi che in essi non vi fossero oggetti. Ma come fare a concepire «qualcosa
che, senza un oggetto reale, sarebbe tuttavia reale?

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21
Q

Con quali argomenti kant confuta la concezione concettualista dello spazio e del tempo ?

A

Contro l’interpretazione concettualistica, infine, Kant afferma che spazio e tempo non possono
essere considerati alla stregua di concetti, in quanto hanno una natura intuitiva e non
discorsiva, perché noi, ad esempio, non astraiamo il concetto di spazio dalla constatazione
dei vari spazi (come il concetto di cavallo dai vari cavalli), ma intuiamo i vari spazi come
parti di un unico spazio, presupponendo in tal modo la rappresentazione originaria di spazio,
che risulta quindi un’intuizione pura o a priori.

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22
Q

Qual è la concezione di Kant dello spazio e del tempo ?

A

Spazio e tempo non sono dei contenitori in cui si trovano gli oggetti – poiché in tal caso, come si è appena visto, sarebbe difficile concepire la loro esistenza autonoma – bensì dei quadri mentali a priori entro cui connettiamo i dati fenomenici.
Come tali, essi, pur essendo “ideali” o “soggettivi” rispetto alle cose in se stesse, sono tuttavia
“reali” e “oggettivi” rispetto all’esperienza, ossia alle cose quali appaiono fenomenicamente . Per questo motivo, Kant parla di idealità trascendentale e di realtà empirica dello spazio e del tempo.

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23
Q

Che rapporto c’è tra geometria e aritmetica da un lato e spazio e tempo dall’altro ?

A

Kant vede nella geometria e nell’aritmetica delle scienze sintetiche a priori per eccellenza. Sintetiche (e non analitiche) in quanto ampliano le nostre conoscenze mediante costruzioni mentali che vanno oltre il già
noto. A priori (e non a posteriori) in quanto i teoremi geometrici e aritmetici valgono indipendentemente dall’esperienza.

Il punto di appoggio delle costruzioni sintetiche a priori della matematica risiede nelle intuizioni di spazio e di tempo. Infatti la geometria è la scienza che dimostra sinteticamente a priori le proprietà delle figure mediante l’intuizione pura di spazio. Analogamente, l’aritmetica è la scienza che determina sinteticamente a priori la proprietà delle serie numeriche, basandosi sull’intuizione pura di tempo e di successione, senza la quale lo stesso concetto di numero non sarebbe mai sorto.
In quanto a priori, la matematica è anche universale e necessaria, immutabilmente valida per tutte le menti pensanti.

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24
Q

Perché la matematica vale anche per la natura ?

A

Matematiche possono venir proficuamente applicate agli oggetti dell’esperienza fenomenica poiché quest’ultima, essendo intuita nello spazio e nel tempo – che sono anche i cardini della matematica –, possiede già, di per sé, una configurazione geometrica e aritmetica.

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25
Q

Qual è l ‘oggetto della Logica trascendentale ?

A

La logica è la scienza della conoscenza mediata (e non intuitiva) che avviene per concetti. Kant la divide in logica generale (che concerne l’intelletto «a prescindere dalla varietà degli oggetti a cui può essere rivolto») e speciale (che «comprende, invece, le regole per pensare rettamente una determinata specie di oggetti»).
La logica generale viene suddivisa a sua volta in logica pura (che prescinde «da tutte le condizioni empiriche
sotto cui il nostro intelletto è impiegato») e logica applicata (che «ha in vista le regole dell’uso dell’intelletto sotto le condizioni empiriche soggettive insegnateci dalla psicologia»).

Specifico oggetto di indagine della logica trascendentale è «l’origine, l’estensione e la validità oggettiva» delle conoscenze a priori che sono proprie dell’intelletto (studiato nell’Analitica trascendentale, che scioglie l’attività dell’intelletto nei suoi elementi di base e nel loro legittimo uso) e della ragione (studiata nella Dialettica trascendentale).

La logica trascendentale si distingue da quella generale o «formale» della tradizione perché essa non si limita a studiare le leggi e i meccanismi formali del pensiero, prescindendo da ogni contenuto, ma prende in esame quegli specifici contenuti che sono le conoscenze a priori.

26
Q

Cosa sono i concetti e cosa sono le categorie ?

A

I concetti sono “funzioni”, ovvero operazioni attive che consistono nell’ordinare, o unificare, diverse rappresentazioni «sotto una rappresentazione comune». Ogni concetto svolge una funzione unificatrice e sintetica.
I concetti possono essere empirici, cioè costruiti con materiali ricavati dall’esperienza, o puri, cui non si mescola alcuna sensazione e la cui origine risiede esclusivamente nell’intelletto, cioè sono contenuti a priori nell’intelletto. I concetti puri si identificano con le categorie (nel senso aristotelico del termine), cioè con quei concetti basilari della mente che costituiscono le supreme funzioni unificatrici dell’intelletto. In altre
parole, le categorie sono le varie maniere con cui l’intelletto unifica a priori, nei giudizi, le molteplici intuizioni empiriche della sensibilità.
A differenza delle categorie aristoteliche, che hanno un valore ontologico e gnoseologico al tempo stesso, essendo simultaneamente forme dell’essere e del pensiero (leges entis et mentis), le categorie kantiane hanno una portata esclusivamente gnoseologico-trascendentale, in quanto rappresentano dei modi di funzionamento dell’intelletto (semplici leges mentis), che non valgono per la cosa in sé, ma soltanto per il fenomeno.

27
Q

Come ricava Kant la tavola delle categorie ?

A

Pensare per concetti e giudicare sono, per Kant, la stessa cosa. Infatti, ordinare «diverse rappresentazioni sotto una rappresentazione comune» significa, di fatto, sussumere un certo soggetto sotto un certo predicato.
Le 12 categorie, in ultima analisi, non sono che le maniere universali e necessarie (cioè a priori) tramite
cui un predicato viene riferito a un soggetto.

Poiché ciascun concetto è «il predicato di un giudizio possibile», ci saranno tante categorie (cioè
tanti predicati primi) quante sono le modalità di giudizio (ovvero quante sono le maniere
fondamentali tramite cui si attribuisce un predicato a un soggetto). E poiché la logica generale,
secondo Kant, raggruppa i giudizi secondo la quantità, la qualità, la relazione e la modalità, egli
– non senza qualche forzatura dettata dalla ricerca di una perfetta simmetria – fa corrispondere
a ogni tipo di giudizio un tipo di categoria.
Le categorie kantiane entrano in azione in tutti i giudizi o in tutte le proposizioni nei quali si concreta il nostro pensiero.

28
Q

Che problema si pone Kant nella deduzione trascendentale delle categorie ?

A

La “deduzione” delle categorie non consiste nel provare che esse sono adoperate, in linea di fatto, nella conoscenza scientifica, ma nel giustificare la legittimità e i limiti di tale uso, ovvero nel determinare il diritto
della ragione a impiegarle.

Per le forme della sensibilità, cioè per lo spazio e il tempo, questo problema non si presentava,
poiché un oggetto non può apparire all’uomo, cioè essere percepito da lui, se non attraverso
queste forme. Per quanto concerne le categorie, invece, non è per nulla evidente che gli oggetti
debbano sottostare a esse.

29
Q

Come risolve Kant il problema della deduzione trascendentale delle categorie ?

A

L’unificazione del molteplice deriva da un’attività sintetica di quel centro mentale unificatore che Kant identifica con l’identica struttura mentale che accomuna gli uomini, di cui sono funzioni le categorie, e che denomina con l’espressione io penso o autocoscienza. Dell’io penso noi abbiamo, propriamente, coscienza
ma non conoscenza. Senza autocoscienza le varie rappresentazioni non si configurerebbero come “mie” e quindi risulterebbero impossibili: «L’io penso deve poter accompagnare
tutte le mie rappresentazioni.
a) poiché tutti i pensieri presuppongono l’io penso
b) e poiché l’io penso pensa tramite le categorie
c) ne segue che tutti gli oggetti pensati presuppongono le categorie.
Il che equivale a dire che la natura (fenomenica) obbedisce necessariamente alle forme (a
priori) del nostro intelletto.

30
Q

Da cosa dipende l’importanza dell’io penso ?

A

L’io penso si configura come «il principio supremo della conoscenza umana»,
ossia come ciò cui deve sottostare ogni realtà per poter entrare nel campo dell’esperienza e
per divenire un oggetto-per-noi. Nello stesso tempo, esso rappresenta ciò che rende possibile
l’oggettività (cioè l’universalità e la necessità) del sapere.

31
Q

Qual è il carattere dell’io penso ?

A

Carattere formale, e quindi finito, dell’io penso, il quale si limita semplicemente a ordinare una realtà che gli preesiste e si configura come la semplice possibilità dell’esperienza.

32
Q

Con che argomentazione Kant confuta l’idealismo ?

A

Secondo Kant l’idealismo è «la teoria che considera l’esistenza degli oggetti nello spazio fuori di noi o semplicemente dubbia e indimostrabile o falsa e impossibile; il primo è quello problematico di Cartesio […]. Il secondo è l’idealismo dogmatico di Berkeley». Kant chiama «materiale» tale idealismo, per distinguerlo dal proprio idealismo «trascendentale» o «formale», che, pur proclamando l’idealità trascendentale dello spazio, del tempo e delle categorie, si accompagna a un realismo empirico per il quale «sono consapevole della realtà dei corpi come fenomeni esterni, nello spazio, allo stesso modo in cui, per mezzo dell’esperienza interna, sono consapevole della esistenza della mia anima nel tempo».

L’interiorità non può essere concepita senza l’esteriorità, in quanto l’esperienza interna dipende da qualcosa di permanente che si trova al di fuori di essa.

33
Q

Cosa indaga lo schematimo trascendentale ?

A

Lo schematismo trascendentale indaga il modo in cui le categorie si “applicano” ai fenomeni.
La domanda di partenza è la seguente: se la sensibilità e l’intelletto sono due facoltà eterogenee, quale sarà l’elemento mediatore che fa sì che l’intelletto possa applicare alle intuizioni i propri concetti a priori?

34
Q

Come risolve Kant il problema dell’applicazione delle categorie ?

A

L’intelletto non potendo agire direttamente sugli oggetti della sensibilità, agisce indirettamente su di essi tramite il tempo, che è il medium universale attraverso cui tutti gli oggetti sono percepiti. In altre parole, se il tempo condiziona gli oggetti, allora l’intelletto, condizionando il tempo, condizionerà gli oggetti. Ciò avviene attraverso una facoltà che Kant chiama immaginazione produttiva, in quanto “produce” (a priori) una serie di “schemi” temporali che corrispondono ognuno a una delle categorie.

Kant definisce l’immaginazione come «il potere di rappresentare un oggetto, anche senza la sua presenza nell’intuizione» e la distingue in immaginazione riproduttiva, che si limita semplicemente a ri-produrre nell’animo intuizioni empiriche già avute, e in immaginazione produttiva, che è quell’attività spontanea capace di «determinare a priori la sensibilità […] in conformità alle categorie». Da questo punto di vista, l’immaginazione produttiva si configura come la facoltà di produrre a priori le condizioni dell’intuizione sensibile, ovvero come il potere di apprestare, per ogni categoria, un determinato schema. In generale, nella Critica, l’immaginazione produttiva si configura quindi come la facoltà di «produrre a priori determinazioni formali dello spazio e del tempo, secondo una regola dell’intelletto.

Lo schema è una regola della determinazione della nostra intuizione, in conformità ad un determinato concetto universale. Gli schemi trascendentali sono le categorie “calate” nel tempo, ovvero le categorie “tradotte” in linguaggio temporale.

Gli schemi trascendentali costituiscono le regole tramite cui l’intelletto ordina a priori il tempo secondo determinate forme che corrispondono alle varie categorie. Gli schemi fungono da terzo termine tra intuizioni e concetti: «è chiaro che ci deve essere qualcosa di intermedio, che risulti omogeneo da un lato con la cagoria e dall’altro col fenomeno, affinché si renda possibile l’applicazione della prima al secondo. Questa rappresentazione intermedia deve essere pura (senza elementi empirici) e, tuttavia, per un verso intellettuale e per l’altro sensibile; essa è lo schema trascendentale».

35
Q

Quali sono gli schemi trascendentali per ciascuna categoria ?

A

■ per quanto concerne le categorie di relazione, lo schema della categoria di sostanza è la
permanenza nel tempo (infatti, noi possiamo pensare qualcosa come sostanza solo a
patto di rappresentarla come un quid che “permane” sotto il variare degli accidenti); lo
schema della categoria di causa-effetto è la successione (irreversibile) nel tempo; lo schema
della categoria di azione reciproca è la simultaneità nel tempo;
■ per quanto concerne le categorie di modalità, lo schema della categoria di possibilità è
l’esistenza in un tempo qualsiasi; lo schema della categoria di realtà è l’esistenza in un
determinato tempo; lo schema della categoria di necessità è l’esistenza in ogni tempo;
■ per quanto concerne le categorie di quantità, il loro schema complessivo è il numero,
ovvero la successiva addizione degli omogenei nel tempo;
■ per quanto concerne le categorie di qualità, il loro schema complessivo è la “cosalità”,
ossia la presenza, l’assenza e l’intensità dei fenomeni nel tempo (v. par. seg.: le anticipazioni
della percezione)

36
Q

Cosa sono i principi dell’intelletto puro ?

A

I principi dell’intelletto puro sono le enunciazioni generali che, sulla base delle categorie,
possiamo formulare a priori sulle cose e, in quanto tali, si identificano con le leggi supreme
dell’esperienza e con le proposizioni di fondo del sapere scientifico.
Kant li suddivide in quattro gruppi, corrispondenti ai quattro tipi di categorie.

37
Q

Cosa affermano gli assiomi dell’intuizione ?

A

Gli assiomi dell’intuizione (corrispondenti alle categorie della quantità) affermano
a priori che tutti i fenomeni intuiti costituiscono delle «quantità estensive», ossia
qualcosa che può essere conosciuto solo mediante la sintesi successiva delle sue parti.

38
Q

Cosa affermano le anticipazioni dello percezione ?

A

Le anticipazioni della percezione (corrispondenti alle categorie della qualità) affermano
a priori che ogni fenomeno percepito ha una «quantità intensiva», ossia – si pensi
alla luce o al calore – un certo grado di intensità.

39
Q

Cosa affermano le analogie dell’esperienza ?

A

Le analogie dell’esperienza (corrispondenti alle categorie di relazione) affermano a
priori che l’esperienza costituisce una trama necessaria di rapporti basata sui principi:
a) della permanenza della sostanza («In ogni cambiamento dei fenomeni la sostanza permane
e il quantum di essa nella natura non viene né accresciuto né diminuito»); b) della
causalità («Tutti i mutamenti accadono secondo la legge della connessione di causa ed
effetto»); c) dell’azione reciproca («Tutte le sostanze, in quanto percepibili nello spazio
come simultanee, si trovano fra loro in un’azione reciproca universale»).

40
Q

Cosa affermano i postulati del pensiero empirico ?

A

I postulati del pensiero empirico in generale (corrispondenti alle categorie di modalità
e identificantisi con le regole dell’uso empirico dell’intelletto) stabiliscono che: a) «Ciò
che è in accordo con le condizioni formali dell’esperienza […] è possibile»; b) «Ciò che è
connesso con le condizioni materiali dell’esperienza (della sensazione) è reale»; c) «Ciò la
cui connessione col reale è determinata in base alle condizioni universali dell’esperienza
è (esiste) necessariamente».

41
Q

Cosa si intende per Io legislatore della natura ?

A

Se per natura in generale intendiamo la «conformità a leggi dei fenomeni», cioè quell’ordine necessario e universale (natura in senso formale) che sta alla base dell’insieme di tutti i fenomeni (natura in senso materiale), risulta evidente che tale ordine non deriva dall’esperienza, bensì dall’io penso e dalle sue forme
a priori.
L’io penso e le categorie non possono tuttavia rivelare se non quello che è la
natura in generale, cioè la regolarità dei fenomeni nello spazio e nel tempo. Le leggi particolari,
nelle quali questa regolarità si esprime, non possono essere desunte dalle categorie (pur
sottostando in ogni caso a esse), ma soltanto dall’esperienza.

In tal modo, la gnoseologia di Kant si configura come l’epistemologia della scienza galileiano-newtoniana
e come il tentativo di giustificarne filosoficamente i principi di base contro
lo scetticismo di Hume. Questi riteneva infatti che l’esperienza, da un momento all’altro,
potesse smentire le verità fondamentali della scienza. Kant sostiene invece che tale possibilità
non sussiste, in quanto l’esperienza, essendo condizionata dalle categorie dell’intelletto
e dall’io penso, non potrà mai smentirne i principi.

42
Q

Qual è l’ambito d’uso delle categorie ?

A

Le categorie funzionano solo in connessione con le intuizioni spazio-temporali alle quali si applicano, senza le quali non posseggono validità oggettiva di alcun genere, riducendosi ad un semplice gioco di rappresentazioni». Considerate di per sé sono “vuote”. Esse risultino operanti solo in relazione al fenomeno, intendendo per quest’ultimo l’oggetto proprio della conoscenza umana, che è sempre sintesi di un elemento materiale e di uno formale. Il conoscere non può estendersi al di là dell’esperienza. È escluso che le categorie abbiano un uso trascendentale, per il quale vengano riferite alle cose in generale e in se stesse.

Questo principio postula una distinzione tra pensare e conoscere. La conoscenza richiede infatti due elementi: prima di tutto il concetto per cui un oggetto è in generale pensato (la categoria); e in secondo luogo l’intuizione, per cui un oggetto è dato.

43
Q

Cosa è il noumeno ?

A

Se c’è un per-noi, deve per forza esserci un in-sé, ossia una x meta-fenomenica che si fenomenizza solo in rapporto a noi. La cosa in sé – il noumeno – non può divenire, per definizione, oggetto di
un’esperienza possibile. Essa può essere «l’oggetto di un’intuizione non sensibile», cioè di una conoscenza extra-fenomenica che a noi è preclusa e che potrebbe invece essere propria di un ipotetico intelletto divino. Per noi la cosa in sè è un concetto-limite, che serve ad arginare le nostre pretese conoscitive. L’intelletto umano non può conoscere le cose in sé, ma soltanto pensarle nella loro possibilità, sotto forma di x ignote.

Kant distingue tra un significato negativo e uno positivo: «Se diamo il nome noumeno a qualcosa in quanto non è oggetto della nostra intuizione sensibile, in quanto cioè facciamo astrazione dal nostro modo di intuirlo, si ha allora un noumeno in senso negativo. Ma se intendiamo invece designare l’oggetto di un’intuizione non sensibile, presupponiamo allora una particolare specie di intuizione, ossia l’intuizione intellettuale, che non ci appartiene e di cui non possiamo comprendere neppure la possibilità; si ha allora il noumeno in senso positivo.

L’intuizione intellettuale è quella propria di un Essere (Dio) rispetto a cui gli oggetti non sono dati, come avviene nell’intuizione sensibile che è propria dell’uomo, bensì creati, e quindi colti intellettualmente come tali, ovvero come cose in sé e non come fenomeni.

44
Q

Qual è il concetto kantiano di esperienza ?

A

a) In una prima accezione, indica l’intuizione sensibile, ovvero il materiale e la fonte della
conoscenza sensibile.
b) In una seconda accezione, più caratteristicamente kantiana, indica la totalità della conoscenza
fenomenica, ovvero l’ordine unitario dei dati sensibili secondo le leggi a priori
della mente.

45
Q

Quale problema affronta Kant nella Dialettica trascendentale ?

A

Nella Dialettica trascendentale egli affronta il problema se la metafisica possa anch’essa costituirsi come scienza.

46
Q

Cosa intende Kant per dialettica trascendentale ?

A

Per “dialettica trascendentale” Kant intende l’analisi e lo smascheramento dei ragionamenti fallaci della metafisica.
Il termine “dialettica” in Kant assume il significato negativo di «logica della parvenza», ossia di un’«arte sofistica di dare alla propria ignoranza, anzi alle proprie volute illusioni, l’aspetto della verità, contraffacendo il metodo del pensare fondato». La dialettica trascendentale tuttavia «non sarà mai in grado di operare il dissolvimento di questa parvenza», «facendo sì che essa cessi di presentarsi». Infatti, precisa Kant, «In questo caso si tratta di un’illusione assolutamente inevitabile.

47
Q

Qual è la genesi della metafisica ?

A

La metafisica è un parto della ragione; questa, a sua volta non è altro che l’intelletto stesso, il quale, essendo la facoltà logica di unificare i dati sensibili tramite le categorie, è inevitabilmente portato a voler pensare anche senza dati.

48
Q

Da cosa deriva la tendenza alla metafisica ?

A

Kant ritiene che il voler procedere oltre i dati esperienziali derivi dalla innata tendenza della nostra ragione, mai paga del mondo fenomenico, che è il campo del condizionato e del relativo, all’incondizionato e alla totalità.

Una tale spiegazione fa leva su tre idee trascendentali che sono proprie della ragione (concetti puri della ragione), che è costitutivamente portata a unificare:
■ i dati del senso interno mediante l’idea di “anima”, che è l’idea della totalità assoluta dei fenomeni interni;
■ i dati del senso esterno mediante l’idea di “mondo”, che è l’idea della totalità assoluta dei fenomeni esterni;
■ i dati interni ed esterni mediante l’idea di “Dio”, inteso come totalità di tutte le totalità e fondamento di tutto ciò che esiste.

49
Q

Qual è l’errore della metafisica ?

A

L’errore della metafisica consiste nel trasformare queste tre esigenze (mentali) di unificazione dell’esperienza in altrettante realtà.

La dialettica trascendentale vuole appunto essere lo studio critico e la denuncia impietosa fallimenti del
pensiero quando procede oltre gli orizzonti dell’esperienza.

Per dimostrare l’infondatezza della metafisica, Kant prende in considerazione le tre pretese
scienze che da sempre ne costituiscono l’ossatura: la psicologia razionale, che studia l’anima, la cosmologia razionale, che indaga il mondo, la teologia razionale o naturale, che specula su Dio.

50
Q

Qual è l’equivoco della psicologia razionale ?

A

La psicologia razionale è fondata su di un «paralogismo», cioè su di un ragionamento errato che consiste nell’applicare la categoria di sostanza all’io penso, trasformandolo in una «realtà permanente» chiamata «anima». In realtà, osserva Kant, l’io penso non è un oggetto empirico, ma soltanto un’unità formale e per di più sconosciuta, a cui non possiamo quindi applicare alcuna categoria. In altri termini, l’equivoco di base della psicologia razionale consiste nella pretesa di dare tutta una serie di valori positivi a quella x funzionale e ignota che è l’io penso, ossia nella pretesa di identificare con un’anima «immateriale», «incorruttibile», «personale», «spirituale» e «immortale» (in una parola con una “sostanza”) quella che è soltanto la condizione formale suprema del costituirsi dell’esperienza. In realtà – chiarisce Kant – noi non possiamo conoscere l’io qual è in se stesso, ovvero l’io noumenico, ma solo l’io quale appare a noi stessi tramite le forme a priori, ossia l’io fenomenico.

51
Q

Qual è l’equivoco della cosmologia razionale ?

A

La cosmologia razionale pretende di far uso della nozione di mondo, inteso come la totalità assoluta dei fenomeni cosmici e applicare ad esso le categorie. Ma la totalità dell’esperienza non è mai un’esperienza, e pertanto l’idea di mondo cade, per definizione, al di fuori di ogni esperienza possibile.

52
Q

Cosa succede quando si pretende di fare un discorso intorno al mondo nella sua totalità ?

A

Quando i metafisici pretendono di fare un discorso intorno al mondo nella sua totalità, cadono inevitabilmente nei reticolati logici delle cosiddette antinomie, veri e propri «conflitti della ragione con se stessa», che si concretizzano in coppie di affermazioni opposte, dove l’una (la tesi) afferma e l’altra (l’antitesi) nega, ma tra le quali è impossibile decidersi, perché entrambe possono essere razionalmente
dimostrate. Il difetto è nella stessa idea di mondo, la quale, essendo al di là di ogni esperienza possibile, non può fornire alcun criterio atto a decidere per l’una o per l’altra delle tesi in conflitto.

53
Q

Quali sono le antinomie ?

A

Prima antinomia
tesi
Il mondo ha un suo inizio nel tempo e, rispetto allo spazio, è chiuso dentro limiti.
antitesi
Il mondo non ha né inizio, né limiti nello spazio, ma è infinito così rispetto al tempo come rispetto allo spazio.

Seconda antinomia
tesi
Nel mondo, ogni sostanza composta consta di parti semplici, e in nessun luogo esiste qualcosa che non sia o il semplice o ciò che ne risulta composto.
antitesi
Nel mondo, nessuna cosa composta consta di parti semplici, e in nessuna parte del mondo esiste alcunché di semplice.

Terza antinomia
tesi
La causalità in base a leggi della natura non è l’unica da cui sia possibile far derivare tutti i fenomeni del mondo. Per la loro spiegazione si rende necessaria l’ammissione anche d’una causalità mediante libertà.
antitesi
Non c’è libertà alcuna, ma tutto nel mondo accade esclusivamentein base a leggi di natura.

Quarta antinomia
tesi
Del mondo fa parte qualcosa che – o come suo elemento o come sua causa – costituisce un essere assolutamente necessario.
antitesi
In nessun luogo – né nel mondo, né fuori del mondo – esiste un essere assolutamente necessario che ne sia la causa.

Le tesi delle antinomie presentano un concetto troppo piccolo per l’intelletto (come l’idea di un universo finito) e le antitesi un concetto troppo grande per l’intelletto stesso (come l’idea di un universo
infinito).
Le tesi sono proprie del pensiero metafisico e del razionalismo, mentre le antitesi sono tipiche dell’empirismo e della scienza.
Per quanto riguarda la terza e la quarta antinomia, le antitesi valgono per il fenomeno (nel cui ambito non si incontrano mai né Dio, né la libertà), mentre le tesi potrebbero valere per la cosa in sé (nel cui regno sconosciuto potrebbe esserci posto per la libertà e per Dio).

54
Q

Cosa è Dio ?

A

Dio, secondo Kant, rappresenta l’ideale della ragion pura, supremo “modello” personificato di ogni realtà e perfezione. Le cose sono copie inadeguate di tale modello.
Tale ideale, che scaturisce dalla semplice ragione, ci lascia nella totale ignoranza circa la sua effettiva realtà.

55
Q

Come critica Kant la prova ontologica dell’esistenza dell’esistenza di Dio ?

A

La prova ontologica pretende di ricavare l’esistenza di Dio dal semplice concetto di Dio come essere perfettissimo, affermando che, in quanto tale, Egli non può mancare dell’attributo dell’esistenza.
Kant obietta che l’esistenza è qualcosa che possiamo constatare solo per via empirica, è un fatto, non un predicato».

56
Q

Come critica Kant la prova cosmologica dell’esistenza di Dio ?

A

La prova cosmologica afferma che «se qualcosa esiste, deve anche esistere un essere assolutamente necessario; poiché io stesso, almeno, esisto, deve quindi esistere un essere assolutamente necessario».
Secondo Kant, il primo limite di questo argomento consiste in un uso illegittimo del principio di causa, in quanto esso, partendo dall’esperienza della catena degli enti eterocausati (i contingenti), pretende di innalzarsi, oltre l’esperienza, a un primo anello incausato (il necessario). Ma il principio di causa, puntualizza Kant, è una regola con cui connettiamo i fenomeni tra di loro e che quindi non può affatto servire a connettere i fenomeni con qualcosa di trans-fenomenico.
Il secondo limite dell’argomento risiede nel fatto che dopo essersi elevato all’idea del necessario esso giunge a sostenere che il necessario coincide con l’idea del perfettissimo, cioè di un ens realissimum che non può fare a meno di esistere. In tal modo, anche la prova cosmologica finisce per implicare la logica di quella ontologica, che da puri concetti vuol far scaturire presuntuosamente delle esistenze.

57
Q

Come critica Kant la prova fisico- teologica dell’esistenza di Dio?
.

A

La prova fisico-teologica fa leva sull’ordine, sulla finalità e sulla bellezza del mondo per innalzarsi a una Mente ordinatrice, identificata con un Dio creatore, perfetto e infinito.

In primo luogo, essa parte dall’esperienza dell’ordine del mondo, ma pretende di elevarsi
subito all’idea di una causa ordinante trascendente, dimenticando che l’ordine della natura
potrebbe essere una conseguenza della natura stessa e delle sue leggi immanenti. Infatti, per
asserire che tale ordine non può scaturire dalla natura, è obbligata a concepire Dio non solo
come causa dell’ordine del mondo, cioè come supremo Architetto – secondo quanto la prova
autorizzerebbe –, ma anche come causa dell’essere stesso del mondo, ossia come Creatore.
Ma essa può compiere tale operazione soltanto a patto di identificare la causa ordinante
con l’Essere necessario creatore, ricadendo così nella prova cosmologica, la quale ricade a
sua volta in quella ontologica.
In secondo luogo, la prova fisico-teologica pretende di stabilire, sulla base dell’ordine cosmico,
l’esistenza di una causa infinita e perfetta, ritenuta proporzionata a esso. Ma noi
sappiamo che in questo universo c’è una qualche misura o gradazione di ordine, ma relativa
ai nostri parametri mentali e, in ogni caso, non certo infinita e priva di imperfezioni. Di conseguenza,
non possiamo arrogarci il diritto di affermare che la Causa del mondo è infinitamente
perfetta, saggia, buona ecc.

58
Q

Kant nega l’esistenza di Dio ?

A

Kant non intende negare Dio (ateismo), ma piuttosto mettere
in discussione la dimostrabilità razionale e metafisica della sua esistenza. In sede teorica,
Kant non è ateo, ma agnostico, in quanto ritiene che la ragione umana non possa
dimostrare né l’esistenza di Dio, né la sua non-esistenza.

59
Q

Che funzione hanno le idee ?

A

Le idee della ragion pura, anche se non possono avere un uso costitutivo (perché non servono
a conoscere alcun oggetto possibile), possono e devono avere, secondo Kant, una funzione
regolativa, indirizzando la ricerca intellettuale verso quell’unità totale (completezza) che rappresentano.
Infatti ogni idea è una regola che spinge la ragione a dare al suo campo d’indagine, che è
l’esperienza, non solo la massima estensione, ma anche la massima unità sistematica.

60
Q

Qual è il concetto di metafisica di kant ?

A

Respinta la metafisica dogmatica tradizionale, Kant concepisce la metafisica come «scienza dei concetti puri», ovvero come una scienza che abbraccia le conoscenze che possono essere ottenute indipendentemente dall’esperienza, sul fondamento delle strutture razionali della mente umana.
La metafisica è accettata da Kant nella forma di una scienza dei principi a priori del conoscere o dell’agire.