domande più fatte Flashcards

(49 cards)

1
Q

Come possono essere classificate le fonti del diritto del lavoro?

A

⚖️ Classificazione delle fonti del diritto del lavoro
1️⃣ Fonti sovranazionali e internazionali
🌍 Riguardano accordi tra Stati o norme sovranazionali:
Costituzione e norme europee (es. Carta dei diritti fondamentali dell’UE)
Convenzioni internazionali (es. OIL - Organizzazione Internazionale del Lavoro)
Trattati UE, regolamenti e direttive europee

2️⃣ Fonti legislative (statali)
📜 Norme approvate dallo Stato:
Costituzione italiana (es. art. 1, 4, 35-40)
Codice civile (libro V, titolo II)
Leggi ordinarie e decreti legislativi (es. Statuto dei lavoratori, Jobs Act)
Decreti legge convertiti in legge

3️⃣ Fonti regolamentari
🏛️ Atti emanati dal potere esecutivo (Governo o ministeri), subordinati alla legge:
Regolamenti ministeriali (es. sicurezza sul lavoro)
Circolari amministrative (con valore solo interno alla PA)

4️⃣ Fonti contrattuali (contrattazione collettiva)
🤝 Accordi tra rappresentanti di datori di lavoro e lavoratori:
Contratti collettivi nazionali di lavoro (CCNL) 🏭
Contratti aziendali o territoriali
🧷 Non sono leggi ma hanno effetti vincolanti nei rapporti di lavoro.

5️⃣ Fonti individuali
✍️ Sono gli accordi tra datore e lavoratore, come:
Il contratto individuale di lavoro
Le clausole pattizie (es. patto di prova, patto di non concorrenza)

‼️ Queste fonti non possono derogare in peggio rispetto a quanto stabilito da fonti superiori (principio di favore).

🔁 Gerarchia delle fonti (dalla più forte alla più debole):
🏛️ Costituzione e norme UE

📜 Leggi e decreti legislativi

🧾 Regolamenti

🤝 Contrattazione collettiva

✍️ Contratto individuale

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2
Q

Quali sono le caratteristiche del lavoro subordinato e in cosa si distingue dal lavoro autonomo?

A

👷‍♂️ Lavoro subordinato: caratteristiche principali
Il lavoro subordinato è definito dall’art. 2094 c.c. come il rapporto in cui una persona si obbliga a collaborare nell’impresa, prestando il proprio lavoro alle dipendenze e sotto la direzione dell’imprenditore, in cambio di una retribuzione.

✅ Caratteristiche chiave:
🧑‍💼 Subordinazione: il lavoratore è soggetto al potere direttivo, disciplinare e di controllo del datore di lavoro.

⏱️ Continuità e inserimento nell’organizzazione aziendale.

💸 Retribuzione fissa o periodica (stipendio).

📋 Obbligo di seguire orari, mansioni e modalità stabilite dal datore.

⚖️ Forte tutela giuridica: ferie, malattia, maternità, licenziamento, sicurezza, ecc.

🧑‍🔧 Lavoro autonomo: caratteristiche principali
Definito dall’art. 2222 c.c., è un rapporto in cui una persona si obbliga a compiere un’opera o un servizio in modo autonomo, senza vincolo di subordinazione, a fronte di un compenso.

✅ Caratteristiche chiave:
🎯 Autonomia organizzativa: il lavoratore decide tempi, mezzi e modalità di esecuzione.

📆 Generalmente legato a un compito specifico o risultato finale.

💰 Compenso pattuito per l’opera svolta (non stipendio fisso).

⚠️ Meno tutele: niente ferie, TFR, malattia retribuita, ecc., a meno che non sia previsto da accordi o iscrizioni ad albi.

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3
Q

Quali sono i caratteri essenziali della parasubordinazione?

A

La parasubordinazione è un tipo di lavoro a metà tra il lavoro autonomo e quello subordinato. Il lavoratore non è un dipendente, ma nemmeno totalmente libero come un libero professionista.

Chi lavora in parasubordinazione collabora in modo personale, continuo e coordinato con il datore di lavoro, ma senza essere soggetto a ordini diretti come un subordinato. Il datore può organizzare quando e come svolgere il lavoro, ma senza controllare tutto nel dettaglio.

Un esempio tipico è il contratto co.co.co. (collaborazione coordinata e continuativa). Se però il datore decide anche tempi e luogo del lavoro, la legge può considerare il rapporto come lavoro subordinato vero e proprio.

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4
Q

Cos’è la capacità giuridica speciale e perché è definita così?

A

La capacità giuridica speciale è la possibilità per una persona (fisica o giuridica) di compiere solo alcuni tipi di atti giuridici legati a una certa funzione o ruolo specifico, e non tutti gli atti possibili in generale.

È chiamata “speciale” proprio perché non è generale e illimitata, ma limitata a una certa sfera di attività. Ad esempio, un’associazione culturale ha capacità giuridica speciale perché può agire legalmente (fare contratti, ricevere donazioni, ecc.), ma solo per scopi culturali e non può fare attività commerciali come un’impresa.

Questa capacità si oppone a quella generale delle persone fisiche, che invece possono compiere qualunque atto giuridico compatibile con la legge (una volta acquisite capacità giuridica e d’agire).

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5
Q

Quali sono i requisiti essenziali del contratto di lavoro e in cosa si distinguono dai requisiti accidentali?

A

I requisiti essenziali del contratto di lavoro sono quegli elementi senza i quali il contratto non può esistere o è nullo. Sono gli stessi previsti in generale per tutti i contratti dall’art. 1325 del Codice Civile, ma adattati al rapporto di lavoro.

I principali sono:

Accordo delle parti: serve il consenso libero e consapevole tra datore e lavoratore.

Oggetto: deve esserci una prestazione lavorativa lecita e possibile.

Causa: è lo scambio tra lavoro e retribuzione (cioè la funzione economico-sociale del contratto).

Forma: in genere è libera, ma in alcuni casi la legge richiede la forma scritta (es. apprendistato, part-time, clausole particolari).

I requisiti accidentali, invece, non sono necessari per la validità del contratto ma possono essere inseriti su volontà delle parti. Possono influenzare il contenuto o gli effetti del contratto. Esempi sono: periodo di prova, durata determinata, clausole di non concorrenza o di riservatezza.

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6
Q

Qual è la causa del contratto di lavoro?

A

La causa del contratto di lavoro è lo scambio tra prestazione lavorativa e retribuzione.

In altre parole, il lavoratore si impegna a svolgere un’attività (manuale, intellettuale, tecnica, ecc.) in modo continuativo e secondo le istruzioni del datore di lavoro, mentre il datore si obbliga a pagargli uno stipendio.

Questa causa riflette la funzione economico-sociale del contratto: garantire il sostentamento del lavoratore e, allo stesso tempo, fornire al datore una forza lavoro necessaria per svolgere la propria attività.

La causa distingue il contratto di lavoro da altri contratti simili, come l’appalto o la collaborazione autonoma, dove non c’è subordinazione e la logica dello scambio è diversa.

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7
Q

Qual è la funzione del patto di prova?

A

La funzione del patto di prova è permettere a entrambe le parti – datore di lavoro e lavoratore – di valutare se il rapporto di lavoro è adatto alle proprie esigenze, prima di renderlo definitivo.

Durante il periodo di prova, infatti, ciascuna parte può recedere liberamente dal contratto, senza preavviso e senza obbligo di motivazione. Questo consente:

al datore di lavoro di verificare le capacità, l’attitudine e l’affidabilità del lavoratore;

al lavoratore di capire se il lavoro, l’ambiente e le condizioni sono in linea con le sue aspettative.

Per essere valido, il patto di prova deve essere stipulato per iscritto al momento dell’assunzione e deve indicare in modo chiaro le mansioni oggetto della prova.

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8
Q

Cosa si intende per prestazione di fatto e qual è la tutela prevista per il lavoratore?

A

La prestazione di fatto si verifica quando un lavoratore inizia a lavorare senza un contratto formale scritto, ma svolge comunque attività lavorativa con il consenso del datore di lavoro, che ne trae beneficio.

Anche se il contratto non è stato firmato o messo per iscritto, il rapporto di lavoro è considerato valido se c’è stata una prestazione lavorativa concreta e volontaria, accettata dal datore.

In questi casi, la legge tutela il lavoratore riconoscendogli:

il diritto alla retribuzione per il lavoro svolto,

il diritto alle tutele tipiche del lavoro subordinato (ferie, malattia, TFR, contributi, ecc.),

la possibilità di far valere in giudizio il proprio rapporto di lavoro, anche se non formalizzato.

Questo serve a evitare che i datori di lavoro approfittino della mancanza di forma scritta per negare diritti o aggirare gli obblighi legali.

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9
Q

A cosa serve la certificazione del contratto di lavoro?

A

La certificazione del contratto di lavoro serve a verificare e attestare la correttezza giuridica del contratto in base al tipo di rapporto realmente esistente tra le parti, cioè se è davvero lavoro subordinato, autonomo, parasubordinato, ecc.

Il suo scopo principale è quello di dare certezza e prevenire controversie tra datore di lavoro e lavoratore, specialmente nei casi in cui il rapporto potrebbe essere ambiguo o facilmente contestabile.

Viene fatta da commissioni speciali (es. presso enti bilaterali, università, ispettorati del lavoro) e, una volta certificato, il contratto ha più forza in sede giudiziaria, anche se il giudice può comunque disconoscerlo in presenza di gravi irregolarità.

In pratica, la certificazione:

riduce il rischio di contenzioso;

chiarisce la natura del rapporto;

tutela entrambe le parti, ma soprattutto il datore, che così può dimostrare di aver agito in buona fede.

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10
Q

Qual è la differenza tra politiche attive e politiche passive del lavoro?

A

La differenza tra politiche attive e passive del lavoro riguarda gli obiettivi e gli strumenti usati per affrontare la disoccupazione.

Le politiche passive mirano a sostenere il reddito dei disoccupati, fornendo un aiuto economico temporaneo mentre sono senza lavoro. Esempi tipici sono:

la NASpI (indennità di disoccupazione),

la Cassa Integrazione,

le indennità per sospensione o riduzione dell’attività.

Le politiche attive, invece, servono a favorire l’inserimento o il reinserimento nel mondo del lavoro. Non danno soldi direttamente, ma strumenti e opportunità per trovare un’occupazione. Esempi sono:

corsi di formazione o riqualificazione,

orientamento al lavoro,

tirocini e stage,

incentivi alle assunzioni.

In sintesi:
le passive aiutano a sopravvivere senza lavoro,
le attive aiutano a trovare (o ritrovare) lavoro.

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11
Q

A chi va comunicata l’assunzione di un lavoratore? E quando si configura giuridicamente la fattispecie del «lavoro nero»?

A

L’assunzione di un lavoratore va comunicata al Centro per l’Impiego (CPI) competente per territorio, attraverso una comunicazione obbligatoria preventiva.

Questa comunicazione deve essere inviata entro le 24 ore del giorno precedente all’inizio della prestazione lavorativa, anche se si tratta di un giorno festivo o non lavorativo. Serve a registrare formalmente l’assunzione e a garantire la regolarità del rapporto dal punto di vista contributivo e previdenziale.

Il lavoro nero si configura giuridicamente quando un lavoratore presta attività lavorativa senza che sia stata effettuata questa comunicazione. In altre parole, è un rapporto di lavoro non dichiarato, cioè non registrato ufficialmente e privo di coperture assicurative, previdenziali e fiscali.

Il lavoro nero è vietato per legge e comporta:

sanzioni amministrative molto gravi per il datore di lavoro,

la perdita dei diritti (es. malattia, TFR, pensione) per il lavoratore, almeno fino alla regolarizzazione.

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12
Q

Quali sono le «quote di riserva» a carico dei datori di lavoro nel sistema del collocamento mirato dei disabili?

A

Le «quote di riserva» sono obblighi di assunzione che la Legge n. 68/1999 impone ai datori di lavoro pubblici e privati per favorire l’inserimento lavorativo delle persone con disabilità e di altre categorie protette.

📊 Obblighi in base alla dimensione aziendale
I datori di lavoro che occupano almeno 15 dipendenti sono tenuti ad assumere un numero minimo di lavoratori appartenenti alle categorie protette, secondo la seguente scala:

Da 15 a 35 dipendenti: obbligo di assumere 1 lavoratore disabile.

Da 36 a 50 dipendenti: obbligo di assumere 2 lavoratori disabili.

Oltre 50 dipendenti: obbligo di assumere il 7% dei lavoratori disabili rispetto al totale dei dipendenti.

Inoltre, per le aziende con più di 50 dipendenti, è previsto l’obbligo di assumere anche lavoratori appartenenti ad altre categorie protette, come orfani e vedove di guerra, con una quota pari all’1% del personale occupato
Inclusyon
.

👥 Chi rientra nelle categorie protette
Le categorie protette comprendono:

Persone con disabilità: invalidi civili con una riduzione della capacità lavorativa superiore al 45%, invalidi del lavoro con invalidità superiore al 33%, non vedenti e sordomuti, invalidi di guerra e per servizio.

Altre categorie: orfani e coniugi di deceduti per cause di lavoro, guerra o servizio, profughi italiani rimpatriati, vittime del terrorismo e della criminalità organizzata .
Wikipedia, l’enciclopedia libera
+4
Inclusyon
+4
ClicLavoro
+4

🧮 Modalità di calcolo e adempimenti
Per determinare l’organico su cui applicare le quote di riserva, non vengono considerati:

Apprendisti.

Dirigenti.

Lavoratori a domicilio.

Lavoratori con contratto a termine di durata fino a 6 mesi.

Lavoratori già computati come categorie protette.
ClicLavoro
Inclusyon
+1
ClicLavoro
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ClicLavoro
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Studio MBC
+4
Inclusyon
+4

Le aziende devono trasmettere annualmente, entro il 31 gennaio, il Prospetto Informativo al servizio competente, indicando la propria situazione occupazionale e gli adempimenti relativi alle quote di riserva .
Inclusyon
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Regione Lazio
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⚠️ Sanzioni e esoneri
Il mancato rispetto degli obblighi comporta sanzioni amministrative. Tuttavia, la legge prevede possibilità di esonero totale o parziale in specifici casi, come:

Attività lavorative che presentano particolari difficoltà nell’inserimento di persone con disabilità.

Versamento di un contributo esonerativo giornaliero per ogni lavoratore disabile non assunto, pari a €39,21.

Stipula di convenzioni con gli uffici competenti per pianificare gradualmente l’inserimento lavorativo delle persone con disabilità .
Inclusyon
+1
Studio MBC
+1

Queste misure mirano a promuovere un ambiente lavorativo inclusivo e a garantire pari opportunità nel mondo del lavoro per le persone con disabilità.

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13
Q

Quali sono le caratteristiche della somministrazione e qual è la differenza con l’appalto?

A

La somministrazione di lavoro è un tipo di rapporto in cui tre soggetti sono coinvolti:

Agenzia per il lavoro (somministratore)

Azienda utilizzatrice

Lavoratore

In questo schema, il lavoratore è assunto dall’agenzia, ma lavora per l’azienda utilizzatrice, sotto la sua direzione e organizzazione. Quindi la subordinazione è verso l’utilizzatore, ma il contratto di lavoro è con l’agenzia.

Le caratteristiche principali della somministrazione sono:

Triangolarità del rapporto (agenzia, lavoratore, azienda)

Il lavoratore ha gli stessi diritti di un dipendente diretto (retribuzione, ferie, malattia, ecc.)

Può essere a tempo determinato o indeterminato

Serve per esigenze temporanee, tecniche o organizzative

Invece, l’appalto è un contratto tra due soggetti (committente e appaltatore) in cui:

L’appaltatore esegue un’opera o un servizio con organizzazione e mezzi propri

I lavoratori dell’appaltatore non sono subordinati al committente

C’è autonomia organizzativa da parte dell’appaltatore

Il committente non può dirigere o controllare direttamente i lavoratori

⚖️ Differenza chiave:
Nella somministrazione il lavoratore lavora sotto il controllo dell’azienda utilizzatrice,
nell’appalto lavora sotto il controllo del suo datore di lavoro (l’appaltatore).

Se però, in un appalto, l’azienda committente dirige i lavoratori dell’appaltatore come fossero suoi, si rischia di configurare interposizione illecita di manodopera, che è vietata.

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14
Q

La lavoratrice può essere licenziata durante il congedo di maternità?

A

No, la lavoratrice non può essere licenziata durante il congedo di maternità. La legge prevede una tutela speciale chiamata divieto di licenziamento, che si applica:

Dall’inizio della gravidanza,

fino al compimento di un anno di età del bambino.

Questo significa che il datore di lavoro non può licenziare la lavoratrice durante tutta questa fase, salvo casi eccezionali (come ad esempio la cessazione dell’attività aziendale o il superamento del periodo di prova, se previsto).

Se il licenziamento avviene in violazione di questa norma, è nullo e la lavoratrice ha diritto al reintegro nel posto di lavoro oltre al risarcimento del danno.

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15
Q

Fino a quale età del bambino può essere richiesto il congedo parentale?

A

Il congedo parentale può essere richiesto fino ai 12 anni di età del bambino 🧒.

Questa è la regola generale prevista dal Testo Unico sulla maternità e paternità (D.lgs. 151/2001), come modificato da interventi normativi più recenti (es. Decreto Legislativo n. 105/2022).

Ecco alcuni punti chiave da ricordare:

Può essere richiesto da entrambi i genitori, anche in modo frazionato.

La durata massima complessiva è di 10 mesi, elevabili a 11 mesi se il padre si astiene per almeno 3 mesi.

Il congedo può essere indennizzato al 30% fino ai 12 anni di età del figlio, ma solo per una parte del periodo (in genere fino a 9 o 10 mesi complessivi, a seconda del caso).

È valido anche in caso di adozione o affidamento, calcolato dalla data di ingresso del minore in famiglia.

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16
Q

A cosa sono finalizzate le azioni positive?

A

Le azioni positive sono misure finalizzate a rimuovere gli ostacoli di fatto che impediscono la piena parità tra uomini e donne nel lavoro, promuovendo pari opportunità e trattamento equo.

Sono previste principalmente dal Codice delle pari opportunità (D.lgs. 198/2006) e dalla Costituzione (art. 3 e 37), e si applicano in ambito lavorativo, formativo e organizzativo.

In pratica, queste azioni servono a:

Favorire l’ingresso delle donne in settori dove sono tradizionalmente sottorappresentate,

Sostenere la loro crescita professionale e accesso a ruoli di responsabilità,

Conciliare i tempi di lavoro e di vita (es. genitorialità),

Prevenire e contrastare discriminazioni dirette e indirette.

Un esempio tipico è l’introduzione di incentivi per l’assunzione di donne o l’adozione di piani di parità da parte delle aziende.

Sono misure temporanee e mirate, non discriminatorie, ma pensate per riequilibrare situazioni di disuguaglianza preesistenti.

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17
Q

Cosa sono le mansioni?

A

Le mansioni sono l’insieme delle attività e dei compiti concreti che un lavoratore è tenuto a svolgere in base al proprio contratto di lavoro.

In pratica, le mansioni definiscono “cosa fa” il lavoratore all’interno dell’organizzazione: ad esempio, contabilità, assistenza clienti, progettazione tecnica, ecc.

Sono stabilite dal contratto individuale e devono essere coerenti con la qualifica professionale attribuita al lavoratore, che a sua volta si riferisce ai contratti collettivi nazionali (CCNL).

Il datore di lavoro ha il potere direttivo, quindi può modificare le mansioni, ma solo entro certi limiti:

può assegnare mansioni equivalenti (cioè dello stesso livello e professionalità),

può assegnare mansioni inferiori solo in casi specifici (es. accordo scritto o esigenze di salute),

può assegnare mansioni superiori, e se durano abbastanza, il lavoratore ha diritto al riconoscimento della nuova qualifica.

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18
Q

In cosa si sostanzia l’obbligo di fedeltà del lavoratore?

A

L’obbligo di fedeltà del lavoratore è previsto dall’articolo 2105 del Codice civile e consiste nel dovere di non danneggiare l’interesse del datore di lavoro, sia durante che in certi casi anche dopo il rapporto di lavoro.

In concreto, questo obbligo si sostanzia in due divieti principali:

Divieto di concorrenza: il lavoratore non può svolgere attività lavorative, anche per conto proprio, che siano in concorrenza con quelle del datore di lavoro. Quindi non può, ad esempio, lavorare per un’azienda rivale o aprire un’attività simile che possa sottrarre clienti.

Obbligo di riservatezza: il lavoratore non deve divulgare informazioni riservate o segreti aziendali di cui è venuto a conoscenza durante il rapporto di lavoro, come strategie commerciali, dati sui clienti o processi produttivi.

La violazione dell’obbligo di fedeltà può portare a sanzioni disciplinari, al licenziamento per giusta causa, e anche al risarcimento del danno causato al datore.

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19
Q

Che tipo di tutela può ricevere il lavoratore in caso di mobbing?

A

n caso di mobbing, il lavoratore può ricevere diverse forme di tutela, sia giuridiche che risarcitorie, a seconda della gravità dei comportamenti subiti e delle conseguenze.

Il mobbing è un insieme sistematico di comportamenti ostili, ripetuti nel tempo, posti in essere da superiori o colleghi, che mirano a emarginare, isolare o umiliare il lavoratore, causando un danno alla salute, alla dignità o alla professionalità.

Le tutele previste sono:
Tutela risarcitoria:
Il lavoratore può agire in giudizio per ottenere il risarcimento del danno:

danno patrimoniale (es. perdita di stipendio, demansionamento),

danno biologico (per peggioramento delle condizioni di salute),

danno morale o esistenziale (per sofferenza psicologica, isolamento sociale, ecc.).

Tutela previdenziale e sanitaria:
Se il mobbing ha provocato problemi di salute, il lavoratore può avere diritto a:

assenze per malattia (certificata),

indennità INAIL se viene riconosciuta come malattia professionale derivante da stress lavorativo.

Tutela disciplinare:
Il lavoratore può segnalare i fatti all’Ispettorato del Lavoro o all’azienda, che può avviare procedimenti disciplinari verso i responsabili.

Tutela giuslavoristica:
Se il mobbing è particolarmente grave, il lavoratore può:

chiedere la risoluzione del contratto per giusta causa (dimissioni con diritto alla disoccupazione),

chiedere il reintegro o il trasferimento in caso di comportamento persecutorio del datore.

Il mobbing non ha ancora una norma specifica nel Codice civile o del lavoro, quindi il lavoratore deve provare in giudizio:

la sistematicità dei comportamenti,

l’intento persecutorio,

il nesso causale con il danno subito.

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20
Q

Qual è l’orario normale di lavoro stabilito dalla legge?

A

L’orario normale di lavoro stabilito dalla legge italiana è di 40 ore settimanali, come previsto dall’art. 3 del D.lgs. 66/2003.

Questo è il limite massimo legale dell’orario ordinario, ma i contratti collettivi nazionali di lavoro (CCNL) possono prevedere orari più brevi, ad esempio 36 o 38 ore a settimana, a seconda del settore.

Ogni ora di lavoro che supera l’orario normale è considerata straordinaria e dà diritto a:

una maggiorazione retributiva,

oppure a riposi compensativi, se previsto dal contratto.

Va anche rispettato il limite massimo di orario di lavoro, che è:

di 48 ore settimanali, comprese le ore straordinarie,

calcolate come media su 4 mesi (salvo diversa previsione contrattuale).

21
Q

Qual è il periodo minimo feriale?

A

Il periodo minimo di ferie (feriale) garantito dalla legge italiana è di 4 settimane all’anno, come stabilito dall’art. 10 del D.lgs. 66/2003.

Queste 4 settimane sono irrinunciabili, cioè:

devono essere godute (almeno in parte) come riposo effettivo,

non possono essere pagate in denaro, salvo nel caso in cui il rapporto di lavoro si chiuda prima che siano state fruite (es. dimissioni o licenziamento).

La legge prevede inoltre che:

almeno 2 settimane debbano essere godute entro l’anno di maturazione,

le altre 2 settimane possono essere godute entro i 18 mesi successivi.

I contratti collettivi (CCNL) possono prevedere un numero maggiore di giorni di ferie (es. 26, 30, ecc.), ma non possono scendere sotto le 4 settimane minime legali.

22
Q

Qual è la differenza tra lavoro straordinario e lavoro supplementare?

A

La differenza tra lavoro straordinario e lavoro supplementare dipende dal tipo di contratto del lavoratore e dal superamento dell’orario normale stabilito.

🔹 Lavoro straordinario
È il lavoro svolto oltre le 40 ore settimanali (cioè oltre l’orario normale di legge).
Si applica a lavoratori a tempo pieno.

Deve essere autorizzato dal datore di lavoro.

Ha limiti legali: massimo 250 ore l’anno (salvo diverse previsioni nei contratti collettivi).

Deve essere retribuito con una maggiorazione o compensato con riposo.

🔹 Lavoro supplementare
È il lavoro svolto oltre l’orario pattuito nel contratto individuale, ma entro il limite delle 40 ore settimanali.
Si applica solo ai lavoratori part-time.

Serve per gestire esigenze temporanee dell’azienda.

Deve essere previsto e regolato nel contratto o nel CCNL.

Ha limiti più flessibili, ma il lavoratore ha diritto a una maggiorazione retributiva anche se non si superano le 40 ore.

📌 In sintesi:
Straordinario = oltre 40 ore, riguarda tempo pieno.

Supplementare = tra l’orario part-time e le 40 ore, riguarda part-time.

23
Q

Quali sono le caratteristiche del lavoro a tempo parziale (part-time) e cosa sono le clausole di elasticità?

A

Il lavoro a tempo parziale (part-time) è un rapporto di lavoro in cui l’orario è inferiore rispetto a quello normale a tempo pieno (40 ore settimanali). Può essere distribuito in modi diversi: su base giornaliera, settimanale o mensile.

Caratteristiche principali del part-time:
Deve essere stipulato per iscritto, indicando chiaramente la durata e l’articolazione dell’orario.

Il lavoratore part-time ha gli stessi diritti del lavoratore full-time, ma in misura proporzionale (retribuzione, ferie, TFR, ecc.).

È possibile avere un part-time:

orizzontale (meno ore ogni giorno),

verticale (si lavora solo alcuni giorni a tempo pieno),

misto (combinazione dei due).

Cosa sono le clausole di elasticità:
Le clausole di elasticità permettono al datore di lavoro di modificare l’orario del part-time, in due modi:

Estendere l’orario giornaliero o settimanale,

Modificare la collocazione temporale delle ore di lavoro (cioè i turni o i giorni lavorativi).

Possono essere inserite nel contratto solo con il consenso del lavoratore e, in cambio, il lavoratore ha diritto a una maggiorazione retributiva per le ore aggiuntive lavorate.

Le clausole flessibili invece si riferiscono solo al cambio di orario, senza aumento delle ore.

24
Q

Quali sono le caratteristiche del lavoro intermittente?

A

Il lavoro intermittente (detto anche lavoro a chiamata) è una particolare forma di lavoro subordinato non continuativo, in cui il lavoratore si mette a disposizione del datore solo quando viene chiamato per svolgere una prestazione.

Ecco le sue caratteristiche principali:
È un contratto subordinato, ma discontinuo, adatto a lavori occasionali o ciclici (es. eventi, turismo, ristorazione).

Può essere:

Con obbligo di disponibilità: il lavoratore si impegna a rispondere sempre alla chiamata e riceve un’indennità anche nei periodi in cui non lavora.

Senza obbligo di disponibilità: il lavoratore può rifiutare la chiamata e viene pagato solo per i giorni lavorati.

Deve essere stipulato in forma scritta e comunicato ogni volta al Ministero del Lavoro prima dell’inizio della prestazione.

È ammesso solo per alcune attività o categorie, individuate per legge o per contratto collettivo (es. giovani sotto i 24 anni o over 55, settori stagionali).

Il lavoratore ha diritto a tutte le tutele del lavoro subordinato, ma solo nei giorni effettivamente lavorati (es. malattia, assicurazione, ferie proporzionali).

In sintesi: è un contratto flessibile per lavori saltuari, ma con garanzie minime

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Si indichi la disciplina del contratto a termine, con particolare riferimento: al limite massimo di durata, al rinnovo, alla proroga e al recesso.
Il contratto di lavoro a termine (o a tempo determinato) è un contratto subordinato in cui la data di fine del rapporto è fissata fin dall’inizio. È regolato principalmente dal D.lgs. 81/2015 (riformato dal "Decreto Dignità", D.L. 87/2018 convertito in L. 96/2018). Ecco la disciplina essenziale con riferimento a durata, proroga, rinnovo e recesso: 📆 Durata massima La durata massima complessiva (cioè sommando contratto iniziale + proroghe + rinnovi tra le stesse parti) non può superare i 24 mesi, salvo casi particolari previsti dai contratti collettivi o autorizzazioni speciali. Se si supera questo limite, il contratto si trasforma automaticamente in contratto a tempo indeterminato. 🔁 Proroga La proroga estende il contratto in corso senza interruzione. È ammessa fino a 4 volte entro i 24 mesi totali, a condizione che il contratto originario preveda una causale (cioè una giustificazione come esigenze temporanee o sostitutive) oltre i 12 mesi. La proroga deve essere sempre motivata, salvo che sia entro i primi 12 mesi e sia la prima proroga. 🔄 Rinnovo Il rinnovo è un nuovo contratto a termine stipulato dopo la scadenza del precedente. Deve sempre essere giustificato da una causale (esigenze temporanee, incrementi di attività, sostituzioni), anche se avviene prima dei 12 mesi. Tra un contratto e il successivo devono trascorrere: 10 giorni se il contratto scaduto era inferiore a 6 mesi; 20 giorni se era superiore a 6 mesi. Se si rinnova senza rispettare le condizioni, il contratto si considera a tempo indeterminato. ❌ Recesso Il recesso anticipato non è ammesso da nessuna delle due parti, salvo: giusta causa (es. gravi comportamenti), giustificato motivo oggettivo nei contratti che lo prevedono. Se il datore recede senza giusta causa, è tenuto a risarcire il lavoratore fino alla scadenza naturale del contratto.
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In cosa consiste il potere direttivo del datore di lavoro?
Il potere direttivo del datore di lavoro consiste nella sua facoltà di organizzare, controllare e impartire ordini al lavoratore nello svolgimento dell’attività lavorativa. È uno dei tre poteri fondamentali del datore di lavoro (insieme a quello disciplinare e a quello di controllo) e deriva dal principio che il contratto di lavoro subordinato si basa su un vincolo di subordinazione. In pratica, il potere direttivo permette al datore di: stabilire mansioni, orari, turni e modalità operative; organizzare il lavoro in funzione degli obiettivi aziendali; dare istruzioni e disposizioni da seguire; modificare l’organizzazione interna, nei limiti di legge e dei contratti collettivi. Tuttavia, questo potere non è illimitato: deve rispettare i diritti fondamentali del lavoratore, la sua dignità, la qualifica contrattuale, e non può essere esercitato in modo arbitrario o discriminatorio.
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È consentita la sorveglianza a distanza dei lavoratori da parte del datore di lavoro?
Sì, la sorveglianza a distanza dei lavoratori da parte del datore di lavoro è consentita, ma solo nel rispetto di precise condizioni stabilite dall’articolo 4 dello Statuto dei Lavoratori (Legge 300/1970), modificato dal Jobs Act (D.Lgs. 151/2015). 📷 Quando è ammesso il controllo a distanza Il datore di lavoro può installare strumenti di controllo (come telecamere o sistemi GPS) solo se: Sussistono esigenze legittime quali: Organizzative e produttive Tutela del patrimonio aziendale Sicurezza del lavoro Agenda Digitale +6 Toffoletto De Luca Tamajo e Soci +6 Toffoletto De Luca Tamajo e Soci +6 Toffoletto De Luca Tamajo e Soci +3 Fisco e Tasse +3 Wikipedia, l'enciclopedia libera +3 Viene raggiunto un accordo sindacale con le rappresentanze sindacali aziendali (RSU/RSA). In mancanza di tale accordo, è necessaria l’autorizzazione dell’Ispettorato Nazionale del Lavoro. Esclamativa +2 Fisco e Tasse +2 Toffoletto De Luca Tamajo e Soci +2 Wikipedia, l'enciclopedia libera +4 Cyber Security 360 +4 Toffoletto De Luca Tamajo e Soci +4 I lavoratori sono informati in modo chiaro e preventivo sulle modalità d’uso degli strumenti e sull’effettuazione dei controlli. Toffoletto De Luca Tamajo e Soci 💻 Strumenti esclusi dall’obbligo di autorizzazione Non è richiesta autorizzazione per gli strumenti: Utilizzati dal lavoratore per rendere la prestazione lavorativa (es. PC, tablet, smartphone aziendali) Di registrazione degli accessi e delle presenze Fisco e Tasse +2 Toffoletto De Luca Tamajo e Soci +2 Wikipedia, l'enciclopedia libera +2 Tuttavia, anche in questi casi, il datore di lavoro deve informare adeguatamente i lavoratori sull’uso degli strumenti e sui controlli effettuati. ⚠️ Sanzioni in caso di violazione L’installazione di strumenti di controllo a distanza senza il rispetto delle condizioni sopra indicate può comportare: Sanzioni penali per il datore di lavoro, come previsto dall’art. 38 dello Statuto dei Lavoratori Sanzioni amministrative ai sensi del Codice Privacy e del GDPR Cyber Security 360 In sintesi, la sorveglianza a distanza è lecita solo se giustificata, autorizzata e trasparente.
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Nell’ambito della normativa sulla salute e sicurezza nei luoghi di lavoro, quali sono le misure generali di tutela?
Nell’ambito della normativa italiana sulla salute e sicurezza nei luoghi di lavoro, le misure generali di tutela sono elencate all’art. 15 del D.lgs. 81/2008 (il "Testo Unico sulla Sicurezza"). Esse rappresentano i principi fondamentali che il datore di lavoro deve seguire per garantire ambienti di lavoro sicuri e salubri, riducendo al minimo i rischi per i lavoratori. Ecco le principali misure di tutela: Valutazione di tutti i rischi per la salute e la sicurezza, con elaborazione del Documento di Valutazione dei Rischi (DVR). Programmazione della prevenzione, integrando tecnica, organizzazione e condizioni di lavoro. Eliminazione dei rischi o, se non possibile, riduzione al minimo. Rispetto dei principi ergonomici nell’organizzazione del lavoro, progettazione dei posti e scelta delle attrezzature. Riduzione dei rischi alla fonte, ad esempio scegliendo strumenti meno pericolosi. Sostituzione di ciò che è pericoloso con ciò che non lo è o lo è meno. Limitazione del numero dei lavoratori esposti al rischio. Uso limitato degli agenti chimici, fisici e biologici pericolosi. Misure di protezione collettiva prioritarie rispetto a quelle individuali. Controllo sanitario dei lavoratori esposti a determinati rischi. Informazione e formazione adeguata per i lavoratori, dirigenti e preposti. Istruzioni operative e sorveglianza del rispetto delle norme di sicurezza. Partecipazione e consultazione dei lavoratori e dei loro rappresentanti. Misure di emergenza e pronto soccorso. Uso corretto dei dispositivi di protezione individuale (DPI). Aggiornamento costante delle misure di prevenzione, in base all’evoluzione tecnica e organizzativa. In sintesi, queste misure servono a costruire una cultura della prevenzione, dove il rischio viene gestito prima che si trasformi in danno
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Quali sono le forme ordinarie di retribuzione previste dall’articolo 2099 del codice civile?
L’articolo 2099 del Codice Civile disciplina le forme ordinarie di retribuzione nel rapporto di lavoro subordinato. Stabilisce che la retribuzione può essere determinata in diverse forme, da applicare anche congiuntamente, in base alla contrattazione collettiva o all’accordo tra le parti. Ecco le forme ordinarie di retribuzione previste: A tempo (fissa): il lavoratore è pagato in base al tempo lavorato, di solito per ora, giorno, settimana o mese. È la forma più comune, come lo stipendio mensile. A cottimo: il compenso è legato alla quantità di lavoro svolto (es. numero di pezzi prodotti o operazioni eseguite). Questa forma è subordinata a particolari regole per evitare sfruttamenti. Con partecipazione agli utili o ai prodotti: il lavoratore riceve una quota degli utili aziendali o del valore della produzione, come incentivo legato ai risultati dell’impresa. Con provvigione: tipico nei rapporti commerciali (es. agenti di commercio), dove la retribuzione è legata alle vendite o agli affari conclusi. In natura: parte della retribuzione può consistere in beni o servizi (es. vitto, alloggio, auto aziendale a uso personale), se previsto dal contratto. Il principio alla base dell’art. 2099 è che la retribuzione deve essere proporzionata e sufficiente, in linea con l’art. 36 della Costituzione.
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Quali sono le causali di intervento, rispettivamente, di CIGO e CIGS?
Le causali di intervento di CIGO (Cassa Integrazione Guadagni Ordinaria) e CIGS (Cassa Integrazione Guadagni Straordinaria) sono diverse e rispondono a situazioni differenti in cui un’impresa si trova a ridurre o sospendere l’attività lavorativa. 🟢 CIGO – Cassa Integrazione Guadagni Ordinaria La CIGO interviene in caso di sospensioni temporanee dell’attività produttiva dovute a cause transitorie e non imputabili al datore di lavoro o ai lavoratori. 🔹 Causali principali: Eventi meteo eccezionali (es. neve, alluvioni) Guasti improvvisi agli impianti Mancanza temporanea di materie prime o commesse Crisi di mercato momentanee Riorganizzazioni produttive brevi 🧾 È destinata a imprese industriali, edili, tessili, ecc. e copre fino a 13 settimane, prorogabili fino a un massimo di 52 settimane in un biennio mobile. 🔴 CIGS – Cassa Integrazione Guadagni Straordinaria La CIGS si applica in casi di crisi aziendali più gravi e durature, che richiedono interventi strutturali o riorganizzativi. 🔹 Causali principali: Crisi aziendale con esuberi di personale Riorganizzazione aziendale (per migliorare efficienza o cambiare strategia) Contratto di solidarietà (riduzione dell’orario per evitare licenziamenti) Cessazione dell’attività (totale o parziale) 🧾 Ha una durata maggiore rispetto alla CIGO (fino a 24 mesi in un quinquennio mobile), con specifica autorizzazione ministeriale.
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Cosa sono i contratti di solidarietà difensiva?
I contratti di solidarietà difensiva sono uno strumento previsto dalla normativa sul lavoro italiano per evitare licenziamenti collettivi nelle imprese in difficoltà economica. Si tratta di accordi aziendali, stipulati tra datore di lavoro e rappresentanze sindacali, con cui si decide di ridurre temporaneamente l’orario di lavoro per tutti o parte dei dipendenti, al fine di mantenere l’occupazione e distribuire il lavoro disponibile. In cambio, lo Stato interviene con una integrazione salariale (CIGS) per compensare in parte la perdita di stipendio dovuta alla riduzione dell’orario. In pratica: l’azienda riduce l’orario per tutti i lavoratori (es. da 40 a 30 ore settimanali), evita così di licenziare parte del personale, i lavoratori ricevono una quota di salario da parte dell’INPS, a copertura delle ore non lavorate. 👉 Sono chiamati “difensivi” perché mirano a difendere i posti di lavoro, a differenza di quelli “espansivi”, pensati per favorire nuove assunzioni. Requisiti principali: deve esserci una crisi aziendale documentata; la riduzione dell’orario dev’essere temporanea e concordata; serve l’autorizzazione del Ministero del Lavoro.
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Quali sono gli ammortizzatori sociali previsti in caso di cessazione del rapporto di lavoro?
In caso di cessazione del rapporto di lavoro, i principali ammortizzatori sociali previsti dalla legge italiana sono strumenti economici e di sostegno al reddito destinati a chi perde involontariamente il lavoro. Ecco i principali: 🔹 NASpI (Nuova Assicurazione Sociale per l’Impiego) È l’indennità di disoccupazione più comune, prevista per i lavoratori subordinati che perdono il lavoro involontariamente (es. licenziamento, scadenza contratto a termine, dimissioni per giusta causa). Requisiti principali: Almeno 13 settimane di contributi nei 4 anni precedenti. Almeno 30 giornate di lavoro effettivo nei 12 mesi precedenti la disoccupazione. Stato di disoccupazione attiva (cioè iscrizione al centro per l’impiego e disponibilità al lavoro). Durata: fino a un massimo di 24 mesi, con importo decrescente nel tempo. 🔹 DIS-COLL È simile alla NASpI ma destinata a collaboratori coordinati e continuativi (co.co.co.) e ad altri lavoratori parasubordinati iscritti alla gestione separata INPS, non titolari di partita IVA. Requisiti: Almeno 3 mesi di contribuzione nei 12 mesi precedenti la fine del contratto. Stato di disoccupazione. Durata: dipende dai contributi versati, con un massimo di 6 mesi. 🔹 Assegno di inclusione (ADI) (dal 2024, in sostituzione del Reddito di Cittadinanza) Non è un vero ammortizzatore da lavoro, ma un sostegno al reddito per nuclei familiari fragili e disoccupati di lungo periodo, condizionato alla partecipazione a progetti di inclusione sociale e lavorativa.
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Su cosa si basa il modello europeo della flexicurity?
Il modello europeo della flexicurity si basa su un equilibrio tra flessibilità e sicurezza nel mercato del lavoro, con l’obiettivo di conciliare le esigenze delle imprese (che chiedono maggiore adattabilità) con quelle dei lavoratori (che vogliono stabilità e protezione). Il termine "flexicurity" è una fusione di flexibility (flessibilità) e security (sicurezza), ed è stato promosso dall’Unione Europea soprattutto a partire dagli anni 2000. I pilastri fondamentali della flexicurity sono: Flessibilità del mercato del lavoro Le imprese devono poter assumere e licenziare più facilmente, adattandosi ai cambiamenti economici e tecnologici. Sistemi di sicurezza sociale solidi I lavoratori devono essere protetti da ammortizzatori sociali (come la NASpI) in caso di perdita del lavoro, per garantire un reddito minimo. Politiche attive del lavoro Devono essere promossi strumenti come formazione continua, orientamento, riqualificazione e accompagnamento nella ricerca di lavoro, per favorire il reinserimento rapido. Dialogo sociale e fiducia reciproca Le riforme devono essere accompagnate da concertazione con i sindacati e da un clima di collaborazione tra lavoratori, imprese e Stato. In sintesi: Il modello della flexicurity mira a creare un mercato del lavoro dinamico ma inclusivo, dove chi perde il lavoro non resta escluso, ma ha mezzi e supporto per rientrare rapidamente nel sistema.
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Nell’ambito della disciplina del licenziamento, che differenza intercorre tra giusta causa e giustificato motivo soggettivo?
🔥 Giusta causa di licenziamento È la forma più grave di licenziamento disciplinare: si verifica quando il comportamento del lavoratore è talmente grave da rendere impossibile anche solo la prosecuzione temporanea del rapporto di lavoro. 📌 Esempi tipici: furto, insubordinazione grave, aggressioni, falsificazioni, abbandono ingiustificato del posto di lavoro. ➡️ Effetto immediato: il datore può licenziare in tronco, senza preavviso né indennità sostitutiva, salvo giusta causa accertata. ⚠️ Giustificato motivo soggettivo Si tratta di una violazione meno grave degli obblighi contrattuali, ma comunque tale da rompere il rapporto di fiducia tra datore e lavoratore. 📌 Esempi: scarso rendimento volontario, ritardi ripetuti, violazioni del regolamento interno. ➡️ Effetto: è richiesto il preavviso (o l’indennità sostitutiva). La rottura del rapporto è giustificata, ma non urgente come nel caso della giusta causa.
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Cosa s’intende con l’espressione «licenziamento disciplinare»?
L’espressione «licenziamento disciplinare» indica il licenziamento che avviene a causa di un comportamento scorretto o illecito del lavoratore, cioè per violazione degli obblighi contrattuali o delle regole aziendali. Si tratta quindi di un licenziamento per motivi soggettivi, legati alla condotta del dipendente, e si distingue in due forme: Per giustificato motivo soggettivo → quando la violazione è grave ma non gravissima (es. assenze ingiustificate ripetute, scarso rendimento volontario). Per giusta causa → quando il comportamento è così grave da rendere impossibile la prosecuzione anche temporanea del rapporto di lavoro (es. furto, aggressione, gravi insubordinazioni). 🔧 Procedura: Il datore di lavoro, prima di procedere, deve contestare formalmente l’addebito al lavoratore per iscritto e dargli 5 giorni di tempo per difendersi (come previsto dallo Statuto dei lavoratori, art. 7). 📌 Il licenziamento disciplinare deve essere proporzionato al fatto commesso e dimostrabile: in caso contrario, può essere impugnato dal lavoratore e dichiarato nullo o illegittimo.
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Come è tutelato il lavoratore in caso di licenziamento discriminatorio?
In caso di licenziamento discriminatorio, il lavoratore gode della tutela massima prevista dall’ordinamento: il licenziamento è considerato nullo, e il lavoratore ha diritto al reintegro nel posto di lavoro, al risarcimento e alla regolarizzazione contributiva. 🔒 Cos’è un licenziamento discriminatorio? È un licenziamento motivato da ragioni illegittime legate a caratteristiche personali del lavoratore, come: Sesso, razza, origine etnica, religione, disabilità, età, orientamento sessuale (art. 3 Cost. e D.lgs. 216/2003) Opinioni politiche o sindacali Stato di gravidanza o maternità/paternità Denuncia di illeciti (whistleblowing) Anche un licenziamento formalmente “neutrale” ma in realtà fondato su questi motivi è nullo. ⚖️ Quali sono le tutele previste? Reintegrazione immediata nel posto di lavoro Il lavoratore ha diritto a tornare in azienda nello stesso ruolo e sede, senza bisogno di nuova assunzione. Risarcimento del danno Il datore di lavoro deve pagare al lavoratore: tutte le retribuzioni perse dalla data del licenziamento a quella del reintegro, con un minimo di 5 mensilità. Versamento dei contributi previdenziali L’azienda è obbligata a versare all’INPS i contributi non pagati per il periodo di illegittima estromissione. Tutela piena anche per i lavoratori con meno di 15 dipendenti A differenza di altri tipi di licenziamento, la tutela reintegratoria si applica sempre, anche nelle imprese piccole. 📝 Come si contesta? Il lavoratore deve impugnare il licenziamento entro 60 giorni dalla comunicazione, per iscritto. Poi ha 180 giorni per avviare un’azione legale o richiedere un tentativo di conciliazione.
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Quale tutela è prevista per i lavoratori soggetti all’art. 18 L. 300/1970 in caso di illegittimità del licenziamento per giusta causa?
Per i lavoratori soggetti all’articolo 18 della Legge 300/1970 (Statuto dei lavoratori), in caso di licenziamento per giusta causa dichiarato illegittimo, la tutela applicabile varia in base al tipo di vizio accertato dal giudice e alla data di assunzione del lavoratore (cioè se soggetto alla disciplina ante o post Jobs Act). 🔹 Caso: lavoratori assunti prima del 7 marzo 2015, in imprese con più di 15 dipendenti Se il giudice accerta che la giusta causa non sussiste, ma il fatto è comunque esistente e non così grave da giustificare il licenziamento immediato, si applica la tutela reintegratoria attenuata (art. 18, comma 4): ✅ Il datore di lavoro è tenuto a: Reintegrare il lavoratore nel posto di lavoro. Pagargli un’indennità risarcitoria pari a un massimo di 12 mensilità (al netto di quanto eventualmente percepito dal lavoratore in altro impiego nel frattempo). Versare i contributi previdenziali e assistenziali per il periodo tra il licenziamento e la reintegra. Se invece il fatto è insussistente, manifestamente insussistente o discriminatorio, si applica la tutela reintegratoria piena (reintegra + tutte le retribuzioni perdute, senza tetti massimi). 🔸 Caso: lavoratori assunti dopo il 7 marzo 2015 (Jobs Act) Per questi lavoratori, si applica il D.lgs. 23/2015, che prevede solo tutela economica (senza reintegra) tranne in casi eccezionali (discriminatori o nulli). In caso di licenziamento disciplinare illegittimo, il giudice riconosce un’indennità da 3 a 6 mensilità per vizi formali oppure da 6 a 36 mensilità per licenziamento infondato, in base all’anzianità.
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In quali casi di licenziamento ingiustificato il D.Lgs. 23/2015 prevede la reintegrazione nel posto di lavoro?
Il D.Lgs. 23/2015 (decreto attuativo del Jobs Act), applicabile ai lavoratori assunti con contratto a tutele crescenti dal 7 marzo 2015, prevede la reintegrazione nel posto di lavoro solo in casi eccezionali di licenziamento ingiustificato. ✅ Casi in cui è prevista la reintegrazione: Licenziamento discriminatorio Quando il licenziamento è motivato da discriminazioni vietate dalla legge, come razza, sesso, religione, opinioni politiche o sindacali, orientamento sessuale, stato di gravidanza o maternità. 👉 Il licenziamento è nullo → Reintegra piena + risarcimento. Licenziamento nullo per violazione di norme inderogabili Ad esempio, in caso di: licenziamento intimato in periodo di maternità protetta, violazione delle norme sul matrimonio, mancanza della forma scritta del licenziamento. Licenziamento disciplinare per fatto materialmente insussistente Se il giudice accerta che il fatto contestato non è mai avvenuto o non è riconducibile al lavoratore, si applica la reintegra attenuata: rientro nel posto di lavoro, indennità risarcitoria massimo 12 mensilità. ❌ Negli altri casi (es. motivo economico o soggettivo infondato), non c’è reintegra, ma solo: indennità risarcitoria da 6 a 36 mensilità, calcolata in base all’anzianità di servizio; eventuali sanzioni per vizi formali (3–6 mensilità).
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Quali sono i presupposti necessari per l’applicazione della procedura di licenziamento collettivo?
I presupposti necessari per l’applicazione della procedura di licenziamento collettivo sono stabiliti dalla Legge n. 223/1991 e si applicano in caso di licenziamenti non individuali ma di gruppo, legati a motivi economici o organizzativi (cioè non disciplinari). La procedura è obbligatoria in presenza di determinate condizioni. ✅ Presupposti fondamentali: Numero minimo di lavoratori interessati Il licenziamento è considerato collettivo se riguarda almeno 5 lavoratori licenziati: in un arco temporale di 120 giorni, nell’ambito di una stessa unità produttiva o di più unità della stessa provincia. Causa del licenziamento Deve esserci una giustificata causa oggettiva collettiva, come: riduzione o trasformazione dell’attività, chiusura dell’azienda o di un reparto, crisi economica o riorganizzazione aziendale. Azienda con almeno 15 dipendenti La procedura si applica solo alle imprese che occupano più di 15 lavoratori. ⚖️ Obblighi procedurali previsti dalla legge 223/1991: Comunicazione preventiva ai sindacati (inizio della procedura con indicazione dei motivi, numero dei lavoratori coinvolti, ecc.). Fase di consultazione sindacale (entro 7 giorni), con possibilità di accordo per gestire in modo meno traumatico i licenziamenti. Comunicazione finale alla Regione e al Centro per l’Impiego. Criteri di scelta dei lavoratori da licenziare, che devono rispettare parametri oggettivi (carichi di famiglia, anzianità, esigenze tecnico-produttive). Obbligo di preavviso o indennità sostitutiva, come in un normale licenziamento.
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Qual è la funzione del trattamento di fine rapporto (TFR)?
La funzione del Trattamento di Fine Rapporto (TFR) è quella di garantire al lavoratore una somma di denaro accantonata durante il rapporto di lavoro, che verrà erogata alla cessazione del rapporto, a titolo di liquidazione. 🔹 Funzioni principali del TFR: Retribuzione differita Il TFR è una parte dello stipendio maturata ogni anno, ma non percepita subito: viene “messa da parte” per essere corrisposta solo alla fine del rapporto di lavoro. Tutela economica al termine del lavoro Serve come supporto economico al lavoratore nel momento in cui perde o cambia lavoro (sia in caso di licenziamento, dimissioni, pensionamento o scadenza del contratto). Funzione previdenziale/finanziaria Il lavoratore può scegliere di destinare il TFR a un fondo pensione, in tutto o in parte, così da integrare la pensione futura. 📌 Quando viene erogato? Il TFR viene pagato alla cessazione del rapporto di lavoro, e non dipende dalla causa della cessazione (es. licenziamento, dimissioni, pensionamento).
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Sono valide le rinunce e le transazioni del lavoratore su diritti derivanti da disposizioni inderogabili di legge?
No, le rinunce e le transazioni del lavoratore su diritti derivanti da disposizioni inderogabili di legge non sono valide, se non avvengono nelle forme e sedi previste dall’ordinamento. 🔒 Perché non sono valide? Perché il diritto del lavoro tutela il lavoratore come parte debole del rapporto, e molti suoi diritti (es. retribuzione, ferie, TFR, sicurezza) sono inderogabili, cioè non possono essere rinunciati o ridotti da accordi privati. L’art. 2113 del Codice Civile stabilisce che: "Le rinunce e transazioni su diritti del lavoratore derivanti da disposizioni inderogabili di legge o di contratto collettivo sono nulle, se non concluse in sede protetta." ✅ Sono invece valide se avvengono in: sede sindacale (es. con l’assistenza di un rappresentante sindacale), sede giudiziale (davanti a un giudice), sede amministrativa (es. presso l’Ispettorato del Lavoro), sede arbitrale (prevista da contratti collettivi). In questi casi, si parla di “sedi protette”, dove si garantisce che il lavoratore agisca in modo consapevole e libero da pressioni. 📌 In sintesi: ❌ Una rinuncia firmata “privatamente” tra datore e lavoratore non ha valore legale. ✅ Una transazione fatta in sede protetta può essere valida anche su diritti inderogabili.
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Quali sono le tutele di cui beneficia il lavoratore in caso di trasferimento d’azienda
In caso di trasferimento d’azienda, il lavoratore beneficia di importanti tutele volte a garantire la continuità del rapporto di lavoro e la conservazione dei suoi diritti. La disciplina è contenuta nell’articolo 2112 del Codice Civile, che protegge i lavoratori quando l’azienda, o un suo ramo, viene trasferita ad un altro soggetto (es. per vendita, fusione, affitto, cessione). ⚖️ Principali tutele del lavoratore Mantenimento del posto di lavoro Il rapporto di lavoro continua automaticamente con il nuovo datore di lavoro (cessionario), senza interruzioni e senza necessità di un nuovo contratto. Conservazione dei diritti Il lavoratore mantiene tutti i diritti maturati: anzianità di servizio, inquadramento, retribuzione, ferie e TFR maturati. Tutela contro il licenziamento Il trasferimento non può costituire motivo di licenziamento. Il lavoratore può essere licenziato solo per giustificato motivo oggettivo indipendente dal trasferimento (es. riorganizzazione aziendale successiva e reale). Informazione e consultazione sindacale Se l’azienda ha più di 15 dipendenti, è obbligatorio un confronto preventivo con le rappresentanze sindacali sull’impatto del trasferimento sui lavoratori. Tutela del consenso (in caso di contratto a tempo determinato) In alcuni casi, per il passaggio del lavoratore può essere necessario il suo consenso, soprattutto se la cessione riguarda rami aziendali poco autonomi. 📌 In sintesi: Il lavoratore non perde il lavoro, non perde i diritti e non può essere penalizzato per effetto del trasferimento dell’azienda. La legge punta a garantire stabilità e continuità occupazionale.
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Quali sono i caratteri del processo del lavoro?
Il processo del lavoro, disciplinato dagli artt. 409–447 c.p.c., è un procedimento speciale e semplificato rispetto al processo civile ordinario, pensato per garantire al lavoratore una tutela rapida, effettiva e sostanziale dei propri diritti. Ecco i principali caratteri del processo del lavoro: ⚖️ 1. Impronta pubblicistica e finalità protettiva Il processo del lavoro nasce per riequilibrare il rapporto tra lavoratore e datore di lavoro, dando centralità al giudice e garantendo un accesso più rapido e semplificato alla giustizia per il lavoratore, considerato parte debole. ⏱️ 2. Rito accelerato e semplificato I tempi sono più rapidi rispetto al rito ordinario. I termini processuali sono più brevi e perentori (es. 5 giorni per notificare il ricorso). Le cause sono trattate in udienza unica, salvo necessità di approfondimenti. 👨‍⚖️ 3. Ruolo attivo del giudice Il giudice ha potere istruttorio più ampio: può disporre d’ufficio le prove (es. ordinare l’esibizione di documenti), ha il compito di guidare il processo anche a tutela dell’interesse pubblico alla corretta applicazione del diritto del lavoro. 👩‍💼 4. Forma scritta e contenuti rigidi Il ricorso introduttivo deve essere dettagliato, indicare i fatti, le prove, i documenti e le richieste in modo preciso. Questo consente al giudice e alla controparte una valutazione immediata della controversia. 🧑‍🤝‍🧑 5. Tentativo obbligatorio di conciliazione e filtro sindacale (in certi casi) Prima del processo, per alcune materie o contratti collettivi, può essere richiesto un tentativo di conciliazione o una procedura sindacale, anche se non è più obbligatoria in tutti i casi. 🤝 6. Ammissibilità del rito sommario per specifiche controversie Per alcune controversie (es. crediti di lavoro), si può applicare un rito sommario di cognizione, ancora più veloce e semplificato. 📌 In sintesi: Il processo del lavoro è: più rapido, più tutelante per il lavoratore, con un giudice più attivo, e con una struttura più rigorosa nella fase iniziale.
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Quale organismo è previsto dall’art. 19 dello Statuto dei Lavoratori per l’esercizio in azienda delle prerogative e dei diritti sindacali?
L'organismo previsto dall'articolo 19 dello Statuto dei Lavoratori (Legge 20 maggio 1970, n. 300) per l'esercizio in azienda delle prerogative e dei diritti sindacali è la Rappresentanza Sindacale Aziendale (RSA). 📌 Cos'è la RSA? La RSA è un organismo sindacale interno all'azienda, costituito ad iniziativa dei lavoratori, che rappresenta i dipendenti iscritti a un determinato sindacato. Essa ha il compito di tutelare gli interessi collettivi dei lavoratori e di esercitare i diritti sindacali riconosciuti dalla legge. 🏢 Dove può essere costituita? Le RSA possono essere costituite in ogni unità produttiva, nell'ambito: delle associazioni sindacali che abbiano partecipato alla negoziazione di contratti collettivi applicati nell'unità produttiva, anche se non firmatarie degli stessi. Questa interpretazione deriva dalla sentenza della Corte Costituzionale n. 231 del 2013, che ha dichiarato l'illegittimità costituzionale dell'art. 19 nella parte in cui non prevedeva la possibilità di costituire RSA anche per le associazioni sindacali che, pur non firmatarie, avevano partecipato alla negoziazione del contratto collettivo applicato nell'unità produttiva. Astrid +5 Wikilabour +5 Wikipedia, l'enciclopedia libera +5 🛠️ Quali diritti e prerogative hanno le RSA? Le RSA godono di una serie di diritti sindacali, tra cui: Ripetiamo Diritto il diritto di indire assemblee retribuite; il diritto di affiggere comunicazioni in appositi spazi; il diritto di raccogliere contributi sindacali; il diritto di usufruire di permessi retribuiti per i dirigenti sindacali; il diritto di utilizzare locali aziendali per le attività sindacali. Wikipedia, l'enciclopedia libera Ripetiamo Diritto +1 cgil.unimi.it +1 Ripetiamo Diritto +2 cgil.unimi.it +2 Wikilabour +2 Questi diritti sono finalizzati a garantire l'effettivo esercizio dell'attività sindacale all'interno dell'azienda e a tutelare la libertà sindacale dei lavoratori. 🔄 E le RSU? Accanto alle RSA, esistono le Rappresentanze Sindacali Unitarie (RSU), introdotte nel settore privato con l'accordo interconfederale del 1991 e successivamente regolamentate nel 1993. Le RSU sono organismi rappresentativi eletti direttamente dai lavoratori e hanno il compito di rappresentare tutti i dipendenti dell'unità produttiva, indipendentemente dall'iscrizione sindacale. In molte aziende, le RSU hanno sostituito le RSA, ma la coesistenza di entrambi gli organismi è possibile, a meno che non sia espressamente prevista la rinuncia alla costituzione delle RSA da parte delle organizzazioni sindacali firmatarie dell'accordo istitutivo delle RSU.
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Quando si configura condotta antisindacale?
La condotta antisindacale si configura quando il datore di lavoro viola i diritti o ostacola l’attività del sindacato, pregiudicando l’esercizio della libertà e dell’organizzazione sindacale nei luoghi di lavoro. È disciplinata dall’art. 28 dello Statuto dei lavoratori (L. 300/1970) e rappresenta una tutela speciale e immediata a favore delle organizzazioni sindacali. ⚖️ Quando si configura? La condotta antisindacale si verifica, ad esempio, quando il datore di lavoro: Impedisce o ostacola l’attività dei rappresentanti sindacali (RSA o RSU), Vieta o limita l’affissione di comunicazioni sindacali, Ostacola lo svolgimento di assemblee sindacali o trattenute per le quote associative, Esclude un sindacato da trattative o informazioni obbligatorie, Discrimina un lavoratore per la sua appartenenza o attività sindacale, Non applica gli accordi collettivi o le prerogative sindacali riconosciute per legge o contratto. ⚠️ Chi può agire e come? L’azione può essere proposta solo dal sindacato leso (non dal singolo lavoratore). Si presenta ricorso al tribunale del lavoro, che procede con urgenza. Il giudice, se riconosce la condotta antisindacale, ordina al datore di lavoro di cessare il comportamento e di rimuoverne gli effetti (es. reintegra di un rappresentante sindacale licenziato illegittimamente). 📌 In sintesi: La condotta antisindacale è qualsiasi atto o comportamento del datore di lavoro che limita o impedisce l’attività sindacale in azienda o viola i diritti dei sindacati tutelati dalla legge. È sanzionata con procedura rapida e provvedimenti immediati del giudice.
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Cosa si intende per contratto collettivo di diritto comune?
Il contratto collettivo di diritto comune è un contratto stipulato tra le organizzazioni sindacali dei lavoratori e le associazioni (o singole imprese) dei datori di lavoro, che disciplina i rapporti di lavoro nei settori di riferimento. Viene chiamato "di diritto comune" perché non ha una disciplina specifica nel Codice Civile, ma è regolato dalle norme generali sui contratti (artt. 1321 ss. c.c.), come qualsiasi accordo tra soggetti privati. 🎯 Caratteristiche principali: Natura privatistica Il contratto collettivo non è una legge, ma un accordo tra parti private. Vale solo per gli iscritti alle organizzazioni firmatarie, ma può estendersi anche ai non iscritti se applicato per prassi o previsto nel contratto individuale. Contenuto regolativo Il contratto collettivo stabilisce le regole del rapporto di lavoro: orario, retribuzione minima, ferie, permessi, livelli di inquadramento, preavviso, TFR, ecc. Non può derogare in peggio rispetto alle norme inderogabili di legge (es. tutela della maternità, sicurezza, salario minimo costituzionale). Livelli di contrattazione Può essere: Nazionale (CCNL): stipulato tra sindacati nazionali e associazioni datoriali. Territoriale o aziendale: tra sindacati locali o aziendali e singoli datori di lavoro. Efficacia soggettiva limitata Tecnicamente, vincola solo le parti firmatarie e i loro iscritti. Tuttavia, nella pratica: molti contratti individuali ne prevedono l’applicazione esplicita, i giudici spesso lo considerano riferimento per valutare la proporzionalità della retribuzione (art. 36 Cost.). 📌 In sintesi: Il contratto collettivo di diritto comune è un accordo sindacale con efficacia regolativa, nato da un'intesa tra soggetti privati, ma con funzione centrale nel diritto del lavoro. Non ha forza di legge, ma spesso viene applicato di fatto a quasi tutti i lavoratori di un settore.
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Lo sciopero è tutelato dalla Costituzione?
Sì, lo sciopero è tutelato dalla Costituzione italiana. L’articolo 40 della Costituzione stabilisce che: “Il diritto di sciopero si esercita nell’ambito delle leggi che lo regolano.” Questo significa che il diritto di sciopero è un diritto fondamentale dei lavoratori, riconosciuto come strumento di pressione collettiva per tutelare interessi economici e professionali, soprattutto in ambito contrattuale e sindacale. 🔹 Caratteri principali del diritto di sciopero: È un diritto individuale con esercizio collettivo: ogni lavoratore ha diritto di scioperare, ma lo sciopero ha effetto solo se è fatto in forma collettiva. Non serve l'autorizzazione: può essere proclamato anche senza preavviso (salvo nei servizi pubblici essenziali). Lo sciopero sospende la prestazione lavorativa, ma non interrompe il rapporto di lavoro. 🔸 Regolamentazione nei servizi pubblici essenziali: Per evitare danni ai cittadini, lo sciopero in questi settori (es. trasporti, sanità, scuola, giustizia) è regolato dalla Legge n. 146/1990, che impone: obbligo di preavviso minimo di 10 giorni, rispetto di servizi minimi garantiti, confronto con le autorità di garanzia (Commissione di garanzia sullo sciopero nei servizi pubblici). 📌 In sintesi: ✔️ Lo sciopero è costituzionalmente garantito (art. 40), ⚖️ ma può essere regolato dalla legge per bilanciare i diritti dei lavoratori con quelli degli utenti e della collettività.
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A quali condizioni e limiti è assoggettato l’esercizio del diritto di sciopero per i lavoratori addetti nel campo dei servizi pubblici essenziali?
Sì, lo sciopero è tutelato dalla Costituzione italiana. L'articolo 40 della Costituzione riconosce il diritto di sciopero, stabilendo che "il diritto di sciopero si esercita nell'ambito delle leggi che lo regolano". Tuttavia, per i lavoratori impiegati nei servizi pubblici essenziali, l'esercizio di questo diritto è soggetto a specifiche condizioni e limiti stabiliti dalla Legge 12 giugno 1990, n. 146, successivamente modificata dalla Legge 11 aprile 2000, n. 83. Questa normativa mira a bilanciare il diritto di sciopero con la necessità di garantire i diritti fondamentali dei cittadini, come la vita, la salute, la libertà, la sicurezza, la libertà di circolazione, l'assistenza e previdenza sociale, l'istruzione e la libertà di comunicazione . Wikipedia, l'enciclopedia libera +5 Wikipedia, l'enciclopedia libera +5 Wikipedia, l'enciclopedia libera +5 Condizioni e limiti principali: Preavviso obbligatorio: Lo sciopero deve essere comunicato con un preavviso minimo di 10 giorni alle amministrazioni, alle imprese erogatrici del servizio e all'autorità competente, indicando la durata, le modalità e le motivazioni dell'astensione collettiva . Diritto.it +1 Wikipedia, l'enciclopedia libera +1 Garanzia dei servizi minimi: Durante lo sciopero, devono essere assicurate le prestazioni indispensabili per evitare pregiudizi ai diritti fondamentali dei cittadini. La definizione di tali prestazioni è demandata agli accordi tra le parti sociali o, in mancanza, alla Commissione di Garanzia . Wikipedia, l'enciclopedia libera Procedure di raffreddamento e conciliazione: Prima della proclamazione dello sciopero, devono essere esperite procedure di raffreddamento e conciliazione, al fine di tentare una soluzione del conflitto senza ricorrere all'astensione dal lavoro. Precettazione: In caso di sciopero che possa causare un grave e imminente pregiudizio ai diritti della persona, le autorità competenti (Prefetto o Presidente del Consiglio dei Ministri, a seconda della rilevanza territoriale del conflitto) possono emettere un'ordinanza di precettazione, imponendo la sospensione o il differimento dello sciopero Wikipedia, l'enciclopedia libera . Sanzioni: La violazione delle disposizioni della Legge 146/1990 può comportare sanzioni disciplinari per i lavoratori e sanzioni amministrative pecuniarie per le organizzazioni sindacali e i datori di lavoro inadempienti
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Cos’è la serrata?
La serrata è l’atto con cui il datore di lavoro sospende l’attività aziendale e impedisce l’accesso ai lavoratori ai luoghi di lavoro, solitamente come forma di pressione o reazione a uno sciopero o a un conflitto sindacale. In pratica, è lo strumento di lotta del datore di lavoro, analogo allo sciopero per i lavoratori. ⚖️ Caratteri principali della serrata: È unilaterale: viene decisa dal datore di lavoro senza il consenso dei dipendenti. Ha scopo economico o sindacale: serve per difendere gli interessi aziendali, ad esempio per forzare la conclusione di un contratto o reagire a un’agitazione sindacale. Può comportare la sospensione della retribuzione per i giorni in cui l’accesso è impedito, se la chiusura è imputabile a causa non illegittima. ❌ In Italia non è un diritto costituzionalmente garantito A differenza dello sciopero, tutelato dall’art. 40 della Costituzione, la serrata non è riconosciuta come diritto nell’ordinamento italiano. La giurisprudenza la ammette solo in casi eccezionali, e può essere considerata illegittima o abusiva se: è usata in modo sproporzionato, viola diritti fondamentali dei lavoratori, è attuata per motivi discriminatori o punitivi. 📌 In sintesi: La serrata è una chiusura temporanea dell’azienda decisa dal datore per ragioni di conflitto sindacale o difesa economica, ma è fortemente limitata e non tutelata costituzionalmente, a differenza dello sciopero.