Patologia generale 1 Flashcards
(45 cards)
Come si classificano le cellule secondo la classificazione di Bizzozzero?
-Le cellule labili sono cellule in continua proliferazione (durata del ciclo 4h) e sostituiscono quelle perdute. Sono
anche chiamate cellule staminali tissutali perché possono generare un repertorio limitato di cellule
differenziate e sono generalmente collocate nella porzione basolaterale dei tessuti.
Esempi sono le cellule:
● di epiteli di rivestimento quali quello squamoso stratificato della cute, della cavità orale, della vagina, della
cervice uterina, dei dotti secretori delle ghiandole;
● di epiteli del tratto gastroenterico.
● Midollo ematopoietico
Questi compartimenti labili che tipo di risposta hanno in seguito a stimolo suprafisiologico? Iperplasia
CELLULE STABILI o QUIESCENTI
Le cellule stabili, o quiescenti, sono cellule con bassa attività replicativa che si trovano in fase G0 e, dopo la
divisione cellulare, entrano in un letargismo: solo determinati stimoli possono indurne il passaggio in fare G1
con conseguente divisione cellulare. (es.l’iperplasia compensatoria del fegato) .
Tra queste ci sono le cellule parenchimali di fegato, reni e pancreas. Ma anche le cellule endoteliali e
mesenchimali, ovvero fibroblasti e cellule muscolari lisce.
CELLULE PERENNI
Le cellule perenni, invece,sono cellule ultra-differenziate che, avendo abbandonato il ciclo cellulare, NON sono
più in grado di dividersi. Tra queste ci sono i neuroni e le cellule muscolari cardiache e scheletriche. Va però
specificato che:
● se i neuroni del SNC vengono distrutti, vengono sostituiti da cellule della glia;
● i muscoli scheletrici possono rigenerarsi attraverso il differenziamento di alcune cellule satelliti che si
trovano nella guaina endomisiale. Non lavorano in condizioni fisiologiche bensì attivate solo in seguito a
trauma.
● le cellule del muscolo cardiaco hanno capacità rigenerativa inesistente perché il tessuto funzionale
danneggiato viene sostituito da cicatrici di tessuto connettivo.
Tuttavia recentemente sono state scoperte cellule staminali cardiache e cellule staminali neuronali, anche se il
loro ruolo nella riparazione del danno non è ben conosciuto.
Il fatto che si muoia ancora per ictus cerebrale, per infarto del miocardio dimostra che non hanno alcuna
rilevanza a livello pratico.
CELLULE STAMINALI
Le cellule staminali sono le cellule che garantiscono il mantenimento-raggiungimento dell’omeostasi.
Sono caratterizzate da autorinnovamento e divisione asimmetrica:
● l’autorinnovamento permette di mantenere sempre lo stesso numero di cellule;
● la divisione asimmetrica fa sì che, in seguito a divisione mitotica, una cellula si differenzi, mentre l’altra
rimanga staminale.
● Le cellule staminali embrionali pluripotenti possono differenziarsi in tutti i citotipi del corpo umano.
● Le cellule staminali del midollo osseo, ovvero le HSC, possono differenziarsi in tutte le componenti corpuscolate del sangue.
Oltre alle cellule staminali del midollo osseo, molti tessuti adulti contengono riserve di cellule staminali,
localizzate in nicchie, che mostrano minore capacità di differenziamento e maggiore specificità per una linea
cellulare.
Quali sono gli eventi che si verificano in seguito ad un’epatectomia parziale?
FASI PRECOCI IMMEDIATA e RITARDATA
● Innanzitutto, si verifica un aumento specifico e sequenziale di proteine
coinvolte nella proliferazione cellulare. Questa fase prende il nome di fase precoce immediata: vengono attivati e quindi trascritti i protooncogeni c-fos, c-jun e c-myc.
o I 2 fattori di trascrizione codificati da c-fos e c-jun dimerizzano e costituiscono il fattore trascrizionale AP-1;
o il protooncogene c-myc codifica per altre proteine che
favoriscono la sintesi cellulare.
● La 2° fase prende il nome di fase precoce ritardata e prevede l’attivazione del gene Bcl-X che codifica per l’agente anti-apoptotico omonimo.
Affinché avvenga il passaggio dalla fase G0 alla G1 del ciclo cellulare, oltre a questi eventi, devono aumentare
le concentrazioni del TNF-α e della IL-6.
PROGRESSIONE da G1 a S
Dopo le prime 12-24 ore si forma il complesso ciclina D-CDK4 e avviene la fosforilazione della molecola Rb. Si
forma anche il complesso ciclina E-CDK2 e vengono sintetizzate la molecola p53 e altre cicline.
Oltre a questo, affinché avvenga il passaggio dalla fase G1 alla S del ciclo
cellulare devono aumentare le concentrazioni di alcuni fattori di crescita, in particolar modo:
● l’HGF, che lega il recettore codificato dal protooncogene c-met;
● l’EGF;
● il TGF-α che agisce attraverso un meccanismo autocrino.
Possono favorire l’azione dei fattori di crescita alcuni ormoni come l’insulina, la norepinefrina, l’ormone
tiroideo e il GH.
Entrati nella fase S, negli epatociti si ha un picco nella sintesi del DNA e quindi vanno incontro a innumerevoli divisioni mitotiche. In tutto ciò avviene una regolazione da parte delle cicline.
FASE DI STOP
Dopo circa 2-3 settimane:
● iniziano ad aumentare gli inibitori del ciclo cellulare quali il TGF-β e l’activina;
● diminuisce la produzione dei fattori di crescita e quelli già prodotti vengono captati dai macrofagi
residenti e distrutti;
● si riduce anche la domanda metabolica.
Conseguentemente la sintesi del DNA e le divisioni mitotiche diminuiscono e la massa epatica risulta
ripristinata.
Il fatto che l’iperplasia sia soggetta a una regolazione inibitoria è ciò che la distingue, insieme agli altri
meccanismi adattativi, dai tumori, i quali sono caratterizzati da una proliferazione incontrollata.
Parlami della cardiopatia ipertrofica
L’aumento dimensionale del cuore non si associa sempre ad una maggiore risposta funzionale: il miocardio
ipertrofico è più debole di quello normale perché non si associa ad una parallela neoformazione di capillari.
Quindi le cellule ipertrofiche di questi soggetti hanno già un difetto nella regolazione ematica e nell’apporto di
O2 e nutrienti, che risulta insufficiente.
CAMBIO FENOTIPICO
Vi è una vera e propria riprogrammazione, a livello genico, delle proteine espresse. In altre parole, cambia il fenotipo dei cardiomiociti:
● possono essere indotti dei fattori di regolazione
precoce;
● alcuni geni normalmente espressi durante le fasi
precoci dello sviluppo tornano a essere trascritti.
Per la precisione sono riattivati quelli che codificano
per le proteine contrattili fetali e per l’ANF.
o Le proteine contrattili fetali, o neonatali,
sostituiscono quelle adulte e quindi la β-miosina va a sostituire l’α-miosina e si ha una contrazione
più lenta e più economica dal punto di vista energetico.
o L’ANF è il Fattore Natriuretico Atriale.
Gli stimoli che possono innescare l’espressione di tali geni sono di diversa natura.
● Ci sono stimoli meccanici come lo stiramento.
● Ci sono stimoli trofici come quelli derivanti da:
o fattori di crescita quali l’IGF-1, il FGF e il TGF-β.
o agenti vasoattivi quali gli agonisti α-adrenergici, l’angiotensina 2 e l’endotelina-1.
FATTORE NATRIURETICO ATRIALE = ANF
Il fattore natriuretico atriale è un ormone peptidico. È coinvolto nel controllo omeostatico dell’acqua, del
sodio, del potassio e del grasso presenti nell’organismo. Per la precisione agisce a livello dei reni dove,
portando alla rimozione delle sostanze prima citate dal sistema circolatorio, abbassa la pressione sanguigna.
● Viene rilasciato da particolari cardiomiociti dell’atrio destro in seguito:
o a uno sforzo atriale;
o a una gran quantità di altri segnali indotti:
▪ dall’ipervolemia, ovvero un eccessivo aumento del volume ematico (alta pressione sanguigna);
▪ dall’esercizio fisico;
▪ dalla limitazione calorica.
● Nel cuore embrionale viene rilasciato anche da particolari cardiomiociti dei ventricoli in risposta allo stress
indotto dall’innalzamento della contrazione sistolica, cosa che può essere dovuta, per esempio:
o da una pressione ventricolare maggiore, come in caso di stenosi aortica;
o da una lesione, come in caso di infarto del miocardio.
Perché il fattore natriuretico atriale è importante come compenso? Come si deduce dal nome stesso induce a
livello del tubulo collettore una maggiore escrezione di sodio e di acqua. Una diuresi aumentata porta una
riduzione della massa circolante che compensa questa situazione di ipertensione di sovraccarico del
miocardio.
CONSEGUENZE
L’ipertrofia del miocardio diventa patologica quando si raggiunge un limite oltre il quale l’aumento della massa
muscolare non è in grado di compensare l’aumento di carico. Le anomalie del miocardio in senso patologico
includono:
● uno shift metabolico verso il metabolismo glicolitico;
● una disorganizzazione dei sarcomeri;
● nonché alterazioni della capacità di utilizzare il calcio e di contrattilità.
Lo stiramento è rilevato attraverso dei recettori che possono condizionare l’espressione di alcune proteine o produrre fattori di crescita.
Questo può comportare fenomeni degenerativi che possono causare la perdita di elementi contrattili cellulari,
soprattutto per apoptosi: i cardiomiociti vengono persi e sostituiti da tessuto connettivo fibroso. Questo causa
una disfunzione sisto/diastolica con:
● fenomeni di electrical remodelling, ovvero alterazioni dell’espressione e/o funzione dei trasportatori ionici;
● alterazioni citoscheletriche;
● aritmia e insufficienza cardiaca.
Parlami della metaplasia epiteliale e connetivale
La metaplasia è un meccanismo di adattamento In cui per stimoli chimico-fisici il tipo cellulare presente in quell’ambiente non è più capace di sopravvivere e quindi cambia il fenotipo per superare queste condizioni sfavorevoli. Tipicamente, un epitelio di rivestimento semplice viene
sostituito da un epitelio stratificato pavimentoso o da un epitelio ghiandolare o viceversa.
METAPLASIE SQUAMOSA e EPIDERMOIDE
Nei bronchi dei fumatori:
● si parla di metaplasia squamosa quando il normale epitelio cilindrico ciliato viene sostituito da un epitelio stratificato pavimentoso non cheratinizzato perché più resistente a questi fattori mutativi
● si parla di metaplasia epidermoide quando il normale epitelio cilindrico ciliato viene sostituito da un epitelio stratificato pavimentoso cheratinizzato.
La metaplasia dell’epitelio respiratorio impedisce la clearance mucociliare e può predisporre alla trasformazione neoplastica.
Anche i dotti ghiandolari possono andare incontro a metaplasia epidermoide, specialmente nel pancreas; lo
stimolo può essere rappresentato da un’infiammazione cronica o dalla carenza di vitamina A.
METAPLASIA DI BARRETT
Talvolta, un epitelio pavimentoso non secernente viene sostituito da un epitelio secernente e da ghiandole. Ciò può verificarsi nell’uretere
e nella vescica, ma il caso più frequente si verifica nell’esofago
inferiore: a causa di una disfunzione del cardias il succo gastrico può
rifluire nell’esofago e, col tempo, si sviluppano delle erosioni che vengono rivestite da un epitelio metaplastico di tipo gastrico o intestinale. Tali aree di metaplasia sono comunemente note come
epitelio di Barrett. Può derivarne un adenocarcinoma ghiandolare.
METAPLASIA CONNETTIVALE
La metaplasia connettivale si verifica in seguito a miosite ossificante traumatica: si formano delle placche di
tessuto osseo nel tessuto connettivale muscolare ed è un processo tipico degli sportivi. È reversibile.
METAPLASIA CICATRIZIALE
La metaplasia cicatriziale prevede la formazione di tessuto osseo metaplastico all’interno delle cicatrici,
specialmente quelle chirurgiche lungo il solco mediano dell’addome. Questo processo potrebbe avere come
protagonista la BMP-2 = Bone Morphogenetic Protein-2 perché agisce sui fibroblasti o sulle cellule staminali
connettivali.
Parlami delle conseguenze della deplezione di ATP osservabili con il microscopio ottico
La deplezione di circa il 5-10% dell’ATP ha effetti molto importanti su vari sistemi cellulari, tra cui appunto, la morte irreversibile.
Ad esempio, in seguito a una trombosi coronarica non arrivano più ossigeno e nutrimenti alle cellule che si trovano a valle.
In queste condizioni i mitocondri soffrono e la fosforilazione ossidativa diminuisce con conseguentemente diminuzione dell’ATP prodotto.
Aumenta la concentrazione dell’AMP ciclico.
Il deficit di ATP porta a un malfunzionamento delle pompe sodiopotassio e di altre pompe ioniche, per cui si avrà un influsso di calcio, di sodio e di acqua, e un efflusso di potassio con formazione dello swelling, ovvero il rigonfiamento cellulare.
Aumento della glicolisi anaerobia che comporta a sua volta riduzione di glicogeno -> alla formazione di
acido lattico ->alla caduta del ph ->Clumping ovvero la condensazione della cromatina.
Riduzione della sintesi proteica.
AL MICROSCOPIO OTTICO
RIGONFIAMENTO CELLULARE
Il rigonfiamento cellulare è la prima manifestazione in quasi tutte le forme di danno cellulare. Appare quando
la cellula diventa incapace di mantenere l’omeostasi dei liquidi e dei sali a causa della perdita di funzione
delle pompe di membrana ATP-dipendenti.
È evidente anche a livello macroscopico nei singoli organi che, aumentati di volume, diventano più pesanti e
pallidi: si formano dei vacuoli chiari all’interno del citoplasma perché il RE si gonfia e si verifica il fenomeno
chiamato degenerazione idropica, o rigonfiamento vacuolare.
DEGENERAZIONE GRASSA
La degenerazione grassa comporta la comparsa di piccoli o grandi vacuoli di lipidi nel citoplasma in seguito a
ipossia e/o danno tossico. Si ha spesso durante le intossicazioni severe da tetracloruro di carbonio che porta
rapidamente a un aumento di trigliceridi nel fegato: il fegato si ingrossa e si parla di steatosi. Quest’ultima si
manifesta anche in caso di intossicazione da paracetamolo.
Come si osserva un cellula in cui c’è una deplezione di ATP al microscopio elettronico?
Sempre nella fase reversibile del danno, al microscopio elettronico si possono osservare:
estroflessioni della membrana plasmatica chiamate blebs;
eventuali microvilli tendono a scomparire man mano che la cellula si gonfia e vengono meno le giunzioni
cellulari;
si gonfiano i mitocondri per via della formazione di aggregati di fosfolipidi in ossidazione;
nel nucleo si disgregano gli elementi fibrillari e si formano
strutture granulari.
Per cercare di produrre la maggior quantità possibile di ATP, le cellule ricorrono alle proprie scorte di glicogeno per poter effettuare la glicolisi anaerobia. Questo ha come conseguenza un abbassamento del pH che provoca il cosiddetto clumping della cromatina che si trova nel nucleo. L’abbassamento del pH si verifica per l’accumulo di lattato, idrogenioni e NAD ossidato.
o La cellula pur di ristabilire il pH fisiologico cerca di allontanare gli idrogenioni tramite uno scambiatore Na+
/H+, quindi facendo entrare ioni sodio.
o Quest’ultimi sono a loro volta scambiati con ioni calcio
mediante uno scambiatore Na+/Ca++. Questa cosa induce un notevole aumento di Ca++ nella cellula.
o Le alte concentrazioni dello ione calcio attivano una
molteplicità di enzimi, come le fosfolipasi, che possono
degradare i fosfolipidi membrana, le proteine, etc.
C’è la formazione di figure mieliniche, ovvero aggregati di
fosfolipidi ossidati.
Un’altra conseguenza è il distacco dei ribosomi dal RER, cosa che:
o acidifica ancora di più il citoplasma e spiega come mai le cellule morte siano eosinofile (si colorano di
rosa);
o riduce la sintesi proteica.
Un’altra conseguenza èla formazione degli accumuli di lipidi perché questi non possono più essere
utilizzati per il ricambio delle membrane e non possono essere più esportati verso l’esterno.
Parlami dei meccanismi antiossidanti enzimatici
SUPEROSSIDO-DISMUTASI = SOD
Le superossido-dismutasi = SOD, sono caratterizzate da un gruppo prostetico con un
metallo, il Manganese. Catalizza la reazione tra 2 molecole di anione superossido O2
-e gli
idrogenioni H+ per ottenere 1 molecola di O2 e 1 molecola di H2O2.
CATALASI
La catalasi, soprattutto quella dei perossisomi, catalizza la conversione di 2 molecole di
perossido di idrogeno H2O2 in 1 molecola di O2 e 2 molecola di H2O.
GLUTATIONE-PEROSSIDASI = GPX
La glutatione-perossidasi = GPX si trova nei mitocondri e nel citoplasma e catalizza
la reazione tra 1 molecola di perossido di idrogeno H2O2e 2 glutationi ridotti = GHS.
Il perossido di idrogeno ossida i 2 glutationi trasformandosi in H2O mentre i
glutationi diventano glutationi ossidati = GSSG.
Oppure il glutatione omodimero permette questa reazione:
In caso di squilibrio nei principi enzimatici appena descritti si verificano seri
problemi di stress ossidativo. Ad esempio, nel paziente con fibrosi cistica il
potenziale ossido riduttivo delle cellule in chiave di capacità di rimozione dei ROS è alterata, soprattutto l’asse
della GDX.
Dimmi la sequenza del danno cellulare ischemico
Il mitocondrio riduce la sua capacità di riduzione di ATP comporta:
o Riduzione pompa Sodio/Potassio
Aumento del flusso di calcio, H2O e Na+,
Swelling, Blebs, ER swelling, figure mieliniche citosoliche e mt.
o Aumenta la Glicolisi
Diminuisce il PH
Condensazione della cromatina
Quando si instaura un danno di membrana irreversibile porta al rilascio di enzimi
lisosomiali, alla loro attivazione e quindi alla digestione di proteine, a danni
nucleari e riduzione della basofilia (RNP)del citoplasma e del tessuto
danneggiato.
Diminuzione del glicogeno
o Altri effetti:
Riduzione della sintesi proteica
Accumulo di lipidi nel fegato
Parlami della perdita dell’omeostasi del calcio e della permeabilità di membrana nel mitocondrio
PERDITA DELL’OMEOSTASI DEL CALCIO
La concentrazione del calcio fisiologicamente è:
a livello intracellulare, minore di 0,1 μM;
a livello extracellulare, circa 1,3 mM.
La maggior parte del calcio è sequestrata nei mitocondri e nel RE e i flussi di calcio attraverso le membrane di questi organuli sono regolati attraverso delle pompe ATPasiche.
Ischemia o tossine possono determinare un aumento del Ca
intracellulare per:
aumento del flusso di calcio attraverso la membrana plasmatica;
Rilascio di Ca2+ da mitocondri e reticolo endoplasmatico.
per un danno mitocondriale con conseguente formazione degli MPT e rilascio di calcio nel citosol.
L’incremento di calcio mina l’omeostasi calcica e vengono attivati enzimi degradativi:
le ATPasi accelerano il consumo di ATP;
le fosfolipasi danneggiano le membrane biologiche favorendo la
formazione di saponi, come la ceramide;
le proteasi distruggono le proteine di membrana e quelle strutturali;
le endonucleasi danneggiano il DNA nel nucleo.
Possiamo vedere come il calcio entrando nella membrana causa un danno alla membrana cellulare stessa.
Questo è un effetto tardivo della morte cellulare.
Il danno provoca l’entrata di grandi quantità di calcio e anche la variazione della permeabilità di
membrana degli organelli che fa aumentare ulteriormente la concentrazione di calcio intracellulare.
Il calcio provoca l’attivazione degli enzimi tardivi e le loro conseguenze.
PERDITA DI PERMEABILITÀ DI MEMBRANA
La perdita di permeabilità della membrana è un evento precoce in seguito al danno cellulare e può essere
causato:
dalla deplezione di ATP che causa una disfunzione
mitocondriale;
dall’attivazione di fosfolipasi modulate dal calcio;
dal danno al citoscheletro;
da tossine batteriche;
da proteine virali;
da componenti litiche del complemento;
dalle perforine prodotte dai linfociti T citotossici;
da altri agenti fisici o chimici.
Il danno alla membrana plasmatica provoca una perdita
dell’equilibrio osmotico con conseguente ingresso di liquidi e ioni, oltre che alla perdita di proteine,
enzimi e acidi nucleici.
Il danno alle membrane lisosomiali provoca la fuoriuscita di enzimi (RNAasi, DNAasi, proteasi, ecc.) nel
citoplasma e loro attivazione.
N.B.
Questi processi non sono isolati ma coesistono e sono concatenati tra loro.
La carenza di ossigeno può portare ad un’alterazione dell’omeostasi mitocondriale; quindi, le reazioni di
riciclo della membrana non possono essere effettuate e quindi si ha un danno alla membrana.
Gli acidi grassi liberi non esterificati, l’acil carnitina e i lisofosfolipidi danneggiano la membrana.
Dimmi i danni provocati da un aumento dei ROS in caso di danno da ischemia-riperfusione
MITOCONDRI
La repentina riossigenazione porta a un aumento dei ROS perché viene aumentata l’attività dei mitocondri
danneggiati dall’evento ischemico: già svolgono un’incompleta riduzione dell’ossigeno che quindi si traduce in una eccessiva produzione di ROS. La riperfusione favorisce la formazione di pori di MPT che aumentano
l’entità della perossidazione dei lipidi: quindi c’è una disfunzione mitocondriale che rende la cellula incapace
di rimetabolizzare i substrati.
OSSIDASI
Inoltre, alcune ossidasi, presenti a livello delle cellule parenchimali dell’endotelio e dei leucociti reclutati in
situ, possono aumentare la produzione di ROS.
Durante l’ischemia la cellula porta avanti 2 catene di reazioni.
La prima prevede, per via delle necessità di energia:
o la rottura dei legami fosfodiesterici ad alta energia dell’ATP,
che quindi si trasforma in ADP;
o l’ADP viene poi convertito in AMP;
o l’AMP in adenosina e l’adenosina in inosina;
o infine, l’inosina in ipoxantina, un substrato per la xantina-deidrogenas1i.
La seconda prevede, in seguito a un eccessivo afflusso di ioni
calcio:
o l’attivazione di una proteasi citosolica che, tramite una
conversione proteolitica, trasforma la xantina-deidrogenasi4
in xantina-ossidasi.
In assenza di ossigeno l’ipoxantina e la xantina-ossidasi non reagiscono.
In seguito a riperfusione la xantina-ossidasi catalizzala reazione tra
l’ipoxantina e l’ossigeno molecolare, la quale porta alla formazione di
urato, o acido urico, di acquae del radicale superossido O2
-
.
Viene ulteriormente aumentata la quantità di ROS e quindi l’entità del
danno, infatti con il Fe3+ di viene a creare il radicale idrossile, il radicale
più reattivo.
NEUTROFILI
In seguito alla produzione eccessiva di acido urico vengono richiamati i neutrofili e inizia l’infiammazione.
Nei neutrofili, e per la precisione all’interno dei fagosomi, l’ossigeno
molecolare viene ossidato dal complesso dell’NADPH ossidasi in
radicale superossido.
Questo, reagendo con l’idrogeno molecolare che entra tramite canali
protonici, si trasforma nel perossido di idrogeno grazie all’azione
della SOD.
Infine, il perossido di idrogeno reagisce con gli ioni cloruro e si
trasforma nell’acido ipoclorico, molecola in grado di perossidare i lipidi e portare a un ulteriore danno.
DANNO DEI ROS
I ROS danneggiano le macromolecole cellulari sono in grado di indurre la morte cellulare sia delle cellule
parenchimali che degli endoteliociti. Sono anche dei mediatori dell’infiammazione perché favoriscono il
rilascio di altre molecole ad attività pro-infiammatoria e quindi viene amplificata la risposta infiammatoria.
Dimmi cosa sono la necrosi coagulativa ,colliquativa e caseosa
NECROSI COAGULATIVA
La variante isto-patologica più comune della necrosi è la necrosi coagulativa con denaturazione delle
proteine, rottura degli organelli e rigonfiamento cellulare. E’ la morte cellulare più diffusa.
E’ così detta in quanto l’ischemia porta ad una caduta brusca di ossigeno e di nutrienti per cui queste
proteine strutturali e enzimatiche denaturano.
CARATTERISTICHE
● Blocca la proteolisi della cellula e quindi conduce alla denaturazione delle proteine strutturali e di
quelle
enzimatiche:
o viene meno la struttura terziaria;
o le catene laterali degli aminoacidi risultano esposte;
o aumenta l’eosinofilia e quindi la loro reattività. Se la reattività aumenta, le proteine denaturate
tendono ad aggregarsi formando dei flocculi che, se irradiati da luce ultravioletta, emettono
luce nel visibile (autofluorescenza)
Il tessuto rimane asciutto, compatto, opaco e con un’architettura ben consolidata. Quindi risulta ben
circoscritta. Ciò è possibile perché vengono denaturati anche gli enzimi proteolitici.
● Il tessuto necrotico permane per alcune settimane fino a quando non viene rimosso dai
leucociti scavenger tramite il rilascio di enzimi proteolitici lisosomiali.
● È definita coagulativa perché:
o in genere è causata da una brusca ipossia dovuta all’ostruzione di un vaso sanguigno;
o NON consente il processo di adattamento che porta alla glicolisi
anaerobia. Dato che in questi casi le aree necrotiche sono definite si parla
di infarti.
Quindi, le cellule appaiono come quelle di un organo non danneggiato ma al microscopio ottico si presenta un
aumento dell’eosinofilia.
NECROSI COLLIQUATIVA
La necrosi colliquativa comporta la completa digestione enzimatica delle cellule morte: la struttura del
tessuto viene distrutta e rimane solo del materiale fluido e viscoso.
È caratteristica:
● delle infezioni focali batteriche e fungine, in quanto potenti stimoli per le cellule infiammatorie;
● delle ischemie del SNC per trombosi;
● dello stadio finale della sifilide, o sifilide terziaria, e per la precisione vengono colpite le gomme
luetiche, ovvero delle lesioni, singole o multiple, costituite da nodosità piuttosto grosse. Le
spirochete hanno alta affinità per i vasi con conseguente vasculite e ischemia progressiva.
Il processo infettivo, o l’ipossia, devono avere una progressione lenta in modo da permettere la
diminuzione del pH e quindi l’attivazione delle idrolasi lisosomiali che lisano le componenti tissutali.
Se il processo infiammatorio acuto è stato
intenso il tessuto risulterà avere un aspetto giallo cremoso
per la presenza di leucociti morti =pus.
NECROSI GANGRENOSA
Un esempio di necrosi colliquativa è la necrosi
gangrenosa in cui alla necrosi coagulativa iniziale si
associa anche colliquazione dovuta ad agenti infettivi.
E’ una necrosi estesa che coinvolge la totalità di un
organo e non parti di esso. Questo termine viene
generalmente adoperato in riferimento agli arti che
hanno perso l’apporto ematico e hanno sviluppato una
necrosi coagulativa.
Distinguiamo in gangrena secca, che è un tipo di necrosi
coagulativa (es. piede diabetico o pz affetti da grave
aterosclerosi con interessamento della estremità degli
arti superiori i inferiori, provoca alla perdità di
sensibilità cutanea e ulcere) e gangrena umida nella
quale alle necrosi coagulativa si sovrappone una
infezione batterica.
NECROSI CASEOSA
La necrosi caseosa, è una forma di necrosi coagulativa, caratterizza il tessuto
polmonare di una persona affetta da tubercolosi polmonare. E’ una
manifestazione dell’infiammazione cronica. (In generale dove abbiamo i
macrofagi avremo un’infiammazione acuta, dove prevalgono i linfociti abbiamo
un’infiammazione cronica).
In queste persone si formano i cosiddetti tubercolomi, cioè dei granulomi che a livello polmonare portano
alla
distruzione del tessuto.
L’architettura strutturale del tessuto viene distrutta perché i macrofagi, infarciti di
Mycobacterium tuberculosis che non possono eliminare, inviano segnali stimolanti i
linfociti T a liberare l’interferon gamma= IFN-γ: questo attiva l’azione litica dei
macrofagi che distruggono il tessuto portando alla necrosi.
L’RX toracico di questi pazienti mostra caverne nei polmoni.
Parlami della steatonecrosi e della necrosi fibrinoide
STEATONECROSI O NECROSI ADIPOSA
La steatonecrosi, o necrosi grassa, è una grave forma di necrosi che si
verifica in seguito a gravi infiammazioni, come nel caso della pancreatite
acuta fulminante. In questo caso specifico, la componente esocrina del
tessuto pancreatico viene completamente distrutta e le lipasi pancreatiche
vengono rilasciate nella cavità addominale. Qui inducono la degradazione
dei lipidi del mesentere che precipitano
come saponi di calcio (placche di sapone, saponificazione degli acidi grassi)
che si accumulano come depositi basofili amorfi alla periferia dell’isolotto
irregolare di adipociti necrotici.
NECROSI FIBRINOIDE
La necrosi fibrinoide è una forma di necrosi che si verifica a livello di grosse
arterie in quadri patologici come le vasculiti autoimmunitarie, il lupus o le
malattie infiammatorie croniche.
E’ una alterazione regressiva che colpisce la tonaca media delle arteriole
dovuta alla deposizione di complessi di antigeni e anticorpi sulle pareti
vascolari e determina un danno vascolare con fuoriuscite di proteine.
In particolare fuoriescono:
● gli immunocomplessi che si depositano nel sottoendotelio;
● la fibrina che va a formare un coagulo fibrinoide nel tessuto intorno all’arteria.
Quest’ultima assumerà quindi un colore rosa pallido e a un certo punto si verificherà la rottura della
membrana basale su cui poggiano le cellule endoteliali.
Quindi è una necrosi circoscritta, omogenea e fortemente eosinofila.
Dimmi quali sono gli aspetti morfologici della cellula che si osservano durante l’apoptosi
Durante l’apoptosi, dal punto di vista morfologico:
● possono essere interessate cellule singole oppure gruppi cellule;
● la cellula si restringe = shrinkage e la cromatina si frammenta e si condensa sulla faccia interna
della membrana nucleare;
● la membrana plasmatica non viene danneggiata ma si frammenta a formare piccoli sacchetti che
racchiudono il materiale cellulare e prendono il nome di corpi
apoptotici;
● gli organelli si addensano ma non si rompono;
● il citoplasma diventa eosinofilo;
● i corpi apoptotici vengono fagocitati dai macrofagi e NON c’è infiammazione.
● Più che di picnosi (come nel caso del quadro necrotico) vi è un addensamento della cromatina sulla
membrana nucleare. Tuttavia nelle prime fasi dell’apoptosi può comparire anche il fenomeno
picnotico.
La reazione apoptotica impiega tra le 2 e le 4 ore e i corpi apoptotici sono rapidamente degradati,
ragion per cui è molto difficile rilevare un fenomeno apoptotico in corso. Tuttavia ci sono metodiche
moderne che permettono di individuare questo fenomeno seppur breve.
Dimmi cosa avviene durante la fase effettrice della via mitocondriale dell’ apoptosi
La storica BLC-2 è una proteina intrinseca della membrana
mitocondriale e ha il compito di mantenere chiusi i pori di
membrana così da prevenire il rilascio dei citocromi C.
Le proteine BAK e BAX legano BLC-2 e ne inibiscono l’azione in modo da permettere il rilascio dei citocromi C.
In assenza di fattori di crescita o in seguito a radiazioni o a
proteine mal ripiegate che si accumulano, vengono attivati i
corrispettivi sensori che causano un antagonismo tra BCL-2e le proteine BAX e BAK in modo che quest’ultime possano portare all’apertura dei pori mitocondriali.
● L’azione di BAX e BAK è facilitata dalla molecola BID che è anche, biochimicamente, la proteina
“bridge” tra la via mitocondriale e la via estrinseca. Questo perché viene attivata dalla caspasi 8.
● Il citocromo C2, ora nel citoplasma, è
libero di legarsi a APAF1 = Apoptosis
Activating Factor 1, una specie di
cofattore,e a una pro-caspasi 9. Questo
complesso prende il nome di
apoptosoma e ha il compito di attivare
la pro-caspasi 9 in caspasi 9.
● Quest’ultima è una caspasi iniziatrice
perché ha il compito di attivare tante
altre pro-caspasi che infine, lisando le
varie componenti cellulari, portano ad
apoptosi. La prima a essere attivata è la caspasi 3.
● Contemporaneamente al citocromo C, dal mitocondrio fuoriescono altri fattori pro-apoptotici,
come la proteina AIF (Apoptosis Inducing Factor), che vanno a legare e inibire la molecola IAP, un
inibitore di apoptosi.
Parlami della via estrinseca dell’apoptosi
SEGNALI DI INNESCO
La via estrinseca è la via dei recettori di morte perché, affinché venga attivata, è necessario l’intervento
di strutture recettoriali presenti sulla membrana cellulare.
● I recettori TNFR = Tumor Necrosis Factor Receptor che legano i TNF= Tumor Necrosis Factor.
● Il recettore CD95 che lega CD95L. Un altro modo di chiamare questo sistema è recettore
Fas/FasLigando.
In questo caso abbiamo una regolazione iuxtacrina: due tipi cellulari che si legano tra loro, l’uno
fungendo da ligando e l’altro da recettore.
Se tali recettori legano i rispettivi ligandi, tramite il legame con proteine adattatrici, che contengono i
cosiddetti domini di morte, attivano le caspasi iniziatrici, o effettrici.
FASE EFFETTRICE
Nel caso di cellule infettate da virus o cellule tumorali l’apoptosi è
indotta dai linfociti T citotossici.
● Questi esprimono sulla propria superficie il FasL = FasLigando che,
legandosi al corrispettivo recettore Fas, o CD95, espresso sulla
superficie della cellula da uccidere, ne inducono la
omotrimerizzazione.
● La porzione citoplasmatica dei recettori Fas è composta dai
cosiddetti Death domaines = Domini di morte .
● In seguito alla trimerizzazione del recettore, interviene la
proteina adattatrice FADD = Fas Associated Death Domaine, la quale è caratterizzata da un dominio di morte affine
strutturalmente ai domini di morte di Fas.
● FADD procede con la cosiddetta attivazione per prossimità della procaspasi 8. Per la precisione quest’ultima è indotta
all’attivazione tramite taglio autocatalitico (modalità di attivazione tipica anche delle proteine
prioniche) e successivamente attiva le altre caspasi effettrici in modo da estendere la risposta
Parlami delle proteine integratici che effettuano un controllo positivo e negativo nella fase di controllo dell’apoptosi
PROTIENA AIF
Un altro fattore pro-apoptotico è la molecola AIF che neutralizza
la proteina IAP, un inibitore dell’apoptosi, facilitando la via
mitocondriale.
La via più importante per il rilascio di AIF parte dall’attivazione dell’enzima nucleare PARP-1= Poli-ADPRibosio Polimerasi 1, che:
● normalmente prende parte alla replicazione e al riparo del DNA, nonché alla regolazione della
trascrizione;
● in risposta a stress genotossici la sua attività aumenta per mantenere l’integrità del genoma ma,
se è eccessiva o prolungata, scatena il rilascio di AIF dai mitocondri.
Questo meccanismo di attivazione dell’apoptosi è caspasi -
indipendente.
PROTEINE SMAC/DIABLO
Altre proteine regolatrici sono ad esempio le proteine SMAC/diablo.
Anche queste inibiscono IAP.
PROTEINA p53
La proteina p53(fattore di trascrizione), in seguito al blocco del ciclo
cellulare, se il danno al DNA non può essere riparato, inibisce l’attività
basale di BCL-2indirettamente perché stimola la trascrizione del gene
BAX. La proteina che ne deriva, formando eterodimeri con BID,
permeabilizza la membrana mitocondriale esterna con uscita del
citocromo C, il quale si lega ad APAF1.
p53 è un gene oncosoppressore, infatti nelle persone affette da cancro
non viene attivato e le cellule proliferano indisturbate.
PROTEINE DI CONTROLLO NEGATIVO
Il meccanismo di controllo dell’apoptosi prevede la sintesi di proteine antiapoptotiche che la
controllano nelle diverse tappe. Le più importanti sono le proteine appartenenti alla famiglia FLIP e la
proteina IAP = Inihbitor of Apoptosis Protein.
PROTEINE FLIP
Alcune proteine appartenenti alla famiglia FLIP legano la pro-caspasi 8 e ne bloccano l’attivazione:
sono regolatrici negative dell’apoptosi. Il problema è che le proteine FLIP possono essere prodotte da
alcuni virus allo scopo di impedire la morte delle cellule che stanno infettando.
Parlami della quarta fase dell’apoptosi e in particolare dei linfociti t autoreattivi, del TNF e delle proteinopatie
RICOGNIZIONE FAGOCITARIA e FAGOCITOSI
I corpi apoptotici sono sottoposti alla cosiddetta ricognizione fagocitaria: espongono sulla propria
superficie delle molecole, come la fosfatidil-serina, che vengono riconosciute dai macrofagi.
La fosfatidil-serina viene riconosciuta:
● o direttamente tramite un recettore presente sul macrofago;
● o indirettamente mediante delle integrine αβ e altre molecole adattatrici come la
trombospondina.
La fagocitosi delle cellule apoptotiche da parte dei macrofagi favorisce la secrezione di citochine che
diminuiscono l’entità della risposta infiammatoria e quindi hanno un effetto benefico: il TGF-β e
l’interleuchina 10. Riducono anche la produzione del TNF-α.
CASI SPECIFICI
FAS/FADD/CASPASI 8 per LINFOCITI T AUTOREATTIVI
L’attivazione dell’apoptosi mediante via estrinseca con il sistema
FAS/FADD/caspasi 8, oltre che per le cellule infette da virus, viene utilizzata
per eliminare, negli organi linfoidi primari, tutti i linfociti T autoreattivi. È
dunque un freno alla risposta immunitaria affinché essa non sia eccessiva,
ergo dannosa.
In questo caso, il Fasligandosi trova nell’ambiente extracellulare e NON è
legato alla superficie della membrana dei linfociti T citotossici.
Se questa selezione non avvenisse insorgerebbero malattie autoimmuni.
TNF/TNFr
TNF= Fattore Di Necrosi Tumorale è una citochina che stimola sia il
programma di morte, ovvero l’apoptosi, sia la sopravvivenza cellulare e la
proliferazione (attivando, in tal caso, il fattore di trascrizione NF-kB). Ci sono
2 tipi di TNF: alfa e beta. TRADD e FADD favorirebbero l’apoptosi mentre TRAFs favorirebbero
l’attivazione di NF-kB.
PROTEINE MAL RIPIEGATE = PROTEINOPATIA
Le proteinopatia sono quelle condizioni in cui vengono prodotte delle proteine mal ripiegate che si
accumulano all’interno del
RE, stressandolo.
Sono spesso causate da:
● alterazioni
metaboliche;
● mutazioni nei geniche
codificano per le
proteine o per le
chaperonine
(consumano energia
per la loro azione);
● insulti chimici.
Quando il RE è stressato
invia stimoli che inducono dei meccanismi di adattamento:
● innanzitutto, bloccano la sintesi proteica;
● successivamente cercano di far assumere la corretta conformazione alle proteine sintetizzando
chaperonine;
● se l’adattamento non riesce la cellula va in apoptosi.
ESEMPI
Ci sono varie proteine che
possono indurre la risposta
di stress del RE in seguito a
un loro mal ripiegamento
azionando dei sensori.
● L’α1-antitripsina:
o negli epatociti se
mal ripiegata e immagazzinata porta a apoptosi;
o nei polmoni una sua assenza porta alla distruzione del tessuto elastico generando un
enfisema.
● Nella fibrosi cistica viene colpita la proteina regolatrice della conduttanza transmembrana CFTR
che porta difetti nel trasporto di cloro.
● L’ipercolesterolemia familiare è causata dalla perdita del recettore per le LDL.
● Nella malattia di Tay-Sachs una carenza dell’esosaminidasi per via di un difetto a livello della sua
subunità β porta all’immagazzinamento di GM2 gangliosidi nei neuroni.
● L’Alzheimer è causato dall’apoptosi dei neuroni. Questa è indotta da aggregazioni causate dal
ripiegamento anomalo dei peptidi Aβ.
Parlami della disregolazione dell’apoptosi
PATOLOGIE ASSOCIATE all’INIBIZIONE dell’APOPTOSI
Bassi livelli di apoptosi possono prolungare la sopravvivenza di cellule anormali o che dovrebbero
essere eliminate in condizioni fisiologiche.
Quando questo accade insorgono:
● tumori ormono - dipendenti (mammella, prostata, ovaio) e carcinomi dovuti a mutazioni di p53;
● malattie autoimmuni perché i linfociti autoreattivi non sono stati eliminati.
L’apoptosi è molto importante anche per terminare la risposta immunitaria. Ad esempio, si deve
verificare in tutti i linfociti T in eccesso, rimasti in seguito alla completa rimozione del patogeno.
PATOLOGIE ASSOCIATE all’AUMENTO dell’APOPTOSI
Quando avviene un aumento anomalo dell’apoptosi si verifica una perdita notevole di cellule normali
o della funzione difensiva.
La sopravvivenza di molte cellule dipende da fattori di crescita, ormoni e citochine. La loro diminuzione
o assenza determina apoptosi, a causa della traslocazione di membri della famiglia delle proteine Bcl-2
dal citosol alla membrana mitocondriale esterna, modificando la bilancia tra i membri Bcl-2 in senso
pro-apoptotico con rilascio di citocromo c
● Molte malattie neurodegenerative, come l’atrofia muscolare spinale, sono causate da mutazioni
della proteina neuronale inibitrice dell’apoptosi = NIAP, la quale normalmente induce la
sopravvivenza delle cellule inibendo l’azione del TNF. Questo accade soprattutto a livello delle
corna anteriori della sostanza grigia del midollo spinale.
● Spesso, un danno ischemico, come infarto del miocardio e ictus, portano a una eccessiva morte cellulare
per apoptosi.
● La sindrome da immunodeficienza acquisita = AIDS conduce a una deplezione di linfociti citotossici
CD4 per apoptosi.
Parlami della necroptosi e dei segnali che la scatenano
La necroptosi dal punto di vista cellulare e biochimico è caratterizzata dagli eventi necrotici: deplezione di ATP, rigonfiamento cellulare, produzione di ROS, rilascio degli enzimi lisosomiali e rottura del plasmalemma. Viene rotta la membrana plasmatica. La morte cellulare è molto simile al danno irreversibile cellulare per opera delle proteasi, delle fosfolipasi indotte dal calcio, che portavano danni alla membrana. Si induce danno tissutale e infiammazione, come nella necrosi. Il meccanismo è regolato da una cascata di fosforilazioni, ma non dà apoptosi, essendo caspasi indipendente. È molto simile morfologicamente, dunque,
alla necrosi.
La sostanziale differenza con la necrosi è il fatto di essere programmata come l’apoptosi.
Tra i segnali che possono dare inizio ai fenomeni necroptotici ci sono: il TNF, sensori di DNA o RNA virali, la molecola Fas e agenti genotossici.
VIA ALTERNATIVA DEL TNFr1
La via più conosciuta dal punto di vista cellulare è la via del TNFR1. Quando la molecola TNF interagisce col TNFR1 si hanno 2 strade:
* il TNFR1 trimerizza e viene riconosciuto dalla molecola adattatrice FADD che quindi può attivare per prossimità la pro-caspasi 8: inizia la via estrinseca dell’apoptosi;
* il TNFR1 trimerizza e organizza il cosiddetto complesso multiproteico RIPK1, o ripoptosoma, composto dalle proteine RIPK1 e
RIPK3.
o Quando le chinasi RIP (Receptor Interagent Protein) fosforilano RIPK1 e RIPK3, il complesso si attiva e fosforila, quindi attiva, le molecole MLKL.
。 Queste trimerizzano e rompono la membrana con conseguente:
■ danno tissutale;
morte cellulare per necroptosi;
■ infiammazione.
Dimmi le prime tre fasi dell’autofagia
FASE DI ATTIVAZIONE
L’attivazione della macroautofagia è strettamente correlata allo stato delle
vie di segnale che controllano la traduzione del gene mTORC1 = Mammalian
Target of Rapamycin Complex 1
Questo gene codifica la proteina omonima che è una serina-treonina ovvero
una chinasi necessaria alla traduzione di proteine coinvolte nella
sopravvivenza e nella proliferazione cellulare.
● In condizioni fisiologiche, se la cellula ha il giusto apporto di energia e di
nutrienti, ci sono una serie di fattori che mantengono attivo il signaling
di mTORC1 così da mantenere l’autofagia a un livello basale.
● Quando i nutrienti e/o l’energia iniziano a scarseggiare vengono meno
i fattori che normalmente mantengono attivo il signaling di mTORC1.
Venendo meno questo controllo negativo, inizia la trascrizione dei vari
geni ATGs con conseguente sintesi delle corrispettive proteine ATG: il
processo autofagico viene avviato.
FASE DI INIZIO
mTORC1 è normalmente legato a un complesso multi proteico denominato
ULK, da cui dipendono gli eventi iniziali per la formazione delle vescicole
autofagiche.
● Quando il signaling di mTORC1 viene meno, mTORC1 si distacca dal
complesso ULK.
● Questo induce dei cambiamenti biochimici che attivano ULK, il quale
trasloca dal citoplasma al RE. Per la precisione, in prossimità di
particolari strutture che costituiscono il cosiddetto PAS = Phagophore
Assembly Site, sito di assemblaggio del fagoforo, noto per essere il
precursore dell’autofagosoma.
Sebbene la regolazione di numerose proteine chiave per le vescicole autofagiche sembri avvenire al livello del
RE, recentemente sono stati descritti altri compartimenti subcellulari che contribuiscono alla formazione della
membrana del fagoforo: mitocondri, membrana plasmatica, ecc.
Dimmi le ultime tre fasi dell’autofagia
FASE DI NUCLEAZIONE
ULK, dopo essere traslocato sul RE, regola il processo di nucleazione e assemblaggio del fagoforo attivando il
complesso multiproteico di Beclin 1, un secondo complesso multiproteico. Questo è composto dalla proteina
Beclin 1, dalla chinasi lipidica PI-3, dalla proteina sensore ATG14, da 2 attivatori dell’autofagia VPS15 e VPS34
=Vacuolar Protein Sorting.
● La proteina Beclin 1, o Beclina 1, normalmente è strettamente legata alla proteina anti-apoptotica BCL-2
tramite il dominio BH3, ma quando i nutrienti scarseggiano se ne distacca per raggiungere la PI-3K.
● La chinasi lipidica = PI-3, anche chiamata fosfatidil-inositolo 3= PI-3K, si trova associata a specifici
microdomini lipidici della membrana del RE. Quando la chinasi si attiva questi vengono fosforilati con
produzione di PI3P.
Questo complesso è un adattatore
molecolare in grado di reclutare altre
proteine ATG, portando alla formazione
di altri complessi regolatori del processo
autofagico.
Nell’uomo esistono 3 tipi di complessi
della PI3K:
● l’AMBRA-1el’UVRAG, sono complessi
attivatori di diversi stadi del processo
autofagico;
● il RUBICON blocca l’autofagia.
FASE DI ESPANSIONE DEL FAGOFORO
L’allungamento, o espansione,del fagoforo e la formazione dell’autofagosoma richiedono il coinvolgimento e
il coordinamento di almeno due vie di coniugazione ubiquitina-simili.
● La prima induce la coniugazione delle proteine ATG5-ATG12e successiva formazione di un multicomplesso
proteico con ATG16L mediato dall’azione di ATG3 e ATG10.
● La seconda comporta la coniugazione della fosfatidil-etanolammina = PE con la proteina LC3-I2
. Questo
legame viene catalizzato dalle proteine ATG3 e ATG7 in associazione al multicomplesso della prima via. Ciò
che ne deriva è il complesso LC3-II = LC3 lipidata.
I 2 complessi vengono reclutati dal fagoforo e sono
fondamentali per l’espansione delle vescicole, per il
riconoscimento del materiale da includere nella
struttura in formazione e per la chiusura definitiva
dell’autofagosoma.
La sintesi di LC3 durante la risposta autofagica è
aumentata e i livelli di espressione di LC3-II sono
spesso utilizzati come indicatori o markers di
autofagia.
FASE DI FUSIONEAUTOFAGOSOMA-LISOSOMA
Conclusa la formazione dell’autofagosoma, le vescicole autofagosomiche si fondono con le membrane dei
lisosomi, dando luogo all’autofagolisosoma e portando alla degradazione del contenuto dell’autofagosoma da
parte degli enzimi lisosomiali.
2
La proteina LC3-I deriva dalla rimozione del residuo di arginina al C-terminale della proteina pro-LC3. Questo espone il residuo di
glicina necessario per il legame alla PE. La LC3 è un marker dell’autofagia: se presente nella cellula è in corso una risposta autofagica.
Una pompa protonica ATP-dipendente acidifica la membrana interna dei lisosomi e le idrolasi si attivano: la
degradazione dei componenti cellulari procede. Questo processo richiede l’attività di decine di proteine, la
maggior parte delle quali è condivisa con il processo di endocitosi (SNARE e SNAP).
Dimmi la correlazione tra autofagia e processi neoplastici
Prende parte a una fase silente
dei tumori, in cui il tumore non si è ancora manifestato e prevale ancora una fase di “morte eccessiva” nelle
cellule tumorali, finché non prendono il sopravvento i meccanismi proliferativi. L’autofagia viene inattivata, poi,
per favorire la crescita tumorale.
Nelle fasi tardive dei tumori viene attivata. Man mano che il tumore cresce viene meno il contatto con l’ossigeno
e i nutrienti. L’ossigeno non ha la capacità di andare ad attraversare i tessuti oltre 1-2 mm, quindi crescendo il
tumore ha un centro ipossico, che può andare incontro a morte. Serve, dunque, a “imbalsamare” le cellule in
queste condizioni di carenza nutritizia, impedendo che vadano in necrosi. Permette di mantenerle in questo
stato, finché non arriverà l’ossigeno attraverso una neovascolarizzazione
BECLINA 1 = POTENZIALE ONCOSOPPRESSORE
Beclin1 è:
● monoallelicamente deleto in un’elevata % di pazienti con carcinoma mammario, ovarico e della prostata;
● parallelamente, i livelli di Beclin 1 sono ridotti in tumori cerebrali, così come in quelli della mammella e
dell’ovaio.
ATG5 ha azione oncosoppressiva e il “knockout” di ATGAc, una cisteina proteasi coinvolta nella processazione
di LC3, ha un’azione promuovente il tumore.
Anche altre proteine che partecipano al complesso Beclin 1/PI3K possono avere un ruolo nella regolazione della
proliferazione cellulare e/o nella oncosoppressione.
RUOLO DIRETTO nella REGOLAZIONE della CRESCITA CELLULARE
Un’altra possibilità è che l’autofagia giochi un ruolo più diretto nella regolazione della crescita cellulare,
probabilmente mediante la degradazione di specifici organelli o proteine essenziali per la regolazione della
crescita cellulare. A sostegno di questa teoria, l’aumentata espressione di Beclin 1 rallenta la crescita di cellule
tumorali e induce una riduzione dell’espressione di ciclina E e del pRb fosforilato (un oncosoppressore).
Questo porta anche a una resistenza ai trattamenti.
IN CASO DI TRATTAMENTI
Per molti anni si è ritenuto che i trattamenti radioterapici uccidessero le cellule neoplastiche inducendo il
processo autofagico. Però poi, è stato osservato che inibendo l’autofagia la morte delle cellule neoplastiche
risulta accelerata, e si è giunti alla conclusione che l’attivazione dell’autofagia rappresenta in realtà un
tentativo della cellula di far fronte allo stress indotto dai trattamenti.
AUTOFAGIA ALTERATA = ONCOGENESI
I meccanismi attraverso i quali le alterazioni del processo autofagico possano favorire l’oncogenesi non sono
ancora completamente conosciuti. In particolare, la delezione di geni Arg può promuovere un’instabilità
genomica in cellule metabolicamente stressate, che porta all’attivazione di oncogeni e alla progressione
tumorale.
Dimmi la differenza tra deposito primario e secondario, delle possibili cause e dell’approccio terapeutico alle tesaurismosi
DEPOSITI PRIMITIVI E SECONDARI
La patogenesi della malattia è data soprattutto da mutazioni che impediscono la corretta idrolisi di tutte queste
macromolecole accumulate nelle cellule. Le macromolecole nella cellula vengono digerite in una serie di
passaggi, che riducono la complessità di queste macromolecole, fino ad avere elementi singoli, che dovrebbero
essere idrosolubili e quindi eliminati dalla cellula
Cosa succede nelle tesaurismosi?
Le malattie da accumulo lisosomiale possono essere caratterizzate dalla formazione di depositi primitivi e
secondari.
Uno dei passaggi enzimatici di degradazione viene a perdersi. Tutti i prodotti a monte si accumulano e formano
il deposito primitivo, determinando così anche un difetto nel funzionamento dell’autofagia.
I depositi primitivi, conseguenti all’accumulo di materiale non digerito nel lisosoma stesso, fanno sì che la
fusione dei lisosomi con l’autofagosoma non avvenga in maniera corretta. Questo porta anche a una mal
degradazione degli organelli intracellulari: si accumulano mitocondri aberranti e proteine tossiche che
costituiscono i depositi secondari.
I depositi secondari possono portare alla morte della cellula perché inducono:
● danno cellulare da alterazioni biochimiche (ex. unfolded protein response che porta ad apoptosi);
● stress ossidativo da produzione di ROS (dai mitocondri aberranti).
POSSIBILI CAUSE
Le malattie ereditarie da accumulo lisosomiale possono essere la conseguenza di uno dei singoli passaggi, di
vari processi come:
● le mutazioni geniche, che causano una minore sintesi dell’enzima degradativo;
● la sintesi di proteine enzimatiche inattive, ossia non funzionanti anche se presenti;
● alterate modifiche post-traduzionali della proteina enzimatica, come il mancato attacco del mannosio-6-
fosfato, per alterazione del complesso enzimatico che aggiunge il mannosio – 6 – fosfato, che causano la
NON corretta compartimentalizzazione dell’enzima lisosomiale. L’enzima non va più nel lisosoma, ma viene
eliminato, secreto esternamente;
● la mancanza di una proteina che attivi l’enzima;
● la mancanza di una proteina che attivi il substrato da digerire;
● la mancanza di una proteina di trasporto per l’uscita del materiale digerito dai lisosomi.
APPROCCIO TERAPEUTICO
● Generalmente queste malattie vengono trattate mediante terapia con sostituzione enzimatica, ovvero
somministrando al paziente l’enzima carente o malfunzionante.
● Un’alternativa è la riduzione del substrato per evitare che si accumuli.
● In casi come la malattia di Gaucher si possono utilizzare terapie con chaperonine che sono in grado di
favorire un corretto ripiegamento della proteina. Ci sono a oggi anche molti altri approcci sperimentali.
Parlami della malattia di Gaucher
La malattia di Gaucher è una solfatidosi ossia una patologia in cui si ha un accumulo di glucocerebrosidi la cui
fonte principale sono i leucociti invecchiati (portatori di glucocerebrosidi). Anche in questo caso i macrofagi
non sono in grado di rimuovere questi composti, si accumulano e si può verificare:
● l’epatosplenomegalia;
● l’attivazione macrofagica in senso infiammatorio con produzione di IL-1, IL-6 e TNF-α, ovvero citochine
infiammatorie primarie.
Questa malattia ereditaria è dovuta a un’alterazione genica della glucocerebrosidasi, l’enzima lisosomiale che
ha la funzione di scindere il glucoside dalla ceramide.
Esistono 3 varianti del meccanismo di trasmissione autosomico recessivo. La principale (95%) è il tipo 1.. Coinvolge epatosplenomegalia, ma soprattutto il midollo osseo.
MALATTIA DI GAUCHER DI TIPO 1
Si tratta di una
forma cronica senza interessamento del SNC ma con sviluppo di
una epatosplenomegalia.
I macrofagi si riempiono di lisosomi con materiale non digerito e,
alla microscopia, assumono un aspetto “a carta velina” che è il
segno patognomonico di questa patologia.
COMPLICANZE
Nelle persone affette possono insorgere complicanze ossee perché
le cellule di Gaucher (macrofagi di Gaucher) si infiltrano nel midollo osseo ematopoietico con un processo che
può portare a quadri anemici severi o emorragici. NON vengono più sintetizzate le piastrine (emorragie) o i
globuli rossi (anemie), o si può verificare in generale una pancitopenia. I macrofagi vengono attivati a produrre
le citochine infiammatorie, che possono attivare gli osteoclasti con conseguente processo erosivo a carico del
tessuto osseo. Sono cataboliche. Quindi non solo l’espansione delle cellule di Gaucher, che determinano atrofia
ossea, ma anche le citochine prodotte sono cataboliche per l’osso.
(TNF – ALFA è una citochina con attività catabolica, è il principale protagonista della principale CACHESSIA
NEOPLASTICA)
MALATTIA DI GAUCHER DI TIPO 2 E 3
Nelle malattie di Gaucher di tipo 2 e 3, invece, vi è un interessamento di tipo neurologico e le persone affette
possono presentare ridotte capacità cognitive e convulsioni. I neuroni vengono danneggiati dai fagociti che
sono colmi di accumuli di glucocerebrosidi.
● La tipo 2 ha un esordio infantile con sintomatologia molto grave e si parla di forma infantile neuropatica
acuta.
● La tipo3 ha esordio tardivo e sintomatologia lieve.
TERAPIA
La terapia prevede la somministrazione:
● di glucocerebrosidasi ricombinante;
● di farmaci che riducono l’attività della glucosil-ceramide-sintasi responsabile della sintesi del glicoside che
si accumula. Quindi sono farmaci che diminuiscono il substrato su cui agisce l’enzima difettivo;
● di cellule staminali emopoietiche trasfettate con il gene corretto (terapia cellulare).