Patologia generale 1 Flashcards

(45 cards)

1
Q

Come si classificano le cellule secondo la classificazione di Bizzozzero?

A

-Le cellule labili sono cellule in continua proliferazione (durata del ciclo 4h) e sostituiscono quelle perdute. Sono
anche chiamate cellule staminali tissutali perché possono generare un repertorio limitato di cellule
differenziate e sono generalmente collocate nella porzione basolaterale dei tessuti.
Esempi sono le cellule:
● di epiteli di rivestimento quali quello squamoso stratificato della cute, della cavità orale, della vagina, della
cervice uterina, dei dotti secretori delle ghiandole;
● di epiteli del tratto gastroenterico.
● Midollo ematopoietico
Questi compartimenti labili che tipo di risposta hanno in seguito a stimolo suprafisiologico? Iperplasia
CELLULE STABILI o QUIESCENTI
Le cellule stabili, o quiescenti, sono cellule con bassa attività replicativa che si trovano in fase G0 e, dopo la
divisione cellulare, entrano in un letargismo: solo determinati stimoli possono indurne il passaggio in fare G1
con conseguente divisione cellulare. (es.l’iperplasia compensatoria del fegato) .
Tra queste ci sono le cellule parenchimali di fegato, reni e pancreas. Ma anche le cellule endoteliali e
mesenchimali, ovvero fibroblasti e cellule muscolari lisce.
CELLULE PERENNI
Le cellule perenni, invece,sono cellule ultra-differenziate che, avendo abbandonato il ciclo cellulare, NON sono
più in grado di dividersi. Tra queste ci sono i neuroni e le cellule muscolari cardiache e scheletriche. Va però
specificato che:
● se i neuroni del SNC vengono distrutti, vengono sostituiti da cellule della glia;
● i muscoli scheletrici possono rigenerarsi attraverso il differenziamento di alcune cellule satelliti che si
trovano nella guaina endomisiale. Non lavorano in condizioni fisiologiche bensì attivate solo in seguito a
trauma.
● le cellule del muscolo cardiaco hanno capacità rigenerativa inesistente perché il tessuto funzionale
danneggiato viene sostituito da cicatrici di tessuto connettivo.
Tuttavia recentemente sono state scoperte cellule staminali cardiache e cellule staminali neuronali, anche se il
loro ruolo nella riparazione del danno non è ben conosciuto.
Il fatto che si muoia ancora per ictus cerebrale, per infarto del miocardio dimostra che non hanno alcuna
rilevanza a livello pratico.
CELLULE STAMINALI
Le cellule staminali sono le cellule che garantiscono il mantenimento-raggiungimento dell’omeostasi.
Sono caratterizzate da autorinnovamento e divisione asimmetrica:
● l’autorinnovamento permette di mantenere sempre lo stesso numero di cellule;
● la divisione asimmetrica fa sì che, in seguito a divisione mitotica, una cellula si differenzi, mentre l’altra
rimanga staminale.
● Le cellule staminali embrionali pluripotenti possono differenziarsi in tutti i citotipi del corpo umano.
● Le cellule staminali del midollo osseo, ovvero le HSC, possono differenziarsi in tutte le componenti corpuscolate del sangue.
Oltre alle cellule staminali del midollo osseo, molti tessuti adulti contengono riserve di cellule staminali,
localizzate in nicchie, che mostrano minore capacità di differenziamento e maggiore specificità per una linea
cellulare.

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2
Q

Quali sono gli eventi che si verificano in seguito ad un’epatectomia parziale?

A

FASI PRECOCI IMMEDIATA e RITARDATA
● Innanzitutto, si verifica un aumento specifico e sequenziale di proteine
coinvolte nella proliferazione cellulare. Questa fase prende il nome di fase precoce immediata: vengono attivati e quindi trascritti i protooncogeni c-fos, c-jun e c-myc.
o I 2 fattori di trascrizione codificati da c-fos e c-jun dimerizzano e costituiscono il fattore trascrizionale AP-1;
o il protooncogene c-myc codifica per altre proteine che
favoriscono la sintesi cellulare.
● La 2° fase prende il nome di fase precoce ritardata e prevede l’attivazione del gene Bcl-X che codifica per l’agente anti-apoptotico omonimo.
Affinché avvenga il passaggio dalla fase G0 alla G1 del ciclo cellulare, oltre a questi eventi, devono aumentare
le concentrazioni del TNF-α e della IL-6.
PROGRESSIONE da G1 a S
Dopo le prime 12-24 ore si forma il complesso ciclina D-CDK4 e avviene la fosforilazione della molecola Rb. Si
forma anche il complesso ciclina E-CDK2 e vengono sintetizzate la molecola p53 e altre cicline.
Oltre a questo, affinché avvenga il passaggio dalla fase G1 alla S del ciclo
cellulare devono aumentare le concentrazioni di alcuni fattori di crescita, in particolar modo:
● l’HGF, che lega il recettore codificato dal protooncogene c-met;
● l’EGF;
● il TGF-α che agisce attraverso un meccanismo autocrino.
Possono favorire l’azione dei fattori di crescita alcuni ormoni come l’insulina, la norepinefrina, l’ormone
tiroideo e il GH.
Entrati nella fase S, negli epatociti si ha un picco nella sintesi del DNA e quindi vanno incontro a innumerevoli divisioni mitotiche. In tutto ciò avviene una regolazione da parte delle cicline.
FASE DI STOP
Dopo circa 2-3 settimane:
● iniziano ad aumentare gli inibitori del ciclo cellulare quali il TGF-β e l’activina;
● diminuisce la produzione dei fattori di crescita e quelli già prodotti vengono captati dai macrofagi
residenti e distrutti;
● si riduce anche la domanda metabolica.
Conseguentemente la sintesi del DNA e le divisioni mitotiche diminuiscono e la massa epatica risulta
ripristinata.
Il fatto che l’iperplasia sia soggetta a una regolazione inibitoria è ciò che la distingue, insieme agli altri
meccanismi adattativi, dai tumori, i quali sono caratterizzati da una proliferazione incontrollata.

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3
Q

Parlami della cardiopatia ipertrofica

A

L’aumento dimensionale del cuore non si associa sempre ad una maggiore risposta funzionale: il miocardio
ipertrofico è più debole di quello normale perché non si associa ad una parallela neoformazione di capillari.
Quindi le cellule ipertrofiche di questi soggetti hanno già un difetto nella regolazione ematica e nell’apporto di
O2 e nutrienti, che risulta insufficiente.
CAMBIO FENOTIPICO
Vi è una vera e propria riprogrammazione, a livello genico, delle proteine espresse. In altre parole, cambia il fenotipo dei cardiomiociti:
● possono essere indotti dei fattori di regolazione
precoce;
● alcuni geni normalmente espressi durante le fasi
precoci dello sviluppo tornano a essere trascritti.
Per la precisione sono riattivati quelli che codificano
per le proteine contrattili fetali e per l’ANF.
o Le proteine contrattili fetali, o neonatali,
sostituiscono quelle adulte e quindi la β-miosina va a sostituire l’α-miosina e si ha una contrazione
più lenta e più economica dal punto di vista energetico.
o L’ANF è il Fattore Natriuretico Atriale.
Gli stimoli che possono innescare l’espressione di tali geni sono di diversa natura.
● Ci sono stimoli meccanici come lo stiramento.
● Ci sono stimoli trofici come quelli derivanti da:
o fattori di crescita quali l’IGF-1, il FGF e il TGF-β.
o agenti vasoattivi quali gli agonisti α-adrenergici, l’angiotensina 2 e l’endotelina-1.
FATTORE NATRIURETICO ATRIALE = ANF
Il fattore natriuretico atriale è un ormone peptidico. È coinvolto nel controllo omeostatico dell’acqua, del
sodio, del potassio e del grasso presenti nell’organismo. Per la precisione agisce a livello dei reni dove,
portando alla rimozione delle sostanze prima citate dal sistema circolatorio, abbassa la pressione sanguigna.
● Viene rilasciato da particolari cardiomiociti dell’atrio destro in seguito:
o a uno sforzo atriale;
o a una gran quantità di altri segnali indotti:
▪ dall’ipervolemia, ovvero un eccessivo aumento del volume ematico (alta pressione sanguigna);
▪ dall’esercizio fisico;
▪ dalla limitazione calorica.
● Nel cuore embrionale viene rilasciato anche da particolari cardiomiociti dei ventricoli in risposta allo stress
indotto dall’innalzamento della contrazione sistolica, cosa che può essere dovuta, per esempio:
o da una pressione ventricolare maggiore, come in caso di stenosi aortica;
o da una lesione, come in caso di infarto del miocardio.
Perché il fattore natriuretico atriale è importante come compenso? Come si deduce dal nome stesso induce a
livello del tubulo collettore una maggiore escrezione di sodio e di acqua. Una diuresi aumentata porta una
riduzione della massa circolante che compensa questa situazione di ipertensione di sovraccarico del
miocardio.
CONSEGUENZE
L’ipertrofia del miocardio diventa patologica quando si raggiunge un limite oltre il quale l’aumento della massa
muscolare non è in grado di compensare l’aumento di carico. Le anomalie del miocardio in senso patologico
includono:
● uno shift metabolico verso il metabolismo glicolitico;
● una disorganizzazione dei sarcomeri;
● nonché alterazioni della capacità di utilizzare il calcio e di contrattilità.
Lo stiramento è rilevato attraverso dei recettori che possono condizionare l’espressione di alcune proteine o produrre fattori di crescita.
Questo può comportare fenomeni degenerativi che possono causare la perdita di elementi contrattili cellulari,
soprattutto per apoptosi: i cardiomiociti vengono persi e sostituiti da tessuto connettivo fibroso. Questo causa
una disfunzione sisto/diastolica con:
● fenomeni di electrical remodelling, ovvero alterazioni dell’espressione e/o funzione dei trasportatori ionici;
● alterazioni citoscheletriche;
● aritmia e insufficienza cardiaca.

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4
Q

Parlami della metaplasia epiteliale e connetivale

A

La metaplasia è un meccanismo di adattamento In cui per stimoli chimico-fisici il tipo cellulare presente in quell’ambiente non è più capace di sopravvivere e quindi cambia il fenotipo per superare queste condizioni sfavorevoli. Tipicamente, un epitelio di rivestimento semplice viene
sostituito da un epitelio stratificato pavimentoso o da un epitelio ghiandolare o viceversa.
METAPLASIE SQUAMOSA e EPIDERMOIDE
Nei bronchi dei fumatori:
● si parla di metaplasia squamosa quando il normale epitelio cilindrico ciliato viene sostituito da un epitelio stratificato pavimentoso non cheratinizzato perché più resistente a questi fattori mutativi
● si parla di metaplasia epidermoide quando il normale epitelio cilindrico ciliato viene sostituito da un epitelio stratificato pavimentoso cheratinizzato.
La metaplasia dell’epitelio respiratorio impedisce la clearance mucociliare e può predisporre alla trasformazione neoplastica.
Anche i dotti ghiandolari possono andare incontro a metaplasia epidermoide, specialmente nel pancreas; lo
stimolo può essere rappresentato da un’infiammazione cronica o dalla carenza di vitamina A.
METAPLASIA DI BARRETT
Talvolta, un epitelio pavimentoso non secernente viene sostituito da un epitelio secernente e da ghiandole. Ciò può verificarsi nell’uretere
e nella vescica, ma il caso più frequente si verifica nell’esofago
inferiore: a causa di una disfunzione del cardias il succo gastrico può
rifluire nell’esofago e, col tempo, si sviluppano delle erosioni che vengono rivestite da un epitelio metaplastico di tipo gastrico o intestinale. Tali aree di metaplasia sono comunemente note come
epitelio di Barrett. Può derivarne un adenocarcinoma ghiandolare.
METAPLASIA CONNETTIVALE
La metaplasia connettivale si verifica in seguito a miosite ossificante traumatica: si formano delle placche di
tessuto osseo nel tessuto connettivale muscolare ed è un processo tipico degli sportivi. È reversibile.
METAPLASIA CICATRIZIALE
La metaplasia cicatriziale prevede la formazione di tessuto osseo metaplastico all’interno delle cicatrici,
specialmente quelle chirurgiche lungo il solco mediano dell’addome. Questo processo potrebbe avere come
protagonista la BMP-2 = Bone Morphogenetic Protein-2 perché agisce sui fibroblasti o sulle cellule staminali
connettivali.

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5
Q

Parlami delle conseguenze della deplezione di ATP osservabili con il microscopio ottico

A

La deplezione di circa il 5-10% dell’ATP ha effetti molto importanti su vari sistemi cellulari, tra cui appunto, la morte irreversibile.
Ad esempio, in seguito a una trombosi coronarica non arrivano più ossigeno e nutrimenti alle cellule che si trovano a valle.
 In queste condizioni i mitocondri soffrono e la fosforilazione ossidativa diminuisce con conseguentemente diminuzione dell’ATP prodotto.
Aumenta la concentrazione dell’AMP ciclico.
 Il deficit di ATP porta a un malfunzionamento delle pompe sodiopotassio e di altre pompe ioniche, per cui si avrà un influsso di calcio, di sodio e di acqua, e un efflusso di potassio con formazione dello swelling, ovvero il rigonfiamento cellulare.
 Aumento della glicolisi anaerobia che comporta a sua volta riduzione di glicogeno -> alla formazione di
acido lattico ->alla caduta del ph ->Clumping ovvero la condensazione della cromatina.
 Riduzione della sintesi proteica.
AL MICROSCOPIO OTTICO
RIGONFIAMENTO CELLULARE
Il rigonfiamento cellulare è la prima manifestazione in quasi tutte le forme di danno cellulare. Appare quando
la cellula diventa incapace di mantenere l’omeostasi dei liquidi e dei sali a causa della perdita di funzione
delle pompe di membrana ATP-dipendenti.
È evidente anche a livello macroscopico nei singoli organi che, aumentati di volume, diventano più pesanti e
pallidi: si formano dei vacuoli chiari all’interno del citoplasma perché il RE si gonfia e si verifica il fenomeno
chiamato degenerazione idropica, o rigonfiamento vacuolare.
DEGENERAZIONE GRASSA
La degenerazione grassa comporta la comparsa di piccoli o grandi vacuoli di lipidi nel citoplasma in seguito a
ipossia e/o danno tossico. Si ha spesso durante le intossicazioni severe da tetracloruro di carbonio che porta
rapidamente a un aumento di trigliceridi nel fegato: il fegato si ingrossa e si parla di steatosi. Quest’ultima si
manifesta anche in caso di intossicazione da paracetamolo.

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6
Q

Come si osserva un cellula in cui c’è una deplezione di ATP al microscopio elettronico?

A

Sempre nella fase reversibile del danno, al microscopio elettronico si possono osservare:
 estroflessioni della membrana plasmatica chiamate blebs;
 eventuali microvilli tendono a scomparire man mano che la cellula si gonfia e vengono meno le giunzioni
cellulari;
 si gonfiano i mitocondri per via della formazione di aggregati di fosfolipidi in ossidazione;
 nel nucleo si disgregano gli elementi fibrillari e si formano
strutture granulari.
 Per cercare di produrre la maggior quantità possibile di ATP, le cellule ricorrono alle proprie scorte di glicogeno per poter effettuare la glicolisi anaerobia. Questo ha come conseguenza un abbassamento del pH che provoca il cosiddetto clumping della cromatina che si trova nel nucleo. L’abbassamento del pH si verifica per l’accumulo di lattato, idrogenioni e NAD ossidato.
o La cellula pur di ristabilire il pH fisiologico cerca di allontanare gli idrogenioni tramite uno scambiatore Na+
/H+, quindi facendo entrare ioni sodio.
o Quest’ultimi sono a loro volta scambiati con ioni calcio
mediante uno scambiatore Na+/Ca++. Questa cosa induce un notevole aumento di Ca++ nella cellula.
o Le alte concentrazioni dello ione calcio attivano una
molteplicità di enzimi, come le fosfolipasi, che possono
degradare i fosfolipidi membrana, le proteine, etc.
 C’è la formazione di figure mieliniche, ovvero aggregati di
fosfolipidi ossidati.
 Un’altra conseguenza è il distacco dei ribosomi dal RER, cosa che:
o acidifica ancora di più il citoplasma e spiega come mai le cellule morte siano eosinofile (si colorano di
rosa);
o riduce la sintesi proteica.
 Un’altra conseguenza èla formazione degli accumuli di lipidi perché questi non possono più essere
utilizzati per il ricambio delle membrane e non possono essere più esportati verso l’esterno.

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7
Q

Parlami dei meccanismi antiossidanti enzimatici

A

SUPEROSSIDO-DISMUTASI = SOD
Le superossido-dismutasi = SOD, sono caratterizzate da un gruppo prostetico con un
metallo, il Manganese. Catalizza la reazione tra 2 molecole di anione superossido O2
-e gli
idrogenioni H+ per ottenere 1 molecola di O2 e 1 molecola di H2O2.
CATALASI
La catalasi, soprattutto quella dei perossisomi, catalizza la conversione di 2 molecole di
perossido di idrogeno H2O2 in 1 molecola di O2 e 2 molecola di H2O.
GLUTATIONE-PEROSSIDASI = GPX
La glutatione-perossidasi = GPX si trova nei mitocondri e nel citoplasma e catalizza
la reazione tra 1 molecola di perossido di idrogeno H2O2e 2 glutationi ridotti = GHS.
Il perossido di idrogeno ossida i 2 glutationi trasformandosi in H2O mentre i
glutationi diventano glutationi ossidati = GSSG.
Oppure il glutatione omodimero permette questa reazione:
In caso di squilibrio nei principi enzimatici appena descritti si verificano seri
problemi di stress ossidativo. Ad esempio, nel paziente con fibrosi cistica il
potenziale ossido riduttivo delle cellule in chiave di capacità di rimozione dei ROS è alterata, soprattutto l’asse
della GDX.

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8
Q

Dimmi la sequenza del danno cellulare ischemico

A

 Il mitocondrio riduce la sua capacità di riduzione di ATP comporta:
o Riduzione pompa Sodio/Potassio
 Aumento del flusso di calcio, H2O e Na+,
 Swelling, Blebs, ER swelling, figure mieliniche citosoliche e mt.
o Aumenta la Glicolisi
 Diminuisce il PH
 Condensazione della cromatina
 Quando si instaura un danno di membrana irreversibile porta al rilascio di enzimi
lisosomiali, alla loro attivazione e quindi alla digestione di proteine, a danni
nucleari e riduzione della basofilia (RNP)del citoplasma e del tessuto
danneggiato.
 Diminuzione del glicogeno
o Altri effetti:
 Riduzione della sintesi proteica
 Accumulo di lipidi nel fegato

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9
Q

Parlami della perdita dell’omeostasi del calcio e della permeabilità di membrana nel mitocondrio

A

PERDITA DELL’OMEOSTASI DEL CALCIO
La concentrazione del calcio fisiologicamente è:
 a livello intracellulare, minore di 0,1 μM;
 a livello extracellulare, circa 1,3 mM.
La maggior parte del calcio è sequestrata nei mitocondri e nel RE e i flussi di calcio attraverso le membrane di questi organuli sono regolati attraverso delle pompe ATPasiche.
Ischemia o tossine possono determinare un aumento del Ca
intracellulare per:
 aumento del flusso di calcio attraverso la membrana plasmatica;
 Rilascio di Ca2+ da mitocondri e reticolo endoplasmatico.
 per un danno mitocondriale con conseguente formazione degli MPT e rilascio di calcio nel citosol.
L’incremento di calcio mina l’omeostasi calcica e vengono attivati enzimi degradativi:
 le ATPasi accelerano il consumo di ATP;
 le fosfolipasi danneggiano le membrane biologiche favorendo la
formazione di saponi, come la ceramide;
 le proteasi distruggono le proteine di membrana e quelle strutturali;
 le endonucleasi danneggiano il DNA nel nucleo.
Possiamo vedere come il calcio entrando nella membrana causa un danno alla membrana cellulare stessa.
Questo è un effetto tardivo della morte cellulare.
 Il danno provoca l’entrata di grandi quantità di calcio e anche la variazione della permeabilità di
membrana degli organelli che fa aumentare ulteriormente la concentrazione di calcio intracellulare.
 Il calcio provoca l’attivazione degli enzimi tardivi e le loro conseguenze.
PERDITA DI PERMEABILITÀ DI MEMBRANA
La perdita di permeabilità della membrana è un evento precoce in seguito al danno cellulare e può essere
causato:
 dalla deplezione di ATP che causa una disfunzione
mitocondriale;
 dall’attivazione di fosfolipasi modulate dal calcio;
 dal danno al citoscheletro;
 da tossine batteriche;
 da proteine virali;
 da componenti litiche del complemento;
 dalle perforine prodotte dai linfociti T citotossici;
 da altri agenti fisici o chimici.
 Il danno alla membrana plasmatica provoca una perdita
dell’equilibrio osmotico con conseguente ingresso di liquidi e ioni, oltre che alla perdita di proteine,
enzimi e acidi nucleici.
 Il danno alle membrane lisosomiali provoca la fuoriuscita di enzimi (RNAasi, DNAasi, proteasi, ecc.) nel
citoplasma e loro attivazione.
N.B.
Questi processi non sono isolati ma coesistono e sono concatenati tra loro.
 La carenza di ossigeno può portare ad un’alterazione dell’omeostasi mitocondriale; quindi, le reazioni di
riciclo della membrana non possono essere effettuate e quindi si ha un danno alla membrana.
 Gli acidi grassi liberi non esterificati, l’acil carnitina e i lisofosfolipidi danneggiano la membrana.

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10
Q

Dimmi i danni provocati da un aumento dei ROS in caso di danno da ischemia-riperfusione

A

MITOCONDRI
La repentina riossigenazione porta a un aumento dei ROS perché viene aumentata l’attività dei mitocondri
danneggiati dall’evento ischemico: già svolgono un’incompleta riduzione dell’ossigeno che quindi si traduce in una eccessiva produzione di ROS. La riperfusione favorisce la formazione di pori di MPT che aumentano
l’entità della perossidazione dei lipidi: quindi c’è una disfunzione mitocondriale che rende la cellula incapace
di rimetabolizzare i substrati.
OSSIDASI
Inoltre, alcune ossidasi, presenti a livello delle cellule parenchimali dell’endotelio e dei leucociti reclutati in
situ, possono aumentare la produzione di ROS.
Durante l’ischemia la cellula porta avanti 2 catene di reazioni.
 La prima prevede, per via delle necessità di energia:
o la rottura dei legami fosfodiesterici ad alta energia dell’ATP,
che quindi si trasforma in ADP;
o l’ADP viene poi convertito in AMP;
o l’AMP in adenosina e l’adenosina in inosina;
o infine, l’inosina in ipoxantina, un substrato per la xantina-deidrogenas1i.
 La seconda prevede, in seguito a un eccessivo afflusso di ioni
calcio:
o l’attivazione di una proteasi citosolica che, tramite una
conversione proteolitica, trasforma la xantina-deidrogenasi4
in xantina-ossidasi.
In assenza di ossigeno l’ipoxantina e la xantina-ossidasi non reagiscono.
In seguito a riperfusione la xantina-ossidasi catalizzala reazione tra
l’ipoxantina e l’ossigeno molecolare, la quale porta alla formazione di
urato, o acido urico, di acquae del radicale superossido O2
-
.
Viene ulteriormente aumentata la quantità di ROS e quindi l’entità del
danno, infatti con il Fe3+ di viene a creare il radicale idrossile, il radicale
più reattivo.
NEUTROFILI
In seguito alla produzione eccessiva di acido urico vengono richiamati i neutrofili e inizia l’infiammazione.
 Nei neutrofili, e per la precisione all’interno dei fagosomi, l’ossigeno
molecolare viene ossidato dal complesso dell’NADPH ossidasi in
radicale superossido.
 Questo, reagendo con l’idrogeno molecolare che entra tramite canali
protonici, si trasforma nel perossido di idrogeno grazie all’azione
della SOD.
 Infine, il perossido di idrogeno reagisce con gli ioni cloruro e si
trasforma nell’acido ipoclorico, molecola in grado di perossidare i lipidi e portare a un ulteriore danno.
DANNO DEI ROS
I ROS danneggiano le macromolecole cellulari sono in grado di indurre la morte cellulare sia delle cellule
parenchimali che degli endoteliociti. Sono anche dei mediatori dell’infiammazione perché favoriscono il
rilascio di altre molecole ad attività pro-infiammatoria e quindi viene amplificata la risposta infiammatoria.

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11
Q

Dimmi cosa sono la necrosi coagulativa ,colliquativa e caseosa

A

NECROSI COAGULATIVA
La variante isto-patologica più comune della necrosi è la necrosi coagulativa con denaturazione delle
proteine, rottura degli organelli e rigonfiamento cellulare. E’ la morte cellulare più diffusa.
E’ così detta in quanto l’ischemia porta ad una caduta brusca di ossigeno e di nutrienti per cui queste
proteine strutturali e enzimatiche denaturano.
CARATTERISTICHE
● Blocca la proteolisi della cellula e quindi conduce alla denaturazione delle proteine strutturali e di
quelle
enzimatiche:
o viene meno la struttura terziaria;
o le catene laterali degli aminoacidi risultano esposte;
o aumenta l’eosinofilia e quindi la loro reattività. Se la reattività aumenta, le proteine denaturate
tendono ad aggregarsi formando dei flocculi che, se irradiati da luce ultravioletta, emettono
luce nel visibile (autofluorescenza)
Il tessuto rimane asciutto, compatto, opaco e con un’architettura ben consolidata. Quindi risulta ben
circoscritta. Ciò è possibile perché vengono denaturati anche gli enzimi proteolitici.
● Il tessuto necrotico permane per alcune settimane fino a quando non viene rimosso dai
leucociti scavenger tramite il rilascio di enzimi proteolitici lisosomiali.
● È definita coagulativa perché:
o in genere è causata da una brusca ipossia dovuta all’ostruzione di un vaso sanguigno;
o NON consente il processo di adattamento che porta alla glicolisi
anaerobia. Dato che in questi casi le aree necrotiche sono definite si parla
di infarti.
Quindi, le cellule appaiono come quelle di un organo non danneggiato ma al microscopio ottico si presenta un
aumento dell’eosinofilia.
NECROSI COLLIQUATIVA
La necrosi colliquativa comporta la completa digestione enzimatica delle cellule morte: la struttura del
tessuto viene distrutta e rimane solo del materiale fluido e viscoso.
È caratteristica:
● delle infezioni focali batteriche e fungine, in quanto potenti stimoli per le cellule infiammatorie;
● delle ischemie del SNC per trombosi;
● dello stadio finale della sifilide, o sifilide terziaria, e per la precisione vengono colpite le gomme
luetiche, ovvero delle lesioni, singole o multiple, costituite da nodosità piuttosto grosse. Le
spirochete hanno alta affinità per i vasi con conseguente vasculite e ischemia progressiva.
Il processo infettivo, o l’ipossia, devono avere una progressione lenta in modo da permettere la
diminuzione del pH e quindi l’attivazione delle idrolasi lisosomiali che lisano le componenti tissutali.
Se il processo infiammatorio acuto è stato
intenso il tessuto risulterà avere un aspetto giallo cremoso
per la presenza di leucociti morti =pus.
NECROSI GANGRENOSA
Un esempio di necrosi colliquativa è la necrosi
gangrenosa in cui alla necrosi coagulativa iniziale si
associa anche colliquazione dovuta ad agenti infettivi.
E’ una necrosi estesa che coinvolge la totalità di un
organo e non parti di esso. Questo termine viene
generalmente adoperato in riferimento agli arti che
hanno perso l’apporto ematico e hanno sviluppato una
necrosi coagulativa.
Distinguiamo in gangrena secca, che è un tipo di necrosi
coagulativa (es. piede diabetico o pz affetti da grave
aterosclerosi con interessamento della estremità degli
arti superiori i inferiori, provoca alla perdità di
sensibilità cutanea e ulcere) e gangrena umida nella
quale alle necrosi coagulativa si sovrappone una
infezione batterica.
NECROSI CASEOSA
La necrosi caseosa, è una forma di necrosi coagulativa, caratterizza il tessuto
polmonare di una persona affetta da tubercolosi polmonare. E’ una
manifestazione dell’infiammazione cronica. (In generale dove abbiamo i
macrofagi avremo un’infiammazione acuta, dove prevalgono i linfociti abbiamo
un’infiammazione cronica).
In queste persone si formano i cosiddetti tubercolomi, cioè dei granulomi che a livello polmonare portano
alla
distruzione del tessuto.
L’architettura strutturale del tessuto viene distrutta perché i macrofagi, infarciti di
Mycobacterium tuberculosis che non possono eliminare, inviano segnali stimolanti i
linfociti T a liberare l’interferon gamma= IFN-γ: questo attiva l’azione litica dei
macrofagi che distruggono il tessuto portando alla necrosi.
L’RX toracico di questi pazienti mostra caverne nei polmoni.

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12
Q

Parlami della steatonecrosi e della necrosi fibrinoide

A

STEATONECROSI O NECROSI ADIPOSA
La steatonecrosi, o necrosi grassa, è una grave forma di necrosi che si
verifica in seguito a gravi infiammazioni, come nel caso della pancreatite
acuta fulminante. In questo caso specifico, la componente esocrina del
tessuto pancreatico viene completamente distrutta e le lipasi pancreatiche
vengono rilasciate nella cavità addominale. Qui inducono la degradazione
dei lipidi del mesentere che precipitano
come saponi di calcio (placche di sapone, saponificazione degli acidi grassi)
che si accumulano come depositi basofili amorfi alla periferia dell’isolotto
irregolare di adipociti necrotici.
NECROSI FIBRINOIDE
La necrosi fibrinoide è una forma di necrosi che si verifica a livello di grosse
arterie in quadri patologici come le vasculiti autoimmunitarie, il lupus o le
malattie infiammatorie croniche.
E’ una alterazione regressiva che colpisce la tonaca media delle arteriole
dovuta alla deposizione di complessi di antigeni e anticorpi sulle pareti
vascolari e determina un danno vascolare con fuoriuscite di proteine.
In particolare fuoriescono:
● gli immunocomplessi che si depositano nel sottoendotelio;
● la fibrina che va a formare un coagulo fibrinoide nel tessuto intorno all’arteria.
Quest’ultima assumerà quindi un colore rosa pallido e a un certo punto si verificherà la rottura della
membrana basale su cui poggiano le cellule endoteliali.
Quindi è una necrosi circoscritta, omogenea e fortemente eosinofila.

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13
Q

Dimmi quali sono gli aspetti morfologici della cellula che si osservano durante l’apoptosi

A

Durante l’apoptosi, dal punto di vista morfologico:
● possono essere interessate cellule singole oppure gruppi cellule;
● la cellula si restringe = shrinkage e la cromatina si frammenta e si condensa sulla faccia interna
della membrana nucleare;
● la membrana plasmatica non viene danneggiata ma si frammenta a formare piccoli sacchetti che
racchiudono il materiale cellulare e prendono il nome di corpi
apoptotici;
● gli organelli si addensano ma non si rompono;
● il citoplasma diventa eosinofilo;
● i corpi apoptotici vengono fagocitati dai macrofagi e NON c’è infiammazione.
● Più che di picnosi (come nel caso del quadro necrotico) vi è un addensamento della cromatina sulla
membrana nucleare. Tuttavia nelle prime fasi dell’apoptosi può comparire anche il fenomeno
picnotico.
La reazione apoptotica impiega tra le 2 e le 4 ore e i corpi apoptotici sono rapidamente degradati,
ragion per cui è molto difficile rilevare un fenomeno apoptotico in corso. Tuttavia ci sono metodiche
moderne che permettono di individuare questo fenomeno seppur breve.

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14
Q

Dimmi cosa avviene durante la fase effettrice della via mitocondriale dell’ apoptosi

A

La storica BLC-2 è una proteina intrinseca della membrana
mitocondriale e ha il compito di mantenere chiusi i pori di
membrana così da prevenire il rilascio dei citocromi C.
Le proteine BAK e BAX legano BLC-2 e ne inibiscono l’azione in modo da permettere il rilascio dei citocromi C.
In assenza di fattori di crescita o in seguito a radiazioni o a
proteine mal ripiegate che si accumulano, vengono attivati i
corrispettivi sensori che causano un antagonismo tra BCL-2e le proteine BAX e BAK in modo che quest’ultime possano portare all’apertura dei pori mitocondriali.
● L’azione di BAX e BAK è facilitata dalla molecola BID che è anche, biochimicamente, la proteina
“bridge” tra la via mitocondriale e la via estrinseca. Questo perché viene attivata dalla caspasi 8.
● Il citocromo C2, ora nel citoplasma, è
libero di legarsi a APAF1 = Apoptosis
Activating Factor 1, una specie di
cofattore,e a una pro-caspasi 9. Questo
complesso prende il nome di
apoptosoma e ha il compito di attivare
la pro-caspasi 9 in caspasi 9.
● Quest’ultima è una caspasi iniziatrice
perché ha il compito di attivare tante
altre pro-caspasi che infine, lisando le
varie componenti cellulari, portano ad
apoptosi. La prima a essere attivata è la caspasi 3.
● Contemporaneamente al citocromo C, dal mitocondrio fuoriescono altri fattori pro-apoptotici,
come la proteina AIF (Apoptosis Inducing Factor), che vanno a legare e inibire la molecola IAP, un
inibitore di apoptosi.

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15
Q

Parlami della via estrinseca dell’apoptosi

A

SEGNALI DI INNESCO
La via estrinseca è la via dei recettori di morte perché, affinché venga attivata, è necessario l’intervento
di strutture recettoriali presenti sulla membrana cellulare.
● I recettori TNFR = Tumor Necrosis Factor Receptor che legano i TNF= Tumor Necrosis Factor.
● Il recettore CD95 che lega CD95L. Un altro modo di chiamare questo sistema è recettore
Fas/FasLigando.
In questo caso abbiamo una regolazione iuxtacrina: due tipi cellulari che si legano tra loro, l’uno
fungendo da ligando e l’altro da recettore.
Se tali recettori legano i rispettivi ligandi, tramite il legame con proteine adattatrici, che contengono i
cosiddetti domini di morte, attivano le caspasi iniziatrici, o effettrici.
FASE EFFETTRICE
Nel caso di cellule infettate da virus o cellule tumorali l’apoptosi è
indotta dai linfociti T citotossici.
● Questi esprimono sulla propria superficie il FasL = FasLigando che,
legandosi al corrispettivo recettore Fas, o CD95, espresso sulla
superficie della cellula da uccidere, ne inducono la
omotrimerizzazione.
● La porzione citoplasmatica dei recettori Fas è composta dai
cosiddetti Death domaines = Domini di morte .
● In seguito alla trimerizzazione del recettore, interviene la
proteina adattatrice FADD = Fas Associated Death Domaine, la quale è caratterizzata da un dominio di morte affine
strutturalmente ai domini di morte di Fas.
● FADD procede con la cosiddetta attivazione per prossimità della procaspasi 8. Per la precisione quest’ultima è indotta
all’attivazione tramite taglio autocatalitico (modalità di attivazione tipica anche delle proteine
prioniche) e successivamente attiva le altre caspasi effettrici in modo da estendere la risposta

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16
Q

Parlami delle proteine integratici che effettuano un controllo positivo e negativo nella fase di controllo dell’apoptosi

A

PROTIENA AIF
Un altro fattore pro-apoptotico è la molecola AIF che neutralizza
la proteina IAP, un inibitore dell’apoptosi, facilitando la via
mitocondriale.
La via più importante per il rilascio di AIF parte dall’attivazione dell’enzima nucleare PARP-1= Poli-ADPRibosio Polimerasi 1, che:
● normalmente prende parte alla replicazione e al riparo del DNA, nonché alla regolazione della
trascrizione;
● in risposta a stress genotossici la sua attività aumenta per mantenere l’integrità del genoma ma,
se è eccessiva o prolungata, scatena il rilascio di AIF dai mitocondri.
Questo meccanismo di attivazione dell’apoptosi è caspasi -
indipendente.
PROTEINE SMAC/DIABLO
Altre proteine regolatrici sono ad esempio le proteine SMAC/diablo.
Anche queste inibiscono IAP.
PROTEINA p53
La proteina p53(fattore di trascrizione), in seguito al blocco del ciclo
cellulare, se il danno al DNA non può essere riparato, inibisce l’attività
basale di BCL-2indirettamente perché stimola la trascrizione del gene
BAX. La proteina che ne deriva, formando eterodimeri con BID,
permeabilizza la membrana mitocondriale esterna con uscita del
citocromo C, il quale si lega ad APAF1.
p53 è un gene oncosoppressore, infatti nelle persone affette da cancro
non viene attivato e le cellule proliferano indisturbate.
PROTEINE DI CONTROLLO NEGATIVO
Il meccanismo di controllo dell’apoptosi prevede la sintesi di proteine antiapoptotiche che la
controllano nelle diverse tappe. Le più importanti sono le proteine appartenenti alla famiglia FLIP e la
proteina IAP = Inihbitor of Apoptosis Protein.
PROTEINE FLIP
Alcune proteine appartenenti alla famiglia FLIP legano la pro-caspasi 8 e ne bloccano l’attivazione:
sono regolatrici negative dell’apoptosi. Il problema è che le proteine FLIP possono essere prodotte da
alcuni virus allo scopo di impedire la morte delle cellule che stanno infettando.

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17
Q

Parlami della quarta fase dell’apoptosi e in particolare dei linfociti t autoreattivi, del TNF e delle proteinopatie

A

RICOGNIZIONE FAGOCITARIA e FAGOCITOSI
I corpi apoptotici sono sottoposti alla cosiddetta ricognizione fagocitaria: espongono sulla propria
superficie delle molecole, come la fosfatidil-serina, che vengono riconosciute dai macrofagi.
La fosfatidil-serina viene riconosciuta:
● o direttamente tramite un recettore presente sul macrofago;
● o indirettamente mediante delle integrine αβ e altre molecole adattatrici come la
trombospondina.
La fagocitosi delle cellule apoptotiche da parte dei macrofagi favorisce la secrezione di citochine che
diminuiscono l’entità della risposta infiammatoria e quindi hanno un effetto benefico: il TGF-β e
l’interleuchina 10. Riducono anche la produzione del TNF-α.
CASI SPECIFICI
FAS/FADD/CASPASI 8 per LINFOCITI T AUTOREATTIVI
L’attivazione dell’apoptosi mediante via estrinseca con il sistema
FAS/FADD/caspasi 8, oltre che per le cellule infette da virus, viene utilizzata
per eliminare, negli organi linfoidi primari, tutti i linfociti T autoreattivi. È
dunque un freno alla risposta immunitaria affinché essa non sia eccessiva,
ergo dannosa.
In questo caso, il Fasligandosi trova nell’ambiente extracellulare e NON è
legato alla superficie della membrana dei linfociti T citotossici.
Se questa selezione non avvenisse insorgerebbero malattie autoimmuni.
TNF/TNFr
TNF= Fattore Di Necrosi Tumorale è una citochina che stimola sia il
programma di morte, ovvero l’apoptosi, sia la sopravvivenza cellulare e la
proliferazione (attivando, in tal caso, il fattore di trascrizione NF-kB). Ci sono
2 tipi di TNF: alfa e beta. TRADD e FADD favorirebbero l’apoptosi mentre TRAFs favorirebbero
l’attivazione di NF-kB.
PROTEINE MAL RIPIEGATE = PROTEINOPATIA
Le proteinopatia sono quelle condizioni in cui vengono prodotte delle proteine mal ripiegate che si
accumulano all’interno del
RE, stressandolo.
Sono spesso causate da:
● alterazioni
metaboliche;
● mutazioni nei geniche
codificano per le
proteine o per le
chaperonine
(consumano energia
per la loro azione);
● insulti chimici.
Quando il RE è stressato
invia stimoli che inducono dei meccanismi di adattamento:
● innanzitutto, bloccano la sintesi proteica;
● successivamente cercano di far assumere la corretta conformazione alle proteine sintetizzando
chaperonine;
● se l’adattamento non riesce la cellula va in apoptosi.
ESEMPI
Ci sono varie proteine che
possono indurre la risposta
di stress del RE in seguito a
un loro mal ripiegamento
azionando dei sensori.
● L’α1-antitripsina:
o negli epatociti se
mal ripiegata e immagazzinata porta a apoptosi;
o nei polmoni una sua assenza porta alla distruzione del tessuto elastico generando un
enfisema.
● Nella fibrosi cistica viene colpita la proteina regolatrice della conduttanza transmembrana CFTR
che porta difetti nel trasporto di cloro.
● L’ipercolesterolemia familiare è causata dalla perdita del recettore per le LDL.
● Nella malattia di Tay-Sachs una carenza dell’esosaminidasi per via di un difetto a livello della sua
subunità β porta all’immagazzinamento di GM2 gangliosidi nei neuroni.
● L’Alzheimer è causato dall’apoptosi dei neuroni. Questa è indotta da aggregazioni causate dal
ripiegamento anomalo dei peptidi Aβ.

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18
Q

Parlami della disregolazione dell’apoptosi

A

PATOLOGIE ASSOCIATE all’INIBIZIONE dell’APOPTOSI
Bassi livelli di apoptosi possono prolungare la sopravvivenza di cellule anormali o che dovrebbero
essere eliminate in condizioni fisiologiche.
Quando questo accade insorgono:
● tumori ormono - dipendenti (mammella, prostata, ovaio) e carcinomi dovuti a mutazioni di p53;
● malattie autoimmuni perché i linfociti autoreattivi non sono stati eliminati.
L’apoptosi è molto importante anche per terminare la risposta immunitaria. Ad esempio, si deve
verificare in tutti i linfociti T in eccesso, rimasti in seguito alla completa rimozione del patogeno.
PATOLOGIE ASSOCIATE all’AUMENTO dell’APOPTOSI
Quando avviene un aumento anomalo dell’apoptosi si verifica una perdita notevole di cellule normali
o della funzione difensiva.
La sopravvivenza di molte cellule dipende da fattori di crescita, ormoni e citochine. La loro diminuzione
o assenza determina apoptosi, a causa della traslocazione di membri della famiglia delle proteine Bcl-2
dal citosol alla membrana mitocondriale esterna, modificando la bilancia tra i membri Bcl-2 in senso
pro-apoptotico con rilascio di citocromo c
● Molte malattie neurodegenerative, come l’atrofia muscolare spinale, sono causate da mutazioni
della proteina neuronale inibitrice dell’apoptosi = NIAP, la quale normalmente induce la
sopravvivenza delle cellule inibendo l’azione del TNF. Questo accade soprattutto a livello delle
corna anteriori della sostanza grigia del midollo spinale.
● Spesso, un danno ischemico, come infarto del miocardio e ictus, portano a una eccessiva morte cellulare
per apoptosi.
● La sindrome da immunodeficienza acquisita = AIDS conduce a una deplezione di linfociti citotossici
CD4 per apoptosi.

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19
Q

Parlami della necroptosi e dei segnali che la scatenano

A

La necroptosi dal punto di vista cellulare e biochimico è caratterizzata dagli eventi necrotici: deplezione di ATP, rigonfiamento cellulare, produzione di ROS, rilascio degli enzimi lisosomiali e rottura del plasmalemma. Viene rotta la membrana plasmatica. La morte cellulare è molto simile al danno irreversibile cellulare per opera delle proteasi, delle fosfolipasi indotte dal calcio, che portavano danni alla membrana. Si induce danno tissutale e infiammazione, come nella necrosi. Il meccanismo è regolato da una cascata di fosforilazioni, ma non dà apoptosi, essendo caspasi indipendente. È molto simile morfologicamente, dunque,
alla necrosi.
La sostanziale differenza con la necrosi è il fatto di essere programmata come l’apoptosi.
Tra i segnali che possono dare inizio ai fenomeni necroptotici ci sono: il TNF, sensori di DNA o RNA virali, la molecola Fas e agenti genotossici.
VIA ALTERNATIVA DEL TNFr1
La via più conosciuta dal punto di vista cellulare è la via del TNFR1. Quando la molecola TNF interagisce col TNFR1 si hanno 2 strade:
* il TNFR1 trimerizza e viene riconosciuto dalla molecola adattatrice FADD che quindi può attivare per prossimità la pro-caspasi 8: inizia la via estrinseca dell’apoptosi;
* il TNFR1 trimerizza e organizza il cosiddetto complesso multiproteico RIPK1, o ripoptosoma, composto dalle proteine RIPK1 e
RIPK3.
o Quando le chinasi RIP (Receptor Interagent Protein) fosforilano RIPK1 e RIPK3, il complesso si attiva e fosforila, quindi attiva, le molecole MLKL.
。 Queste trimerizzano e rompono la membrana con conseguente:
■ danno tissutale;
morte cellulare per necroptosi;
■ infiammazione.

20
Q

Dimmi le prime tre fasi dell’autofagia

A

FASE DI ATTIVAZIONE
L’attivazione della macroautofagia è strettamente correlata allo stato delle
vie di segnale che controllano la traduzione del gene mTORC1 = Mammalian
Target of Rapamycin Complex 1
Questo gene codifica la proteina omonima che è una serina-treonina ovvero
una chinasi necessaria alla traduzione di proteine coinvolte nella
sopravvivenza e nella proliferazione cellulare.
● In condizioni fisiologiche, se la cellula ha il giusto apporto di energia e di
nutrienti, ci sono una serie di fattori che mantengono attivo il signaling
di mTORC1 così da mantenere l’autofagia a un livello basale.
● Quando i nutrienti e/o l’energia iniziano a scarseggiare vengono meno
i fattori che normalmente mantengono attivo il signaling di mTORC1.
Venendo meno questo controllo negativo, inizia la trascrizione dei vari
geni ATGs con conseguente sintesi delle corrispettive proteine ATG: il
processo autofagico viene avviato.
FASE DI INIZIO
mTORC1 è normalmente legato a un complesso multi proteico denominato
ULK, da cui dipendono gli eventi iniziali per la formazione delle vescicole
autofagiche.
● Quando il signaling di mTORC1 viene meno, mTORC1 si distacca dal
complesso ULK.
● Questo induce dei cambiamenti biochimici che attivano ULK, il quale
trasloca dal citoplasma al RE. Per la precisione, in prossimità di
particolari strutture che costituiscono il cosiddetto PAS = Phagophore
Assembly Site, sito di assemblaggio del fagoforo, noto per essere il
precursore dell’autofagosoma.
Sebbene la regolazione di numerose proteine chiave per le vescicole autofagiche sembri avvenire al livello del
RE, recentemente sono stati descritti altri compartimenti subcellulari che contribuiscono alla formazione della
membrana del fagoforo: mitocondri, membrana plasmatica, ecc.

21
Q

Dimmi le ultime tre fasi dell’autofagia

A

FASE DI NUCLEAZIONE
ULK, dopo essere traslocato sul RE, regola il processo di nucleazione e assemblaggio del fagoforo attivando il
complesso multiproteico di Beclin 1, un secondo complesso multiproteico. Questo è composto dalla proteina
Beclin 1, dalla chinasi lipidica PI-3, dalla proteina sensore ATG14, da 2 attivatori dell’autofagia VPS15 e VPS34
=Vacuolar Protein Sorting.
● La proteina Beclin 1, o Beclina 1, normalmente è strettamente legata alla proteina anti-apoptotica BCL-2
tramite il dominio BH3, ma quando i nutrienti scarseggiano se ne distacca per raggiungere la PI-3K.
● La chinasi lipidica = PI-3, anche chiamata fosfatidil-inositolo 3= PI-3K, si trova associata a specifici
microdomini lipidici della membrana del RE. Quando la chinasi si attiva questi vengono fosforilati con
produzione di PI3P.
Questo complesso è un adattatore
molecolare in grado di reclutare altre
proteine ATG, portando alla formazione
di altri complessi regolatori del processo
autofagico.
Nell’uomo esistono 3 tipi di complessi
della PI3K:
● l’AMBRA-1el’UVRAG, sono complessi
attivatori di diversi stadi del processo
autofagico;
● il RUBICON blocca l’autofagia.
FASE DI ESPANSIONE DEL FAGOFORO
L’allungamento, o espansione,del fagoforo e la formazione dell’autofagosoma richiedono il coinvolgimento e
il coordinamento di almeno due vie di coniugazione ubiquitina-simili.
● La prima induce la coniugazione delle proteine ATG5-ATG12e successiva formazione di un multicomplesso
proteico con ATG16L mediato dall’azione di ATG3 e ATG10.
● La seconda comporta la coniugazione della fosfatidil-etanolammina = PE con la proteina LC3-I2
. Questo
legame viene catalizzato dalle proteine ATG3 e ATG7 in associazione al multicomplesso della prima via. Ciò
che ne deriva è il complesso LC3-II = LC3 lipidata.
I 2 complessi vengono reclutati dal fagoforo e sono
fondamentali per l’espansione delle vescicole, per il
riconoscimento del materiale da includere nella
struttura in formazione e per la chiusura definitiva
dell’autofagosoma.
La sintesi di LC3 durante la risposta autofagica è
aumentata e i livelli di espressione di LC3-II sono
spesso utilizzati come indicatori o markers di
autofagia.
FASE DI FUSIONEAUTOFAGOSOMA-LISOSOMA
Conclusa la formazione dell’autofagosoma, le vescicole autofagosomiche si fondono con le membrane dei
lisosomi, dando luogo all’autofagolisosoma e portando alla degradazione del contenuto dell’autofagosoma da
parte degli enzimi lisosomiali.
2
La proteina LC3-I deriva dalla rimozione del residuo di arginina al C-terminale della proteina pro-LC3. Questo espone il residuo di
glicina necessario per il legame alla PE. La LC3 è un marker dell’autofagia: se presente nella cellula è in corso una risposta autofagica.
Una pompa protonica ATP-dipendente acidifica la membrana interna dei lisosomi e le idrolasi si attivano: la
degradazione dei componenti cellulari procede. Questo processo richiede l’attività di decine di proteine, la
maggior parte delle quali è condivisa con il processo di endocitosi (SNARE e SNAP).

22
Q

Dimmi la correlazione tra autofagia e processi neoplastici

A

Prende parte a una fase silente
dei tumori, in cui il tumore non si è ancora manifestato e prevale ancora una fase di “morte eccessiva” nelle
cellule tumorali, finché non prendono il sopravvento i meccanismi proliferativi. L’autofagia viene inattivata, poi,
per favorire la crescita tumorale.
Nelle fasi tardive dei tumori viene attivata. Man mano che il tumore cresce viene meno il contatto con l’ossigeno
e i nutrienti. L’ossigeno non ha la capacità di andare ad attraversare i tessuti oltre 1-2 mm, quindi crescendo il
tumore ha un centro ipossico, che può andare incontro a morte. Serve, dunque, a “imbalsamare” le cellule in
queste condizioni di carenza nutritizia, impedendo che vadano in necrosi. Permette di mantenerle in questo
stato, finché non arriverà l’ossigeno attraverso una neovascolarizzazione
BECLINA 1 = POTENZIALE ONCOSOPPRESSORE
Beclin1 è:
● monoallelicamente deleto in un’elevata % di pazienti con carcinoma mammario, ovarico e della prostata;
● parallelamente, i livelli di Beclin 1 sono ridotti in tumori cerebrali, così come in quelli della mammella e
dell’ovaio.
ATG5 ha azione oncosoppressiva e il “knockout” di ATGAc, una cisteina proteasi coinvolta nella processazione
di LC3, ha un’azione promuovente il tumore.
Anche altre proteine che partecipano al complesso Beclin 1/PI3K possono avere un ruolo nella regolazione della
proliferazione cellulare e/o nella oncosoppressione.
RUOLO DIRETTO nella REGOLAZIONE della CRESCITA CELLULARE
Un’altra possibilità è che l’autofagia giochi un ruolo più diretto nella regolazione della crescita cellulare,
probabilmente mediante la degradazione di specifici organelli o proteine essenziali per la regolazione della
crescita cellulare. A sostegno di questa teoria, l’aumentata espressione di Beclin 1 rallenta la crescita di cellule
tumorali e induce una riduzione dell’espressione di ciclina E e del pRb fosforilato (un oncosoppressore).
Questo porta anche a una resistenza ai trattamenti.
IN CASO DI TRATTAMENTI
Per molti anni si è ritenuto che i trattamenti radioterapici uccidessero le cellule neoplastiche inducendo il
processo autofagico. Però poi, è stato osservato che inibendo l’autofagia la morte delle cellule neoplastiche
risulta accelerata, e si è giunti alla conclusione che l’attivazione dell’autofagia rappresenta in realtà un
tentativo della cellula di far fronte allo stress indotto dai trattamenti.
AUTOFAGIA ALTERATA = ONCOGENESI
I meccanismi attraverso i quali le alterazioni del processo autofagico possano favorire l’oncogenesi non sono
ancora completamente conosciuti. In particolare, la delezione di geni Arg può promuovere un’instabilità
genomica in cellule metabolicamente stressate, che porta all’attivazione di oncogeni e alla progressione
tumorale.

23
Q

Dimmi la differenza tra deposito primario e secondario, delle possibili cause e dell’approccio terapeutico alle tesaurismosi

A

DEPOSITI PRIMITIVI E SECONDARI
La patogenesi della malattia è data soprattutto da mutazioni che impediscono la corretta idrolisi di tutte queste
macromolecole accumulate nelle cellule. Le macromolecole nella cellula vengono digerite in una serie di
passaggi, che riducono la complessità di queste macromolecole, fino ad avere elementi singoli, che dovrebbero
essere idrosolubili e quindi eliminati dalla cellula
Cosa succede nelle tesaurismosi?
Le malattie da accumulo lisosomiale possono essere caratterizzate dalla formazione di depositi primitivi e
secondari.
Uno dei passaggi enzimatici di degradazione viene a perdersi. Tutti i prodotti a monte si accumulano e formano
il deposito primitivo, determinando così anche un difetto nel funzionamento dell’autofagia.
I depositi primitivi, conseguenti all’accumulo di materiale non digerito nel lisosoma stesso, fanno sì che la
fusione dei lisosomi con l’autofagosoma non avvenga in maniera corretta. Questo porta anche a una mal
degradazione degli organelli intracellulari: si accumulano mitocondri aberranti e proteine tossiche che
costituiscono i depositi secondari.
I depositi secondari possono portare alla morte della cellula perché inducono:
● danno cellulare da alterazioni biochimiche (ex. unfolded protein response che porta ad apoptosi);
● stress ossidativo da produzione di ROS (dai mitocondri aberranti).
POSSIBILI CAUSE
Le malattie ereditarie da accumulo lisosomiale possono essere la conseguenza di uno dei singoli passaggi, di
vari processi come:
● le mutazioni geniche, che causano una minore sintesi dell’enzima degradativo;
● la sintesi di proteine enzimatiche inattive, ossia non funzionanti anche se presenti;
● alterate modifiche post-traduzionali della proteina enzimatica, come il mancato attacco del mannosio-6-
fosfato, per alterazione del complesso enzimatico che aggiunge il mannosio – 6 – fosfato, che causano la
NON corretta compartimentalizzazione dell’enzima lisosomiale. L’enzima non va più nel lisosoma, ma viene
eliminato, secreto esternamente;
● la mancanza di una proteina che attivi l’enzima;
● la mancanza di una proteina che attivi il substrato da digerire;
● la mancanza di una proteina di trasporto per l’uscita del materiale digerito dai lisosomi.
APPROCCIO TERAPEUTICO
● Generalmente queste malattie vengono trattate mediante terapia con sostituzione enzimatica, ovvero
somministrando al paziente l’enzima carente o malfunzionante.
● Un’alternativa è la riduzione del substrato per evitare che si accumuli.
● In casi come la malattia di Gaucher si possono utilizzare terapie con chaperonine che sono in grado di
favorire un corretto ripiegamento della proteina. Ci sono a oggi anche molti altri approcci sperimentali.

24
Q

Parlami della malattia di Gaucher

A

La malattia di Gaucher è una solfatidosi ossia una patologia in cui si ha un accumulo di glucocerebrosidi la cui
fonte principale sono i leucociti invecchiati (portatori di glucocerebrosidi). Anche in questo caso i macrofagi
non sono in grado di rimuovere questi composti, si accumulano e si può verificare:
● l’epatosplenomegalia;
● l’attivazione macrofagica in senso infiammatorio con produzione di IL-1, IL-6 e TNF-α, ovvero citochine
infiammatorie primarie.
Questa malattia ereditaria è dovuta a un’alterazione genica della glucocerebrosidasi, l’enzima lisosomiale che
ha la funzione di scindere il glucoside dalla ceramide.
Esistono 3 varianti del meccanismo di trasmissione autosomico recessivo. La principale (95%) è il tipo 1.. Coinvolge epatosplenomegalia, ma soprattutto il midollo osseo.
MALATTIA DI GAUCHER DI TIPO 1
Si tratta di una
forma cronica senza interessamento del SNC ma con sviluppo di
una epatosplenomegalia.
I macrofagi si riempiono di lisosomi con materiale non digerito e,
alla microscopia, assumono un aspetto “a carta velina” che è il
segno patognomonico di questa patologia.
COMPLICANZE
Nelle persone affette possono insorgere complicanze ossee perché
le cellule di Gaucher (macrofagi di Gaucher) si infiltrano nel midollo osseo ematopoietico con un processo che
può portare a quadri anemici severi o emorragici. NON vengono più sintetizzate le piastrine (emorragie) o i
globuli rossi (anemie), o si può verificare in generale una pancitopenia. I macrofagi vengono attivati a produrre
le citochine infiammatorie, che possono attivare gli osteoclasti con conseguente processo erosivo a carico del
tessuto osseo. Sono cataboliche. Quindi non solo l’espansione delle cellule di Gaucher, che determinano atrofia
ossea, ma anche le citochine prodotte sono cataboliche per l’osso.
(TNF – ALFA è una citochina con attività catabolica, è il principale protagonista della principale CACHESSIA
NEOPLASTICA)
MALATTIA DI GAUCHER DI TIPO 2 E 3
Nelle malattie di Gaucher di tipo 2 e 3, invece, vi è un interessamento di tipo neurologico e le persone affette
possono presentare ridotte capacità cognitive e convulsioni. I neuroni vengono danneggiati dai fagociti che
sono colmi di accumuli di glucocerebrosidi.
● La tipo 2 ha un esordio infantile con sintomatologia molto grave e si parla di forma infantile neuropatica
acuta.
● La tipo3 ha esordio tardivo e sintomatologia lieve.
TERAPIA
La terapia prevede la somministrazione:
● di glucocerebrosidasi ricombinante;
● di farmaci che riducono l’attività della glucosil-ceramide-sintasi responsabile della sintesi del glicoside che
si accumula. Quindi sono farmaci che diminuiscono il substrato su cui agisce l’enzima difettivo;
● di cellule staminali emopoietiche trasfettate con il gene corretto (terapia cellulare).

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Dimmi le principali cause di steatosi epatica
Tra le principali cause di steatosi, soprattutto epatica, c’è la carenza di ossigeno. Quindi ipossia e poi anche anossia. La carenza di ossigeno determina una riduzione della β-ossidazione responsabile della degradazione degli acidi grassi e conseguente produzione di acetil-CoA che entrerà poi nel ciclo di Krebs, per produrre molecole di ATP. Quindi gli acidi grassi, se non ossidati correttamente, si accumulano nella cellula sottoforma di trigliceridi, soprattutto nel fegato. ● L’anossia anossica si verifica quando la pressione parziale dell’ossigeno atmosferico diminuisce. Chi vive, ad esempio, in alta montagna ● La presenza di ostacoli a livello dell’albero bronchiale o degli alveoli provoca un ridotto apporto di ossigeno nei polmoni. ● Anossia ischemica: alterazione del flusso ematico per via di un’ostruzione, che può essere causata da neoplasia, edema, placche aterosclerotiche, trombi, emboli ecc. ● L’anossia anemica è un’anemia severa che può portare a un deficit nella quantità di ossigeno, trasportato dall’emoglobina, con riduzione dell’ematocrito ● La presenza di difetti a livello dell'emoglobina come, ad esempio, la carbossiemoglobina (il CO è molto più affine all’emoglobina rispetto all’O2 e lo sostituisce). ● Ipossia stagnante: mancanza di efflusso di sangue dai tessuti. Non c’è più la possibilità di eliminare la CO2, avremo un danno da acidosi metabolica. È dovuta a restrizione vasale (vasocostrizione) o a riduzione della gittata cardiaca (avremo un aumento delle resistenze periferiche dell’albero circolatorio perché il sangue non viene più rimosso correttamente con ritorno venoso dal cuore. Il cuore non riesce più a pompare il sangue nell’albero respiratorio). ● Ipossia istotossica: dovuta ad un’alterazione della respirazione mitocondriale, quando c’è un’alterazione delle catene di trasporto di elettroni, date anche da vitamine (niacina…) ● L’anossia tossica e ormonale è causata da veleni, sostanze tossiche o tossine. Ad esempio, la tossina difterica, che induce modifiche post traduzionali, l’ADP ribosilazione, che inibisce l’EEF2 (fattore di allungamento della sintesi proteica). Interferisce anche con il metabolismo ossidativo. Altri esempi di tossine sono quelle di funghi tossici come l’amanita falloide (produce l’ alfa – amanitina, inibitore della RNA polimerasi II), l’etionina (sequestra l’ATP), l’etanolo e tante altre. Sono tutti fattori che inducono la steatosi perché inibiscono la sintesi proteica (di apoproteine). o L’etanolo, o alcol etilico, è la causa principale di anossia tossica. Ha vari punti di attacco sul fegato, determinando la steatosi degli alcolisti, che poi evolve in steatoepatite, che poi diventa steatoepatite fibrosa, che poi evolve nella cirrosi. L’etanolo (CH3CH2OH) viene metabolizzato dagli epatociti, grazie un sistema enzimatico (alcol deidrogenasi) che in una ossidoriduzione, riduce NAD+ in NADH e si ottiene acetaldeide (CH3COH). L’acetaldeide viene internalizzata nei mitocondri, dove si occupa di un’altra reazione, grazie all’ aldeide deidrogenasi viene trasformata in acido acetico, anche qui convertendo il NAD+ in NADH. Il NAD+ serve per la beta-ossidazione, non il NADH quindi tutta la bilancia tra degradazione e sintesi di acidi grassi si sposta a favore della sintesi degli acidi grassi. Negli alcolisti cronici l’etanolo attiva un altro sistema, del REL (chiamato Microsomi in biochimica, perché se lo si vuole isolare dalle cellule – attraverso processi di centrifugazione su gradienti di saccarosio, in cui la forza di centrifuga fa isolare gli organelli in base alle densità di saccarosio – non si trova sotto forma di cisterna, ma come vescicole, chiamate appunto MICROSOMI), che è un sistema di ossidasi miste CYP2E1 (detto anche P450), che si occupa di reazioni di ossidoriduzione per metabolizzare l’etanolo e tutte le sostanze esogene o endogene di cui dobbiamo liberarci. Si chiamano reazioni di FASE 1. Sono le prime che avvengono nel fegato per portare alcuni metaboliti verso una condizione più degradabile. Si forma, in questo contesto, prima un metabolita intermedio e poi l’acetaldeide. Questo sistema, siccome fa trasportare continuamente elettroni, produce ROS, dannosi per l’epatocita. L’ultimo sistema per metabolizzare l’etanolo, ma più ininfluente, è la catalasi, che trasforma l’acqua ossigenata in acqua e forma l’acetaldeide. ● Carenze di vitamine che normalmente fungono da coenzimi nelle reazioni chimiche. ● Alterazioni nutrizionali come nel caso di: o Ipernutrizione: si fornisce alle cellule un eccesso di grassi; o Digiuno: i depositi adiposi periferici vengono metabolizzati rapidamente dalle catecolammine (che vengono prodotte) causando un eccesso nel livello degli acidi grassi e quindi steatosi; o iponutrizione cronica: nei paesi poveri nei quali si registra una carenza di proteine e quindi si ha una ritenzione dei componenti lipidici. Può essere spinta fino al Kwashiorkor, ossia iponutrizione cronica dei bambini denutriti. Non hanno alimentazione proteica corretta e la mancanza di proteine provoca una steatosi. I bambini sono scheletrici, con massa muscolare quasi inesistente, ma con addome globoso, causato dal fegato ingrandito dalla steatosi. Il fegato diventa grande, giallo, untuoso.
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Perchè l'etanolo induce steatosi?
Perché l’etanolo induce, dunque, steatosi? ● Conversione eccessiva di NAD+ in NADH , che sposta la bilancia vero la sintesi di glicerolo e acidi grassi; ● può danneggiare la catena mitocondriale. L’acetaldeide è un’aldeide fortemente reattiva con proteine e fosfolipidi. Forma degli addotti che inibiscono, degradano o fanno alterare i fosfolipidi. Danneggiando i mitocondri, riduce ulteriormente la beta-ossidazione, che avviene nei mitocondri; ● alterazioni delle proteine citoscheletriche, ad esempio la tubulina (rotaia attraverso cui le proteine vengono trasportate da una parte all’altra. Le lipoproteine vengono trasportate all’esterno). Gli addotti dell’acetaldeide annullano la funzione della tubulina e le lipoproteine restano nel fegato. ● L’alcol genera anche un po’ di energia. Gli alcolisti cronici assumono energia anche dall’alcol e non si nutrono più correttamente. Questo stimola la lipolisi di grassi dal tessuto adiposo, per dar luogo a fonte energetica. Dunque altri acidi grassi arrivano a caricare il fegato. ● può ridurre la sintesi delle apoproteine; o L’etionina riduce la sintesi proteica sequestrando ATP. o La tossina α-amanitina inibisce la RNA polimerasi II.
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Dimmi le cause di accumulo del colesterolo e delle proteine nella cellula
CAUSE GENETICHE L’accumulo del colesterolo può essere dovuto a cause genetiche/ereditarie. ● Un esempio è l’ipercolesterolemia familiare che è una patologia causata da un difetto (mutazione) del gene che codifica per il recettore delle LDL a livello epatico, che quindi si accumulano insieme a esteri del colesterolo nel plasma, inducono aterosclerosi precoce (accelerata). Molto spesso l’ipercolesterolemia familiare porta alla formazione di xantomi, ovvero accumuli di macrofagi infarciti di colesterolo (form – cells) a livello del derma o dei tendini. Nell’ipercolesterolemia familiare abbiamo dei livelli di colesterolo, che normalmente sarebbero intorno ai 200 mg/dl (con deviazioni standard), nella forma eterozigote a 400 mg/dl e nell’omozigote a 800 mg/dl. Già in eterozigosi si manifesta. I soggetti a 20 anni possono morire di infarto del miocardio a causa di questa aterosclerosi accelerata. ● Un altro esempio di malattia dovuta a un difetto genetico è la malattia di Niemann-Pick di tipo C. Questa è dovuta alla mutazione dei geni NPC1 e NPC2 implicati nella mobilizzazione del colesterolo. Determina l’accumulo di colesterolo a livello lisosomiale. Il colesterolo viene meno mobilizzato dal tessuto adiposo e si accumula sempre di più. ● Iperlipidemie per eccesso di chilomicroni, che hanno varie cause CAUSE ACQUISITE Tra le cause acquisite di accumuli di colesterolo ci sono l’aterosclerosi, le infiammazioni e le necrosi. ● L’aterosclerosi: processo degenerativo delle arterie in cui le LDL non vengono più captate dal fegato (perché in condizioni di obesità o di ipernutrizione cronica le LDL sono in eccesso) e mentre circolano durante la circolazione ematica vengono modificate e diventano LDL ossidate. Per le LDL ossidate non c’è un recettore, dunque non vengono più captate. Si ossida la ApoB100, la proteina che serve da ligando per il recettore. Non essendo più fagocitabile dal fegato rimangono in circolo e vengono captate dall’endotelio che permette alle LDL di passare nella tonaca intima dei vasi e dare inizio ad aterosclerosi. Si provoca così l'infiammazione e il richiamo dei macrofagi, entrati anch’essi attraverso l’endotelio nell’intima. Questi fagocitando le goccioline di colesterolo, formano gli esteri del colesterolo, che non sono facilmente degradabili, muoiono e diventano cellule schiumose (foam-cells) che costituiscono la cosiddetta placca aterosclerotica. A livello anatomo – patologico si chiamano strie lipidiche. Una stria lipidica è una prima manifestazione patologica evidente di aterosclerosi. Sono state trovate, dalle autopsie, già negli infanti, soprattutto nell’aorta. È un processo che inizia subito, non si sa bene il perché. ● Sedi di infiammazione e necrosi: le cellule danneggiate vengono fagocitate dai macrofagi e queste si infarciscono sempre di più di colesterolo. ● La colesterolosi prevede la formazione di accumuli di macrofagi infarciti di colesterolo a livello della lamina propria della colecisti, la quale appare piena di noduli colesterinici all’esame ecografico. Non sappiamo da cosa deriva. ACCUMULO DI PROTEINE L’accumulo di proteine può verificarsi a livello del citoplasma, quindi intracellulare, sotto forma di vacuoli, goccioline eosinofile (rosa) o aggregati citoplasmatici. Ciò solitamente si verifica in seguito a: ● una sofferenza glomerulare, perché in casi di proteinuria (perdita di proteine dal filtro glomerulare):si verifica un ingente riassorbimento di proteine in sede tubulare. I tubuli prossimali, sono infarciti di proteine, che hanno assunto per pinocitosi, dopo essere state perse e filtrate in maniera eccessiva a livello glomerulare. Normalmente il glomerulo fa passare alcune proteine in base a peso molecolare, carica, ecc. una delle proteine che può passare è l’albumina. Abbiamo delle tracce di albumina attorno ai micro organuli nelle urine. Quando abbiamo una proteinuria eccessiva si parla di microalbuminuria, macroalbuminuria, proteinuria franca (nelle sindromi nefrotiche). Se tutto viene bloccato si torna alla normalità e si degradano queste proteine. ● un’eccessiva sintesi di proteine normali, come si verifica in casi di mieloma: iperproduzione di immunoglobuline da parte delle plasmacellule che in alcune condizioni possono immagazzinarsi eccessivamente, determinando una distensione del RE e formano aggregati citoplasmatici eosinofili detti corpi di Russel; ● un accumulo di proteine strutturali (citoscheletriche) come nei casi della ialinosi alcolica e della malattia di Alzheimer. ○ Avvengono quando si ha steatoepatite, che arriva dopo la steatosi, per vari motivi, tra cui quello dell’acetaldeide che forma addotti con proteine del citoscheletro, ma anche con le citocheratine degli epatociti. Si formano degli inclusi citoplasmatici negli epatociti. Questa condizione è chiamata ialinosi alcolica o corpi di Mallory – Denk ed è caratterizzata da un accumulo di filamenti di cheratina negli epatociti. I corpi di Mallory – Denk non sono patognomonici dell’intossicazione da alcol etilico. Si possono avere anche in altre patologie epatiche, come l’emocromatosi ereditaria (accumulo di ferro nel fegato, a cui può seguire la emosiderosi) la sindrome di Wilson (accumulo di rame negli epatociti per ragioni genetiche); ○ La malattia di Alzheimer (in termini patologici è un’amiloidosi localizzata, ne parliamo dopo) è caratterizzata da grovigli neurofibrillari: depositi di neurofilamenti, neurofibrille e proteine nei neuroni e questo conduce a un forte quadro di neuroinfiammazione con conseguente distruzione neuronale a livello della corteccia.
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Dimmi quali sono i tipi principali di amiloide
Il 95% dell’amiloide è costituito da fibrille proteiche. Ci sono 3 forme comuni di amiloide: AL, AA e β-amiloide AMILOIDE AL L’amiloide AL (catena leggera dell’amiloide) è formato dalle catene leggere delle immunoglobuline, dove abbiamo una sovrapproduzione di catene leggere, quindi non viene prodotto l’anticorpo completo e per le catene leggere vengono prodotte: ● soprattutto le catene λ o di tipo K). ● ma anche le loro regioni N-terminali. Quindi abbiamo una discrasia del sistema emolinfopoietico meglio detta gamma-patia monoclonale che porta ad un eccesso di produzione da parte della plasmacellule delle catene leggere. Questo tipo di amiloide è un esempio di accumulo di una proteina normale prodotta in eccesso ed è tipico ● del mieloma multiplo, un tumore caratterizzato dalla proliferazione anormale di plasmacellule; ● della macroglobulinemia di Valgstromn, un disordine proliferativo linfoplasmocitoide. In tutti questi casi, infatti, la produzione eccessiva di catene leggere delle Ig, che vengono lisate, porta alla formazione della proteina AL. AMILOIDE AA L’amiloide AA, o amiloide associata, è formata da 76 amminoacidi e deriva dalla proteolisi di un precursore ematico chiamato precursore sierico SAA (sierum amiloidassociated protein), ovvero la pentraxina. Questo è un marcatore dell’infiammazione che viene sintetizzato nel fegato e circola associato alle HDL. Questo fegato è stimolato a produrre AA che è un segno di infiammazione ischemica. Il fegato è coinvolto nella produzione di proteine in fase acuta. Anche questo amiloide è un esempio di accumulo di una proteina normale prodotta in eccesso ed è tipico delle malattie infiammatorie croniche che portano alta produzione di citochine (IL-6) come il morbo di Crohn o l’artrite reumatoide. Questo accade perché in seguito alla produzione di IL-1, IL-2 e TNF-α, gli epatociti vengono stimolati a produrre grandi quantità di pentraxina SAA. Quest’ultima: ● viene parzialmente distrutta; ● in caso di anomalie strutturali si verifica l’accumulo dell’amiloide associata AA. In questi casi si parla di amiloidosi reattiva. β-AMILOIDEAβ La β-amiloide, o Aβ,deriva dal precursore proteico APP che si trova sulla superficie dei neuroni. È coinvolto nella formazione di placche cerebrali nei vasi cerebrali dei pazienti con Alzheimer. ALTRE FORME In altre forme cliniche ci possono essere amiloidi biochimicamente differenti: la transtiretina, la β2- microglobulina e le proteine prioniche ● La transtiretina (TTR) considerata anche pre-albumina che normalmente trasforma la tiroxina in retinolo. Una sua forma mutante caratterizza le polineuropatie amiloidi familiari. Inoltre, la transtiretina normale può accumularsi nel soggetto anziano portando all’amiloide sistemica senile. ● La β2-microglobulina è associata al sistema immunitario in quanto la microglobulina è la proteina (forma la catena minore del MHC1) che si trova nel plasma associata al complesso MHC 1. Può dare origine a subunità fibrillari che si accumulano in pazienti con insufficienza renale cronica che una volta facevano uso di filtri dialitici che però non permettevano la filtrazione di questa microglobulina. ● Le proteine prioniche in seguito a mutazioni diventano dannose per il SNC come, per esempio, nella malattia di Creutzfeldt-Jakob. I prioni sono un “dubbio” sul dogma della biologia perché sono considerati l’agente infettivo di una proteina, ancora più piccolo di un virus in quanto il virus è formato da più proteine mentre il prione è una proteina che si misfolda e che diventa patologica per il sistema nervoso centrale. MOLECOLE ACCESSORIE Gli amiloidi sono composti in minima parte (5%) dai proteoglicani, dai GAG o dalla componente P amiloide sierica. Queste molecole hanno lo scopo di stabilizzare l’intera struttura. Molti depositi di amiloidi si trovano vicino ai vasi. Si pensa che queste componenti extra vasino e vadano ad accumularsi con le componenti proteiche determinando un cambiamento alla resistenza alla proteolisi. - Una considerazione da fare è che le proteine che vengono colpite in questo tipo di patologie o sono sovraprodotte e quindi si andranno ad associare in fibrille “anomale” o possono essere proteine mutate, instabili che formeranno questo folding anomalo. L’effetto finale del processo è rappresentato dall’accumulo di amiloidi e tendono ad occupare spazio e comprimere impedendo lo scambio tra tessuto-interstizio-vasi determinando un’atrofia. Negli organi perenni vanno incontro a sclerosi. Ripetizione: consideriamo una proteina mal ripiegata che presenta degli oligomeri che si va ad accumulare sottoforma di foglietti beta antiparalleli per formare una fibrilla. Se sono mutazioni acquisite come le gamma-patie monoclonali abbiamo proliferazione tumorale di plasmacellule con eccesso di catene leggere di immunoglobuline e i depositi di proteina L non possono essere soggetto a proteolisi. Chi potrebbe eliminare questi composti? I macrofagi.
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Dimmi quali sono i tipi di amiloidosi
L’amiloidosi primaria è associata a una discrasia plasmacellulare. ● È così definita perché NON vi sono altre malattie associate; infatti, la maggior parte dei pazienti con amiloidosi AL non è affetta da mieloma multiplo né da linfomi a cellule B. ● Solo nel 5-15% di pazienti con mieloma multiplo, ovvero un tumore plasmacellulare caratterizzato da lesioni ossee, insorge anche amiloidosi primaria. È caratterizzata dalla formazione dell’amiloide AL derivante dalla produzione di catene leggere instabili da parte di un unico clone neoplastico. Queste catene per la loro errata conformazione espongono degli epitopi che inducono la loro aggregazione. TEST Se si effettua l’elettroforesi del sangue di un paziente e in corrispondenza delle γglobuline il grafico presenta una “punta” e non una “collinetta”, si deve sospettare un’amiloidosi e bisogna approfondire la situazione prescrivendo un’immunoelettrofocalizzazione. Le immunoglobuline sono così piccole che passano per il filtro glomerulare e che : ● Quasi tutti i pazienti con mieloma che sviluppano amiloidosi hanno proteine di Bence-Jones sieriche, urinarie o entrambe. ● Però la maggior parte dei pazienti con mieloma multiplo aventi catene leggere libere NON sviluppano amiloidosi perché bisogna considerare il potenziale amiloido-genico della proteina, il quale si determina in base alla propensione della sequenza di amminoacidi a formare le β-fibrille. I pazienti affetti da amiloidosi primaria presentano: ● un eccesso di catene leggere monoclonali; ● un incremento del numero di plasmacellule nel midollo osseo che producono amiloide AL; ● una discrasia plasmacellulare che si manifesta con la produzione di una proteina alterata Inoltre la maggioranza dei pazienti con l’amiloidosi AL non è affetta da mieloma multiplo, si pensa si produca una gamma-patia monoclonale ma che non si traduce in termini clinici in mieloma multiplo rimane silente ma nel frattempo produce una serie di plasmacellule tumorali che a loro volta producono catene leggere di immunoglobuline. AMILOIDOSI da EMODIALISI L’amiloidosi da emodialisi è oggi la meno diffusa perché le membrane dialitiche che si utilizzano adesso sono notevolmente migliori rispetto a quelle del passato. L’amiloide in questo caso è composta da fibrille di β2- microglobulina, ovvero la proteina che tende ad accumularsi nel sangue per via di una disfunzione renale. Questo si verifica quando la struttura glomerulare è alterata e la membrana dialitica non riesce a sequestrarla. Quest’amiloidosi ha uno spettro sintomatologico molto variegato caratterizzato dal fatto che vi è nel soggetto: sindrome del tunnel carpale bilaterale, spondilo artropatia, accumuli di amiloidi nella sinovia, cisti ossee e disfunzioni multiorgano. AMILOIDOSI SECONDARIA o ASSOCIATA L’amiloidosi secondaria, o sistemica reattiva, è così definita perché è associata a stati di infiammazione cronica o patologie associate come: -artrite reumatoide e altre connettiviti -patologie intestinali croniche (morbo di crohn) tumori non immunologici (carcinoma renale e linfoma di Hodgkin). Può insorgere anche in tossicodipendenti che utilizzano siringhe infette. Questo perché l’infezione scatena un’infiammazione a livello dermico che attiva in modo massimo i macrofagi con liberazione di citochine proinfiammatorie, le quali sollecita il fegato a produrre la pentraxina SAA (molecole AA insolubili). Possono essere presenti anomalie strutturali di tipo genetico che rendono la molecola resistente alla degradazione. AMILOIDOSI EREDITARIE o FAMILIARI Altri tipi di amiloidosi sono quelle che insorgono come conseguenza a patologie genetiche. Distingueremo 2 tipi: -Autosomica Dominante: si manifesta sotto forma di Polineuropatie familiari: causate da mutazioni nel gene della Transtiretina (ATTR amiloide) che provoca la formazione di fibrille che si aggregano e sono resistenti alla proteolisi. -Autosomica Recessiva :febbre familiare mediterranea , determinata dalla mutazione della proteina pirina. Tutto ciò porta alla sovra regolazione del complesso proteico inflammasomapirina-dipendente -> aumento di IL-1 e IL-8 -> amiloide AA per aumentata produzione epatica di SAA. AMILOIDOSI ENDOCRINA (amiloidosi localizzata) Molte patologie endocrine, come il diabete mellito di tipo II e il carcinoma midollare della tiroide sono caratterizzate da una deposizione di materiale amiloideo. In questi casi si parla di amiloidosi endocrina.
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Parlami della patogenesi molecolare e delle forme della malattia di Alzheimer
PATOGENESI MOLECOLARE Tramite patogenesi molecolare è possibile comprendere perché si forma la proteina amiloide beta che crea questi problemi. I neuroni presentano una proteina di membrana che è il precursore del polipeptide amiloideo beta (beta-APP). Fisiologicamente questa proteina: ● è implicata nella differenziazione e nel benessere del neurone; ● dal punto di vista strutturale attraversa a tutto spessore la membrana cellulare e presenta 3 domini: uno extracellulare, una transmembrana, e uno intracellulare; ● presenta 3 siti di clivaggio che, dall’esterno del neurone verso l’interno, sono rispettivamente riconosciuti dalle-secretasi, -secretasie- secretasi. AMILOIDE Aβ In base a quali di questi enzimi agiscono l’amiloidosi può insorgere o meno. Infatti: ● se agiscono solo la alfa-secretasi e la gamma-secretasisi formano frammenti che non concorrono ad un potenziale amiloidogenico deleterio per il tessuto nervoso; ● se agiscono solo la β-secretasi e la gamma-secretasi si formano 2 frammenti dei quali: o uno è solubile; o l’altro costituisce la proteina Aβ che tende ad aggregarsi a formare il β amiloide. Questi a loro volta si possono ulteriormente aggregare tra loro per dare origine a delle fibrille di amiloide. Tale materiale amiloideo si incaricherà di concorrere a quelli che sono i danni tipici del tessuto nervoso in un malato con Alzheimer. PROTEINA τ Un’altra proteina coinvolta nella patogenesi molecolare del morbo di Alzheimer è la proteina τ. ● Fisiologicamente è importante per il trasporto vescicolare a livello assonale. ● La presenza dell’amiloide Aβ induce l’iperfosforilazione di questa proteina che quindi tende a ridistribuirsi dagli assoni ai dendriti e ai pirenofori, dove si aggrega a formare ammassi neurofibrillari. ● Questi ammassi contribuiscono alla disfunzione e alla morte cellulare. FORME SPORADICHE ED EREDO-FAMILIARI DI ALZHEIMER A oggi sono state scoperte delle forme sporadiche ed eredo-familiari di Alzheimer in cui si possono riscontrare delle alterazioni genetiche ereditarie che aumentano la predisposizione ad avere l’Alzheimer. TRISOMIA DEL 21 Le persone con trisomia del 21 hanno 3 copie del precursore dell’amiloide APP. In questo caso mutazioni missense associate a un effetto dose portano a un esordio precoce della malattia e a un aumento della produzione di amiloide Abeta. VARIANTE OLANDESE Questa variante deriva dalla presenza di mutazioni che, alterando l’amiloide, fanno sì che esso si accumuli nella struttura delle arterie nel comparto cerebrale. Questo porta a emorragie cerebrali che sono quindi ereditarie. alfa-SECRETASI L’alfa-secretasi è un enzima composto da più subunità: la presenilina 1o la presenilina 2, la nicastrina e altre proteine. Mutazioni missense o del sito di splicing del gene che codifica per la presenilina 1 o mutazione missense nel gene che codifica per la 2, comportano un esordio precoce della malattia (65 anni) e un aumento della produzione di amiloide Abeta. APOLIPROTEINA E L’allele epsilon 4 dell’apolipoproteina E, una componente delle lipoproteine, è associato a un aumento del rischio di avere Alzheimer e aumento delle probabilità che l’esordio della malattia sia precoce. È stato dimostrato in laboratorio che l’allele codifica per un’apolipoproteina E malfunzionante: non rimuove eventuali aggregati di amiloide beta.
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Parlami dei mastociti, dei granulociti basofili, dei granulociti eosinofili, dei granulociti neutrofili dei macrofagi e dei monociti
MASTOCITI e GRANULOCITI BASOFILI I mastociti e i granulociti basofili hanno funzioni simili anche se derivano da precursori midollari diversi: ● i primi si trovano nei connettivi e per la precisione nella zona prospiciente i vasi sanguigni; ● i secondi sono ubiquitari del sangue costituendo l’1% della formula leucocitaria. Presentano granuli contenenti eparina e istamina. ● L’eparina è un GAG ad azione anticoagulante. ● L’istamina è legata reversibilmente all’eparina ed è capace di aumentare la permeabilità dei vasi sanguigni, quindi favorisce la vasodilatazione. Solitamente viene liberata per prima in seguito a un trauma meccanico delle cellule che la contengono nel connettivo: è responsabile della comparsa del rubor. MASTOCITI I mastociti si distinguono in connettivali e mucosali. ● I mastociti connettivali sono positivi per la triptasi e la chimasi. ● I mastociti mucosali sono positivi solo per la triptasi. La loro degranulazione è mediata in 2 modi: ● o i loro recettori di membrana legano la porzione Fc delle IgE, le quali a loro volta sono legate all’antigene specifico; ● o si ha la formazione di tubuli attraverso cui i granuli possono estrudere il proprio contenuto e produrre una risposta infiammatoria generalizzata, come si ha durante lo shock anafilattico. Oltre all’istamina i loro granuli contengono molti altri mediatori come il TNF-α, citochine, leucotrieni, chemochine, ecc. GRANULOCITI EOSINOFILI I granulociti eosinofili sono cellule polimorfonucleate con nucleo bilobato che costituiscono il 2-5% della formula leucocitaria. Le IL-5 e IL-3 ne stimolano la produzione a livello midollare. Sopravvivono circa 5 giorni. Presentano: ● un’intesa granulazione di proteina basica maggiore, molto acidofila; ● la perossidasi, con azione citotossica; ● l’arilsulfatasi, che è in grado di inattivare il fattore anafilattico prodotto dai mastociti nel luogo dell’infezione. Questo allo scopo di limitare l’azione positiva e talvolta dannosa prodotta da queste cellule nei connettivi nel corso della risposta infiammatoria; ● l’istaminasi, che blocca il rilascio di istamina responsabile del processo infiammatorio; ● la fosfolipasi D, che disattiva l’aggregazione delle piastrine; ● l’eotassina 1 e 2, con ruolo chemiotattico; Sono importanti in infiammazioni con eziologia allergica o di tipo parassitario perché possono liberare: ● il mediatore MBP responsabile dell’immobilizzazione delle ciglia, o ciliostasi, aggravando ulteriormente il quadro; ● i leucotrieni, che possono indurre una risposta spasmogena soprattutto in bronchioli terminali. GRANULOCITI NEUTROFILI I granulociti neutrofili sono cellule polimorfonucleate che costituiscono il 70% della formula leucocitaria ed il 55-60% della massa del midollo osseo. Hanno una vita media di 12-20 ore. Sono presenti nel sangue con un valore normale di 4000/11000 mmc, ma se tale valore scende al di sotto di 500/1000 mmc si parla di neutropenia. Presentano: ● un nucleo con 3-5 lobi; ● un diametro cellulare di 12μm; ● un citoscheletro molto sviluppato che permette movimenti ameboidi; ● granuli azzurrofili, o primari, che sono lisosomi modificati contenenti al loro interno idrolasi acide e lisozima ad azione battericida; ● granuli secondari, o specifici, più piccoli e contenenti collagenasi e lattoferrina; ● granuli terziari contenenti gelatinasi che, insieme alle collagenasi, favoriscono la distruzione delle fibre di collagene, in modo che non siano d’ostacolo all’afflusso di cellule per chemiotassi nel tessuto infettato. ❖ Si riversano nel tessuto danneggiato perché richiamati da fattori chemiotattici come le interleuchine, le proteine del complemento e il collagene degradato. ❖ Riconoscono il corpo estraneo perché legano: o o la porzione Fc degli anticorpi, i quali sono a loro volta legati a uno specifico antigene; o o la proteina C3B del complemento, la quale è a sua volta legata a un batterio e che è capace di indurne la fagocitosi. ❖ Quando vengono stimolati dalle LPS, dal TNF-α e dal TNF-β producono agenti chemiotattici come citochine anti e pro-infiammatorie. ❖ Producono leucotrieni che derivano dall’acido arachidonico prodotto dai fosfolipidi di membrana e che promuove l’adesione dei neutrofili del sangue alle cellule endoteliali, favorendone la diapedesi. ❖ Dopo aver svolto la loro funzione vanno in apoptosi e i loro corpi apoptotici e detriti vengono fagocitati da macrofagi in un processo detto efferocitosi associato alla risoluzione del processo infiammatorio. MACROFAGI e MONOCITI I macrofagi e monociti sono cellule polimorfonucleate con un’importante funzione di difesa e caratterizzate da un’intensa attività fagocitaria. ● Rappresentano 2 fasi della stessa cellula, rispettivamente la fase tissutale e la fase circolante nel sangue. ● Costituiscono il 3-8% della formula leucocitaria. ● Hanno un citoscheletro ricco di filamenti di vimentina ed actina che danno plasticità alla cellula, permettendo i movimenti ameboidi nei tessuti. ● Hanno una membrana plasmatica irregolare per la presenza di numerose invaginazioni pinocitotiche. ● Hanno grandi dimensioni e fondendosi con altre cellule costituiscono le cosiddette cellule giganti polinucleate. ● La fagocitosi è innescata dal riconoscimento di specifici anticorpi che si legano all’antigene e dalle proteine del complemento. ● Presentano abbondanti lisosomi per la digestione del materiale fagocitato che, se digerito, è espulso all’esterno della cellula, se non digeribile, è accumulato nel citoplasma del macrofago. Portano a termine quello che i neutrofili hanno cominciato perché agiscono in maniera consistente contro batteri intracellulari come il Mycobacterium Tuberculosis. Svolgono molte altre funzioni: ● sono cellule APC = Antigen Presenting Cell; ● possono liberare dei mediatori che favoriscono l’angiogenesi; ● favoriscono la coagulazione; ● sono importanti nella risposta fibrotica che si può avere durante il processo di riparazione del tessuto.
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Parlami dei linfociti, delle cellule dendritiche, delle piastrine, delle cellule endoteliali e dei fibroblasti
LINFOCITI I linfociti sono cellule monomorfonucleate che costituiscono il 20-30% della formula leucocitaria e NON sono dotati di capacità fagocitiche. ● Presentano un nucleo di grandi dimensioni in posizione eccentrica e poco citoplasma. ● Sono capaci di internalizzare l’antigene tramite macropinocitosi. ● Sono di origine linfoide, vengono prodotti dal midollo osseo e maturano in altri organi. o I linfociti T maturano nel timo e si differenziano in citotossici CD8 e T-helper CD4. ▪ I linfociti T citotossici CD8 contengono enzimi idrolitici che, dopo aver riconosciuto l’MHC I, sono in grado di distruggere la cellula. ▪ I linfociti T-helper CD4, attivati dal legame tra l’MHC II e l’antigene estraneo, stimolano i linfociti B a produrre anticorpi contro quella specifica proteina e quindi favoriscono la risposta umorale. o I linfociti B maturano nei linfonodi e si differenziano in plasmacellule. ▪ Le plasmacellule sono ubiquitarie del tessuto linfoide e sono altamente specializzate. Non vanno incontro a mitosi. Hanno un nucleo in posizione eccentrica con eterocromatina disposta a raggiera. Sono ricche di RER perché la loro principale funzione è la produzione di anticorpi. Per questa ragione sono molto basofile. Hanno una vita media di 1 giorno. PIASTRINE Le piastrine sono frammenti cellulari privi di nucleo e presenti nel sangue con una concentrazione di 200-300 mila/μl. Sono prodotte continuamente dai megacariociti, delle cellule di grandi dimensioni collocate nel midollo osseo e che, entrando in contatto con vasi sanguigni e cellule endoteliali, rilasciano nel circolo sanguigno le pro-piastrine, ovvero la porzione terminale dei loro prolungamenti. Le pro-piastrine sono poi ridotte in frammenti più piccoli, ovvero le piastrine definitive. La loro produzione è favorita dal rilascio del PDGF = fattore di crescita delle piastrine. Sono coinvolte nel: ● processo di coagulazione ed emostasi favorendo la riparazione di lesioni nella parete vasale e la formazione di un trombo temporaneo costituito da piastrine agglutinate. Quest’ultimo viene poi sostituito da un vero e proprio coagulo che si ottiene in seguito alla precipitazione del fibrinogeno in fibrina; ● mantenimento dell’integrità dell’endotelio tramite produzione di acido lisofosfatidico. Le piastrine, legate ai leucociti, attraversano l’endotelio durante il processo infiammatorio, aiutano i neutrofili a produrre alcuni mediatori e liberano esse stesse mediatori infiammatori. CELLULE DENDRITICHE Le cellule dendritiche sono in grado di guidare la risposta immunitaria mediando l’attivazione dei linfociti T helper, in quanto esprimono sulla loro superficie cellulare l’MHC II tipico delle APC immunocompetenti. ● Sono di origine connettivale e presentano lunghi prolungamenti che servono ad aumentare la probabilità di incontrare l’antigene. ● Non operano la fagocitosi ma internalizzano l’antigene tramite macropinocitosi. Si possono distinguere in interdigitate e follicolari. ● Le cellule dendritiche interdigitate sono localizzate all’interno di milza, linfonodi, interstizio di molti organi ed epidermide come cellule di Langerhans. ● Le cellule dendritiche follicolari sono localizzate nei follicoli linfatici e della milza e il loro ruolo è attivare i linfociti B. CELLULE ENDOTELIALI L’endotelio è il più grande organo endocrino: le cellule endoteliali possono secernere una grande varietà di molecole. Le cellule endoteliali sono protagoniste del processo infiammatorio in quanto, stimolate da citochine e altri agenti, producono numerosi mediatori infiammatori. Le proprietà delle cellule endoteliali variano moltissimo lungo l’albero vascolare e da organo a organo. FIBROBLASTI I fibroblasti sono le cellule più abbondanti dei tessuti connettivi propriamente detti e sintetizzano gli elementi costitutivi della matrice extracellulare amorfa. Hanno anche un ruolo nella fase finale di riparazione del tessuto in seguito a processo infiammatorio: provvedono alla ricostruzione dei tessuti danneggiati da macrofagi e neutrofili. La loro proliferazione è attivata dal TGF o dal FGF, inducendo la sintesi di matrice extracellulare e la guarigione delle ferite. Sono fagociti semiprofessionali e possono anche trasformarsi in cellule contrattili: i miofibroblasti.
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Parlami dei recettori dei DAMP e dei PAMP solubili
I recettori solubili sono fisiologicamente presenti nel sangue e nei liquidi biologici in basse concentrazioni. ❖ Durante la risposta infiammatoria la loro concentrazione aumenta e questa variazione permette di comprendere l’entità della risposta infiammatoria. ❖ Avvertono la presenza di danni a livello dell’organismo, infatti sono biologicamente ed evolutivamente i precursori degli anticorpi. Possono essere definiti anticorpi primitivi. A questa categoria appartengono i fattori del complemento, le collectine e le pentrassine. ● I fattori del complemento sono un insieme di proteine presenti nel plasma e tra queste la più importante è la proteina C3. ● Tra le collectine ci sono la MBL e le proteine A e D del surfattante. ● Le pentrassine si dividono in corte e lunghe. o Quelle corte vengono prodotte dal fegato e tra queste c’è la proteina C reattiva (PCR), la quale è un marker dell’infiammazione. o Quelle lunghe vengono prodotte dai tessuti extraepatici e alcuni esempi sono la pentrassina A, la pentrassina 3 ecc. Queste riconoscono strutture self alterate quali possono essere, ad esempio, le cellule apoptotiche oppure il materiale nucleare proveniente da cellule morte. Questo è molto importante per prevenire l’insorgenza di fenomeni auto-immuni verso strutture self dell’organismo. La proteina C reattiva e i fattori del complemento. MBL = LECTINA LEGANTE IL MANNOSIO La lectina legante il mannosio = MBL ha una struttura a forma di mazzo di tulipani. Si compone di 2 domini: un dominio di riconoscimento dei carboidrati e un dominio simil-collagenico. ● Il dominio di riconoscimento dei carboidrati = CRD è quello in grado di riconoscere e legare i carboidrati e in particolare il mannosio. Quest’ultimo è lo zucchero terminale dei carboidrati che si trovano sulla parete microbica. ● Il dominio simil-collagenico è il motivo per il quale appartiene alla famiglia delle collectine. I 2 domini sono collegati da una porzione ad α-elica. L’affinità di legame tra il dominio CRD della MBL e i residui di mannosio dei batteri è bassa, però il sistema funziona bene perché a una bassa affinità è associata un’alta avidità (ci sono molteplici domini CRD). Quando la lectina si lega ai mannosi dei batteri vengono promosse: ● l’ingestione dei microrganismi; ● la fagocitosi; ● l’attivazione della cascata delle proteine del complemento presenti nel plasma, le quali hanno lo scopo di perforare il microrganismo e ucciderlo. LIVELLO CLINICO A livello clinico: ● difetti congeniti del gene che codifica per l’MBL sono spesso associati a una maggiore suscettibilità ad agenti infettivi, in particolare ai batteri GRAM+; ● difetti a livello del complemento sono spesso associati a una maggiore suscettibilità a infezioni ma anche alle patologie auto-immuni. PCR (PROTEINA C REATTIVA) Il fegato è preposto a questa infiammazione sistemica soprattutto quando arriva l’IL-6 a produrre una serie di queste molecole con funzione difensiva quali Sp-A e Sp-d che vanno a livello alveolare oppure la lectina legante il mannosio e la proteina sierica dell’amiloide. La struttura è una pentrassina a 5 subunità che formano un pentagono. Legano i batteri e si comportano come le opsonine e in presenza di calcio rivestendo la superficie dei microbi (fosforilcolina) in previsione della loro fagocitosi.
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Parlami dei recettori di membrana che mediano l'infiammazione
RECETTORI PER PEPTIDI FORMILATI I recettori per peptidi formilati hanno una struttura formata da 7 domini transmembrana e possono essere classificati in recettori ad alta e bassa affinità. ● Quelli ad alta affinità = FPR riconoscono peptidi batterici che iniziano con una formil-metionina, ovvero una metionina a cui è legato un gruppo formile CHO. La metionina formilata non è un amminoacido che troviamo nelle nostre cellule infatti è riconosciuto come segnale non-self, anche se ci sono alcuni amminoacidi formilati che vengono prodotti a livello mitocondriale. In particolare, avviene il riconoscimento del tripeptide formil-metionin leucina fenilalanina = fMLP. ● Quelli a bassa affinità = FPRL-1 riconoscono, oltre ai peptidi formilati, anche i segnali di danno o di pericolo che derivano dal mondo self che fanno parte quindi del self-alterato. Questi possono essere la beta-amiloide (vengono riconosciute le fibrille della β-amiloide), i mediatori dell’infiammazione come la proteina di fase acuta amiloide sierica di tipo A = SAA (sintetizzata dal fegato quando arriva l’interleuchina 6) e la lipossina A4. Questa è la prova che i PRR riconoscono anche prodotti liberati in presenza di danno endogeno dal nostro organismo. RECETTORI TOLL-LIKE RECEPTOR DOMINIO TIR Il recettore Toll è caratterizzato da un dominio citoplasmatico chiamato TIR domain = Toll-IL-1 receptor domain. È chiamato così perché il dominio è ubiquitario in quanto si trova sia nei recettori Toll-Like sia nei recettori per l’interleuchina-1. Questo è indispensabile per la trasduzione del segnale alle proteine trasduttrici come MyD88 e IRAK. CARATTERISTICHE ❖ I recettori TLR sono presenti in molte forme: il TLR-2, TLR-4, TLR-6, ecc.; ❖ Si trovano: o o a livello della membrana plasmatica interna ed esterna; o o a livello degli endosomi che si formano in seguito alla fagocitosi. ❖ Possono formare omodimeri (es. TLR-2) e eterodimeri (TLR-2 con TLR-1 oppure TLR-2 con TLR-6). ❖ I vari tipi di TLR (ci sono 10 TLR nell’uomo) sono in grado di riconoscere differenti strutture. o Alcuni riconoscono i glicerofosfolipidi, che sono presenti sui batteri. o Alcuni riconoscono il Trypanosoma, un parassita protozoario. o Il TLR-4 riconosce: ▪ i lipopolisaccaridi presenti sui batteri Gram-; ▪ prodotti liberati dalla necrosi dei tessuti dell’organismo come le Heat-Shock Protein o altre proteine che vengono rilasciate in caso di danno cellulare o Il TLR-2 riconosce diversi fattori come lo Zymosan, una molecola glucidica, presente nella parete dei funghi e il peptidoglicano della parete dei batteri. o Il TLR-5 riconosce la flagellina, una proteina mobile che permette il movimento dei batteri. o TLR-7, TLR-8 e TLR-9 riconoscono le strutture degli acidi nucleici dei virus ma anche le isole Cpg del DNA batterico come nel caso di TLR-9. Le isole CPG sono segnali non-self che vengono prodotte solo in caso di attivazione o danno cellulare. ❖ Per quanto riguarda la struttura dei TLR questa inizia in ambiente extracellulare con il sito di riconoscimento dell’antigene chiamato LRR (leucine-rich repeat), regione ricca di leucine, che sono tipiche di questi recettori e fungono da riconoscimento. C’è anche la porzione intra-citoplasmatica ricca di cisteine e il dominio TIR che segnala, all’interno della cellula, l’avvenuto incontro. Ci sono proteine accessorie che permettono non tanto il riconoscimento quanto la trasduzione del segnale all’interno della cellula (queste sono CD14 e MD2). TLR-4 = TOLL-LIKE RECEPTOR 4 Il Toll-like receptor 4 è importantissimo per la patologia umana ed è presente, ad esempio, sui monocitimacrofagi e sugli endoteliociti. Il TLR-4 omodimerizza quando riconosce il suo ligando principale, un’endotossina batterica che fa parte della parete dei GRAM-. Riconosce anche l’acido lipoteicoico (un lipide che si inserisce nella parete dei batteri GRAM+). Ad esempio, nella situazione in cui un patogeno, che può essere un GRAM-, si trovi nel sangue si parlerà di quadro settico: verranno coinvolti tutti i recettori dell’endotelio e si verificherà una risposta infiammatoria sistemica. Nella sepsi si ha la duplice attivazione del monocita e dell’endoteliocita. (Per la catena completa leggere pagina 12 e 13) CD-14 Affinché l’attivazione di monociti ed endoteliociti sia completa, deve esserci il co-recettore CD14. Il CD14 non sempre è legato alla membrana ma presenta una versione solubile la quale è in grado di legare il lipopolisaccaride e condurlo verso il TLR-4 delle cellule endoteliali. Anche in questo caso l’interazione tra il lipopolisaccaride dei batteri GRAM- e il TLR-4 degli endoteliociti, si traduce, attraverso le proteine MyD88 (proteina adattatrice, sigla di Myeloid differentation primary response, è stata inizialmente trovata come proteina per la differenziazione dei granulociti neutrofili nel midollo osseo) e IRAK (che si auto-fosforila), in una cascata di segnali intracellulari che portano all’attivazione di NF-kB come fattore trascrizionale: gli endoteliociti si attiveranno in senso infiammatorio
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Come si attiva la risposta infiammatoria?
Tablet oppure Stimoli fisici come le radiazioni UV, stimoli chimici come i radicali liberi, i patogeni e le citochine infiammatorie come l’IL-1 e il TNF-α, sono tutti fattori che possono scatenare l’infiammazione, sollecitando il TNF-KB che è un eterodimero che vive sottoforma di varie subunità proteiche tra cui le più importanti sono p50 e p65. 1) Si supponga che nel torrente circolatorio ci sia un batterio GRAM- con una parete presentante il lipopolisaccaride . 2) Attraverso la proteina legante il lipopolisaccaride = LBP, che funge da navetta, il lipopolisaccaride viene portato sulla superfice del monocita-macrofago, dove viene riconosciuto dai 2 recettori di membrana: o la proteina CD14, che è legata alla membrana tramite il fosfatidil-inositolo; o e il TLR-4. 3) In seguito a questo legame il dominio TIR di TLR-4 interagisce con il dominio TIR della proteina adattatrice MyD88. 4) Però questa proteina presenta anche un dominio di morte DD a cui si ancora la chinasi IRAK. 5) Successivamente IRAK fosforila, e quindi attiva, le proteine di tipo TRAF6 in modo che queste possano attivare altre chinasi: MKK6 e TAK1. 6) MKK6 attiva i fattori di trascrizione: JKN e p38. 7) TAK1 fosforila, e quindi attiva, le chinasi Ikk1 (o IKK-α) e Ikk2 (o IKK-β), le quali sono normalmente legate alla molecola NEMO. Una volta attivate sono libere di fosforilare l’inibitore IKB. 8) L’inibitore IKB è normalmente legato alle proteine p50 e p65 che costituiscono il complesso proteico NF-kB. Queste, quando libere dall’inibitore perché fosforilato, sono libere di migrare nel nucleo per interagire con le sequenze NF-kB che hanno al proprio interno i geni pro-infiammatori, ovvero: o geni per fattori di coagulazione, come il Tissue Factor = TF; o geni che aumentano: ▪ la quantità di molecole adesive presenti sui leucociti e su endoteli; ▪ l’espressione di citochine infiammatorie; ▪ la quantità di chemochine8 ; ▪ la produzione di enzimi e molecole effettrici come le ciclo-ossigenasi e le NO-sintasi9 ; ▪ la presenza di molecole co-stimolatorie10 . L’inibitore IKB fosforilato viene successivamente distrutto dal proteosoma. L’attivazione di TAK1 può anche essere direttamente stimolata da danni ai tessuti e da stress cellulare.
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Parlami dell'interleuchina-1 e dei suoi meccanismi regolatori
INTERLEUCHINA 1 L’interleuchina 1 è in realtà composta da 2 molecole distinte: l’IL-1-α (esistono diverse isoforme) e l’IL-1-β (non esistono diverse isoforme perché è prodotta da un solo gene). Queste hanno attività simili e interagiscono con gli stessi recettori. ● L’IL-1-α è prodotta dai monociti-macrofagi, dalle cellule endoteliali e dai fibroblasti. ● L’IL-1-β è sintetizzata dai monociti-macrofagi e dai linfociti NK. Ciò che stimola la loro produzione sono i prodotti microbici che interagiscono con i recettori TOLL e le citochine primarie stesse (tramite auto-regolazione). RECETTORE IL-1R Il recettore dell’IL-1 è un eterodimero composto dalla molecola IL-1RI e dalla catena accessoria AcP. Presentano anche dominio TIR associato al dominio TIR di MyD88 che ha un altro dominio, il “dominio di morte”(DD), che è coinvolto nell’apoptosi, e permette di reclutare le chinasi come IRAK che fosforila a valle altre molecole tra cui le principali sono IKK1 e IKK2 che fosforilano NF-kB che una volta fosforilato libera p50 e p65 (rappresentano le forme attive). MECCANISMI REGOLATIVI Siccome l’attività biologica dell’IL-1 può avere effetti importanti esistono meccanismi regolativi. IL-1ra (receptor antagonist) Uno di questi è rappresentato dall’antagonista recettoriale IL-1ra = antagonist receptor, ovvero una molecola che impedisce all’IL-1 di legarsi al proprio recettore, di conseguenza il segnale non viene trasdotto. IL-1RII Un’altra molecola che opera una regolazione sull’IL-1 è la IL-1RII. Questa può trovarsi: ● o in forma solubile; ● o legate alla membrana plasmatica delle cellule su cui solitamente è presente l’IL-1R. È un decoy receptor che funziona in due modi: ● o sequestra direttamente l’IL-1 per evitare che possa dare inizio all’infiammazione; ● o sequestra la catena accessoria AcP del recettore IL-1R. Quindi IL-1ra e IL-1RII sono molecole anti-infiammatorie. La produzione dell’IL-1ra viene indotta dai glucocorticoidi.
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Parlami del TNF-alfa e dell'IL-6
TNF-α = TUMOR NECROSIS FACTOR α ISOFORME Esistono 2 isoforme: il TNF-α e -β. ● Il TNF-α è prodotto principalmente da monociti-macrofagi ma anche dai linfociti B e NK, dai fibroblasti, dai neutrofili e dalle cellule endoteliali. ● Il TNF-β, o linfotossina-α, è prodotto dalle cellule linfoidi. I pazienti affetti da artrite reumatoide producono grandi quantità di TNF pro-infiammatorio. Nel corso degli ultimi anni, la conoscenza dei meccanismi molecolari ha permesso di utilizzare determinati anticorpi in grado di bloccare l’attività del TNF: gli impediscono di legare il proprio recettore. Il TNF-α si trova o in forma solubile o legato alla membrana plasmatica. In quest’ultimo caso passa alla forma solubile grazie a una proteasi. RECETTORI Il TNF-α è un omotrimero e interagendo con il proprio recettore ne causa una trimerizzazione dovuta alla multimerizzazione delle catene recettoriali. Può interagire con 2 recettori: p55 e p75. Il recettore p55 di tipo 1, o TNFR1, quando lega il TNF-α trimerizza e stimola sia l’apoptosi sia la sopravvivenza cellulare e la proliferazione. È caratterizzato da domini di morte DD. ● L’apoptosi si attiva quando TRADD e FADD fungono da proteine adattatrici e portano all’attivazione della pro-caspasi 8. Non richiede sintesi proteica. ● Stimola la sopravvivenza e la proliferazione quando attiva il processo di infiammazione, ovvero quando TRADD trasmette il segnale alle proteine adattatrici e alle chinasi MyD88, IRAK, TRAF62 , NF-kB, ecc. Fino ad arrivare alla trascrizione del complesso di fattori di trascrizione NF-kB. Il recettore p75 di tipo 2, o TNFR2, NON ha domini di morte per cui non è impegnato nella via della apoptosi ma attiva esclusivamente la via NF-kB. Esistono delle metallo-proteasi che possono tagliare i recettori del TNF in modo da ottenere la loro forma solubile TNFRs secondo un determinato meccanismo di regolazione a risposta anti-infiammatoria. INTERLEUCHINA-6 l’IL-6 viene prodotta da monociti-macrofagi, dalle cellule endoteliali e dai linfociti T. Anch’essa per poter espletare la propria attività biologica deve legarsi a un recettore. Il suo recettore è composto da 2 catene: ● la catena gp130, comune anche ad altri recettori citochinici; ● la catena IL-6R. Il legame tra questo recettore e l’IL-6 attiva la via di JAK-STAT: le proteine STAT vengono fosforilate e, una volta giunte nel nucleo, favoriscono la trascrizione di geni importanti a livello epatico per l’espressione di proteine della fase acuta. FUNZIONI Le principali funzioni dell’IL-6 sono le seguenti. ● Porta all’aumento delle molecole di adesione presenti sulla superficie endoteliale, ovvero i recettori che l’endotelio esprime per far sì che i leucociti possano andare incontro a diapedesi. ● Induce la trombopoiesi quindi la produzione di piastrine. ● Induce la proliferazione delle popolazioni linfocitarie. ● È importante nella gestione del passaggio dall’infiammazione acuta a cronica. ● Porta al rilascio delle proteine di fase acuta. ● È importante per l’insorgenza della risposta febbrile perché agisce sui neuroni dell’ipotalamo che gestiscono i meccanismi di termoregolazione. È quindi in grado di superare la barriera ematoencefalica. PROTEINE DELLE FASE ACUTA Le proteine di fase acuta concorrono ad amplificare la risposta infiammatoria. Per esempio: ● la proteina C reattiva ha attività antibatterica; ● il fibrinogeno stimola il processo coagulativo; ● l’albumina e la transferrina aumentano.
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Dimmi le principali cellule bersaglio delle citochine e quali sono le citochine antinfiammatorie
PRINCIPALI CELLULE BERSAGLIO ● L’IL-6 favoriscono la proliferazione delle cellule ematopoietiche. ● L’IL-1 stimola la produzione di linfociti B e T e quindi induce la leucocitosi = quantità di globuli bianchi elevata. ● Il TNF-α inibisce i precursori emopoietici. SNC A livello del SNC portano a: ● febbre tramite la produzione di IL-6; ● anoressia e astenia, ovvero le classiche sintomatologie infiammatorie; ● attivazione dell’asse ipotalamo-ipofisi-surrene (sistema HPAA). ENDOTELIO VASCOLARE A livello dell’endotelio vascolare inducono un’attività pro-coagulante perché, ad esempio, inibiscono il sistema anticoagulante proteina C-trombomodulina (NOTA BENE). Quindi l’endoteliocita diventa più propenso a favorire la coagulazione. Inoltre: ● inducono la produzione di PGI2 e NO (mediatore gassoso) che favoriscono la vasodilatazione; ● inducono la produzione di chemochine e molecole di adesione, ciò è importante nel favorire la transizione da infiammazione acuta a cronica, favorendo la produzione di chemochine attive sui monociti rispetto a chemochine attive sui neutrofili; ● inducono la produzione di prostaciclina, ovvero un anti-aggregante piastrinico e vasodilatante; ● il TNF-α porta alla necrosi emorragica dei tumori. NOTA BENE La proteina C a cui si fa riferimento NON deve essere confusa con la proteina C reattiva. ● La proteina C reattiva, o PCR, è una delle proteine della fase acuta dell’infiammazione. ● La proteina C è uno dei più importanti anticoagulanti. Infatti, quando la trombina, o fattore 2 della coagulazione, si lega alla trombomodulina dell’endoteliocita, essa si attiva e inibisce le proteine che favoriscono la coagulazione. Se quest’ultima, in pazienti affetti da malattie infiammatorie, venisse inibita quasi sicuramente il paziente svilupperebbe una condizione di trombofilia: formazione di coaguli nel sangue. FEGATO A livello del fegato, tramite la produzione dell’IL-6 inducono la sintesi delle proteine della fase acuta. CUORE e MUSCOLO SCHELETRICO ● A livello cardiaco inibiscono la contrattilità cardiaca. ● A livello dei muscoli scheletrici portano a un catabolismo proteico. Questo si riscontra spesso in pazienti affetti da artrite CELLULE DEL MESENCHIMA A livello delle cellule del mesenchima (cartilagine, osso, sinovia, connettivi) attivano proteasi e prostaglandine con conseguenti danni tissutali. Può esserci il riassorbimento osseo, il morbo di Crohn o malattie reumatoidi. CITOCHINE ANTI-INFIAMMATORIE Tra le citochine antinfiammatorie (o immunosoppressive) ci sono: ● i recettori antagonisti per l’IL-1, ovvero l’IL-1ra e l’IL-1 decoy receptor; ● l’IL-10 che è prodotta dagli stessi stimoli infiammatori ma tardivamente rispetto alle citochine proinfiammatorie e ha il compito di spegnere la produzione di IL-1 e TNF; ● il TGF-β. La loro sintesi viene indotta: ● da stimoli infiammatori, ma avviene tardivamente per terminare il processo infiammatorio andando a inibire la produzione di citochine pro-infiammatorie; ● da stimoli antinfiammatori come gli ormoni glucocorticoidi e le IL-4 e IL-13 (citochine dell’immunità adattativa), le quali deviano la risposta infiammatoria attivando IL-1ra e IL-1dr. Vengono prodotte dalle stesse cellule che sintetizzano le citochine pro-infiammatorie: i monociti-macrofagi. Possono essere prodotte anche durante la efferocitosi dai neutrofili morti che hanno fagocitano dei batteri: vengono liberate solo dopo che i macrofagi inglobano e degradano i neutrofili. reumatoide avanzata e molto magri = emaciati.
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Dimmi come avviene il reclutamento dei linfociti nel quinto step dell'infiammazione acuta
DETERMINANTI MOLECOLARI CITOCHINE INFIAMMATORIE PRIMARIE (IL-1 e TNF) Le citochine infiammatorie primarie sono determinanti molecolari che causano delle variazioni emodinamiche: ● stimolano l’endotelio ad esprimere molecole adesive per i leucociti polimorfonucleati, monociti e linfociti; ● favoriscono la produzione, sempre da parte dell’endotelio, di mediatori PGI2 (prostaciclina di tipo I2 in seconda battuta), NO (l’ossido nitrico, il più importante), prostacicline ed endotelina, causando vasodilatazione. Una precisazione da fare è che l’endotelina in realtà causa vasocostrizione, infatti viene prodotto in quantità minori e serve per creare un equilibrio tra vasocostrizione e vasodilatazione. CHEMOCHINE Inizialmente le integrine dei leucociti hanno una bassa affinità nei confronti delle molecole di adesione immunoglobuliniche (ICAM, ecc.). Infatti, inizialmente si formano solo legami deboli tra le selectine dell’endotelio e i glicani sialilati dei leucociti. Per far sì che l’affinità delle integrine aumenti, così da permettere ai leucociti di fermarsi sull’endotelio, devono intervenire le chemochine. Le chemochine sono dei determinanti molecolari del reclutamento. Sono solitamente prodotte dalle cellule della difesa che si trovano nell’interstizio e che sono entrate in contatto con un patogeno. Successivamente si dispongono sulla superficie dell’endotelio agendo come una spugna. ● La loro espressione è solitamente indotta dalle citochine infiammatorie primarie. SELETTIVITÀ e LINGUAGGIO La selettività del reclutamento leucocitario si basa su un linguaggio paragonabile a un codice di avviamento postale: stabilisce quale tipo di leucocita deve interagire con l’endotelio. In altre parole, permette l’accumulo di diverse popolazioni cellulari con diverse cinetiche per via di varie combinazioni di molecole di adesione e fattori chemiotattici. Ad esempio: ● in caso di reazioni allergiche avverrà prevalentemente il reclutamento di granulociti eosinofili; ● in caso di infezioni batteriche avverrà prevalentemente il reclutamento di granulociti neutrofili. Ovviamente, le cellule della difesa che devono fuoriuscire dovranno presentare i recettori specifici per le molecole di adesione espresse sulle cellule endoteliali. Tale linguaggio è un codice a 3 cifre, ciascuna delle quali indica, da sinistra a destra, le molecole coinvolte in step sequenziali: 1) il tipo di selectina; 2) i recettori chemiotattici coinvolti; 3) la famiglia immunoglobulinica coinvolta e la rispettiva integrina. Ad esempio, il codice 121 si traduce nel seguente modo: ● 100 = P-selectina; ● 20 = IL-8, ovvero una chemochina che attiva i neutrofili; ● 1 = ICAM-1 e MAC-1, ovvero i recettori che interagiscono tra loro. LEUCOCITI MARGINATI E CIRCOLANTI È bene fare una distinzione tra i leucociti marginati e i leucociti circolanti. ● I primi si trovano legati alla superficie endoteliale. ● I secondi, come suggerisce il nome, circolano con il sangue. In vari organi, come fegato, milza, midollo osseo, polmoni, c’è un equilibrio tra i leucociti marginati e i leucociti circolanti. Però circa l’80% dei leucociti polimorfonucleati si trova nel pull marginato pronto a extravasare. PROCESSO DI ROULEAUX La viscosità del sangue aumenta notevolmente durante l’infiammazione perché aumenta l’ematocrito e ciò può favorire il processo di Rouleaux in cui: ● i globuli rossi si impilano gli uni sugli altri; ● si ha la cosiddetta marginazione leucocitaria: i leucociti, soprattutto i neutrofili , si addossano alle pareti dei vasi. Questo è un parametro che permette di comprendere l’entità dell’infiammazione.
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Parlami delle molecole di adesione
SELECTINE Le selectine E e P appartengono alla stessa famiglia: le selectine LECAM. Queste: ● hanno un dominio omologo alle lectine; ● legano le forme sialilate degli oligosaccaridi legati a mucina-simili. ❖ La P-selectina ha una cinetica molto rapida, ovvero dopo circa 15-20 minuti raggiunge la sua massima espressione, per poi essere degradata quasi completamente in circa un’ora. ❖ L’espressione della E-selectina aumenta gradualmente e dopo circa 4 ore, dall’inizio della risposta infiammatoria, inizia a diminuire molto lentamente. DISTRIBUZIONE delle L-SELECTINE La distribuzione della L-selectina è: ● bassa sui linfociti T della memoria; ● elevata sui linfociti T vergini. Queste hanno come ligandi: ● il Gly CAM-1, espresso dalle cellule endoteliali delle venule a endotelio alto = HEV dei linfonodi; ● i glicani sialilati Lewis X. Le loro principali funzioni sono di garantire l’homing dei linfociti T e dei leucociti infiammatori. DISTRIBUZIONE delle E-SELECTINE Le E-selectine sono distribuite esclusivamente sugli endoteli attivati dalle citochine infiammatorie primarie. Hanno come principale funzione quella di legare i linfociti nei siti di infiammazione tramite i glicani sialilati tipo Lewis X (ligandi). DISTRIBUZIONE delle P-SELECTINE Le P-selectine sono distribuite: ● nei granuli delle cellule endoteliali di Webel Palace dove vengono subito liberate perché già sintetizzate; ● nei granuli delle piastrine. Anche queste si legano ai leucociti o alle piastrine attivate tramite i glicani sialilati. Il rilascio di istamina, o la produzione di trombina, attivano l’endoteliocita che libera le P-selectine nei granuli. Sono glicoproteine mucina simili, tra cui questa PSGL-1, che presenta alla sua estremità della catena glucidica l’acido sialico e questo oligosaccaride prende il nome di Sialil-Lewis X e queste lectine (E e P selectine) legano questi zuccheri (che sono i contro-recettori). ICAM-1 e VCAM-1 Le ICAM-1 e VCAM-1 appartengono alla famiglia delle immunoglobuline. Legano le molecole appartenenti alla famiglia delle integrine espresse dai leucociti. La loro espressione è più lenta ma questo viene compensato dal fatto che perdurano anche per più di 48 ore sulla superficie dell’endotelio. In istologia, i corpi di Webel-Palace sono degli organelli citoplasmatici presenti nelle cellule endoteliali che rivestono i vasi sanguigni e il cuore. LE INTEGRINE Le integrine (proteine dimeriche) sono classificabili in base alla catena che le caratterizza: ci sono vari tipi di catene alfa e vari tipi di catene beta. ● Le varie combinazioni di queste interagiscono con diversi ligandi come il collagene, la laminina, la fibronectina, le ICAM, le VCAM, alcune proteine del complemento, ecc. ● Sono coinvolte anche nella co-stimolazione dei linfociti T, processo che è dovuto all’interazione tra i linfociti T e le APC. L’interazione si verifica con la creazione di una sinapsi immunologica. Quindi, sono importanti sia nell’adesione alla matrice sia nell’adesione agli endoteli. ❖ L’LFA-1, o CD11a/CD18, lega le ICAM-1 e -2 e si trova su tutti i leucociti. ❖ La MAC-1, o CD11b/CD18, lega le ICAM-1 e si trova solo sui monociti e i leucociti polimorfonucleati. ❖ La VLA-4, o α4β1, lega le VCAM-1 e si trova sui monociti e sui linfociti. (in realtà si tratta di molecole uguali tra loro e per unificarle sono state denominate come CD con un numero diverso per indicare i tipi di cellule che la esprimono e anche il momento in cui lo fanno) Le integrine LFA-1 e MAC-1 acquisiscono forti capacità adesive solamente durante la risposta infiammatoria, in quanto in seguito al riconoscimento di sostanze chemiotattiche liberate localmente viene aumentata l'avidità di legame con i contro-recettori endoteliali. PRECISAZIONE: i recettori sono quelli posti sui leucociti e i contro-recettori sono i recettori posti sull’endotelio (ma sono parole che possono invertirsi, l’importante è capire il concetto).
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Parlami delle chemochine e di come agiscono
Le chemochine sono citochine con significato chemiotattico. ● Sono proteine basiche di 60-80 amminoacidi. ● Presentano 4 cisteine tra le quali si possono formare 2 ponti disolfuro SH. Per la precisione i ponti SH si formano: o o tra la 1° e la 3° cisteina; o o tra la 2° e la 4° cisteina. La posizione relativa delle prime 2 cisteine permette di identificare 4 sottofamiglie: ● chemochine CXC; ● chemochine CC; ● chemochine C; ● chemochine CX3C; Le catene α e β sono le più importanti mentre le ɣ e δ sono più coinvolte nelle immunità adattative. La chemochina CXC è quella che veniva chiamata anche IL-8 ed è specifica per i neutrofili. Le CC sono chiamate anche MCP-1 (monocyte chemoattractant protein-1). I recettori di ciascuna chemochina prende il nome della chemochina stessa e si aggiunge una R che sta per receptor. AZIONE Le chemochine agiscono attraverso recettori di membrana rodopsinici, caratterizzati da 7 domini transmembrana. I recettori per le chemochine generalmente legano più di una chemochina e spesso una chemochina può legare più di un recettore. Le chemochine non solo inducono una migrazione direzionata del leucocita ma proprio un'attivazione generale del leucocita che compie così la sua funzione. Priming o innesco: aumento del grado e della velocità di attivazione dei leucociti in risposta ad un mediatore che, di per sé, causerebbe un’attivazione modesta. Il fine ultimo della diapedesi è: ● inizialmente reclutare le cellule dell’immunità innata deputate alla neutralizzazione del patogeno e quindi in grado di operare la fagocitosi; ● successivamente indirizzare gli effetti dell’immunità specifica. ● Quando la chemochina interagisce con il recettore, quest’ultimo attiva la proteina G che a sua volta attiva la fosfolipasi C. ● Quest’ultima trasforma il PIP2 = Fosfatidil Inositolo Difosfato in 2 molecole: o il DAG = Di-Acil-Glicerolo; o l’IP3 = Inositolo Trifosfato. ● Queste molecole mediano la quantità di secondi messaggeri. Ad esempio gli ioni Ca++ portano: o all’aumento del numero e dell’affinità delle integrine di adesione; o all’attivazione metabolica di vie come la via dell’acido arachidonico con conseguente attivazione di prostaglandine; o a modifiche citoscheletriche che possano garantire la motilità necessaria alla chemiotassi. Nel caso dell’interazione chemochina-macrofago, si verifica il cosiddetto meccanismo a trazione anteriore: le proteine del citoscheletro si posizionano sul fronte anteriore del macrofago in modo da formare una placca focale che ha come conseguenza l’allungamento della cellula.
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Parlami della fase di uccisione e degradazione della fagocitosi
FASE DI UCCISIONE e DEGRADAZIONE L’uccisione e la degradazione del patogeno stimolano il cosiddetto burst-respiratorio, il quale, a sua volta, stimola: ● la glicogenolisi; ● la via degli esosomonofosfati; ● la produzione di molte molecole di NADPH, un coenzima ridotto. MECCANISMI di KILLING OSSIGENO-DIPENDENTI L’NADPH-ossidasi è un enzima formato da varie proteine che normalmente sono sparse nel citoplasma e sulla membrana. L’assemblamento del complesso enzimatico attivo avviene in seguito a stimolazione cellulare e all’attivazione della fagocitosi. Quest’ultimo si ritrova sulla membrana plasmatica del fagolisosoma. 1) L’NADPH-ossidasi attiva ossida l’NADPH a NADP+ Nel farlo trasforma l’ossigeno molecolare, presente all’interno del fagolisosoma nell’anione superossido. 2) Quest’ultimo viene trasformato in perossido di ossigeno grazie all’intervento della superossido-dismutasi. 3) L’acqua ossigenata appena formatasi reagendo con l’anione cloruro grazie all’intervento della mieloperossidasi, porta alla formazione dell’anione ipoclorito ClO- ACIDO IPOCLORICO E SISTEMA DI KLEBANOFF L’acido ipoclorico è in grado di uccidere i batteri tramite alogenazione o tramite ossidazione di proteine e lipidi (perossidazione lipidica). ● Nel caso dell’alogenazione, l’alogenuro viene legato covalentemente a componenti strutturali della cellula batterica. Il sistema H2O2-MPO-alogenuro è il sistema battericida più efficiente dei neutrofili e si chiama sistema di Klebanoff. DEFICIT DI MIELOPEROSSIDASI Anche i leucociti con un deficit della mieloperossidasi riescono a uccidere i batteri perché producono ROS: l’anione superossido che ridotto si trasforma in radicale ossidrile, il quale se ulteriormente ridotto forma molecole di H2O. MECCANISMI di KILLING OSSIGENO-INDIPENDENTI Esempi di meccanismi di uccisione-ossigeno-indipendenti sono, per esempio: ● la BPIP (bacterial permeability-increasing protein) una proteina cationica che provoca l’attivazione delle fosfolipasi, degradando i fosfolipidi aumenta la permeabilità della membrana esterna dei microrganismi. ● il lisozima che rompe il legame beta 1-4 glicosidico tra l’N-acetilglucosammina e l’acido N-acetilmuramico. Questo è efficace soprattutto contro i batteri GRAM+, poiché questo legame è presente nel peptidoglicano. È prodotto anche dalle cellule di Paneth delle cripte del Lieberkühn; ● l’azione degli eosinofili tramite il rilascio della proteina basica maggiore, la quale è una proteina cationica citotossica per molti parassiti, degradando la membrana esterna dei protozoi; ● la lattoferrina che lega il ferro e interferisce col metabolismo batterico. In caso di deficit congeniti per questa proteina, la suscettibilità alle infezioni risulta aumenta; ● le defensine che formano pori nella membrana del microrganismo, sono strutture anfipatiche ricche di arginina, con una porzione idrofobica e una idrofila carica positivamente (a pH fisiologico) permettendo di legare le cariche negative della membrane, a questo punto interviene la porzione idrofobica che si inserisce sul bilayer fosfolipidico formando il poro. Viene alterato l’equilibrio idroelettrolitico e la possibilità di trasportare idrogenione fonte di energia nei batteri. Ci sono 3 sottofamiglie: α (nei granuli dei neutrofili e nelle cellule del Paneth), β e θ. Alcune sono efficaci contro i GRAM+, altre contro i GRAM- e altre contro i funghi; Dopo l’uccisione del microrganismo le idrolasi acide degradano il batterio all’interno del fagolisosoma. Durante la fagocitosi, il pH del fagolisosoma diventa circa 4-5, ovvero un valore ottimale per gli enzimi al suo interno. Esiste attualmente a livello extracellulare un ulteriore sistema di difesa, i NET (Neutrophil Extracellular Traps) sono strutture formate da cromatina e istoni, liberate dai neutrofili al di fuori del loro nucleo. Gli attivatori di questa risposta sono: ● batteri come l’E.Coli ● miceti ● mediatori pro-infiammatori come citochine, chemochine, ROS e frammenti del complemento determinando un’estrema espressione della NADPH ossidasi che produce ulteriori ROS e porta alla rottura della membrana nucleare con rilascio dei NET. Questi formano una rete appiccicosa che ingloba al suo interno i patogeni e al contempo anche molecole ad azione difensiva, quali pentrassine e catelicidine che riconoscono e permettono la fagocitosi e uccisione dei batteri. La fibrosi cistica vede un effetto più deleterio di questo sistema: un eccesso di neutrofili porta alla formazione eccessiva di NET e proteasi che danneggiano il tessuto circostante e non beneficiano nei confronti dell’infezione.
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Cosa sono le Lad?
La LAD = difetto dell'adesione leucocitaria = Leucocyte Adhesion Deficiency è un'immunodeficienza primitiva caratterizzata da un'anomalia nel processo di adesione dei leucociti, marcata leucocitosi e infezioni ricorrenti. Ne esistono 3 tipi a seconda delle molecole e delle fasi dell’adesione che sono interessate. LAD-1 Nella LAD-1 è compromesso l’ancoraggio, ovvero il legame tra le integrine e le molecole di adesione immunoglobuliniche. Per la precisione è caratterizzata dall’assenza, o dalla presenza di forme inattive, dell’LFA-1 e della MAC-1. Questo è causato da un difetto nell’espressione della catena β2 delle integrine nelle coppie CD11 e CD18, coinvolte nell’adesione cellula-matrice dei neutrofili e macrofagi, specialmente nella riparazione delle ferite. Il rolling avviene ma non avviene l’adesione ferma. LAD-2 Nella LAD-2 è compromesso il rolling, ovvero il legame tra le selectine e i glicani sialilati. Per la precisione c’è un deficit nel funzionamento della fucosil-transferasi, un enzima che funge da trasportatore di residui di fucosio sui Sialil Lewis X. Questo si traduce nell’impossibilità di riconoscere i neutrofili da parte delle selectine P ed E. LAD-3 Assenza di kindlin-3, una proteina che regola l’attivazione della conformazione da bassa affinità ad alta affinità delle integrine β2, compromettendo l’attivazione leucocitaria e l’adesione ferma.
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Parlami delle ammine vasoattive che mediano l'infiammazione
Tra i mediatori chimici più importanti c’è l'istamina, un’ammina vasoattiva. È un'importante componente della risposta infiammatoria. CARATTERISTICHE PRINCIPALI ● È presente nei granuli dei mastociti, dei granulociti basofili e delle piastrine. A seguito della rottura dei granuli dei mastociti si ha una rilevante risposta infiammatoria. ● È presente in alcuni cibi come gli spinaci, i pomodori e il vino, ma anche nei peli dei bruchi e dell'ortica. ● Deriva dalla decarbossilazione dell’istidina, reazione mediata dall’istidina decarbossilasi. ● Viene degradata dalle di-ammino-ossidasi e dalla istamina metil-transferasi. SINDROME SGOMBROIDE L'istamina fa parte dei prodotti terminali di degradazione delle proteine insieme alla cadaverina e alla putrescina. Sono tutte ammine. Il pesce, quando mal conservato, è ricco di istamina e può causare la sindrome sgoambroide. Questa sindrome comporta diarrea, febbre, vomito, mal di stomaco e dolori addominali. MOTIVI DEL SUO RILASCIO Viene rilasciata in seguito a stimoli lesivi, al legame tra anticorpi e mastociti, stimoli chimici, neuropeptidi o stimoli chemiotattici e in seguito all’azione di citochine. ● Tra gli stimoli lesivi ci sono il calore o un trauma meccanico. Nel caso di lesione dovuta a calore, in pochi minuti si forma una vescicola perché il calore rompe i mastociti e l’istamina viene liberata. Questo comporta la conseguente vasodilatazione e aumento della permeabilità: viene prodotto un essudato che va a costituire il contenuto della vescicola. ● Il legame tra anticorpi e mastociti è tipico delle reazioni allergiche. Gli anticorpi in questioni sono principalmente le IgE. ● Tra gli stimoli chimici ci sono quelli dovuti alle anafilotossine, ovvero particolari frammenti delle proteine del complemento presenti nel plasma come precursori inattivi: C3a e C5a. Queste possono causare una reazione tipica dell’anafilassi. ● Le citochine che inducono il rilascio di istamina sono l’IL-1 e la IL-8. È uno stimolo principale dei fenomeni vasodilatatori, ma agisce in maniera transitoria, gli stessi fenomeni vengono continuati da altre molecole. EFFETTI L’istamina interagisce con i recettori H1 e induce l’espressione delle P-selectine nelle cellule endoteliali. INTERAZIONE con il RECETTORE H1 Il recettore H1 è un recettore a 7 domini transmembrana. I principali e immediati effetti di quando l’istamina si lega ai recettori H1 sono la vasodilatazione e l’aumento della permeabilità vascolare. Altri effetti importanti sono: ● la vasocostrizione delle grosse arterie per contrazione della muscolatura liscia; ● la vasodilatazione delle arteriole, delle meta-arteriole e degli sfinteri precapillari; ● la contrazione delle cellule endoteliali dei capillari e delle venule post-capillari; ● la contrazione delle fibrocellule muscolari lisce dei bronchioli, ovvero la broncocostrizione. In questi casi i pazienti hanno difficoltà nella ventilazione. In un soggetto asmatico si possono riscontrare sibili dovuti alla contrazione delle fibrocellule muscolari e cioè alla riduzione delle dimensioni dei bronchioli. Il broncospasmo che avviene negli attacchi asmatici acuti, dipende da altri mediatori, ma contribuisce anchel’istamina, solo che l’antistaminico non ha grande effetto su questo fenomeno, bisogna intervenire con inibitori di altri mediatori. ● l'attivazione delle proteine G. ATTIVAZIONE DELLE PROTEINE G 1) Quando il recettore H1 si lega all’istamina cambia la conformazione della proteina G: sulla superficie interna espone un sito di legame differente che porta: a. alla dissociazione della proteina G; b. al rilascio della subunità α. 2) La subunità α attiva la fosfolipasi C = PLC, un enzima legato al versante interno della membrana plasmatica. 3) La PLC catalizza l’idrolisi del fosfatidil-inositolo = PIP2 in: a. inositolo tri-fosfato = IP3; b. di-acil-glicerolo = DAG. ❖ L’IP3 si muove verso il citoplasma e ha diversi effetti: o mobilita gli ioni calcio Ca2+ dai depositi del RE; o si lega a proteine leganti il calcio come la calmodulina; o attiva chinasi Ca2+-dipendenti o fosforila e attiva specifici enzimi cellulari che attivano reazioni chimiche all’interno della cellula. ❖ Il DAG rimane legato alla membrana plasmatica e: o attiva la chinasi C = PKC; o fosforila e attiva altri enzimi; o catalizza reazioni specifiche nella cellula, tra cui risposte infiammatorie e contrazioni dei muscoli lisci. SEROTONINA La serotonina è un’ammina vasoattiva contenuta nei granuli delle piastrine e delle cellule enterocromaffini, quindi che libera soprattutto catecolamine come adenalina e noradrenalina, sono presenti nella midollare del surrene ma anche nella mucosa intestinale. Viene rilasciata dalle piastrine in seguito ad aggregazione in risposta a: ● La trombina è il fattore II della coagulazione. ● L’adenosina di-fosfato = ADP è un forte agonista dell’aggregazione piastrinica. Quando viene liberato agisce sui recettori delle piastrine e questo fa sì che possano meglio tappare la zona in cui si è creata la rottura del vaso. ● Il fattore di attivazione piastrinica = PAF viene prodotto dai mastociti e dall'endotelio attivato. Porta a fenomeni vasodilatatori.
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Parlami della cicloossigenasi e della sua via
La ciclossigenasi presenta 2 isoforme, COX-1 e COX-2, responsabili della sintesi dei prostanoidi, ovvero prostaglandine e trombossani. COX-1 La COX-1 è espressa in modo costitutivo in molti tipi cellulari, dove stimola la sintesi delle prostaglandine che regolano le normali attività cellulari contribuendo a processi fisiologici come: ● la citoprotezione gastroenterica mediante la produzione di muco gastrico; ● il mantenimento del flusso ematico renale, regolando la permeabilità dei capillari glomerulari; ● l’equilibrio elettrolitico; ● l’aggregazione piastrinica. Interviene nelle primissime fasi dell’infiammazione. COX-2 La COX-2 è l’isoforma inducibile ed è quasi assente in condizioni fisiologiche. ● Viene espressa durante i processi infiammatori dalle cellule endoteliali, dai macrofagi e dai fibroblasti sinoviali. ● Tali cellule sintetizzano COX-2 sotto lo stimolo di citochine infiammatorie, endotossine, fattori mitogeni e promotori tumorali. Per la precisione COX-2 interviene nelle fasi più avanzate dell’infiammazione acuta e rappresenta il maggior isoenzima associato all'infiammazione cronica. VIA La ciclossigenasi porta alla formazione: ● prima della prostaglandina G2 = PGG2; ● successivamente della prostaglandina H2 = PGH2. A questo punto, a seconda del tipo cellulare interessato, intervengono enzimi specifici che portano alla sintesi di vari prostanoidi: PGE2, PGD2 PGF2α, della prostaciclina e del trombossano A2 (Il 2 indica i doppi legami). Questi tre prodotti sono i più importanti nell’intervento dell'infiammazione acuta provocando vasodilatazione e aumento della permeabilità vascolare. PGD2 ha anche un effetto chemiotattico sui leucociti. Sempre a seconda del tipo cellulare interessato vengono prodotti mediatori con effetti opposti: ● Le cellule endoteliali esprimono la prostaciclina-sintasi che porta alla produzione della prostaciclina = PGI2. Questo è un potente vasodilatatore e un antiaggregante piastrinico. ● Le piastrine esprimono la trombossano-sintasi che porta alla produzione di trombossano A2 = TXA2. Questo è un potente vasocostrittore e promuove l’aggregazione piastrinica. La produzione di questi mediatori è dovuta all’infiammazione associata al danno vascolare: inizialmente viene attivata la prostaciclina sintetasi e si ha una vasodilatazione, fenomeno importantissimo delle prime fasi dell’infiammazione acuta ma che contestualmente inibisce l’aggregazione piastrinica. Mentre nelle fasi più tardive di riparazione del vaso, le piastrine stesse producono la trombossano sintetasi, che porta a vasocostrizione e aggregazione piastrinica. Questo serve come effetto finale di riparazione di un danno vascolare associato all’infiammazione.