Pedagogia sperimentale Flashcards

(104 cards)

1
Q

Che tipo di scienza è la pedagogia sperimentale?

A

E’ una scienza che fa ricorso a delle procedure sperimentali specifiche (proprie delle scienze umane) per giungere a dei risultati attendibili.

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2
Q

Cosa differenzia la ricerca pedagogica dalla ricerca in laboratorio?

A

Ciò che differenzia la ricerca pedagogica (in campo delle scienze umane) dalla ricerca di laboratorio (fatta in altri campi scientifici) è il fatto che, in questo caso, si lavora in situazioni dove si incontrano persone, individui, bambini eccetera. Dunque se la ricerca scientifica possiede una sua struttura e dei confini ben precisi; la ricerca pedagogica, invece, affronta dei contesti umani, sociali, con tutte le complessità del caso.

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3
Q

Qual è l’obiettivo della ricerca in qualsiasi campo?

A

L’obiettivo della ricerca in tutti i campi è quello di accrescere sempre le conoscenze, ovvero sviluppare nuove teorie e prassi, e dunque far progredire quello che è il sapere educativo e il sapere in campo professionale. Quando affrontiamo una ricerca in campo pedagogico, non vediamo solo le informazioni legate a quel contesto, ma accresciamo le conoscenze, le teorie di riferimento.

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4
Q

Perché si dice che la pedagogia sperimentale è una disciplina applicativa?

A

La pedagogia sperimentale è una disciplina molto applicativa dato che:
- si rivolge ai contesti sociali e relazionali, dove ci sono persone, bambini e ragazzi, quindi contesti pratici.
- ci interessa indagare dei fenomeni sociali, quelli che riguardano le relazioni umane, le persone umane, i bambini (è una ricerca che va nei contesti e va ad analizzare ciò che accade nei contesti sociali/educativi).
- oltre a darci dei metodi di lavoro utili da un punto di vista applicativo, pratico, concreto, ci fornisce strumenti e tecniche utili per raccogliere informazioni, ovvero dati per comprendere meglio ciò che sta accadendo in un determinato contesto

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5
Q

Quali sono le principali caratteristiche che accomunano la ricerca pedagogia e la ricerca in laboratorio?

A
  • il ricercatore deve aggiornare costantemente le conoscenze in tutti i campi della conoscenza umana;
  • il ricercatore deve sviluppare una metodologia che riguarda la ricerca e che rispecchi il campo della progettazione educativa;
  • il ricercatore ha l’obiettivo di sviluppare competenze;
  • il ricercatore deve saper sviluppare una capacità riflessiva.
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6
Q

Cosa significa che il ricercatore deve aggiornare costantemente le conoscenze?

A

Il professionista che lavora nel campo dell’educazione deve aggiornare costantemente le conoscenze in tutti i campi della conoscenza umana. Aggiornarsi significa saper analizzare quelli che sono i risultati che provengono dalle ricerche scientifiche e trarre da questi degli spunti di lavoro.

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7
Q

Cosa significa che il ricercatore deve sviluppare una metodologia che riguarda la ricerca e che rispecchi il campo della progettazione educativa?

A

Il professionista – educatore può progettare un progetto di innovazione educativa, però per farlo deve strutturare l’indagine e il progetto in maniera molto ben definita, oltre a essere capace di verificare i risultati. Si tratta dunque di:
1. individuare e definire molto bene il problema su cui è interessato a lavorare e indirizzare la sua azione (no macroarea);
2. formulare delle ipotesi;
3. progettare l’intervento;
4. verificare il risultato attraverso l’uso di strumenti che permettono di raccogliere dei dati e quindi avere un’evidenza.

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8
Q

Cosa significa che il ricercatore ha l’obiettivo di sviluppare le competenze?

A
  • Comprendere il legame tra teoria e definizione delle ipotesi;
  • Acquisire competenze metodologiche: essere in grado di scegliere quali metodologie e perché; quali finalità si possono raggiungere usando una metodologia rispetto ad un’altra; come la pianifico, come raccolgo i dati e come verifico questi risultati;
  • Pianificare una sperimentazione e pianificare una progettualità: capire quali sono le fasi e quindi avere anche chiarezza rispetto ai vari momenti e anche riguardo la pianificazione delle fasi della sperimentazione;
  • Raccogliere e analizzare i dati: l’utilizzo degli strumenti implica anche il fatto che, raccogliendo i dati, si è in grado di classificare i dati;
  • Riflettere sui risultati e valutare il progetto di innovazione.
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9
Q

Cosa significa che l’educatore deve saper sviluppare una capacità riflessiva?

A

Sviluppare i processi riflessivi significa sviluppare un’attitudine al ragionamento, alla riflessione approfondita dei problemi e dei processi che noi costruiamo gradualmente attraverso l’esperienza e la sperimentazione sul campo.
Sviluppare un’attitudine alla riflessione è essenziale sia nella professione di educatore sia dal punto di vista della ricerca: perché si parla sempre di un lavoro sul campo, di un lavoro svolto all’interno dei contesti sociali, non di un lavoro sterile all’interno di un laboratorio dove si ha tutta la situazione molto controllata. Quando si entra in contesti sociali, si entra in contesti complessi di qualsiasi tipo (nido d’infanzia) perché all’interno si trovano sempre situazioni contestuali complesse, dove si intercettano tantissimi elementi e fattori legati alla famiglia, al contesto sociale

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10
Q

Cosa cosa rende un buon educatore così come un buon ricercatore?

A
  1. mettersi in discussione su ciò che fa.
  2. fare un’analisi su quelli che sono i presupposti concettuali teorici da cui partire.
  3. deve costruirsi delle aspettative, le quali, però, non devono diventare delle profezie che si auto avverano.
  4. deve prestare attenzione riguardo le emozioni che vengono suscitate nel lavoro sul campo.
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11
Q

Quali sono le tre macro - domande che il ricercatore deve porsi prima di iniziare una ricerca?

A

1) Quali sono gli aspetti etici che lo studio/ricerca va a toccare?
2) Quali sono gli aspetti teorici che lo studio/ricerca va a toccare?
3) Quali sono gli aspetti intertestuali che lo studio/ricerca va a toccare?

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12
Q

Che cosa si intende quando si parla di aspetti etici di una ricerca?

A

È importante capire se ci sono degli aspetti del progetto che possono causare un effetto sui partecipanti che si includono nel progetto (oltre al fatto di aver posto attenzione ai soggetti più vulnerabili). Il fatto di partecipare a una sperimentazione dovrebbe essere sempre un’esperienza tutelante nei confronti delle persone che vi partecipano, non devono esserci mai pregiudizi, implicazioni negative per le persone che vi partecipano.
Quando parliamo di aspetti etici dobbiamo sempre chiedere il consenso informato e scritto ai partecipanti: devono essere informati sugli obiettivi della ricerca, da chi è finanziata la ricerca, chi sono gli enti coinvolti, come saranno raccolti i dati e come saranno diffusi.

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13
Q

Che cosa si intende quando si parla di aspetti teorici di una ricerca?

A

L’aspetto teorico significa aver ben chiaro da quale framework teorico partire: è importante riflettere sulle teorie di riferimento sulle quali si va a fondare la ricerca e quali siano i concetti che riguardano le domande della ricerca e, sulla base di quello, declinare il percorso successivo.

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14
Q

Che cosa si intende quando si parla di aspetti intertestuali di una ricerca?

A

Per aspetti intertestuali si intende riuscire a comprendere bene quale sia la relazione tra concetti e teorie di riferimento e quali sono i risultati che si ottengono per poi fare una riflessione anche sulle metodologie e gli strumenti utilizzati nelle ricerche simili, che possono aiutare la ricerca attuale.

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15
Q

Che cos’è lo strumento CLASS?

A

È stato realizzato da Robert Pianta nel 2008 ed è uno strumento osservativo (prevede una metodologia osservativa e degli indicatori) standardizzato, che valuta la qualità dei servizi educativi.

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16
Q

Di che cosa si tratta la Teacher’s Relationship Interview?

A

La Teacher’s Relationship Interview (strumento sviluppato da Robert Pianta) si tratta di un’intervista semi – strutturata costituita da 13 domande, rivolta agli insegnanti e ha l’obiettivo di raccogliere informazioni e valutare le modalità relazionali che le insegnanti sviluppano ed instaurano con i loro alunni o con i loro bambini (dunque, capire quali possono essere dei modelli funzionali o disfunzionali rispetto alla relazione insegnante – alunni).
L’obiettivo è aiutare gli insegnanti a sviluppare una maggior consapevolezza rispetto alle modalità di relazione che gli insegnanti instaurano con i propri alunni e mettere in luce gli aspetti di criticità e disfunzionali in modo tale da potergli aiutare a migliorare.

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17
Q

Quali indicatori/dimensioni analizza il Teacher’s Relationship Interview?

A
  1. sensibilità alla disciplina;
  2. base sicura
  3. assunzione di prospettiva;
  4. naturalizzazione dell’affetto negativo;
  5. influenza/intenzionalità;
  6. importanza;
  7. rabbia/ostilità;
  8. affetto positivo.
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18
Q

Cosa si intende per sensibilità alla disciplina (TRI)?

A

E’ la dimensione che va a valutare l’approccio dell’insegnante nella gestione del comportamento dello studente (quanto l’insegnante mostra sensibilità nel gestire le situazioni problematiche degli studenti). I punteggi più alti indicano una maggiore sensibilità e proattività nella gestione dei comportamenti; i punteggi più bassi indicano meno capacità di prevenzione e più risposte reattive da parte dell’insegnante. Dunque, quando l’adulto è in relazione con i bambini ed è consapevole che possono esserci dei comportamenti – problema, egli deve ridurre il più possibile i suoi comportamenti di tipo reattivi (in reazione al comportamento) e deve lavorare molto di più su quella che è la prevenzione (quali possono essere i campanelli d’allarme…)

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19
Q

Cosa si intende per base sicura (TRI)?

A

Misura la consapevolezza dell’insegnante rispetto al ruolo che ha nel supportare, a livello emotivo gli studenti, oltre nel sviluppare le competenze sociali, emotive e cognitive dello studente. Alti punteggi indicano la capacità dell’insegnante di poter costituire una base sicura e avere un ruolo significativo per lo sviluppo di queste competenze

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20
Q

Cosa si intende per assunzione di prospettiva (TRI)?

A

Misura la consapevolezza che l’insegnante ha degli stati interni dello studente e la sua capacità di mettersi nei panni dell’allievo (quanto l’adulto riesce ad approcciarsi in maniera empatica agli studenti, quanto riesce a sintonizzarsi per capire qual è il mondo degli studenti). Ha a che vedere con l’empatia. I punteggi alti denotano un’ottima capacità dell’insegnante nel mettersi nei panni dello studente, nel comprendere i suoi punti di vista, il suo stato d’animo e le ragioni di quello stato d’animo

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21
Q

Cosa si intende per naturalizzazione dell’affetto negativo (TRI)?

A

Riflette la misura in cui gli insegnanti evitano di parlare delle emozioni negative che sperimentano nella relazione con l’alunno. I punteggi alti vanno a significare una situazione in cui l’insegnante tende un po’ a negare le emozioni negative che sperimenta con alcuni alunni/e. L’insegnante non deve neutralizzare le emozioni negative sperimentate nella relazione con l’allievo

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22
Q

Cosa si intende per influenza/intenzionalità (TRI)?

A

Riflettere i sentimenti di efficacia dell’insegnante all’interno della classe (quanto l’insegnante percepisce autoefficacia nella relazione con gli allievi/bambini; quanto sente di riuscire a gestire la situazione, di avere le competenze e risorse per gestire un gruppo classe, dato che le trasmette poi ai bambini e, di conseguenza, loro stessi si sentiranno più sicuri e si affideranno di più piuttosto se l’insegnante è incerto o vacillante). Punteggi alti indicano un’ottima percezione di autoefficacia da parte dell’insegnante nella relazione con l’allievo.

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23
Q

Cosa si intende per impotenza (TRI)?

A

Riflette i sentimenti di inefficacia sperimentati dall’insegnante relativamente a quanto accade in classe (non ci fa ragionare perché non vediamo vie di uscita). I punteggi alti indicano che gli insegnanti sentono che tutto quello che sta facendo in qual momento, non serve, non ha un effetto. Ha paura di non saper gestire la classe e, in qualche modo, si congela, non riesce a ragionare più perché non vede vie di uscita. Invece quello che dovrebbe attivare è sempre il ragionamento, la capacità di staccarsi momentaneamente dalla situazione per provare a trovare delle nuove strategie.

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24
Q

Cosa si intende per rabbia/ostilità (TRI)?

A

Riflette la misura in cui gli insegnanti esprimono rabbia o ostilità relativamente alla relazione con lo studente (la rabbia, però, non fa altro che amplificare sempre di più i comportamenti negativi). I punteggi alti sono attribuiti ad insegnamenti che forniscono palesi e consistenti espressioni di ostilità nei confronti dello studente.

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25
Cosa si intende per affetto positivo (TRI)?
Riflette la misura in cui l’insegnante esprime di sentire affetto positivo nella relazione con lo studente (esprime la qualità in termini di affetto che l’insegnante instaura con l’alunno). I punteggi alti vengono attribuiti ad insegnanti che mostrano di avere emozioni positive nei confronti dello studente di apprezzare il proprio suolo come insegnante dell’allievo e di essere supportivi nella relazione con il ragazzo.
26
Quali punti riflettono le domande che vengono proposte nel TRI?
1. le domande hanno una finalità di auto – analisi e auto – riflessione per l’insegnante in quanto dovrebbe aiutarlo a rendere espliciti i processi cognitivi e relazionali-comportamentali, sperimentati anche implicitamente nella relazione. 2. sollecitare gli insegnanti rispetto a ricordare dei momenti generali e specifici che ha incontrato nella relazione con l’alunno. 3. ricostruire la dimensione bidirezionale della relazione educativa. 4. servono a far emergere il contenuto della rappresentazione (ovvero il modo in cui l’insegnante si vede nella relazione e qual è anche il suo tono affettivo che lui esprime al suo interno).
27
Cosa implica il fatto di assumere sempre l'atteggiamento di ricerca?
- il processo di ricerca significa costruire un progetto insieme alle persone con cui si lavora (non calato dall'alto); - è un processo dinamico; - entrambe le figure richiedono uno sforzo continuo di conoscenza, di adattamento, di invenzione, di produzione di tipologie di intervento educativo; - la logica della ricerca e la logica dell'intervento; - valutare quali possono essere le variabili esterne.
28
Perchè quando pensiamo alla ricerca e professione educativa, non pensiamo mai a qualcosa di statico ma a un processo che evolve?
Si tratta di un processo che evolve, è in continua trasformazione ed è dinamico, deve stare al passo con i cambiamenti sociali e culturali in cui viviamo. Molto spesso cerchiamo delle strade più sicure, soprattutto quando ci troviamo a lavorare in contesti difficili, però non esiste una ricetta perfetta che funziona sempre in ogni contesto e situazione, ma esistono delle strategie che si possano utilizzare anche se poi si deve osservare ciò che succede, dato che qualcosa che ha funzionato in una situazione non è detto che funzioni in un’altra. In questo modo, anche gli educatori devono evolvere, devono essere costantemente flessibili, proprio perché la pratica educativa non la si può applicare in termini ripetitivi, ma è importante imparare ad adattarsi e capire, in quella situazione, come muoversi e quali strumenti usare.
29
Che tipo di atteggiamento deve adottare un buon ricercatore o educatore?
Devono adottare un atteggiamento di ricerca, di metodologia, di riflessione perchè per non rimanere statici mai.
30
Cosa si intende che il ricercatore e l'educatore sono accomunati dalla logica della ricerca e dell'intervento educativo?
Entrambe le figure hanno: - l'esigenza di risolvere una situazione problematica; - uno sforzo continuo di progredire verso la conoscenza; - fare una analisi su quelli che sono i bisogni reali della situazione; - fare un'analisi delle strategie da utilizzare; - fare una scelta di metodo; - verificare i risultati ottenuti.
31
Cosa si intende per variabili esterne?
Assumere sempre l’atteggiamento di ricerca significa avere anche la capacità di valutare quelle che possono essere eventuali fattori che possono ostacolare o favorire le pratiche più efficaci: in ricerca si chiamano variabili esterne che possono incidere sull’efficacia dell’intervento e del progetto. Si può pensare ad un progetto nei migliori dei modi, però se non si valutano eventuali variabili ed effetti, si rischia di andare incontro ad un fallimento del proprio progetto. Dunque è importante chiedersi quali possono essere dei fattori che, eventualmente, ostacolano o possono favorire la ricerca che si sta facendo.
32
Cosa si intende per capacità di autoregolazione?
Per «capacità di autoregolazione» si intende la capacità e/o il comportamento, che sviluppiamo nel corso della crescita del nostro sviluppo, di modulare e regolare i nostri stati interni dal punto di vista cognitivo, sociale ed emotivo. In altri termini è l’abilità che ci consente di avere padronanza di noi stessi. Dunque, l'autoregolazione si riferisce alla capacità di modulare il nostro comportamento in relazione alle richieste e alle situazioni ambientali in cui ci troviamo (situazione di quiete o di trambusto).
33
quali sono le due aree del cervello da cui dipende lo sviluppo della capacità di autoregolazione?
1. l'area prefrontale: parte del cervello che ci aiuta a pianificare, di prendere decisioni, a guidare i nostri comportamenti, di pianificare. Questa è la parte più razionale ed è connessa con la parte che chiamiamo sistema limbico; 2. sistema limbico: è la parte più interna, più primitiva del nostro cervello ed è la parte più emotiva. essa è legata alle emozioni, ai desideri, alla ricerca di gratificazione e soddisfazioni.
34
Cosa fanno, nel corso della crescita, la zona prefrontale e il sistema limbico?
Queste due zone, nel corso della crescita, strutturano gradualmente delle connessioni: la parte emozionale (dato che questa parte emotiva) lancia dei messaggi che la corteccia frontale regola: Questo fa sì che i bambini imparano a regolare i propri impulsi emotivi, i loro desideri, a gestire anche la propria parte emozionale.
35
La connessione tra la zona prefrontale e il sistema limbico da che cosa è influenzato?
Questo tipo di connessione è qualcosa che si sviluppa lentamente nel corso della vita del bambino ed è molto determinato sia da quelli che sono gli stimoli che il bambino riceve dai caregiver sia dal modo in cui gli adulti di riferimento lo aiutano a sviluppare questa competenza.
36
Quando inizia a stringersi una connessione tra la zona prefrontale e il sistema limbico?
Questa connessione inizia fin dai primi giorni di vita del bambino e col tempo, questa connessione viene sempre più rafforzata (bambino che piange: lo si consola e così si autoregola). È importante che i bambini, fin da piccoli, ricevano delle risposte ai loro bisogni che siano effettivamente responsive rispetto a quella che è la situazione.
37
Quando la connessione tra la zona prefrontale e il sistema limbico raggiungono la loro maturità?
La maturazione del nostro cervello tra la zona prefrontare e quella limbica ha delle tempistiche sfasate: l’attività del sistema limbico si intensifica proprio nel momento della pubertà e quindi tra i 9 e i 12 anni e poi si matura negli anni successivi; invece, quella prefrontale raggiunge la sua maturità completa dieci anni dopo, quindi attorno ai vent'anni. Questo sfasamento tra lo sviluppo dell’area del sistema limbico rispetto a quello prefrontale, porta ad attraversare un periodo di rischio (risk periodo) che cade nel periodo dell’adolescenza: in questo periodo, i ragazzi e le ragazze sono più impulsivi e sono meno tendenti a valutare gli effetti delle loro azioni e più tendenti, invece, a soddisfare il loro bisogno (proprio perché la parte della corteccia frontale è ancora in fase di maturazione).
38
Da che cosa è influenzata la capacità di autoregolazione?
E' influenzata molto dalle Funzioni esecutive, ovverosia le capacità che ci permettono di affrontare le situazioni in modo ragionato (non impulsando e attivando delle strategie) e uscendo da schemi pre – appresi. Sono delle abilità che noi usiamo nella vita di tutti i giorni, costantemente, e ci servono per portare a termine qualsiasi compito, dal più semplice al più complesso. Le FE sono abilità cognitive necessarie per programmare un’attività o valutare le conseguenze delle nostre azioni, nei compiti complessi, in una situazione emotiva complessa.
39
Le FE ci consentono di monitorare e controllare pensieri e azioni, quali?
1. l'inibizione: è la capacità di interrompere un comportamento e di non farsi distrarre da informazioni irrilevanti. La capacità di inibizione interviene ogni volta che interrompiamo uno schema motorio acquisito o quando non siamo in grado di interrompere un aspetto emotivo preponderante. 2. la pianificazione: capacità di pianificare le azioni per raggiungere degli obiettivi che ci interessano. È fondamentale nella vita di tutti i giorni. Implica di: prevedere l'obiettivo da raggiungere, scomporre in fasi, decidere la sequenza delle azioni e monitorare le azioni pianificate. 3. memoria di lavoro: capacità che ci consente di tenere a mente tutto ciò che dobbiamo fare mentre stiamo facendo già qualcosa. 4. flessibilità cognitiva: capacità che ci permette di cambiare schema comportamentale già appresi in base ad un feedback ricevuto.
40
In che cosa consiste il modello ecologico - culturale?
Questo è un modello che ci aiuta a rispondere a quali sono i fattori che vanno ad incidere sullo sviluppo del bambino: tale prospettiva parte dal vedere i processi di sviluppo, di crescita e di apprendimento dei bambini e dei ragazzi, come dei processi che avvengono all’interno di diversi sistemi sociali.
41
Secondo il modello ecologico - culturale, l'apprendimento è un processo determinato da cosa?
L’apprendimento viene inteso come un processo dinamico, determinato molto dagli aspetti legati al funzionamento dei vari sistemi sociali (e quindi degli ambienti in cui i bambini fanno esperienza) ed è influenzato dalle dinamiche relazioni che si verificano all’interno di quel determinato sistema.
42
Cosa significa assumere una visione di prospettiva ecologico - culturale?
L'apprendimento e lo sviluppo dei bambini e dei ragazzi vengono visti, da questa prospettiva ecologica – culturale, come dei processi in continua interazione tra quelle che sono le caratteristiche della persona e quelle che sono le caratteristiche dei contesti sociali e come questi due aspetti vanno ad intervenire e ad influenzarsi l’uno con l’altro.
43
Il modello ecologico - culturale, vede l'apprendimento come un processo dinamico: in che senso?
Quando pensiamo all’apprendimento non pensiamo mai a qualcosa di lineare, ma sempre come un processo dinamico che può avere delle oscillazioni verso il basso e anche verso l’altro. Questo avviene proprio perché gli eventi significativi, che nel corso dello sviluppo possono accadere, non sono mai determinati a priori ma sono dinamici ed evolvono provocando un impatto sulla traiettoria di sviluppo e di apprendimento dell’individuo.
44
Assumere una visione di prospettiva ecologico - culturale, significa porre l'attenzione su tre aspetti fondamentali: quali?
- Focus culturale: significa porre attenzione a quelli che sono le indicazioni che la cultura di riferimento ha nelle traiettorie di sviluppo: quando noi pensiamo ai compiti di sviluppo che i bambini dovrebbero raggiungere all’interno di un contesto, non pensiamo mai a qualcosa che sia predeterminato a priori e sia uguali in tutti i contesti, ma pensiamo a qualcosa che sia influenzato culturalmente. - Focus ecologico: significa considerare che i bambini/ragazzi si muovono e si sperimentano in diversi contesti o sistemi, ognuno dei quali possiede un proprio funzionamento specifico di cui il bambino fa continuamente esperienza. - Focus sulle relazioni e sulle interazioni: significa mettere in luce il ruolo determinante che le relazioni e le interazioni assumono nei percorsi di apprendimento.
45
Come considera Bronferbrenner l'apprendimento?
Bronfenbrenner considera lo sviluppo e l’apprendimento come fattori strettamente interconnessi con l’ambiente culturale e sociale. Secondo questa prospettiva, ogni persona è inserita all’interno di diversi contesti sociali, o sistemi, nei quali fa esperienza, si relaziona, apprende e si sviluppa.
46
Cosa intende Bronferbrenner con sistema?
Ogni persona è inserita all’interno di diversi contesti sociali, o sistemi, nei quali fa esperienza, si relaziona, apprende e si sviluppa. Il sistema è un insieme caratterizzato da confini definiti in cui avvengono interazioni tra gli individui. Inoltre, ogni sistema si organizza in base alle sue finalità e funzioni (ad esempio, il sistema scuola ha delle funzioni precise) per cui il funzionamento è determinato da degli obiettivi e funzioni ben precise che quel sistema svolge.
47
Cosa si intende per microsistema, mesosistema, mesosistema e macrosistema?
1. Microsistema: fa riferimento ai contesti sociali in cui la persona fa esperienza diretta e influenza in maniera diretta tutta l’esperienza dell’individuo; 2. Mesosistema: è costituito dalle connessioni che si instaurano tra microsistemi che fanno parte della vita dell’individuo; 3. Esosistema: una o più situazioni ambientali a cui il soggetto non partecipa direttamente ma subisce in maniera secondaria questo setting all’interno del quale si verificano degli eventi, non fa esperienza diretta (per esempio i genitori e i loro colleghi di lavoro); 4: Macrosistema: riflette il pattern culturale e istituzionale proprio di un contesto sociale, dunque rappresenta il contesto economico, politico e socio – culturale in cui l’individuo si trova a vivere. Anche in questo caso, si ha un’influenza indiretta sull’individuo.
48
Secondo la prospettiva di Bronferbrenner, ci sono due aspetti legati al tempo: quali sono?
Ci sono due aspetti legati al tempo: 1) Tempo legato al tempo storico – culturale: fa riferimento alle problematiche e alle risorse collegate al tempo storico – culturale in cui un individuo si trova a vivere; 2) Tempo inteso come condizione temporale legata al ciclo di vita della persona: fa riferimento al fatto che nel ciclo di vita della persona possono accadere degli eventi particolari e critici che, in quel momento, determinano uno squilibrio o criticità di qualsiasi natura (cambiamento nel sistema famiglia, una separazione, una nascita, un lutto…). Quando si parla di eventi critici, si possono interpretare anche come risorsa.
49
Come viene visto da Malaguzzi l'ambiente?
Lo spazio viene inteso, da Malaguzzi, come un terzo indicatore . L’ambiente non è soltanto uno spazio riempito da qualcosa, ma è anche uno spazio che, attraverso la predisposizione degli oggetti e di ciò che ci mettiamo al suo interno, determina delle opzioni di apprendimento, delle situazioni in cui vengono elicitate determinate emozioni e anche la possibilità di fare esperienza in una situazione di benessere e sicurezza. L’ambiente, dunque, fornisce sia opportunità di esplorazione, di apprendimento, di esperienze ma anche determina il modo in cui si sta psicologicamente, fisicamente, emotivamente, a livello di benessere.
50
A cosa ci viene in mente quando parliamo di Vygotskij?
Quando nominiamo Vygotskij, ci viene in mente la «zona di sviluppo prossimo» a lui correlata: concetto teorico fondamentale da tenere in mente quando si lavora con le persone/bambini in quanto ci consente di focalizzarci sempre, in maniera molto precisa, su quello che è il livello di sviluppo e di competenza che il bambino/ragazzo ha raggiunto fino a quel momento.
51
Che tipo di visione propone Vygotskij?
Vygotskij propone un modello di sviluppo di tipo socioculturale, ovvero, anche per lui, quando parliamo di sviluppo e apprendimento del bambino non possiamo che immaginarci un processo che avviene all’interno di un contesto sociale: avviene attraverso la partecipazione ad una comunità e tramite l’interazione con adulti di riferimento.
52
Vygotskij pone l'accento anche sui linguaggi, in che modo?
Vygotskij, inoltre, pone molto l’attenzione su quelli che sono i linguaggi che una cultura sviluppa ovvero i repertori simbolici attraverso cui una cultura diffonde le proprie idee e l’apporto di conoscenze (non si tratta solo linguaggio verbale ma anche di tutte le modalità con cui una cultura può esprimere il proprio repertorio, come storie, immagini, racconti). Attraverso la partecipazione e grazie ai simboli e i linguaggi che quella cultura ha sviluppato, i bambini e i ragazzi entrano in contatto con il contesto culturale di appartenenza e apprendono valori e concetti propri della loro cultura.
53
Cosa si intende per zona di sviluppo attuale, potenziale e prossimale?
1. Zona di sviluppo attuale: zona di sviluppo raggiunta dal bambino in un particolare momento della sua crescita e comprende una serie di capacità e competenze che lui riesce a padroneggiare in autonomia (ciò che lui ha acquisito ed è capace di fare da solo); 2. Zona di sviluppo potenziale: livello di competenza di sviluppo che potenzialmente il bambino potrebbe raggiungere grazie al supporto di un adulto, ma potrebbe essere anche il supporto di un pari più competente di lui (potenziale che la persona potrebbe raggiungere, col supporto di una persona più competente); 3. Zona di sviluppo prossimale: area/spazio di transizione tra le competenze che il bambino ha già acquisito (zona di sviluppo attuale) e quello che lui potrebbe raggiungere grazie il supporto di una persona più competente di lui (zona di sviluppo potenziale) (è una zona che separa questi due livelli). È uno spazio di transizione perché appunto il bambino passa attraverso questa zona per raggiungere un livello di competenza più elevato.
54
Secondo Vygotskij in quale zona deve mettersi l'educatore?
L’intervento dell’educatore e/o dell’adulto, come potrebbe essere anche del pari, si collochi per forza all’interno della zona di sviluppo prossimale: questo significa che bisogna lavorare con il bambino o l'adolescente, proponendogli delle attività leggermente più complesse rispetto a quello che lui è capace di fare in autonomia in quel momento (leggermente al di sopra di ciò che il bambino sa fare o riesce a padroneggiare in autonomia). Dunque, l’esperienza di apprendimento diventa significativa solo se l’adulto riesce a collocarsi in questa zona; se invece sbilancia la sua azione e progettualità, per cui si colloca troppo sopra o troppo sotto alla linea, non riesce a portare il bambino a raggiungere quella competenza più complessa ed evoluta.
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Vygotskij come vede l'apprendimento?
Vygotskij ci dice che l’apprendimento e la crescita del bambino avvengono attraverso momenti di interazione, di condivisione e di intersoggettività con l’adulto o con la persona più competente di lui, che riesca a sintonizzarsi con le competenze e i bisogni posseduti in un momento particolare dal bambino e riesca a lavorare in termini di scaffolding, quindi supportare il bambino nell’acquisizione di competenze di livello maggiore. Ciò significa dare dei suggerimenti, delle strategie per aiutare il bambino a ragionare ma lasciarlo che continui in autonomia: questo fa sì che il bambino acquisisca una competenza maggiore, ad attivare i processi di ragionamento, di risoluzione dei problemi e attivare la sua attenzione in maniera maggiore.
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Che cosa si intende con apprendimento e pratiche culturali?
La cultura può avere delle implicazioni differenti per quanto riguarda l’apprendimento e gli obiettivi di sviluppo dei bambini. Il bambino partecipa e fa esperienza all’interno di diverse pratiche culturali, le quali sono organizzate all’interno dei contesti educativi in cui il bambino fa esperienza e che determinano delle proprie modalità di interazione che sono diverse rispetto a quelle che il bambino potrebbe trovare all’interno di altri contesti educativi. Quindi è importante che ci interroghiamo sempre su quali siano queste pratiche dei diversi contesti (per esempio famiglia e scuola) e se c’è una continuità tra questi due contesti educativi.
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Cosa si intende con un rapporto di agency e contesto?
Un altro aspetto da prendere in considerazione è il rapporto che si stabilisce tra l’agency (iniziativa del bambino, la sua volontà di esplorare e partecipare in maniera autonoma) e quelle che sono le richieste del contesto. È importante capire quale sia l’equilibrio che si crea in questi due aspetti: questo perché bisogna tenere conto che da una parte abbiamo il bambino che ha una propria volontà, idea e bisogni e dall’altra parte abbiamo un contesto il quale richiede che vi sia un certo tipo di situazioni, di obiettivi e di regole.
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Cosa si intende con transizioni tra contesti?
Un altro aspetto fondamentale da considerare è il fatto che i bambini e i ragazzi partecipano a diversi contesti sociali ognuno dei quali pone degli obiettivi diversi e possiede delle modalità di funzionamento diverse. Un aspetto fondamentale è capire come questi aspetti vengono negoziati e vengono mediati nell’interazione tra i due contesti sociali.
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C’è un’ampia letteratura che ha analizzato come le traiettorie di sviluppo dei bambini possono variare in base ai contesti culturali di appartenenza. Spiegala.
Ci sono delle tappe di sviluppo riconoscibili (sappiamo che i bambini incominciano a camminare intorno all’anno) ma esistono delle ampie variabilità nelle competenze e nelle capacità che il bambino sviluppa a seconda del contesto socio – culturale di appartenenza. Queste differenze derivano dalle diverse modalità con cui i genitori sviluppano il parenting, ovvero la genitorialità il quale non è altro che il modo di entrare in relazione con i bambini. Tutto questo significa che le modalità educative e gli obiettivi educativi che le famiglie si pongono e per loro sono fondamentali da raggiungere, possono essere molto differenti in altre famiglie.
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Come vede l'apprendimento Bruner?
Bruner matura un’idea di una psicologia dello sviluppo dell’apprendimento visto come un processo fortemente influenzato dal contesto sociale e culturale. Un altro aspetto cardine della teoria di Bruner riguarda il fatto di considerare l’apprendimento come un processo di costruzione delle conoscenze, ovverosia un processo con cui il bambino costruisce in maniera attiva e progressiva le sue conoscenze.
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Come viene visto il bambino da Bruner?
L’adulto non è che deve dare le informazioni al bambino che le assorbe in maniera trasmissiva, ma è il bambino che costruisce questo percorso di costruzione delle conoscenze e l’adulto supporta tale processo. Per cui il bambino viene considerato un agente attivo ma anche creativo del proprio processo di apprendimento in cui non c’è una trasmissione di contenuti, ma un’interazione continua in cui questa conoscenza viene costruita.
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Secondo Bruner, cosa si intende per inter soggettività?
Con «inter – soggettività» si intende la condivisione degli stati soggettivi di due o più persone attraverso l’interazione. Per cui quando pensiamo ad una relazione, pensiamo ad un momento in cui effettivamente due persone riescono a condividere un piano astratto: condividono credenze, idee, uno stato mentale da cui vengono costruite poi delle rappresentazioni. Questo è un aspetto estremamente complesso della relazione, in quanto stare con l’altro non significa solo stargli fisicamente vicino e ascoltarlo, ma per entrare in una relazione con l’altro significa che si deve veramente creare uno stato inter – soggettivo in cui si riesce a condividere uno stato di pensiero
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Come si crea, secondo Bruner, il processo di «costruzione delle conoscenze» per il bambino?
Attraverso la creazione dell’inter – soggettività avviene quello che Bruner definisce «costruzione delle conoscenze» perché, entrando in relazione con l’altro e le sue rappresentazioni, si acquisiscono delle prospettive nuove che vanno ad aggiungere competenze e conoscenze che, fino a quel momento, il bambino non possedeva prima.
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Cosa si intende, letteralmente, il termine «scaffolding»?
La traduzione del termine «scaffolding» è «impalcatura», «struttura di sostegno» che deve essere contingente, qui ed ora. Quello che l’adulto deve fare è assumere temporaneamente la responsabilità dell’esecuzione del compito del bambino, per poi trasferirla nuovamente al bambino: proprio perché l’obiettivo ultimo non è quello di supportare sempre e comunque il bambino, ma il fatto che egli impari a compiere le attività in maniera autonoma.
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Secondo il termine «scaffolding», qual è il ruolo dell'adulto?
Per «scaffolding», Bruner intende il ruolo dell’adulto di supportare il processo di apprendimento del bambino e lo aiuta nell’affrontare le attività, ma, con il progredire delle competenze del bambino, l’adulto deve ridurre questo supporto in modo da accompagnare il bambino a raggiungere un piano di autonomia. Questo significa che i bambini debbano essere degli agenti attivi (non è un ruolo in cui si rende passivo il bambino) e le esperienze che il bambino compie e le iniziative che lui propone devono essere condivise con l’adulto e, nella condivisione, lo si supporta a raggiungere dei livelli di competenza maggiori.
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Quali sono le caratteristiche che porta con sè il termine «scaffolding»?
1. il concetto di contingenza; 2. il concetto di feading; 3. il concetto di «transfer of responsability».
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Secondo le caratteristiche dello scaffolding, cosa si intende per il concetto di contingenza?
Si intende il fatto che l’adulto debba essere sintonizzato con il bisogno del bambino, ma al tempo stesso è importante anche calibrare il tipo di supporto che gli si dà in quel momento, rispetto ai feedback che il bambino ci dà.
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Quando parliamo di «sostegno contingente», fondamentalmente su quali aspetti bisogna lavorare?
1. sul livello di sviluppo che si dà al bambino e sulla struttura del supporto; 2. sulla difficoltà dell'attività che si propone. Infatti è importante capire bene qual è la zona di sviluppo attuale del bambino e, di conseguenza, modulare tali aspetti e farlo in maniera dinamica. Tutto questo per non far sentire il bambino in una situazione fallimentare andando a sovrastimare o a sottostimare le sue competenze (compiti troppo semplici e supporti troppo alti e viceversa).
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Secondo le caratteristiche dello scaffolding, cosa si intende per il concetto di feading?
Indica il fatto di ridurre e sottrarre, in maniera progressiva e graduale, il sostegno dato bambino. Lo «scaffolding» non è qualcosa di fisso, ma gradualmente si riduce il sostegno che si dà al bambino per raggiungere un obiettivo, man mano che acquista sempre più competenze e diventa sempre più autonomo. Per cui, man mano che si riduce il sostegno, si aumenta l’autonomia del bambino nel portare a termine il compito da solo  questo significa che si dà fiducia al bambino rispetto alle sue capacità e competenze che può raggiungere e quindi alla possibilità di poter padroneggiare in autonomia quel tipo di competenza.
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Secondo le caratteristiche dello scaffolding, cosa si intende per il concetto di «transfer of responsability»?
Riguarda il trasferimento di conoscenze/competenze necessarie in modo che il bambino acquisti sempre più autonomia e riesca a svolgere in autonomia un compito (su cosa sta apprendendo e come).
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In quali macroaree si dividono le diverse tipologie di ricerca in educazione?
1. Una ricerca teorico – argomentativo, il cui scopo è quello di ampliare gli approcci teorici esistenti e quindi approfondire le teorie attualmente adottate in campo educativo, ma anche ampliarle e trovare nuovi modelli; 2. Una ricerca storica, il cui scopo è quello di studiare i modelli educativi nel tempo: l’evoluzione storica della pedagogia e degli approcci educativi nel tempo; 3. Una ricerca empirica – sperimentale, studia un contesto, raccoglie dei dati e analizza un fenomeno. Si chiama empirica –sperimentare perché lo scopo sarà quello di capire meglio un fenomeno e un contesto, attraverso la raccolta dei dati e le metodologie scelte.
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La ricerca empirica – sperimentale, innanzitutto, può avere diversi obiettivi. Quali?
1. porsi a livello descrittivo 2. analizzare la complessità dei sistemi educativi 3. introdurre un'innovazione/progettualità 4. analizzare il funzionamento di un contesto 5. far emergere i punti di vista e i significati condivisi in un gruppo.
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Possiamo distinguere due macro categorie di ricerca. Quali?
1. ricerca qualitativa: ovvero un’indagine che va a focalizzare la sua attenzione sui processi educativi, sulla descrizione di un contesto o degli eventi, in maniera dettagliata. È un tipo di indagine che cerca di capire la complessità dei contesti in maniera approfondita e dettagliata, entrando molto nei contesti stessi; 2. ricerca quantitativa: si basa sulla raccolta di dati numerici e quindi ha un paradigma diverso, in quanto si pone come obiettivo quello di individuare una relazione di causa – effetto tra diverse variabili e ha come principio la raccolta di grandi quantità di dati che possono essere poi generalizzati.
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Qual è la principale differenza tra la ricerca qualitativa e la ricerca quantitativa?
Mentre la ricerca qualitativa si focalizza sulla processualità delle prassi educative e sull’analisi approfondita di pochi contesti e poche situazioni; la ricerca quantitativa ha bisogno della quantità di dati proprio perché poi va a lavorare sulla statistica e sulla generalizzazione dei dati.
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Quali sono gli obiettivi della ricerca quantitativa?
- Spiegare i fenomeni misurando l’ampiezza delle relazioni tra gli elementi. Per valutare un fenomeno/una variabile, in qualche modo, dobbiamo misurarla e quindi dobbiamo quantificare il fenomeno: significa che quel fenomeno lo si può descrivere e misurare. Questa quantificazione ci permette di valutare la relazione che può esserci tra variabili diverse. - Misurare il fenomeno: ci aiuta ad evitare distorsioni legate alla soggettività. Questo rende la raccolta dei dati più oggettiva, dal momento che si avrà degli indicatori ben definiti che permettono di analizzare e di raccogliere quelle informazioni. - Porsi l’obiettivo di trovare aspetti di comunanza che possono essere generalizzati ad altri contesti. - Si possono ottenere informazioni rispetto alla prevedibilità degli eventi.
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Quali sono le caratteristiche generali della ricerca quantitativa?
- richiede un alto livello di controllo rispetto agli aspetti che possono interferire nell'indagine; - la procedure l'indagine deve essere definita in maniera molto rigorosa; - l'uso degli strumenti di rilevazione devono dare un valore numerico; - attraverso le procedure rigorose e il controllo delle variabili, si cerca di ottenere dei risultati che siano generalizzabili ad altri contesti.
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Quali sono gli esempi di ricerca quantitativa?
1. esperimenti e quasi esperimenti ; 2. la ricerca condotta tramite osservazione sistemica e quindi con sistemi di osservazione strutturati; 3. l'inchiesta (quando si utilizza un questionario con domande chiuse e strutturate).
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Cosa si intende con il termine "esperimento"?
L'esperimento di tratta di un piano di ricerca in cui si vuole introdurre un cambiamento in un contesto e si vuole vedere gli effetto: si tratta dunque di introdurre una variabile nuova in un contesto e misurarne l'effetto che tale variabile fa all'interno del contesto. Si parla così di variabile indipendente (variabile che si introduce ne contesto e che viene manipolata dallo sperimentatore) e variabile dipendente (variabile di cui si vuole misurare l'effetto e che viene manipolata dalla variabile indipendente che viene introdotta).
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Cosa si intende con il termine "quasi - esperimento"?
Controllare tutte le variabili quando si svolge un'indagine è molto difficile se non quasi impossibile perchè bisogna tenere in considerazione che ci sono dei fattori che noi non possiamo controllare e non possiamo misurare ma che potrebbero interferire sui risultati finali. Per questo motivo si utilizza il termine di quasi - esperimento.
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Quali sono gli obiettivi della ricerca qualitativa?
- il ricercatore indaga un contesto approfondito per comprendere la sua specificità: deve fare un'analisi dettagliata per comprendere i processi che avvengono nella specificità di quel contesto; - il ricercatore è partecipe ed entra nei contesti per capire la loro specificità e diventa quindi uno strumento di rilevazione; - il ricercatore segue una logica di tipo induttivo (parte dall'osservazione della realtà per poi formulare delle interpretazioni).
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Cosa vuol dire che la ricerca qualitativa è un processo di indagine flessibile?
Significa che lo si progetta ma poi nel corso d'opera lo si può modificare. Questo perchè è un'indagine aperta dove c'è la possibilità di farlo evolvere e modificarlo in un percorso a spirale.
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Qual è l'oggetto di studio della ricerca qualitativa?
L’oggetto di studio è l'osservazione del contesto e del modo in cui avvengono le interazioni. Proprio per questo noi ci poniamo l’obiettivo di cogliere quelle che sono le caratteristiche peculiari di un contesto, di cogliere le differenze che caratterizzano un contesto piuttosto che un altro.
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Quali sono le fasi che strutturano la ricerca quantitativa?
1. definire la tematica e gli obiettivi 2. definire il quadro teorico di riferimento 3. definire le ipotesi 4. definire il disegno di ricerca e identificare gli strumenti quantitativi di rilevazione 5. raccolta dei dati e analisi 6. interpretazione dei risultati in base al framework di riferimento.
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Ricerca quantitativa: definisci la fase dell'individuazione della tematica.
Come prima cosa, dovremmo chiederci se il tema che noi scegliamo sia rilevante, se sia interessante, se sia significativo per un contesto, se sia significato anche per un momento storico – culturale, se sia fattibile. Inoltre, deve essere ben definito e ben focalizzato: le tematiche hanno tante sfaccettature per cui è importante focalizzarsi su un aspetto specifico. È importante specificare bene e andare nel dettaglio di un micro – aspetto della tematica che scegliamo. Oltre a definire il tema, bisogna definire anche gli obiettivi ovverosia che cosa si vuole raggiungere con l’indagine che si decide di compiere.
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Ricerca quantitativa: definisci la fase che riguarda definire il quadro di riferimento.
Per quanto riguarda il definire il framework teorico generale e fare un esame storico – critico della letteratura sull’argomento (che cosa è stato fatto in passato su un determinato tema e quali risultati sono stati raggiunti più recenti). È fondamentale sapere che cosa è stato fatto e quali sono state le metodologie e gli strumenti sono stati utilizzati dato che possono fornire una guida e un’idea su quello che si può esplorare di nuovo.
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Nella ricerca quantitativa, cosa prevede la domanda di ricerca?
Una volta identificato il tema, specificandolo e quindi andare nel dettaglio della tematica, è fondamentale anche porre una domanda di ricerca, ovvero quale sia il quesito che si vuole indagare. La domanda di ricerca può essere collegata all’ipotesi. La domanda di ricerca nasce sempre da un bisogno che sia conoscitivo oppure che sia un bisogno di intervento e quindi di risolvere un aspetto problematico.
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Come deve essere formulata la domanda di ricerca, nella ricerca quantitativa?
1. deve essere formulata in termini di domanda vera e propria; 2. deve poter trovare risposta nei dati empirici; 3. il problema non deve essere vago; 4. la ricerca deve essere legata a un problema che sia fattibile concretamente nel contesto; 5. la ricerca deve essere compatibile con vincoli metodologici e pratici; 6. la ricerca deve essere rilevante dal punto di vista sociale e originale
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Ricerca quantitativa: definisci la fase che riguarda il formulare le ipotesi teoriche.
Una volta trovata la tematica e posto una domanda riguardo a quella tematica, si arriva a stabilire un’ipotesi. L’ipotesi esprime un’aspettativa, in cui si afferma ciò che ci si può aspettare riguardo a come possono andare le cose nella realtà. Ma, essendo appunto un’ipotesi, si dovrà verificare se sia corretta o meno. Per cui si passa dall’ipotesi teorica, che è formata da assunti astratti, all’ipotesi empirica, caratterizzata da aspetti misurabili e osservabili concretamente nel contesto. Questo processo viene chiamata definizione operativa dell’ipotesi.
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Ricerca quantitativa: nella fase che riguarda il formulare le ipotesi teoriche, in che senso si deve chiede quale sia la tipologia di relazione che può esistere tra variabili?
La relazione che le variabili possono avere tra di loro è di diverso tipo: 1. indipendenza: quando le variabili sono indipendenti tra di loro e vuol dire che non hanno nessun legame tra di loro; 2. dipendenza: se le variabili, tra di loro, hanno un legame. In questo caso, si può identificare due tipologie di relazione: A. correlazione: vuol dire che le due variabili sono collegate e al variare dell’una varia anche l’altra, ma la correlazione non è un legame causa – effetto per cui al variare di una non si può vedere l'effetto sull'altra; B. causalità: significa che manipolando una variabile si può osservare un effetto sull’altra.
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Ricerca quantitativa: quali variabili possono incidere nel progetto di ricerca?
- Variabile indipendente: è manipolata dal ricercatore; - Variabile dipendente: varia, subisce l’effetto; - Variabile moderatrice: possono avere un effetto sulla relazione tra variabile dipendente e variabile indipendente e quindi possono modificarne il rapporto; - Variabile interveniente: sono dei fattori che possono incidere sulla variabile dipendente ma non possono essere misurati (mentre nella variabile moderatrice si può considerare quell’effetto e misurarlo, in qualche modo, nella variabile interveniente, non si può misurarlo); - Variabile controllate: variabili che il ricercatore riesce a controllare.
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Ricerca quantitativa: definisci la fase che riguarda il definire il piano o disegno di ricerca.
Bisogna definire come si può analizzare gli aspetti che si ha definito nelle ipotesi, quali strumenti utilizzare nella ricerca e quale tipo di campionamento si utilizza. Quando parliamo di piano di ricerca innanzitutto si deve tenere presente che si deve costruirlo finché ci sia una validità interna e una validità esterna che ci permette, da una parte di avere una coerenza del disegno, mentre dall’altra parte ci permette una generalizzazione dei risultati.
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Ricerca quantitativa: nella fase che riguarda il definire il piano o disegno di ricerca, cosa si intende validità interna ed esterna?
Nel momento in cui si va a formulare un disegno di ricerca si deve costruirlo finchè ci sia una validità esterna ed una interna che ci permette, da una parte di avere coerenza del disegno mentre dall'altra ci permette una generalizzazione dei risultati.
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Ricerca quantitativa: quando si definisce un disegno di ricerca si può scegliere tra tre diversi piani di strutturazione, quali?
1. piano ad un gruppo: si sceglie il piano ad un gruppo quando si ha un unico gruppo rappresentativo della popolazione e a cui ci si rivolge. Una volta scelto un unico campione, un unico gruppo di partecipanti, si suddivide l’esperimento in due fasi: I. Nella prima fase si continua ad introdurre il metodo tradizionale classico/ordinario; II. Nella seconda fase si introduce il metodo sperimentale. 2. piano a due gruppi: una volta scelti due gruppi equivalenti, un gruppo sperimentale e un gruppo di controllo, si valuta la situazione iniziale per tutti e due i gruppi, per poi introdurre il metodo sperimentale e ordinario e valutare la situazione finale e vedere se c’è un cambiamento. 3. piano fattoriale: in questo caso si va ad introdurre più di una variabile indipendente. Per cui si vorrà misurare l’effetto di più variabili indipendenti e misurare l’interazione tra le due.
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Cosa si intende per campionamento nella ricerca quantitativa?
Per campionamento si intende il fatto di riferirsi ad una popolazione statistica (come la popolazione degli studenti), accumunata da caratteristiche comuni, e selezionare una parte di questi soggetti che fanno parte della popolazione che dovrebbero essere rappresentativi della popolazione di riferimento.
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Quali tecniche diverse si possono utilizzare per selezionare il campione?
- campionamento causale: raccoglie i soggetti in base alla casualità ( si parla di campione semplice, stratificato, sistematico e a grappoli). - campionamento non probabilistico: si verifica quando noi non abbiamo la possibilità di scegliere in maniera casuale i soggetti partecipanti ma dobbiamo adattarci ai contesti che si ha a disposizione.
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Nella ricerca qualitativa c'è maggiore flessibilità nella pianificazione?
A differenza della ricerca quantitativa, nella ricerca qualitativa non c’è una pianificazione rigida, non segue fasi così strutturate e pianificate come l’altra ricerca quantitativa. Inoltre non segue una logica lineare sequenziale ma c’è una maggiore flessibilità nei percorsi di sviluppo del piano di ricerca e quindi si caratterizza per avere un disegno complesso però al tempo stesso flessibile e globale. Non si parla di quantificazione per cui l’obiettivo non è quantificare un fenomeno ma l’obiettivo è descrivere un processo e quindi andare in profondità su quelli che sono i processi processuali. Quando parliamo di maggior flessibilità e non rigida pianificazione, non dobbiamo pensare che sia un percorso di ricerca più semplice, ma è complesso proprio perché, essendo più ampio, è importante avere competenze per gestirlo.
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Che tipo di logica ha la ricerca qualitativa?
La logica della ricerca qualitativa è una logica olistica, nel senso che si ha la finalità di comprendere a fondo un contesto sociale in modo complessivo.
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Quali posizione assume il ricercatore nella ricerca qualitativa?
Il ricercatore è immerso all’interno del contesto di ricerca e lui stesso diventa uno strumento di ricerca. Se il ruolo del ricercatore, nella ricerca quantitativa, era quello di pianificare inizialmente tutto il piano di ricerca per poi intervenire (il ricercatore agiva al di fuori), in questo caso si ha una situazione diversa in quanto il ricercatore entra nel contesto sociale e quindi diventa lui stesso uno strumento di ricerca.
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Quali sono gli step che segue la ricerca qualitativa?
- Si parte da una domanda ampia e generale; - Per poi selezionare dei contesti e soggetti rilevanti perché devono essere collegati alla domanda generale; - Per raccogliere dei dati che siano rilevanti rispetto alla domanda che si ha posto inizialmente; - Segue, poi, una fase di interpretazione dei dati; - Fare un lavoro teorico e di concettualizzazione (alla fine, lo scopo della ricerca qualitativa è quello di arrivare ad una concettualizzazione: una logica inversa rispetto alla ricerca quantitativa); - Specificare in modo più stretto le domande di ricerca e la raccolta di dati futuri; - Riassumere i risultati.
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In quale situazione parliamo di concetti definitivi e concetti sensibilizzati?
Nella ricerca quantitativa si deve arrivare a definire bene e in maniera chiara un concetto definitivo. Mentre nella ricerca qualitativa si parte da concetti sensibilizzati ovvero concetti che sono cardine della ricerca, oltre che ad essere una guida generale per il ricercatore. Non sono così strutturati e definiti come nella ricerca quantitativa, bensì costituiscono dei principi cardine e di guida che vanno a orientare il ricercatore nella fase della raccolta dati.
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Quando parliamo di affidabilità esterna e affidabilità interna?
Nella ricerca quantitativa si parla di affidabilità esterna perché è legata alla correttezza del disegno sperimentale che si va a definire e poi alla possibilità di generalizzare i dati ottenuti. Cosa che non si può fare con la ricerca qualitativa dato che non si ottengono come risultati dei dati numerici ma si va ad analizzare nel dettaglio i contesti specifici. Al contrario, l'affidabilità interna si intende garantire una solidarietà del disegno di ricerca che si ha adottato (ricerca osservativa).
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Come viene strutturato il campione nella ricerca qualitativa?
Non si utilizza un campionamento probabilistico, ma un campionamento utile ovvero si va a selezionare il campione dei partecipanti che è direttamente collegato alla domanda di ricerca da cui si parte.
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Da che cosa dipende la scelta del campione nella ricerca qualitativa?
- dagli obiettivi che ci si pone - da quanto è eterogenea la popolazione - è legata alla domanda di ricerca - il numero di comparazioni.
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Che cosa è importante fare nel campionamento nella ricerca qualitativa?
E' importante giustificare sempre la scelta che si ha fatto. Non esiste una risposta univoca a questa domanda, quello che è fondamentale è che la scelta venga giustificata sempre a differenza del campionamento nella ricerca quantitativa.