PSICOLOGIA CLINICA Flashcards

(86 cards)

1
Q

Obiettivo della psicologia clinica

A

Spiegazione, comprensione, interpretazione e riorganizzazione dei processi mentali disfunzionali o patologici, individuali e interpersonali, unitamente ai loro correlati comportamentali e psicobiologici

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2
Q

Definizione di personalità dell’orientamento psicodinamico

A

Un’organizzazione affettivo-cognitiva che risulta dalle pulsioni o dalle spinte che agiscono dall’interno e competono per il controllo della stessa, in concorrenza con le pressioni e le limitazioni del mondo esterno

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3
Q

Definizione di personalità dell’orientamento comportamentista

A

insieme di script (copioni) appresi in forza dell’azione selettiva dell’ambiente.

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4
Q

Definizione di personalità dell’orientamento cognitivista e interazionista

A

sistema aperto di elaborazione delle informazioni e di generazione di significati, in base all’interazione reciproca con l’ambiente.

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5
Q

Definizione di personalità della teoria dei tratti

A

costellazione di tratti di origine più o meno innata.

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6
Q

Definizione di personalità sintetica

A

modo stabile e costante di essere, che ci definisce come persone, ci guida nei comportamenti, nelle reazioni emotive, nei modi di pensare e di relazionarci con gli altri, nei processi consci e inconsci

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7
Q

Elementi costitutivi del temperamento secondo William McDougall

A
  1. Intensità degli impulsi comportamentali; 2. Persistenza, verso l’interno o verso l’esterno; 3. Affettività (suscettibilità emozionale)
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8
Q

Definizione di temperamento

A

componente costituzionale della personalità, ed è biologicamente determinato

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9
Q

Aspetti temperamentali

A
  1. Livello di attività; 2. Intensità e rapidità di risposta agli stimoli; 3. Sensibilità; 4. Eccitabilità; : Responsività
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10
Q

Buss e Plomin, caratteristiche temperamentali e studio

A
  1. Emotività; 2. Attività; 3. Socievolezza.
    Studi sulle coppie di gemelli; nei gemelli omozigoti la correlazione media dei tre aspetti temperamentali è elevata.
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11
Q

Thomas e Chess, New York Longitudinal Study

A

un’osservazione longitudinale su 136 soggetti dalla nascita all’adolescenza. Caratteristiche osservate: Livello di attività motoria, Regolarità nei ritmi biologici, Distraibilità (capacità di spostare l’attenzione verso stimoli nuovi), Gradi e tempi di adattabilità, Soglia di sensibilità, Intensità delle reazioni, Qualità dell’umore, Estensione dell’attenzione, Modi di reagire alle novità.

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12
Q

Thomas e Chess, tipi temperamentali

A

Bambini facili, bambini difficili, bambini lenti a scaldarsi

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13
Q

goodness of fit

A

grado in cui le caratteristiche temperamentali dell’individuo si armonizzano con le caratteristiche dell’ambiente in cui egli vive

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14
Q

Studio sensibilità materna, problemi comportamentali esternalizzanti e temperamento

A

I bambini con temperamento facile non mostrano particolari comportamenti esternalizzanti problematici, indipendentemente dalla sensibilità materna. I bambini con temperamento difficile mostrano comportamenti esternalizzanti problematici più significativi quando hanno una figura materna meno sensibile.

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15
Q

Studio controllo genitoriale positivo, effortful control e comportamenti esternalizzanti

A

i bambini con alto EF generalmente non mostrano problemi esternalizzanti significativi; i bambini che hanno basso EF, e genitori con buona capacità di controllo non presentano problemi esternalizzanti, mentre i bambini con basso EF e genitori con scarse capacità di controllo positivo mostrano problemi esternalizzanti significativi.

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16
Q

Definizione tratti di personalità

A

dimensioni stabili dell’individuo che permettono una certa coerenza di condotta, e descrivono i modi di percepire, pensare e rapportarsi all’ambiente e a se stessi.

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17
Q

Modello della personalità di Eysenck e basi fisiologiche associate

A

Estroversione = eccitabilità corticale, attività della formazione reticolare
Nevroticismo = labilità del SNA, sistema limbico
Psicoticismo = secrezioni ormonali

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18
Q

Modello della personalità di Clonninger: caratteristiche temperamentali e sistemi neurotrasmettitoriali

A

Ricerca di novità = sistema dopaminergico, evitamento del danno = sistema serotoninergico, dipendenza dalla ricompensa = sistema noradrenergico, persistenza

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19
Q

Modello della personalità di Clonninger: caratteristiche caratteriali

A

Autodirezionalità, cooperatività, autotrascendenza

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20
Q

Five Factor Model

A

Openess to experience – Apertura all’esperienza
Conscientiousness – Coscienziosità
Extraversion – Estroversione
Agreableness – Piacevolezza, gradevolezza, amicalità
Neuroticism – Nevroticismo

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21
Q

Modello dell’Hexaco

A

Honesty-Humility – Onestà-Umiltà
Emotionality – Emozionalità
Extraversion
Agreeableness (versus Anger) – Gradevolezza/Piacevolezza
Conscientiousness – Coscienziosità
Openness to Experience – Apertura all’esperienza

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22
Q

Modello neuroscientifico di Panksepp

A

sistemi affettivi che regolano gli aspetti prevalenti della nostra vita, e che sono dati dall’attivazione di particolari sequenze neurotrasmettitoriali:
1)
Sistema della ricerca, del desiderio e dell’euforia → Dopamina.
2)
Sistema della rabbia e della dominanza → Testosterone e serotonina.
3)
Sistema della paura e dell’ansia → Serotonina.
4)
Sistema della sessualità e del desiderio → Ormoni sessuali.
5)
Sistema della cura e dell’amorevolezza → Ossitocina.
6)
Sistema connesso al lutto o al panico → Oppioidi.
7)
Sistema del gioco, della fantasia e della gioia → Dopamina e endorfina.

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23
Q

Definizione di stili di personalità

A

costellazione specifica dei tratti di personalità che descrivono un individuo

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24
Q

Come interpreta l’ICD-10 i disturbi di personalità?

A

modalità di comportamento radicate e durature, che si manifestano come risposta ad una gamma di situazioni personali e sociali. Esse rappresentano deviazioni estreme dal modo in cui l’individuo medio si pone in una cultura. In genere, i disturbi di personalità sono accompagnati da sofferenza soggettiva, da problemi nel funzionamento cognitivo e nelle prestazioni sociali, fanno la loro comparsa durante l’infanzia o l’adolescenza e si sviluppano nell’età adulta.

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25
Come interpreta il DSM-V i disturbi di personalità?
Un disturbo di personalità è un pattern costante di esperienza interiore e di comportamento che devia marcatamente rispetto alle aspettative della cultura di un individuo, è pervasivo e inflessibile, esordisce nell’adolescenza o nella prima età adulta, è stabile nel tempo e determina disagio o menomazione
26
Studio sulla relazione tra disturbi di personalità e dimensioni della personalità secondo il modello di Clonninger
Il campione include 109 pazienti, con e senza disturbi di personalità, a cui vengono somministrati il TCI (che misura le dimensioni della personalità del modello di Clonninger) e il PDQ-R (Personality Diagnostic Questionnaire-Revised, Hyler et al.,1990). In questa tabella si ritrovano le correlazioni tra e dimensioni del modello di Clonninger e il numero di segni legati ai diversi disturbi di personalità manifestati dai pazienti. Nello studio di queste associazioni sembra emergere il ruolo di tre principali dimensioni, ovvero l’evitamento del danno (tratto temperamentale), l’autodirezionalità e la cooperatività (tratti del carattere), i quali risultano maggiormente associati ai segni di disturbi della personalità.
27
Quali sono le caratteristiche dei cluster
Il Cluster A è caratterizzato da comportamenti eccentrici, diffidenza e tendenza all’isolamento; include la personalità paranoide, la personalità schizoide e la personalità schizotipica. Il Cluster B è caratterizzato da comportamenti drammatici e da una forte emotività espressa, egocentrismo e scarsa empatia: comprende il disturbo di personalità narcisistico, il disturbo di personalità istrionico, il disturbo di personalità borderline e il disturbo di personalità antisociale. Il Cluster C è caratterizzato da comportamenti ansiosi o timorosi e da scarsa autostima: include il disturbo evitante di personalità, il disturbo di personalità dipendente e il disturbo di personalità ossessivo-compulsivo.
28
Studio sulla relazione tra disturbo borderline di personalità e dimensioni della personalità secondo il modello di Clonninger
Nella seguente tabella è riportato il confronto tra il gruppo con i pazienti con DBP e il gruppo di controllo, cioè quello di soggetti sani. Gli autori riscontrano che alcuni tratti della personalità del modello di Clonninger mostrano differenze significative tra i due gruppi, prevalentemente l’evitamento del danno, la cooperatività, l’autodirezionalità e l’autotrascendenza (l’evitamento del danno e l’autotrascendenza sono in media maggiori nei pazienti con DBP, l’autodirezionalità e la cooperatività sono in media minori nei pazienti con DBP). Gli autori hanno poi confrontato il gruppo di pazienti con disturbo borderline di personalità con gruppi di pazienti con altri disturbi. Hanno riscontrato: ➢ Tratti distintivi del DBP rispetto agli altri disturbi (non di personalità, come disturbo dell’umore o disturbo da abuso di alcol). o Livelli di evitamento del danno in media più alti; o Livelli di cooperatività in media più bassi; o Livelli di autodirezionalità in media più bassi. ➢ Tratti distintivi del DBP rispetto ad altri disturbi di personalità. o Livelli della ricerca di novità in media più alti (solo con il gruppo di pazienti con disturbi del Cluster C, non con il gruppo di pazienti antisociali); o Livelli di evitamento del danno in media più alti (solo rispetto al gruppo di pazienti antisociali, non rispetto ad altri disturbi di personalità).
29
Studio: il modello dei cinque fattori è in grado di spiegare la presenza del disturbo borderline di personalità?
Il campione include 362 pazienti con disturbi di personalità, di cui 290 con disturbo borderline e 72 con altri disturbi di personalità. Si riscontrano alcuni tratti di personalità che mostrano differenze significative tra i pazienti borderline e quelli non borderline: ➢ Più alti livelli di nevroticismo nei pazienti con disturbo borderline di personalità; ➢ Più bassi livelli di estroversione nei pazienti con disturbo borderline di personalità; ➢ Più bassi livelli di amicalità nei pazienti con disturbo borderline di personalità. In questo studio effettuano un ulteriore passaggio significativo: oltre ad indagare confronti tra gruppi, gli autori hanno analizzato quanto una serie di variabili esterne consentano di cogliere la presenza della diagnosi di disturbo borderline di personalità. In particolare, hanno distinto la porzione che viene colta anche dal Five Factor Model e quella che rimane non spiegata. In questa analisi hanno osservato che un segno distintivo della patologia borderline, che ha a che fare con le aree di impulsività che mettono a rischio l’incolumità del soggetto (es. spese sconsiderate, promiscuità sessuale, abuso di sostanze, guida spericolata, abbuffate, ricorrenti comportamenti, gesti o minacce suicidari, o comportamento autolesivo), viene poco catturato dal FFM: nessun tratto di questo modello riesce a rendere completamente conto della caratteristica dell’estrema impulsività tipica dei pazienti borderline. Ciò implica che l’utilizzo di questo modello della personalità sana evidentemente non considera qualcosa di clinicamente rilevante.
30
Ipotesi di discontinuità tra personalità sana e patologica
parte dal presupposto che vi siano differenze qualitative tra personalità sana e personalità disturbata. I disturbi di personalità vengono in questo modo intesi come entità diagnostiche discrete, che si basano su caratteristiche patologiche qualitativamente diverse da quelle che possono essere osservate nei soggetti sani. Questo implicherebbe la descrizione delle due situazioni con costrutti differenti e la loro misurazione con strumenti ad hoc.
31
Ipotesi di continuità tra personalità sana e patologica
vede invece la personalità come un insieme di caratteristiche comuni a tutti gli individui, le quali sono dimensionali, che dunque si dispongono lungo un continuum. Personalità sane e disturbate differirebbero solo in termini quantitativi, e quindi i disturbi di personalità rappresenterebbero un’esagerazione e una distorsione delle caratteristiche della personalità sana.
32
differenze tra modello ufficiale e modello alternativo
Il modello ufficiale, che si utilizza per fare diagnosi ufficiali considera i disturbi di personalità come categorie distinte, e si avvale di una valutazione dicotomica (presenza-assenza) di specifici criteri che definiscono la presenza di un disturbo di personalità. Esso si basa su un approccio categoriale, in cui i disturbi di personalità sono intesi come entità discrete, e dunque si pone in accordo con la tesi della discontinuità. Il modello alternativo invece, presente nella sezione III del DSM, adotta un modello ibrido, che tenta di coniugare aspetti categoriali e dimensionali, e presenta diverse categorie diagnostiche dei disturbi della personalità: esse sono caratterizzate da aspetti specifici, valutati in modo dimensionale (per cui è previsto un determinato livello, non presenza-assenza). A seconda del livello, e quindi della gravità, con cui si manifestano, possono essere considerati patologici o non patologici
33
Quale è l'idea del modello biomedico
la sua disciplina di base è la biologia molecolare; si propone l’idea del corpo come macchina, in cui la malattia organica e quella mentale derivano da un malfunzionamento, riconducibile principalmente a variabili biologiche. L’idea di fondo è che qualsiasi fenomeno sia riconducibile alla biologia (modello monodimensionale), e che la patologia psichica derivi da alterazioni o disfunzioni biologiche
34
Teoria monodimensionale ambientale e teoria monodimensionale culturale
La prima ritiene che la patologia della personalità in età adulta sia dovuta alle conseguenze di un’infanzia infelice; la seconda sostiene che non esistano veri e propri disturbi di personalità, ma solo società che non consentono ad alcuni individui di esprimersi liberamente
35
Modello bio-psico-sociale
Esso si basa su una premessa di tipo sistemico, secondo cui esistono più variabili in gioco o sistemi interdipendenti, per cui un evento a livello di un particolare sistema potenzialmente influenza anche gli altri sistemi a diversi livelli; questi sistemi sono di tipo biologico, psicologico e sociale, e sono tra loro interdipendenti. Il modello bio-psico-sociale è ovviamente multidimensionale: come in medicina, né i fattori biologici, né quelli psicologici o quelli sociali possono spiegare da soli lo sviluppo della personalità e l’eziologia dei disturbi della personalità; singoli fattori di rischio raramente conducono a disturbi mentali in età adulta. Si introduce quindi un grado maggiore di complessità, con un’idea di interazione tra vari fattori di diversa natura.
36
Cosa fanno i fattori di rischio
aumentano la probabilità che da una condizione di equilibrio si passi ad uno stato di sofferenza psichica.
37
Fattori di protezione
aumentano la resistenza delle persone agli eventi stressanti, e concorrono al mantenimento dello stato di benessere.
38
Modello diatesi-stress
ipotizza che i fattori psicologici e sociali concorrano a favorire o sfavorire lo sviluppo di un disturbo (indicano se una persona si ammalerà o meno; costituiscono lo stress), e che i fattori biologici concorrano a dare forma al disturbo mentale (determinando una specificità del disturbo; costituiscono la diatesi, o predisposizione). Dunque, l’interazione tra fattori stressogeni (psicologici o sociali) può favorire la slatentizzazione di quadri patologici della personalità in un individuo; ma il tipo di problematica che emergerà, ovvero lo specifico disturbo di personalità, sarà influenzato da fattori biologici propri del soggetto.
39
Come bisogna intendere la guarigione
va intesa come il ripristino di un sufficiente e soddisfacente livello di funzionamento della persona a tutti i livelli, ottenuto tramite la riduzione dei fattori stressanti e lo sviluppo o il miglioramento delle capacità del soggetto di farvi fronte
40
Cosa rientra nell'ambiente non condiviso?
Esperienze soggettive legate all’ambiente familiare comune (es. diverso approccio e atteggiamento relativo ai figli, ordine di nascita…); ➢ Esperienze legate all’ambiente extrafamiliare non condiviso (es. gruppo dei pari).
41
Fattori di rischio biologici/temperamentali secondo Kagan
Ha studiato effetti legati all’ambiente intrauterino, che possono avere un impatto relativo al maggiore o minore livello di stress vissuto dalla donna durante la gravidanza, oltre ad effetti di traumi alla nascita. Si è poi occupato di anomalie nel metabolismo di alcuni neurotrasmettitori (combinazione di più di 150 sostanze chimiche) e dell’instabilità del SNA, sottoforma di iper/ipoeccitabilità. Nei fattori temperamentali incidenti rientrano anche i tratti di personalità, che derivano dall’interazione tra dimensioni radicate biologicamente ed apprendimento sociale. L’idea di base è che la costellazione dei tratti di personalità di un individuo può rappresentare la diatesi, e quindi la vulnerabilità, per l’eventuale sviluppo dei disturbi di personalità.
42
Idea del funzionamento della personalità di chi ha un disturbo di personalità secondo Kernberg
A suo parere, i pazienti con patologia della personalità funzionano a livello scissionale, ovvero hanno un mondo interno scisso: a partire dalle fasi più precoci dello sviluppo, ogni esperienza vissuta dal bambino (che inizialmente vive esperienze principalmente diadiche con la figura di attaccamento primaria) viene codificata in una diade di relazione oggettuale, composta da un’immagine del Sé, un’immagine dell’altro e da un affetto che lega queste due rappresentazioni. Il neonato codifica e archivia le diadi di relazioni oggettuali. Siccome però nelle fasi precoci prevale un funzionamento primitivo, il bambino avrà bisogno di mantenere le diadi di relazioni oggettuali scisse (la scissione consente di tenere separati gli aspetti buoni e cattivi dell’oggetto, poiché secondo la teoria kleiniana il bambino vive una serie di angosce, la cui principale è quella che se quelle negative e quelle positive dovessero entrare in contatto, quelle positive verrebbero distrutte). Proseguendo con lo sviluppo, si passa dal funzionamento scissionale ad un mondo interno integrato (dovrebbe verificarsi un’integrazione, ovvero una costruzione delle rappresentazioni del sé e dell’altro intere, e quindi includenti sia quelle negative che quelle positive). Si sviluppa così la capacità di tollerare l’ambivalenza. Secondo Kernberg, nel caso di patologia della personalità, non si verifica il processo di integrazione, e questo fa sì che i pazienti rimangano ad un funzionamento scissionale, e quindi con un mondo interno scisso.
43
Come influisce l'aggressività temperamentale nel processo di integrazione secondo kernberg?
Uno dei processi che può complicare il raggiungimento dell’integrazione, secondo Kernberg è l’aggressività temperamentale (con questo termine ci si riferisce ai bambini difficili di Thomas & Chess, non ad effettivi comportamenti violenti). Poniamo che il bambino abbia alti livelli di aggressività temperamentale: questo influenzerà le risposte dell’ambiente nei suoi confronti, come nel caso del caregiver che di rimando potrebbe reagire aggressivamente, tramite evitamento, tramite frustrazione… Le esperienze che il neonato potrebbe fare quindi saranno potenzialmente prevalentemente negative, e di conseguenza potrebbe sviluppare un maggior numero di diadi di relazioni oggettuali negative rispetto a quelle positive. L’effetto di tutto questo potrebbe riguardare una malriuscita del processo di integrazione, che risulterà ostacolato, poiché le angosce legate alla possibile distruzione delle diadi di relazioni oggettuali positive da parte di quelle negative sarà più alta. Affinché avvenga uno sviluppo ottimale sarebbe quindi necessario un più basso livello di angoscia.
44
Attaccamento come fattore di rischio psicologico
Oltre a fattori ambientali, biologici e temperamentali esistono anche dei fattori di rischio psicologici nello sviluppo di una personalità sana o patologica. Tra quelli principali vi è l’attaccamento. Bowlby ritiene che il prodotto di molte esperienze di attaccamento ripetute porti alla costituzione dei modelli operativi interni.
45
Stili di attaccamento
Attaccamento sicuro → La figura di accudimento risulta disponibile, affettuosa e ricettiva. Il bambino presenta un’immagine di sé come di un essere degno di amore. 23 ➢ Attaccamento evitante → La figura di accudimento risulta psicologicamente ed emotivamente distaccata. Il bambino presenta un’immagine di sé come di una persona poco amabile. ➢ Attaccamento ambivalente → La figura di accudimento risulta incostante e discontinua nelle risposte. Il bambino presenta un’immagine di sé insicura, agitata e rabbiosa. ➢ Attaccamento disorganizzato → La figura di accudimento risulta altamente imprevedibile. Il bambino presenta comportamenti disorientati e disorganizzati.
46
Qual è l'attaccamento prevalente tra gli individui con patologia della personalità?
Attaccamento insicuro. Lo stile ambivalente si associa tendenzialmente ad una ipersensibilità al rifiuto e all’ansia, ed è frequente nei disturbi istrionico, borderline, evitante e dipendente. Lo stile evitante si associa frequentemente ai disturbi narcisistico, schizoide, antisociale e paranoide
47
Il trauma secondo janet
Janet, considerato precursore degli studi sui disturbi dissociativi (la dissociazione è un meccanismo di difesa): egli ha posto in evidenza il ruolo patogeno della realtà esterna. Dal suo punto di vista, il trauma è reale, ovvero un qualcosa di oggettivamente riconoscibile come traumatico. La dissociazione è un meccanismo di difesa definito in tal modo: « Con il termine meccanismo di difesa ci riferiamo a un’operazione mentale che avviene per lo più in modo inconsapevole, la cui funzione è di proteggere l’individuo dal provare eccessiva ansia. Secondo la teoria psicoanalitica classica, tale ansia si manifesterebbe nel caso in cui l’individuo diventasse conscio di pensieri, impulsi o desideri inaccettabili». La dissociazione genera una disconnessione di alcuni processi psichici dal funzionamento generale. I processi psichici coinvolti possono riguardare il pensiero, la memoria o il senso di identità della persona. Si verifica una perdita più o meno temporanea della capacità di integrare alcune funzioni superiori (quali memoria, linguaggio, capacità di ragionamento e di pianificazione…). La dissociazione può intervenire come meccanismo di difesa quando si vive qualcosa di traumatico, poiché gli eventi del trauma esercitano un effetto di frammentazione e di disorganizzazione delle attività psichiche degli individui, a causa di idee fisse subconsce che vengono create dal trauma. Queste idee fisse possono portare alla formazione di personalità secondarie dissociate (poiché Janet intende la dissociazione come una divisione della personalità, che viene intesa come coscienza); le memorie traumatiche influenzano il comportamento ed il funzionamento mentale dell’individuo, rendendolo limitato, indebolito e frammentato.
48
Il trauma nella concezione di Freud
Freud lo intende invece come fenomeno intrapsichico. Occupandosi di nevrosi, egli tratta le sue pazienti partendo dal rintracciare nella loro storia degli eventi traumatici realmente accaduti; ad un certo punto realizza però che non erano sempre presenti, per cui riflette su quella che viene definita risonanza intrapsichica degli eventi traumatici, ossia la valenza soggettiva che l’esperienza vissuta assume per il soggetto. Nasce quindi il concetto di trauma fantastico, che si riflette nella costruzione di memorie traumatiche
49
Il trauma secondo il middle group
Gli esponenti del middle group hanno posto l'accento sul contesto relazionale traumatico più che sul trauma stesso, spostandosi dal mondo intrapsichico a quello relazionale. Il middle group sostiene che il valore traumatico di un’esperienza non si esaurisca in episodi estremi come abusi o violenze, bensì comprenda perdite precoci, psicopatologie delle figure di accudimento e fallimenti nelle cure genitoriali.(si tenta di relazionare il trauma alle relazioni principali esperite). Dunque, si attribuisce un ruolo traumatico non solo al singolo evento, ma anche a micro-traumi protratti nel tempo. In questo senso, Kahan parla di trauma cumulativo
50
Studio di Spitz
confronta due gruppi di bambini istituzionalizzati: ➢ Gruppo 1: bambini figli di donne carcerate che potevano occuparsi del loro accudimento tramite un asilo interno (a loro non viene completamente negata la relazione con il caregiver); ➢ Gruppo 2: bambini abbandonati e ricoverati in orfanotrofio/brefotrofio (a loro viene negata la relazione con il caregiver). Il 37% dei bambini del secondo gruppo, nonostante ricevessero cure igieniche e nutrimento, mostrava quadri clinici gravi entro un anno di vita; infatti, la mancanza di contatto affettivo li portava a lasciarsi andare per inedia (morivano) entro il secondo anno di età. In particolare, Spitz aveva osservato una serie di fasi che emergevano nei due gruppi: 1. 4 mesi → Lo stato di sviluppo risulta simile nei due gruppi di bambini; 2. 1 anno → Ha riscontrato prestazioni intellettuali dei bambini del secondo gruppo più deficitarie; questi bambini risultavano meno curiosi, giocavano di meno, ed erano più soggetti ad infezioni organiche. 3. 1-2 anni → I bambini cresciuti con le loro madri camminavano e parlavano, mostrando uno sviluppo paragonabile a quello di bambini cresciuti in famiglie normali. I bambini del secondo gruppo apparivano letargici. Questo implica che gli aspetti legati ad una trascuratezza fisica non sono gli unici elementi traumatici riscontrabili.
51
Effetti neurofisiologici della dissociazione secondo Schore
Schore ha invece indagato l’effetto della dissociazione da un punto di vista neurofisiologico, intendendola come incapacità di integrazione tra emisfero destro di livello superiore ed emisfero sinistro di livello inferiore, e come disconnessine del sistema nervoso centrale dal sistema nervoso autonomo
52
Cosa viene considerato un evento traumatico oggi?
considerare traumatico qualsiasi evento od esperienza che abbia effetti di disorganizzazione sull’individuo, rompendone l’equilibrio psichico. Bisogna considerare il trauma come un possibile evento puntuale (singolo) oppure come un trauma cumulativo (protratto nel tempo). Il trauma può inoltre essere considerato oggettivo (mette a rischio l’incolumità del soggetto o di altri) o soggettivo
53
Differenza tra stress e trauma
nel trauma avviene una vera e propria rottura nell’equilibrio psichico che comporta disorganizzazione nell’individuo; nel caso dello stress invece, l’equilibrio psichico viene solo alterato (gli stressors determinano un’alterazione dell’omeostasi individuale), e non provoca uno stato di disorganizzazione. Bisogna inoltre considerare che lo stress non è sempre disadattivo (pensiamo ad esempio all’eustress che si prefigura come una risposta adattiva ad un evento stressante; il distress riguarda invece una risposta soggettiva disadattiva ad un evento stressante). Dunque, è possibile che eventi positivi siano potenzialmente stressanti, poiché come quelli negativi alterano l’equilibrio psichico iniziale. Un evento stressante può diventare problematico quando supera la capacità dell’individuo di farvi fronte; può poi diventare traumatico nel momento in cui, creando disorganizzazione, causa conseguenze importanti in termini di funzionamento.
54
Componenti della resilienza secondo Bonanno
➢ Resistenza: riguarda la capacità dell’individuo di impegnarsi ed investire nel cercare uno scopo e un significato nella propria vita, la fiducia nella possibilità di migliorare l’ambiente e fronteggiare le difficoltà e la convinzione di trarre insegnamento sia da eventi positivi che da eventi negativi; ➢ Valutazione positiva di sé e delle proprie capacità; ➢ Stile di coping basato sull’esclusione dal campo della coscienza e capacità di attuare temporaneamente meccanismi di difesa (es. rimozione o dissociazione per un tempo limitato); ➢ Ottimismo e senso dell’umorismo. Questo aspetto indica anche quanto l’individuo è in grado di utilizzare meccanismi di difesa evoluti (di cui l’ottimismo fa parte).
55
Fattori di rischio sociali frequenti nei pazienti con patologia della personalità
basso status socio-economico della famiglia d’origine e aspetti culturali che possono rinforzare segni disadattivi della patologia della personalità. Alcuni studi riscontrano inoltre che i pazienti con disturbi della personalità riportano più spesso di vivere da soli e di non essere sposati né stabilmente conviventi, e hanno generalmente livelli di istruzione più bassi, anche se vi sono alcune eccezioni, come nel caso del disturbo narcisistico di personalità. Questi fattori da un lato suggeriscono una povertà relazionale, la quale può porsi come fattore di rischio; d’altro canto, nella patologia della personalità il funzionamento relazionale è uno di quelli in cui si osserva in maniera più chiara l’effetto del disturbo; non sappiamo se questi elementi siano precursori o conseguenze del disturbo
56
A quali fattori è legata l'insorgenza di un disturbo di personalità
1. Elevata intensità dei tratti di personalità associati a difficoltà temperamentali caratteristiche (diatesi). 2.Effetto cumulativo dei fattori di rischio, soprattutto nel corso dell’infanzia, ed effetti di interazione con i fattori di protezione
57
A quali fattori è legata la cronicità dei disturbi di personalità
1. Stabilità nel tempo dei tratti di personalità. 2. Effetti di feedback: in media, sappiamo che comportamenti disadattivi portano a conseguenze avverse, che a loro volta rinforzano alcuni comportamenti ed amplificano determinati tratti.
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Caratteristiche delle varie versioni del DSM
Nel DSM-I e nel DSM-II, l’APA è stata mossa dal tentativo di trovare un linguaggio comune che potesse essere utilizzato dagli operatori della salute mentale per la descrizione dei pazienti e per poter comunicare a tal proposito; infatti, fino ad allora, a causa delle diverse prospettive e dei diversi orientamenti, era mancato un linguaggio comune. Nelle prime due versioni, tutti i disturbi mentali rientravano in una delle tre seguenti categorie: psicosi, nevrosi e disturbi del carattere. Esse avevano risentito dell’influenza dell’approccio psicoanalitico, che negli anni ’50 era il paradigma di riferimento. Nel DSM-III vengono abbandonati il linguaggio ed i riferimenti alla teoria psicoanalitica; vengono introdotti criteri diagnostici descrittivi della presentazione clinica per ogni disturbo (non c’era alcun riferimento all’eziologia o alla prospettiva dinamica, solo alla descrizione del disturbo). La diagnosi inizia ad essere quindi basata su sintomi e segni piuttosto che su ipotesi eziologiche. In questo contesto viene introdotto un approccio multi-assiale e politetico; nascono strumenti per poter determinare la presenza/assenza dei criteri necessari a stabilire una diagnosi. L’approccio multi-assiale è stato abbandonato nel DSM-V. Prima di ciò si distinguevano: ➢ Disturbi di Asse I, ovvero i disturbi clinici che causano sintomi acuti e che possono comparire in qualsiasi momento della vita. ➢ Disturbi di Asse II, ovvero i disturbi di personalità, più stabili, persistenti nel tempo e legati al modo in cui una persona percepisce il mondo ed interagisce con gli altri. Nella tabella si nota che i disturbi di personalità per come sono intesi oggi dalla classificazione ufficiale sono stati introdotti nel DSM-III-R.
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Caratteristiche approccio del DSM-V
Il DSM propone di fatto un sistema nosografico-descrittivo: si fonda su un approccio a-teoretico e ha lo scopo di descrivere quanto venga direttamente osservato. I disturbi mentali possono essere descritti come entità distinte l’una dall’altra, sulla base di specifici insiemi di segni e sintomi. Gli elementi che identificano e differenziano le varie sindromi o disturbi devono essere direttamente osservabili o autoriferiti; nel DSM non si ritrova alcun riferimento a cause, origini o teorie di funzionamento della mente. Le diagnosi sono categoriali: parlare di un disturbo di personalità implica la costruzione di una categoria diagnostica, cioè di uno spazio definito da precisi criteri rispetto ai quali il paziente può essere collocato dentro o fuori; le categorie hanno il vantaggio di essere più facili da concettualizzare, da replicare e più rapide per riordinare le cose. L’approccio categoriale implica un’ipotesi di base di discontinuità, poiché presuppone che la personalità disturbata sia qualitativamente differente da quella sana. Ad un tipo di classificazione del genere, se ne contrappone una dimensionale, la quale legge i disturbi come distribuiti lungo un continuum normalità-patologia; a questo livello si pone attenzione agli aspetti quantitativi (gravità, frequenza, intensità). Un approccio del genere è sicuramente più vario e complesso, forse clinicamente più adeguato; è tuttavia più discutibile dal punto di vista concettuale e più impegnativo. Il DSM ha inoltre un approccio politetico, per cui tutti i criteri diagnostici hanno lo stesso valore. Nessuno di loro è ritenuto più importante degli altri né prioritario. Questo approccio si contrappone a quello monotetico, in cui alcuni criteri rappresentano una condizione necessaria per la diagnosi, a cui possono aggiungersene altri secondari oppure no. La differenza tra i due approcci rimanda all’approccio di base del DSM, ovvero l’ateoreticità (il manuale non è teoricamente orientato); gli approcci monotetici sono invece generalmente connessi a spiegazioni teoriche o concettuali, e dunque orientate. Il DSM ha inoltre un approccio nomotetico: ciò implica una messa in luce di aspetti che generalmente accomunano i pazienti che hanno un determinato disturbo di personalità. Al contrario, le fonti con approccio idiografico sottolineano gli aspetti che caratterizzano il singolo paziente, ovvero la sua unicità
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Sezioni del DSM-V
➢ Sezione I → Descrive i principi fondamentali su cui si basa il manuale. Ne esplicita gli scopi, ne chiarifica la struttura, il contenuto e le modalità di impiego. ➢ Sezione II → Include i criteri diagnostici e i codici dei disturbi mentali che possono essere diagnosticati; descrive i quadri clinici e psicopatologici, delineando gli elementi da valutare nei pazienti. Al suo interno è dunque spiegato il modello ufficiale. ➢ Sezione III → Contiene le proposte di nuovi modelli diagnostici e strumenti di valutazione, tra cui il modello alternativo. Le novità, prima di essere ufficialmente inserite nella sezione II del DSM, devono essere validate empiricamente. Vi ritroviamo generalmente scale di valutazione, specifici inquadramenti culturali o condizioni che necessitano di ulteriori studi.
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Criteri del modello ufficiale per i disturbi di personalità
➢ Criterio A → è necessario che ci sia un pattern abituale di esperienza interiore e di comportamento che devia marcatamente rispetto alle aspettative della cultura dell’individuo. Il pattern deve manifestarsi in due (o più) delle seguenti aree: o Cognitività, ovvero modi di percepire, interpretare se stessi, gli altri e gli avvenimenti. o Affettività, ovvero la varietà, l’intensità, la labilità e l’adeguatezza della risposta emotiva. o Funzionamento interpersonale. o Controllo degli impulsi. ➢ Criterio B → Il pattern abituale risulta inflessibile e pervasivo in un’ampia varietà in situazioni personali e sociali. Il carattere patologico riguarda l’inflessibilità, che quindi non può essere adeguata al contesto di riferimento. ➢ Criterio C → Il pattern abituale determina un disagio clinicamente significativo o una compromissione del funzionamento in ambito sociale, lavorativo o in altre aree importanti. ➢ Criterio D → Il pattern è stabile e di lunga durata, e l’esordio può essere fatto risalire almeno all’adolescenza o alla prima età adulta. ➢ Criterio E → Il pattern abituale non risulta meglio giustificato come manifestazione o conseguenza di un altro disturbo mentale. ➢ Criterio F → Il pattern abituale non è attribuibile agli effetti fisiologici di una sostanza (per es., una sostanza di abuso, un farmaco) o di un’altra condizione medica generale (per es., un trauma cranico).
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Suddivisione in cluster
A: paranoide, schizoide, schizotipico B: antisociale, borderline, istrionico, narcisistico C: evitante, dipendente, DOC
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Limiti del modello ufficiale
Il modello ufficiale presenta dei limiti rispetto alla diagnosi di disturbi di personalità, specialmente in relazione alla pratica clinica: in generale, si riscontra tra i pazienti un’eccessiva eterogeneità clinica, seppur con medesima diagnosi. Inoltre, la diagnosi ottenuta mediante il modello diagnostico della classificazione ufficiale si è dimostrata avere una bassa rilevanza clinica: la mancanza di un indice legato alla gravità del grado di patologia della personalità è un elemento assai critico (la gravità avrà un impatto sulla gestione clinica del caso, dunque risulta rilevante da considerare). Oltre ai limiti già citati ne esistono altri relativi alla diagnosi: nel DSM-V-TR essa appare definita generalmente e vagamente, senza un effettivo sostegno empirico. Inoltre vi è un’eccessiva co-occorrenza dei disturbi: è molto frequente che i pazienti abbiano più disturbi della personalità in comorbilità, poiché soddisfano i criteri per più disturbi. Come già detto, l’eterogeneità clinica tra pazienti con medesima diagnosi è varia; le soglie dei criteri sono arbitrarie e non empiricamente fondate (è stato dimostrato che un paziente che soddisfa 4 segni di disturbo borderline non è significativamente differente da uno che ne soddisfa 5, ovvero il criterio soglia): questo pone rilevanti problemi in termini di attendibilità della diagnosi.
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Modifiche che si propone di fare il modello alternativo
➢ Nuova concettualizzazione della patologia della personalità: si verifica un passaggio da un approccio categoriale ad uno ibrido, che coniuga aspetti categoriali con aspetti dimensionali (l’idea di base è che ci sia un continuum tra funzionamento della personalità sano e patologico). ➢ Cambiamento del metodo diagnostico. ➢ Modifica del numero di disturbi: sulla base della revisione della letteratura, gli esperti hanno ipotizzato l’eliminazione di alcuni disturbi di personalità del modello ufficiale.
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Criteri del modello alternativo per i disturbi di personalità
Compromissione del funzionamento di personalità, sia nell’area del sé che nel funzionamento interpersonale; B. Presenza di tratti di personalità patologici. C. Le compromissioni del funzionamento della personalità e l’espressione dei tratti di personalità del soggetto sono relativamente inflessibili e pervasive in una vasta gamma di situazioni personali e sociali. D. Le compromissioni del funzionamento della personalità e l’espressione dei tratti di personalità del soggetto sono relativamente stabili nel tempo e il loro esordio si può far risalire almeno all’adolescenza o all’inizio dell’età adulta. 33 E. Le compromissioni del funzionamento della personalità e l’espressione dei tratti di personalità del soggetto non sono meglio spiegate da un altro disturbo mentale. F. Le compromissioni del funzionamento della personalità e l’espressione dei tratti di personalità del soggetto non sono attribuibili agli effetti fisiologici di una sostanza o di un’altra condizione medica. G. Le compromissioni del funzionamento della personalità e l’espressione dei tratti di personalità del soggetto non possono essere considerate normali per la fase di sviluppo o l’ambiente socioculturale.
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Diagnosi di disturbi di personalità in bambini e adolescenti nel modello alternativo
«Le categorie di disturbi di personalità possono essere applicate a bambini o adolescenti in quei casi relativamente insoliti in cui i particolari tratti di personalità disadattivi dell’individuo sembrano essere pervasivi, persistenti e probabilmente non limitati ad un particolare stato dello sviluppo o ad un altro disturbo mentale»…«Per diagnosticare un disturbo di personalità in un individuo con meno di 18 anni di età le caratteristiche devono essere presenti per almeno 1 anno».
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Quali sono secondo il modello alternativo le aree di funzionamento in cui ci deve essere una compromissione (almeno 2 su 4)
➢ Alterazione nel funzionamento del Sè o Identità: con questo termine, il modello alternativo fa riferimento ad un’esperienza di un sé unico, con chiari limiti rispetto al mondo esterno, capace di regolare le proprie esperienze emotive, stabile nella stima di sé e in grado di autovalutarsi. Riguarda anche la capacità di riconoscere gli effetti che il proprio comportamento e il proprio agito possa avere sugli altri. o Autodirezionalità: capacità di perseguire in modo coerente obiettivi esistenziali significativi sia nel breve che nel lungo periodo, utilizzo di standard interni di comportamento costruttivi e prosociali, capacità autoriflessiva. 34 ➢ Alterazione nel funzionamento interpersonale o Empatia: fa riferimento alla capacità di comprendere e valutare l’esperienza emotiva e le motivazioni altrui, tollerare le prospettive differenti, comprendere gli effetti del proprio comportamento. Generalmente possiamo distinguere due componenti che il modello alternativo unisce: ▪ Empatia cognitiva (es. riesco a mettermi nei panni dell’altro o ad assumere la sua prospettiva); ▪ Empatia emotiva (es. ha a che fare con la risonanza emotiva) o Intimità: capacità di mantenere un profondo e duraturo rapporto con gli altri, il desiderio e la capacità di mantenere una vicinanza e un comportamento improntato al rispetto reciproco.
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Come si verifica il livello di compromissione secondo il modello alternativo?
si usa la scala LPFS – Level of Personality Functioning Scale, che descrive le possibili disfunzioni osservabili in queste aree secondo una gravità crescente. Prevede 5 livelli di funzionamento della personalità, da livello 0 (assenza di compromissione) a livello 4 (estrema di compromissione): la compromissione moderata si colloca a livello 2.
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Quali sono i domini e i tratti di personalità patologica a cui si riferisce il criterio B del modello alternativo?
➢ Affettività negativa: tendenza a fare esperienze frequenti e intense di alti livelli di emozioni negative, e relative manifestazioni comportamentali e interpersonali. o Labilità emotiva o Ansia o Angoscia da separazione o Perseverazione o Sottomissione o Depressività o Sospettosità ➢ Distacco: tendenza ad evitare esperienze socio-emotive. o Affettività ridotta o Ritiro o Anedonia o Evitamento dell’intimità ➢ Antagonismo: tendenza a mettere in atto comportamenti che mettono l’individuo in contrasto con gli altri. o Manipolarietà o Inganno o Grandiosità o Ostilità o Ricerca di attenzione o Insensibilità ➢ Disinibizione: tendenza a ricercare gratificazione immediata senza riguardo per esperienze passate o conseguenze future. o Irresponsabilità o Impulsività o Distraibilità o Tendenza a correre rischi o Perfezionismo rigido ➢ Psicoticismo (diverso dalla psicosi): tendenza a manifestare vasta gamma di comportamenti e pensieri socialmente bizzarri. o Convinzioni ed esperienze inusuali o Eccentricità o Disregolazione percettiva
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Cos'è il PID-5
è uno strumento appositamente costruito per misurare i tratti patologici della personalità (e quindi il criterio B). Il questionario esiste in due versioni: ➢ Versione lunga, 220 item: consente una misurazione valida e affidabile sia dei domini che dei tratti specifici. ➢ Versione breve, 25 item: consente di valutare i domini patologici ma non i tratti specifici.
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Relazione tra disturbi di personalità e Five Factor Model
➢ Nevroticismo → Affettività negativa ➢ Estroversione → Distacco ➢ Apertura all’esperienza → Psicoticismo ➢ Piacevolezza → Antagonismo ➢ Coscienziosità → Disinibizione
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Quali disturbi di personalità vengono eliminati nel modello alternativo
paranoide, schizoide, dipendente, istrionico
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Come erano intesi i disturbi di personalità nell'ICD-10
deviazioni estreme o significative dal modo in cui l’individuo medio in una data cultura percepisce, pensa, sente e, in partico-lare, si relaziona con gli altri. Tali modelli di comportamento tendono ad essere stabili e a comprendere più domini di comportamento e funzionamento psicologico. Sono frequentemente, ma non sempre, associati a vari gradi di disagio soggettivo e problemi di natura sociale
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Approccio del ICD-10
propone un sistema nosografico-descrittivo, assimilabile alla classificazione ufficiale del DSM. L’approccio di base è ateoretico, ed ha lo scopo di descrivere quanto può essere osservato dal clinico, senza fare riferimento a possibili ipotesi eziologiche. I disturbi mentali quindi, aldilà della loro origine, possono essere descritti come entità distinte l’una dall’altra sulla base di specifici insiemi di segni e sintomi. Questo sistema identifica e differenzia le varie sindromi o disturbi esclusivamente sulla base degli elementi direttamente osservabili o autoriferiti che le descrivono. La diagnosi in questo caso si basa su descrizioni prototipiche, e quindi su quadri clinici presentati in forma di brevi descrizioni narrative. La valutazione del paziente viene effettuata sulla base del grado di somiglianza alla descrizione prototipica del paziente con uno specifico disturbo
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Come sono intesi i disturbi di personalità secondo l'ICD-11?
«Il disturbo della personalità è caratterizzato da problemi nel funzionamento del sé (es., identità, autostima, accuratezza della visione di sé, auto-direzione) e/o disfunzioni interpersonali (es., capacità di sviluppare e mantenere stretto e reciprocamente soddisfacente relazioni, capacità di comprendere le prospettive degli altri e di gestire i conflitti nelle relazioni) che persistono per un periodo di tempo prolungato (2 anni o più)
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Livelli dei problemi nel funzionamento del sè e/o disfunzioni interpersonali
➢ Livello lieve: i disturbi influenzano alcune aree del funzionamento della personalità ma non altre, e le loro manifestazioni potrebbero non essere evidenti in alcuni contesti. Ne sono un esempio delle problematiche a livello di autodirezionalità, che però non sono accompagnate da problemi nella stabilità e coerenza dell’identità/senso di sé. Esistono problemi in molte relazioni interpersonali, ma alcune di esse vengono mantenute. Questo livello non è tipicamente associato a danni sostanziali a se o ad altri, ma può essere connesso a disagio significativo o menomazione nelle aree di funzionamento personale, familiare, sociale, occupazionale o di altro tipo. In generale, queste disfunzioni sono limitate ad aree circoscritte, o presenti in più aree ma in modo lieve. ➢ Livello moderato: i disturbi influenzano tutte le aree del funzionamento della personalità; tuttavia, alcune aree del funzionamento della personalità possono essere relativamente meno colpite. Ci sono notevoli problemi nella maggior parte delle relazioni interpersonale, ed è probabile che le relazioni siano caratterizzate da alti livelli di conflitto, evitamento, ritiro o dipendenza estrema. Il disturbo moderato di personalità è talvolta associato a danni a se stessi o agli altri, ed è correlato ad una marcata compromissione del funzionamento personale, familiare, sociale, educativo, lavorativo o in altre aree importanti, sebbene il funzionamento in aree circoscritte possa essere mantenuto. ➢ Livello grave: i disturbi sono caratterizzati da una compromissione particolarmente grave del funzionamento del sé. Il senso del sé può essere così instabile che gli individui riferiscono di non avere un senso di ciò che loro sono. I problemi nel funzionamento interpersonale influenzano tutte le relazioni, anche in ambito lavorativo e sociale allargato. Le manifestazioni specifiche del disturbo della personalità sono gravi e colpiscono la maggior parte, se non tutte, le aree del funzionamento della personalità. Il disturbo grave di personalità è spesso associato a danni a se stessi o agli altri, ed è associato a grave menomazione in tutti o quasi tutti gli ambiti della vita.
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Domini dei tratti di personalità che possono caratterizzare i pazienti con disturbi della personalità nell'ICD-11
❖ Affettività negativa: tendenza a provare una vasta gamma di emozioni negative e a sperimentarle. 40 ❖ Distacco: tendenza a mantenere una distanza interpersonale (distacco sociale) ed emotiva (distacco emotivo). ❖ Disinibizione: tendenza ad agire impulsivamente ed avventatamente sulla base di stimoli esterni o interni immediati senza considerare le potenziali conseguenze negative. ❖ Dissocialità (dominio particolarmente utile per descrivere la struttura della personalità nei pazienti disturbo antisociale): disprezzo per i diritti e i sentimenti degli altri. ❖ Anancasmo (dominio particolarmente utile per descrivere la struttura della personalità nei pazienti con DOC): attenzione eccessiva a rigidi standard di perfezione e distinzione giusto/sbagliato, al controllo del comportamento proprio e degli altri e delle situazioni per garantire la conformità a questi standard.
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Caratteristiche generali del PDM
Il manuale fa capo all’Alliance of Psychoanalytic Organizations. Le influenze teoriche sono in questo caso esplicitate, ed hanno a che fare con orientamenti psicodinamici. La prima versione è stata pubblicata nel 2006 (oggi siamo alla seconda), e nasce per proporre una nosografia dei disturbi psichici fondata su un modello psicodinamico, in cui però gli elementi di descrizione dei disturbi psicopatologici vengono sostenuti da evidenze empiriche. Il PDM propone un approccio integrativo tra conoscenza nomotetica ed idiografica. È organizzato in tre principali sezioni: 1) Diagnosi in età adulta: vengono proposte le condizioni patologiche che tendono ad esordire e a manifestarsi in età adulta. 2) Diagnosi in età evolutiva (da neonati a adolescenti): vengono proposte le condizioni patologiche che tendono ad esordire e a manifestarsi in età evolutiva. 3) Contributi teorici e metodologici alla base dell’approccio del PDM. La personalità viene intesa dal PDM come un contenitore, caratterizzato da una serie di elementi da valutare per ottenere un quadro completo del paziente
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Cosa valuta l'asse P del PDM
➢ Asse P: struttura della personalità. Esso articola il funzionamento della personalità in tre livelli: 41 o Sano: tutte le capacità relative ai criteri riportati di seguito sono preservate; o Nevrotico: si nota qualche compromissione circoscritta ad aree specifiche mentre altre aree sono preservate; o Borderline (diverso da disturbo borderline): prevede una compromissione severa soprattutto nelle prime 4 o 5 aree elencate. Può esserci una compromissione temporanea anche dell’esame di realtà che tende tuttavia ad essere temporanea e non strutturale. Per definire tali livelli ci si avvale di alcuni criteri suggeriti dal manuale: o Identità (secondo l’orientamento psicodinamico, questo costrutto comprende un proprio senso del sé che, se integrato, consente di generare un’immagine altrettanto integrata degli altri): ha a che fare con il vedere se stessi e gli altri in modo articolato, stabile e preciso. o Relazioni oggettuali: riguarda la capacità di mantenere relazioni intime, stabili e soddisfacenti. o Tolleranza degli affetti: implica la capacità di fare esperienza dentro di sé e di percepire anche negli altri l’intera gamma degli affetti appropriati all’età. o Regolazione degli affetti: riguarda la capacità di regolare affetti e impulsi in modo da favorire l’adattamento e la soddisfazione, con un ricorso flessibile a difese e strategie di coping (la patologia della personalità è caratterizzata da forte rigidità in questo ambito). o Integrazione del super-io, dell’ideale dell’Io e dell’Io ideale: è la capacità del soggetto di funzionare secondo una sensibilità morale coerente e matura. o Esame di realtà: ha a che fare con la capacità di differenziare se stessi e i propri vissuti da quelli di altre persone (e quindi di tracciare confini chiari), e di mettere in relazione ciò che si pensa e si percepisce con ciò che è consensualmente definito reale. o Forza dell’Io e resilienza: implica la capacità di affrontare e riprendersi dagli eventi stressanti e dolorosi senza un’eccessiva difficoltà. Dopo aver valutato questi elementi, il clinico dovrebbe valutare il grado di somiglianza con i diversi stili di personalità riportati nel PDM (gli stili sono assimilabili ai disturbi del DSM), ovvero: 1. Personalità depressive; 2. Personalità maniacali; 3. Personalità dipendenti; 4. Personalità fobiche e ansioso-evitanti; 5. Personalità Ossessivo-Compulsive; 6. Personalità Schizoidi; 7. Personalità somatizzanti; 8. Personalità istrionico-isteriche; 9. Personalità Narcisistiche; 10. Personalità Paranoidi; 11. Personalità Psicopatiche; 12. Personalità Sadiche; 13. Personalità Borderline; 14. Personalità Dissociative; 15. Personalità miste.
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Come è intesa la personalità nel PDM
Definiamo personalità modi relativamente stabili di pensare, sentire, comportarsi e relazionarsi agli altri. In questo contesto, "pensare" comprende non solo il proprio sistema di credenze ed i modi di attribuire senso a sé e agli altri, ma anche i valori morali e gli ideali… Ognuno ha una sua propria personalità, è quando questa è così rigida o così caratterizzata da deficit, tanto che la persona incontra problemi persistenti nella sua vita, che per noi presenta un disturbo di personalità
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Cosa valuta l'asse M del PDM
Asse M: funzionamento mentale. Una volta identificato il livello di funzionamento della personalità e lo stile tipico del paziente, si può arricchire la diagnosi con elementi e aspetti che hanno a che fare con il funzionamento della personalità. L’asse M consente di valutare una serie di capacità: o Capacità di regolazione, attenzione e apprendimento; o Capacità di relazioni e intimità; o Qualità dell’esperienza interna (livello di sicurezza e rispetto di sé); o Esperienza, espressione e comunicazione degli affetti; 43 o Pattern e capacità difensive; o Capacità di formare rappresentazioni interne articolate, complesse e integre; o Capacità di differenziazione e integrazione; o Capacità di auto-osservazione; o Capacità di costruire o ricorrere a standard e ideali interni di comportamento e di riuscire a usarli in maniera flessibile rispetto all’ambiente in cui ci si pone
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Cosa valuta l'asse S del PDM?
➢ Asse S: esperienza soggettiva dei sintomi. Si indaga dopo aver valutato gli altri assi. L’asse S valuta condizioni patologiche che nell’ottica del DSM vengono definite disturbi clinici: o Disturbo dell’adattamento; o Disturbo d’ansia: traumi psichici o disturbi post traumatici da stress; Fobie; Disturbi ossessivo-compulsivi; o Disturbi dissociativi; o Disturbi dell’umore: disturbi depressivi o bipolari; o Disturbi somatoformi; o Disturbi dell’alimentazione; o Disturbi psicogeni del sonno; o Disturbi sessuali e dell’identità di genere: disturbi sessuali, parafilie, disturbi dell’identità di genere; o Disturbi fittizi; o Disturbi del controllo degli impulsi; o Disturbo da uso di sostanze/dipendenze; o Disturbi psicotici; o Disturbi mentali su una condizione medica generale.
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Vantaggi e limiti del PDM
La diagnosi effettuata con il PDM consente di comprendere il paziente e il suo funzionamento in maniera articolata e precisa, sia rispetto alla patologia della personalità (asse P) che rispetto ad altre specifiche che possono essere aggiunte (M e S). Inoltre ha una buona capacità di cogliere l’eterogeneità dei quadri di patologia della personalità, nonché la loro variabilità di espressione (poiché nella descrizione prototipica possono essere ritrovati elementi presenti in maniera diversa in pz con lo stesso stile di personalità). Tuttavia ha anche dei limiti, in quanto si basa su un manuale orientato teoricamente, e questo fa sì che i clinici che se ne possono avvalere sono selezionati. Si tratta infine di un manuale poco usato rispetto ad altri manuali diagnostici nella ricerca empirica; si pongono dunque delle questioni rispetto all’indagine relativa alla sua validità e attendibilità.
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Perchè i pazienti con disturbi di personalità vengono definiti pazienti difficili?
hanno importanti conseguenze sul piano sociale e personale, che si possono manifestare a diversi livelli, tra cui: ➢ Interruzione prematura degli studi; ➢ Difficoltà di adattamento ai contesti lavorativi; ➢ Difficoltà significative nell’avere amicizie o rapporti affettivi stabili; ➢ Coinvolgimento in attività pericolose o illegali (talvolta attivamente, talvolta passivamente); ➢ Comportamenti violenti autodiretti o eterodiretti; ➢ Abuso di sostanze; ➢ Scarse capacità di tollerare lo stress, immaturità, carenza di introspezione. Nonostante queste situazioni non siano trascurabili, spesso i pazienti con PDs negano di avere problemi interiori, ed attribuiscono ad altri la responsabilità delle proprie difficoltà, almeno quando vengono percepite come tali. Perciò spesso giungono all’attenzione clinica dopo molto tempo dall’esordio e portando questioni diverse rispetto a quelle tipiche del PD di cui soffrono (es. ansia, abuso di sostanze…) o arrivando inviati da parte di altri significativi (genitori o partner). La presenza di un PD complica il quadro di pazienti con ulteriori disturbi clinici (es. disturbo d’ansia generalizzato in comorbilità con un PD è un quadro molto complesso da gestire e trattare). Generalmente, i pazienti con PD tendono a negare l’esistenza dei propri problemi e ad attribuire agli altri le proprie difficoltà: i disturbi di personalità sono infatti egosintonici, e aldilà degli specifici quadri di riferimento tendono generalmente a muovere i meccanismi di proiezione (a differenza dei disturbi clinici che sono prevalentemente egodistonici, e quindi percepiti come fastidiosi a causa della sintomatologia). L’egosintonicità contribuisce a rendere i pazienti difficili
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Tassi di prevalenza dei disturbi di personalità
studi epidemiologici USA suggeriscono che i tassi di prevalenza nei soggetti adulti si aggirano attorno al 15%. Altre ricerche suggeriscono che non vi sono evidenze relative a differenze di genere (questo non vale per alcuni specifici PDs). Nel caso di una popolazione psichiatrica, la prevalenza è stimata tra il 30 e il 50% per i pazienti ambulatoriali, e al 50% per quelli ricoverati. I PDs tendono a presentarsi in comorbilità con i disturbi clinici, e spesso anche tra di loro
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Quali sono le caratteristiche generali da considerare per la diagnosi dei disturbi di personalità?
➢ Esordio non puntuale: non è possibile individuare un momento specifico che segni la differenza tra un prima ed un dopo rispetto alla manifestazione dei sintomi. ➢ Compromissioni generali del funzionamento interpersonale: i pazienti sembrano non essere in grado di stabilire e mantenere relazioni profonde e reciproche. Da questo deriva spesso un’instabilità lavorativa, in cui è quasi sempre richiesta la capacità di entrare in relazione con superiori e colleghi. ➢ Pervasività dei sintomi: rende impossibile individuare un problema specifico, poiché i pazienti mostrano questioni cliniche rilevanti in più aree di funzionamento.