ANNA BELLAVITIS Flashcards
(43 cards)
QUAL E’ L’OBIETTIVO DI ANNA BELLAVITIS?
Restituire dignità e visibilità alla storia del lavoro delle donne in età moderna, alla loro presenza nel mondo del lavoro, una presenza sia ufficiale, riconosciuta, sia nascosta, sommersa, clandestina, ma spesso tollerata dalle autorità
Lo fa smantellando prima il quadro dalla presenza di alcuni pregiudizi, in particolare due:
- quello secondo cui le donne non avrebbero mai lavorato in età moderna
- e quello secondo cui, qualora avessero lavorato, lo avrebbero fatto solamente all’interno delle mura domestiche
QUALI DOMANDE SI PONE NEI PRIMI CAPITOLI?
1) Cosa ha rappresentato il lavoro per le donne nell’età moderna? Quali lavori hanno svolto?
2) Quali sono state le grandi cesure storiche?
3) Quali sono stati i diritti delle donne nel mondo del lavoro? Come le normative, i codici legislativi hanno condizionato le loro attività?
QUALI SONO COMUNQUE GLI ELEMENTI DI CONTINUITA’ CHE POSSONO ESSERE INDIVIDUATI NELLA STORIA DEL LAVORO DELLE DONNE IN ETA’ MODERNA, nonostante sia impossibile tracciare un quadro uniforme e fornire un modello universalmente valido?
1) il lavoro delle donne è stato sempre condizionato dal corpo; le donne hanno lavorato con il corpo, i loro lavori sono spesso stati lavori di assistenza e di cura di corpi altrui (lavori di “care”); ma lo svolgimento delle loro attività è stato sempre condizionato dal rilevantissimo evento biologico e culturale che è la maternità
2) La storia del lavoro delle donne in età moderna è sempre stata la storia di una grave e perdurante disparità salariale
CHE LAVORI HANNO SVOLTO LE DONNE IN ETA’ MODERNA?
Hanno svolto molteplici lavori
- A.B. tenta infatti di depurare il campo dalla presenza di radicati pregiudizi
- le donne hanno dimostrato di avere agency
Lavori tradizionalmente considerati femminili, ma che erano gestiti da uomini (il balio era il marito della balia con cui la famiglia del neonato prendeva accordi), lavori tradizionalmente considerati femminili, ma che in origine non lo erano (il settore della lavorazione della seta è stato un settore in cui la presenza delle donne è stata rilevante sin dal Medioevo, ma è stato sottoposto a un processo di femminilizzazione dal Settecento in poi, si veda il caso di Venezia e di Bologna), lavori tradizionalmente considerati maschili, ma che in origine non lo erano (le donne lavorarono attivamente alla fabbricazione delle calze a maglia, prima della meccanicizzazione del processo di tessitura che determinò l’esclusione delle donne dal settore; hanno svolto lavori da uomini (lavori di fatica, lavori in miniera, lavori di scavo, di trasporto di materiali da costruzione anche molto pesanti); artigianato, servizio domestico, commercio ambulante e al dettaglio, sono state dipendenti di istituzioni statali (come estimatrici per gli inventari post-mortem) oppure dipendenti di istituzioni ecclesiastiche (le suore spesso lavoravano nei conventi, nel tentativo di arginare la cronica crisi di liquidità dei monasteri, anzi, spesso la loro produzione entrava in concorrenza con quella autorizzata delle corporazioni),
e hanno svolto:
1) lavori artistici e intellettuali
2) lavori di stampo commerciale, artigianale e mercantile
QUALI SONO I DUE PREGIUDIZI DA SMANTELLARE PRIMA DI PROCEDERE ALL’ANALISI, secondo l’autrice?
1) Le donne non avrebbero mai lavorato in età moderna –> in realtà hanno sempre lavorato e anche molto, spesso anche fino alla vecchiaia, contribuendo in maniera attiva ad arricchire il mondo produttivo di età moderna, un mondo attraversato da trasformazioni (avvio della produzione protoindustriale, espansione del capitalismo, inaugurazione di un mercato mondiale). Sono riuscite, nonostante la presenza di molti limiti, a inserirsi negli interstizi delle norme municipali, a sfruttare a loro vantaggio le ambiguità normative, ad agire nonostante la presenza di quei limiti (hanno dimostrato di avere agency)
2) Quello secondo cui le donne avrebbero svolto quasi sempre e solo mansioni domestiche –> no, le donne hanno lavorato a casa come fuori casa, ovunque, ovviamente ci sono state delle differenze a seconda sia delle varie epoche storiche che prendiamo in esame, delle varie realtà geografiche che prendiamo in esame (i contesti hanno assegnato in maniera diversa dei profili all’uomo e alla donna, hanno esercitato una certa pretesa definitoria, spesso collocando l’uomo nella sfera delle relazioni pubbliche e sociale e la donna in quella privato-domestica
QUALI SONO I MESTIERI DA DONNE?
Si riferisce con quest’espressione a cinque tipologie di mansioni che le donne hanno svolto e
1) hanno coinvolto il corpo delle donne-lavoratrici, spesso anzi il corpo è indispensabile per esercitare il mestiere
2) coinvolto il corpo di altri, un corpo di cui prendersi cura, proteggere e salvaguardare (le donne hanno svolto lavori di “care”)
CHE COSA HA RAPPRESENTATO IL LAVORO PER LE DONNE IN ETA’ MODERNA?
Non ha fornito un’identità professionalizzante, un’identità in grado di strutturare l’intero essere di una persona, ma è stata spesso una scelta di sopravvivenza, una scelta obbligata.
Le donne non definivano se stesse utilizzando il verbo essere + nome della professione che esercitavano, a parte qualche eccezione. Spesso, come nel caso delle operaie dell’Arte della Seta di Venezia si riferivano a se stesse ricorrendo al nome del lavoro del marito. Oppure, come ha messo in luce una ricerca svolta dall’università di Uppsala (“far contare i verbi”) si riferivano a se stesse utilizzando verbi che denotavano lo svolgimento di un’azione (“io spazzo”; “io lavo i panni”, “io faccio la serva”, “io lavo i panni per conto di”, visto che spesso accanto ai tradizionali lavori domestici le donne svolgevano lavori domestici anche per conto di altri, ma non venivano considerati produttivi, si sovrapponevano gli spazi del lavoro e gli spazi della vita quotidiana)
QUALI SONO STATE LE GRANDI CESURE STORICHE?
A) TESI DEL DECLINO DELLA PRESENZA DELLE DONNE nel mondo del lavoro e, più nello specifico, nelle corporazioni in età moderna avanzata: una tesi spesso disattesa da diverse studiose, che hanno fornito interpretazioni anche abbastanza diverse tra loro
B) la stessa età moderna ha rappresentato in questo senso una rivoluzione: è un’età attraversata da grandi trasformazioni (inaugurazione di un mercato globale, avvio di un tipo di produzione protoindustriale, espansione del capitalismo)
COSA SI CHIEDE L’AUTRICE INVECE NEI CAPITOLI SUCCESSIVI?
Si chiede quali sono stati i diritti delle donne nel mondo del lavoro? Come le normative presenti e i codici legislativi hanno influenzato le loro attività?
(Già M.W.H. nel primo capitolo affermava che il mondo del diritto risente delle variabili temporali e geografiche; codici legislativi e normative sono stati influenzati dalla presenta di rappresentazioni fortemente misogine e ostili alle donne.
Il mondo del diritto non ha avvantaggiato le donne; la loro capacità di azione è sempre stata fortemente limitata dal sistema successorio ed ereditario, dal matrimonio, dalla presenza di forme di tutela patriarcale e di genere, ma le donne hanno sempre dimostrato di possedere agency.
Sono riuscite quindi a inserirsi negli spazi di contraddizione tra norma teorica, misogina e patriarcale e le necessità della vita reale (nelle città portuali le donne spesso approfittavano dell’assenza dei mariti e stipulavano contratti di apprendistato, le fonti notarili rivelano anche casi di donazioni reciproche tra donne nubili maggiorenni
- diritto di agire e di possedere –> in che misura le donne sono state proprietarie e hanno potuto avviare un’impresa?
- cosa ha rappresentato la dote
- quali sono stati i diritti nelle corporazioni, nelle imprese artigiane e commerciali
QUALI SONO STATI I DIRITTI DELLE DONNE NEL MONDO DEL LAVORO? COME HANNO INFLUENZATO LE LORO ATTIVITA’ LE NORMATIVE E I CODICI LEGISLATIVI PRESENTI?
Anna Bellavitis se lo chiede nei capitoli centrali del testo.
1) Hanno avuto le donne diritto di agire e di possedere in età moderna? Ovvero il diritto di essere proprietarie e di avviare delle imprese?
A.B. prende in esame alcuni statuti presenti nell’Europa del Nord (Inghilterra) di tradizione normanna e validi secondo il regime di common law; sono emerse varie definizioni giuridiche in grado di descrivere la condizione, lo statuto giuridico e l’attività esercitata dalle donne
- feme sole
- feme coverte
- mercantessa pubblica
2) Che cosa ha rappresentato la dote nel mondo moderno? Che cosa era?
3) Quali diritti hanno avuto le donne all’interno delle corporazioni, nelle imprese commerciali e artigiane?
I DIRITTI NELLE CORPORAZIONI, NELLE IMPRESE ARTIGIANE E COMMERCIALI
QUALI SONO GLI STATUTI/DEFINIZIONI GIURIDICHE PRESENTI NELL’EUROPA DEL NORD E VALIDE SECONDO IL REGIME DI COMMON LAW?
Ne parla quando si chiede quali sono stati i diritti delle donne nel mondo del lavoro e come le normative vigenti, i codici legislativi hanno influenzato le loro attività lavorative?
A.B. si chiede se le donne hanno avuto diritto di agire e possedere in età moderna e le forme di questo diritto.
Prende in esame alcuni statuti presenti nell’Europa del nord (Inghilterra) di tradizione normanna e validi secondo il regime di common law; sono emerse varie definizioni in grado di descrivere la condizione, lo statuto giuridico e l’attività esercitata dalle donne
- feme sole
- feme coverte
- mercantessa pubblica
DIRITTO DI POSSEDERE E DI AGIRE = diritto di essere proprietarie e di avviare un’attività
Anna Bellavitis si chiede se le donne hanno avuto diritto di agire e possedere in età moderna e le forme di questo diritto.
A.B. prende in esame alcuni statuti presenti nell’Europa del Nord (Inghilterra) di tradizione normanna e validi secondo il regime di common law; sono emerse varie definizioni giuridiche in grado di descrivere la condizione, lo statuto giuridico e l’attività esercitata dalle donne
- feme sole
- feme coverte
- mercantessa pubblica
TESI DEL DECLINO DELLA PRESENZA DELLE DONNE NEL MONDO DEL LAVORO (=nelle corporazioni) IN ETA’ MODERNA AVANZATA: le varie interpretazioni delle studiose
E’ considerata una grande cesura nella storia del lavoro delle donne in età moderna. Secondo questa tesi, le donne sarebbero state progressivamente escluse dal mondo del lavoro e delle corporazioni in età moderna, ma alcune studiose hanno disatteso tale tesi o comunque hanno fornito interpretazioni più approfondite e spesso anche molto diverse tra loro
- Alice Clark, 1919: le donne sono state escluse dal mondo del lavoro nel momento in cui la produzione artigianale si è spostata dalle case alle manifatture
- Ivy Pinchbeck, 1930: sostiene invece il contrario. La massiccia immissione delle donne nelle manfiatture inglesi durante la rivoluzione industriale ha offerto loro maggiori possibilità di emancipazione
- Judith Benneth, anni ‘80: pone invece l’accento sul fatto che le donne, presenti o non presenti, sono state sempre pagate meno degli uomini, e che c’è ben poco quindi da gioire
- Martha Howell: ha messo in luce come le donne siano state escluse dalle corporazioni nel momento in cui si sono trasformate in soggetti politici con ruoli di governo nelle città
- Angela Groppi parla invece di un “movimento a fisarmonica”: per le donne ci sono state fasi di espansione e fasi di contrazione delle possibilità lavorative, ma se in fasi di difficoltà economica l’accesso delle donne al mondo del lavoro è stato fortemente limitato perché (M.W.H. la crescita demografica cinquecentesca ha spinto a restringere l’accesso ai privilegi corporativi agli uomini) non è detto che poi queste limitazioni fossero rispettate (nel Seicento a Londra le corporazioni di nuova fondazione come scrivani, carrai, orafi accolsero sin da subito uomini e donne, dal 1754 le donne a Venezia poterono diventare maestre delle botteghe facenti parte dell’Arte della Seta)
FEME SOLE
Secondo la common law, era il titolo giuridico per definire una donna nubile oppure vedova, divorziata, non legalmente e giuridicamente subordinata al marito, che poteva commerciare ed essere perseguita per i propri debiti; era uno statuto per certi versi simile a quello di mercantessa pubblica
FEME COVERTE
secondo la common law, il titolo giuridico con cui si indicava una donna sposata, quindi legalmente subordinata al marito e giuridicamente dipendente da questi; l’esistenza “legale” della donna aveva fine una volta contratto il matrimonio in nome dell’unità coniugale, i due costituivano un’unica entità;
la coverture non permetteva che una donna sposata fosse citata in giudizio o potesse citare in giudizio senza il consenso del marito, e, a meno che non fosse stata stabilita una certa separazione dei beni, la donna non aveva il controllo della sua proprietà
Però sappiamo che spesso le donne sposate lavoravano e contribuivano alle entrate famigliari, anche se le loro attività erano poco registrate dalle fonti fiscali e spesso erano le stesse donne a definirsi ricorrendo al nome della professione del marito (venditrici ambulanti, impiegate nel settore tessile, nella stampa, ecc)
MERCANTESSA PUBBLICA
- donne sposate che esercitavano un mestiere diverso da quello del marito; lo status di mercantessa permetteva loro di aggirare il problema del consenso maritale o consenso parentale (la donna infatti non aveva l’autorità legale di agire nel mondo commerciale senza il consenso o del marito, del padre o del fratello); attraverso lo status di mercantessa, avrebbe potuto assumere la responsabilità delle proprie azioni legali e quindi di fare negozi e affari
- definizione rara nella storiografia, forse una condizione di fatto, non formalmente riconosciuta sul piano giuridico
oppure donne nubili che accettavano il rischio di fare affari per mare affidando delle merci da vendere al capitano di una nave per costruirsi una dote in caso di bei profitti
LA SECONDA CESURA STORICA: LA STESSA ETA’ MODERNA è una cesura, perché è in questo momento che si assiste all’espansione degli scambi commerciali e un inedito impulso al commercio su scala globale
Si allinea alla tesi di M.W.H. secondo cui le donne hanno arricchito il mondo economico e produttivo di età moderna, nonostante la presenza di limiti.
La storia del lavoro delle donne è una storia contrassegnata più da tristi continuità che da radicali e positivi cambiamenti (perdurante disparità salariale, limiti all’accesso delle donne alle cariche corporative, mancanza di un’identità professionale, ecc)
ma le donne sono state
1) PRODUTTRICI e LAVORATRICI PER IL MERCATO COLONIALE (impiraresse di perle di Murano o le lavoratrici scozzesi di lana) che hanno anticipato forme di protoindustrializzazione
2) CONSUMATRICI dei nuovi generi alimentari provenienti dalle colonie e attente curatrici di prodotti di lusso provenienti dal Nuovo Continente, che ha portato a: a) formazione di leggi suntuarie (visto che con gli scambi si è affermata anche l’immagine di donne consumatrici frivole, sensibili alle sollecitazioni delle mode); b) affermazione di industrie del lusso e manifatturiere nell’Italia del Rinascimento (le donne erano modiste, sarte e merciaie)
IL RUOLO DELLE CORPORAZIONI
associazioni che divennero il principale strumento di organizzazione della produzione e di controllo della lavorazione; nascono per regolamentare e tutelare le attività degli appartenenti ad una stessa categoria professionale; disciplinavano minuziosamente tutto ciò che riguardava la loro attività: stabilivano i prezzi, i salari e le condizioni di lavoro dei sottoposti e si occupavano della formazione del personale, degli apprendisti
IL PROBLEMA DEI DEBITI PER LE DONNE IN ETA’ MODERNA
Visto che le donne in realtà lavoravano e potevano/riuscivano a lavorare nonostante la presenza di numerosi limiti (hanno mostrato agency), potevano anche indebitarsi, come accadeva spesso alle mercantesse pubbliche.
(definizione di status di mercantessa pubblica)
ma spesso decidevano di dichiararsi feme coverte (donne coniugate) perché sapevano che in caso di debiti i creditori avrebbero potuto decidere di rivalersi dei beni del marito.
Ma cosa fare se si voleva proteggere i capitali di entrambi i coniugi? Si poteva ricorrere al dispositivo della separazione dei beni, sia per
a) proteggere i capitali dell’uno dai creditori dell’altro
b) sia (e questo era il caso delle donne) impedire una gestione sconsiderata della dote da parte del marito
I DIRITTI DELLE DONNE NELLE CORPORAZIONI, NELLE IMPRESE ARTIGIANE E COMMERCIALI
Le donne hanno fatto parte delle corporazioni di mestiere, spesso erano mogli e figlie che svolgevano diverse attività nelle botteghe
- sia perché provenivano da famiglie storicamente specializzate nel settore
- o perché si erano sposate con uomini che svolgevano un mestiere affine (a volte capitava che il matrimonio fosse un’occasione per creare una solida alleanza, una nuova dinastia artigianale in cui mettere a profitto anche le competenze della donna)
Infatti:
a) tenevano la contabilità
b) vendevano
c) potevano ereditare la bottega in assenza dei fratelli maschi
d) trasmettere il privilegio ai futuri mariti
ma non avevano accesso alle cariche (non potevano diventare maestre): poi qualcosa cambiò (nel 1754 a Venezia l’Arte della Seta aprì alle donne la possibilità di diventare maestre di bottega)
IL CASO DELLE VEDOVE:
Già M.W.H. nel capitolo 2 dedicato al ciclo di vita della donna parlava della vedovanza come di una condizione spesso particolarmente felice perché apriva alle donne possibilità inedite, dal punto di vista economico e lavorativo
a) spesso la vedova era autorizzata, nel caso avesse già lavorato nella bottega prendendo parte a una sorta di partenariato con il marito, a continuare il lavoro del marito, soprattutto se aveva dato al marito dei figli (in quel caso era una cinghia di trasmissione di conoscenze e competenze dal padre ai figli)
1) questo dimostrava che il maestro era stato un buon pater familias, aveva garantito la propria successione e aveva protetto i suoi sottoposti; 2) dall’altra parte erano donne pericolosamente autonome, che gestivano in maniera completa gli affari e i beni dell’azienda
b) collaboravano con figli e nuore, incorporando la dote delle nuore nel capitale dell’impresa e utilizzando i figli come dei soci itineranti che per conto loro si spostavano per riscuotere crediti o per vendere merci anche in territori molto lontani
Allora vennero posti dei limiti all’esercizio dell’attività delle vedove
1) no risposarsi con uomo estraneo alla corporazione (a volte infatti le vedove editrici e stampatrici non si risposavano per non perdere il diritto di appartenere alla corporazione)
2) gestire gli affari solo per un periodo limitato di tempo
3) divieto di assumere nuovi apprendisti
4) non potevano insegnare il mestiere agli apprendisti
5) manteneva solo la gestione degli acquisti della materia prima ma non era personalmente a capo della bottega, a eccezione del caso della stampa
Spesso però le vedove si appellavano ai tribunali, spiegavano alle autorità che avevano bisogno di lavorare per non finire sul lastrico, per non darsi a infamie et peccati, che avevano dei figli da mantenere.
COS’E’ LA DOTE
La dote era una parte dell’eredità paterna che, in base alla tradizione di diritto romano, veniva assegnata alle donne al momento del matrimonio in qualità di contributo.
Era
- di entità variabile a seconda dell’estrazione sociale della donna e della famiglia di provenienza (beni mobili, pochi capi di vestiario, denari, terre, telaio)
- poteva essere guadagnata anche dalle stesse donne, che lavoravano per accumulare la propria dote, spesso lavoravano anche vent’anni, in istituti convenzionati. Svolgevano generalmente lavori di cucito, di tessitura, ma potevano anche lavorare come domestiche
- dal Trecento vennero messe in piedi delle forme di beneficenza dotale per fornire alle fanciulle più bisognose una somma con cui sposarsi: dietro queste iniziative si nascondevano sia motivazioni di tipo demografico (ripopolare le città dopo la peste trecentesca supportando e finanziando le unioni coniugali, sia per motivazioni di natura meramente esibizionista (i donatori facevano sfoggio della propria capacità materiale e della propria magnanimità)
C’erano delle differenze su come veniva intesa la dote nell’Europa del Nord e nell’Europa centrale e meridionale
- Nord: era proprietà del marito
- Centro e Sud (Italia): la proprietà formale rimaneva alla donna, ma la gestione era affidata all’uomo.
Un capitale della dote doveva essere bloccato affinché potesse essere restituita, un giorno, alla moglie, ragione che spesso inibiva l’utilizzo della dote per eventuali investimenti economici, a meno che non si ricorresse a un particolare dispositivo chiamato “alienazione dotale” per sbloccare la dote e utilizzarla
LAVORI ARTISTICI E INTELLETTUALI
Qui Anna Bellavitis segue la linea tracciata da M.W.H.
[L’età moderna è un’età di generale rinnovamento del mondo delle arti e della cultura: laicizzazione della cultura, nascita di una sensibilità autoriale, suddivisione delle arti in categorie, divario tra cultura dotta e cultura popolare]
- PITTRICI: spesso erano figlie d’arte avviate all’attività dal padre che potevano limitare o interrompere del tutto l’attività una volta sposate. Alcune iniziarono a vivere con i proventi di artista, in particolar modo dal Seicento, quando l’attività iniziò a essere riconosciuta come un lavoro
- MUSICISTE: la musica è un campo irto di contraddizioni (da una parte un’attività scoraggiata perché la musica prodotta da donne compositrici o cantanti avrebbe ammaliato gli uomini, inibito le loro difese, sfidato la loro capacità di autocontrollo: sono attività che mettono in scena il corpo e possono essere fonte di disonore per le donne che le esercitavano in luoghi pubblici, motivo per cui a Roma fino al XX secolo i ruoli femminili furono ricoperti da castrati e le voci femminili dovevano provenire da dietro le grate).
Sono figlie d’arte, ma ricevono anche un tipo di formazione pubblica (nei monasteri, negli orfanotrofi, negli Ospedali grandi, nei comuni.
Frequentarono meno generi musicali rispetto agli uomini, ma furono attive nella messa a punto del melodramma nel Seicento. Usavano anonimato per diffondere canzonette e musichette popolari che ricordavano un clima domestico (ninnananne)
Divieti di esibirsi in pubblico con il concilio di Trento e Innocenzo XI nel 1686, ma ignorati o aggirati - SCIENZIATE: donne potevano essere intellettuali, autrici, poetesse, filosofe della natura, sia docenti che discenti.
Ma la medicina/lavori di ambito medico sono lavori che si collocano a cavallo tra la presenza di un sapere medico teorico ufficiale, riconosciuto, accademico e una pratica che traeva spunto dall’esperienza quotidiana, domestica e informale. (Esistevano donne infermiere), ma la loro attività fu spesso sottoposta a limiti sia dal punto di vista della FORMAZIONE che di quello della PROFESSIONE (il loro sapere entrò in collisione con il sapere medico ufficiale, non potevano avere accesso a corsi di formazione universitaria, non potevano ottenere titoli, certificati, attestati che riconoscessero le loro competenze, perché c’è ostilità nel riconoscere pubblicamente il merito)
ma ci furono donne titolari di insegnamenti universitari, come Anna Morandi Manzolini, che lavorò praticando dissezioni e sviluppando modelli anatomici in cera assieme al marito presso lo studium bolognese
- GIORNALISTE: a partire dal Settecento il giornalismo costituì per le donne colte una fonte di reddito, ma rimase a lungo l’interrogativo su quale fosse il tipo di giornalismo più adatto alle donne. Molti giornali nascevano con l’intenzione di far politica e di fare da grancassa all’esigenza di promozione della condizione femminile, salvo poi virare rotta e diventare periodici per signore, come accadde al Journal Des Dames e al Female Tatler
- ATTRICI: gli Stati italiani compresero subito il POTENZIALE SEDUTTIVO DEL CORPO FEMMINILE, e diverse compagnie di teatro erano frequentate da attrici donne, e nel Settecento Goldoni diede nuova centralità alla figura femminile; mentre in Inghilterra le donne poterono esibirsi in ruoli teatrali solamente prima a corte e poi con la Restaurazione nei teatri pubblici
LAVORI DI STAMPO COMMERCIALE, ARTIGIANALE E MERCANTILE: la fase dell’APPRENDISTATO e della FORMAZIONE PROFESSIONALE
1) si parte sempre da una forma di APPRENDISTATO
a) nelle BOTTEGHE delle CORPORAZIONI DI MESTIERE: generalmente erano poco frequentate dalle donne, perché l’apprendistato era quasi sempre legato alle corporazioni di mestiere, pertanto spesso riservato ai maschi, ma nel caso di Bristol, che l’autrice cita, molte donne c’erano e apprendistato/lavoro artigianale e mansioni di tipo domestico si confondevano nei compiti dell’housewifery (alle apprendiste veniva chiesto di servire gli altri apprendisti, di spazzare per terra);
Come si evince dalla lettura di alcuni contratti di apprendistato, questi venivano stipulati presso notai anche da artigiane che non avevano il titolo di maestre, come nel caso delle sarte di Parigi nel ‘500 (prima del 1665)
Iniziava sin dalla più tenera età per le bambine, che venivano avviate a una vera e propria carriera professionale in ambito tessile con i contratti ad agucchia, diffusi soprattutto nell’Italia settentrionale con l’impiego di manodopera minorile sfruttata per la fabbricazione di calze a maglia, rimanendo spesso vittime di abusi sessuali e di violenze fisiche da parte dei maestri;
potevano ricevere un compenso, soprattutto nelle città industriali italiane (=SALARIATE) oppure pagare il maestro per contribuire alle tasse (=MESTIERI PRESTIGIOSI dove era più importante la RELAZIONE PEDAGOGICA), soprattutto nelle città come Londra o Parigi.
Nel Seicento furono escluse dall’apprendistato formalizzato come conseguenza dell’aumento demografico che creava concorrenza tra lavoro maschile e lavoro femminile
b) nelle ISTITUZIONI RELIGIOSE e CARITATIVE (nei ricoveri/istituti di accoglienza/conservatori dove venivano accolte giovani fanciulle spesso di bell’aspetto e che magari non potevano procurarsi una dote affinché non si dessero a “infamie et peccati”): soprattutto lavori di ago e cucito, sia per bambini che per bambine, ma quest’ultime erano avviate a una carriera professionale, mentre i bambini poi avviati a un altro apprendistato presso artigiani (es: es: Conservatorio romano delle mendicanti; Ospedale parigino della Trinité, Scuola delle figlie di Sant’Agnese)