Capitolo 3 Flashcards

1
Q

Cos’è il nome

A

Il nome (N) è una parte del discorso dotata di funzione referenziale, che rimanda cioè a entità del mondo extralinguistico (reale: ragazzo, albero) o linguistico (testo, morfema). Da un punto di vista il nome è l’elemento centrale, la testa del sintagma nominale (SN).

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2
Q

Come è organizzato il nome

A

In italiano, l’ambito della grammatica del nome è organizzato attorno a due categorie: il numero e il genere (a uno stato residuale la categoria del caso). Per la morfosintassi nominale è pure preminente la categoria della definitezza, che determina la scelta di un certo tipo di articolo che è un specificatore per il SN ed è anche marcato per genere e numero. L’articolo può essere l’unico segnale di genere e numero del nome ( lo stop, i clan).

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3
Q

Il genere

A

Il genere del nome si radica a livello lessicale configurando due classi di lessico nominale; il genere maschile e femminile. Questa suddivisione si basa su:

 Criteri di tipo semantico: il genere grammaticale corrisponde al sesso o “genere naturale” del referente. certi campi semantici (come i mesi) sono associati a uno dei due generi.

 Criteri di tipo morfologico: l’appartenenza a una certa classe flessiva può configurare l’appartenenza a un genere. La presenza di certi suffissi m. o f. (-tore vs –zione) assegna al derivato il corrispondente genere.

 Criteri di tipo (mor)fonologico: alcune terminazioni fungono da indizi di genere (sono m. i nomi derivati dal greco in –ma-one (dramma, mattone) / sono f. i nomi astratti in -tù, -tà, -i). (gioventù, serenità)

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4
Q

Il numero

A

Il numero non è determinato dal lessico ma ha un valore referenziale, rimandando all’opposizione fra una o più entità. Fanno eccezione i nomi collettivi che usati al singolare corrispondono a un’entità collettiva “folla” e i così chiamati i nomi massa che indicano sostanze non numerabili “latte, sabbia”).
La pluralità può essere anche espressa lessicalmente tramite quantificatori (indefiniti o numerali) solitamente al plurale accompagnati obbligatoriamente da nomi al plurale. Fanno eccezione alcuni quantificatori (qualche/ ogni) che sono seguiti da nomi al singolare.

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5
Q

Definitezza

A

La categoria della definitezza non ha una motivazione lessicale né grammaticale, bensì di norma rimanda a fattori pragmatici e testuali; è dettata dalla possibilità per chi parla e chi ascolta di identificare in modo inequivocabile il referente del nome, che può essere noto (+ art. determinativo) o meno (+ art. indeterminativo: con valore specifico, non specifico, o generico). Per referenti noti è anche possibile l’utilizzo del dimostrativo (quella/ questa). Articoli e dimostrativi svolgono il ruolo sintattico di determinati del nome

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6
Q

Le difficoltà dell’apprendimento delle categorie (genere, numero, definitezza)

A

Le difficoltà dell’apprendimento del genere, del numero e della definitezza possono essere dovute a diversi fattori come:

  • L’arbitrarietà dell’assegnazione di genere ai nomi in italiano e lo scarso contribuito semantico-funzionale del genere.
  • La scarsa salienza percettiva delle desinenze di genere e numero (atone).
  • Il carattere fusivo-flessivo della morfologia nominale italiana; alla radice lessicale si aggiungono morfemi flessivi che esprimono categorie grammaticali.
  • L’omonimia fra alcuni morfi (-e può codificare m. sg, f. sg; “grande”)
  • La non disponibilità o la diversa configurazione delle categorie grammaticali di genere, numero e definitezza nella L1 di partenza degli apprendenti
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7
Q

Confronto con le categoria di una L1 all’italiano come L2

A

Francese: la codificazione di genere e numero è meno trasparente che in italiano e spesso si evince solo dallo scritto

Tedesco: non conosce l’accordo dell’aggettivo in posizione predicativa/ i generi sono tre (il neutro)

Inglese: i target del nome restano invariabili (tranne fra soggetto e verbo al presente) / sono scomparse le flessioni di genere del nome e quasi comparse quelle del caso

Persiano o farsi: il genere è assente/ la marca del numero sul nome non è obbligatoria/ assenza di articoli di tipo indoeuropeo e presenza di alcune marche suffissali

Cinese: privo di genere/ numero non espresso morfologicamente, ma lessicalmente/ assenza di articolo definito

Tigrino: per la definitezza utilizza i dimostrativi

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8
Q

Assegnazione del genere al nome in italiano L2

A

Il riconoscimento dell’appartenenza di un nome a uno dei due generi non è un compito facile e può comparire anche molto dopo un anno e mezzo di esposizione all’italiano. Pur essendo una conquista collocata alla prima tappa acquisizionale, essa non pare raggiunta da alcuni apprendenti con L1 distanti dalla L2 come i persianofoni.
Nelle prime fasi troviamo errori e imprecisioni desinenziali.

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9
Q

Quali sono gli errori che troviamo nell’assegnazione di genere a un nome ?

A

 Forme prive di finale vocalica: problèm “problema” forse esito di interferenze dal lessico di altre lingue.

 Sovraestenzione della terminazione –a senza valore di genere (risultato della salienza di questa vocale che viene sentita come tipica finale dell’Italino): uoma “uomo” / filma “film”.

 Sovraestenzione della terminazione –o: faccio “faccia”.

 Sovraestenzione di –e (specie in persianofoni) o ricorso a vocali poco udibili: salse “salsa”.

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10
Q

In cosa trovano giustifazione gli errori di genere? A cosa rispondono?

A

 scarsa salienza fonetica delle desinenze nominali dell’Italiano, normalmente atone,
 nella tendenza dell’italiano a parole con finale vocalica e
 l’omissione e la confusione dei due indizi più chiari per l’assegnazione del genere al nome (la desinenza -a/-e per il femminile e quella -o/-i per il maschile).
 ipercaratterizzazioni del genere di un nome italiano tramite le desinenze massimamente trasparenti,
 nel genere del nome nella Ll1. (*moglia/ *limona dal ted. “Zitrone” f., soprattutto nel caso dei nomi dell’italiano poco trasparenti per genere; la tram ted. “trambahn” f.).

Questi tipi di errori obbediscono a un principio della morfologia naturale; la “condizione della struttura del paradigma dominante

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11
Q

Cosa riconosce la prima regola per l’assegnazione di un genere?

A

La prima regola per l’assegnazione del genere a un nome italiano che l’apprendente di italiano L2 riconosce dopo un periodo più o meno lungo in cui egli appare poco consapevole della categoria morfologica:
Nome in o  genere maschile
Nome in a  genere femminile

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12
Q

Principio di Assonanza

A

Alcuni persianofoni adulti, insieme a anglofoni e francofoni con scarso input, ne mostrano un’estensione deviante secondo un principio di assonanza (surface rhyming phenomenon): Nome in –e> articolo le (le cane); nome in –o> articolo lo (lo gatto). I test sono stati estesi anche sull’assegnazione del genere a nomi inventati contenenti tali terminazioni. In generale, i risultati constatano che con i nomi inventati proposti, gli apprendenti seguono in modo compatto la regola di base, non producendo deviazioni, o producendone in misura limitata con nomi in –o e –a, mentre con nomi inventati in –e gli errori abbondano, anche se si tratta di derivati dal suffisso inequivocabile per genere dal punto di vista di un italofono (-tore; trice).

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13
Q

Quali sono i criteri di assegnazione del genere delle interlingue ?

A

I criteri di assegnazione del genere nelle interlingue sono
 Criteri (mor)fonologici (il riconoscimento del genere in base alle terminazioni.

 Criteri semantici (associazione genere-sesso. Questo criterio più potente per gli apprendenti che non conoscono il genere nella loro L1)

 Criteri di morfologia derivazionale (basati sulla presenza di un certo suffisso derivazionale del nome/ richiedono un’analisi morfologica)

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14
Q

Il concetto di mozione

A

altro discorso importante il concetto di “mozione” ovvero (formazione di nomi femminili con referente “–maschio” a partire da nomi maschili). In italiano questa mozione avviene tramite *uso di specifici morfemi (-essa; professoressa), *eteronomi (padre/madre), *aggiunta di un lessema che lessicalizzi il tratto (la donna poliziotto, il gorilla femmina), *conversione (il/ la farmacista)

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15
Q

Gerarchia sequenza di Acquisizione per la mozionde di genere

A

La gerarchia/sequenza di acquisizione dei mezzi per la mozione di genere nell’italiano L2 mostra come vengano previlegiati mezzi più salienti, trasparenti e frequenti: Eteronimia e mezzi lessicali> –a> –essa> pseudodiminutivi> conversione> –trice

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16
Q

Confronto apprendenti banaca Pavia: il genere

A

Per quanto riguarda l’assegnazione di genere, la tipologia degli errori più ricorrenti include:

  • Forme apocopate (Greco: caduta di uno o più suoni in fine di parola): bicchier(e)
  • Sovraestenzione della terminazione –a: un gioca
  • Sovraestenzione della terminazione –o: ombro
  • Qualche sovraestenzione di –e: la poste
  • Ipercaratterizzazione del genere: tigro-tigra “tigre”
  • Possibile interferenza di genere da L1 o da altra L2: la tram (ted. Trambahn f.)
17
Q

Flessione nominale di numero in italiano L2

A

La categoria del numero è linguisticamente meno marcata e più diffusa rispetto alla categoria del genere, secondo quanto recita l’Universale 36 di Greenberg: Se una lingua ha la categoria del genere, ha sempre la categoria del numero. Tuttavia potrebbe essere che molti dei nomi flessi sono presenti al plurale già nell’input, quindi la loro forma apparentemente al plurale potrebbe essere utilizzata in modo inanalizzato. Questo è dimostrato in alcuni dati di sonofoni citati Valentini: “un mesi, quetto piatti”. In alcuni soggetti come ad esempio persianofoni e inglesi, non mancano omissioni di morfema di numero o marche lessicale per codificare il numero solo con quantificatori e numerale, mentre il nome rimane al singolare: “due settimana” “tutti omo”.

18
Q

Confronto apprendenti Banca Pavia : il numero

A

Anche per quanto riguarda la categoria del numero sono stati svolti dei confronti tra gli apprendenti del progetto Pavia. Queste analisi mostrano:

  • Presenza nelle prime registrazioni, di nomi plurali che spesso sono più frequentemente flessi al plurale già nell’input, anche laddove sarebbe richiesta la forma singolare.
  • Omissione di morfema di numero che viene codificato attraverso strategie lessicali con l’uso di un numerale o di un quantificatore
  • Alcune sovraestensioni di –i o di –e
19
Q

Accordo di genere e numero in italiano L2

A

Il genere e il numero del nome si riflettono sui target ad esso riferiti: articolo, aggettivo, participio, pronomi

20
Q

Articolo determinativo

A

Si tratta del target più frequentemente affiancato al nome dell’input dei nativi. Studi su apprendenti con vari L1 riportano che nelle prime fasi dell’apprendimento gli articoli determinativi, atoni in italiano, vengono omessi.

L’evitamento/omissione degli articoli (risultato talvolta della non esistenza della categoria in L1) consente all’apprendente di aggirare (bypass) la difficoltà della loro flessione, ma allo stesso tempo priva lo studioso di un importante elemento per acquisire il genere. In alcune varietà, tali articoli sono sostituiti da morfemi liberi più salienti e trasparenti come i dimostrativi (sinofoni, giapponesi); si tratta di un’applicazione della “strategia del morfema libero”. Un gruppo particolarmente restio nell’uso degli articoli determinativi risulta essere quello dei persianofoni. Dopo alcuni studi è stato rilevato che, nella comunicazione orale non li usano completamente o perché non li recepiscono bene, o per una strategia di semplificazione. Nei test scritti invece, dove vengono esplicitamente richiesti, i persianofoni producono articoli secondo una regola di assonanza (le neve/ la problema); si tratta di una strategia “nativizzante” (che porta alla creazione di una forma deviante rispetto al target, ma conforme a una norma interna dell’apprendente, basata su un principio che sembra appoggiarsi sulla regola di base (nome in –a art. la). Nei sinofoni, dopo un periodo di omissione dell’articolo segue una fase di sovraestensione dell’articolo la forse dovuto allo schema sillabico naturale (C+V). Questa sovraestensione dell’articolo la, si osserva anche nell’italiano appreso come lingua franca dai lavoratori immigrati nella svizzera tedesca. Sporadicamente, nei parlanti di italiano lingua franca al posto dell’articolo determinativo si osserva l’articoloide, de, forse modellato sul tedesco (der/die). Dopo queste fasi di omissioni o forme sovraestensioni seguono estensioni degli allomorfi più frequenti a danno quelli più marcati, senza pero che vi siano errori di genere o numero (la per l’, il per lo, i per gli).

21
Q

Articolo indeterminativo

A

riguarda l’articolo indeterminativo, questo sembra essere appreso prima e utilizzato prima del determinativo. Ciò può essere dovuto a diversi fattori come:

  • Coincidenza con il numerale uno
  • La consistenza fonetica di alcune forme
  • Presenza di forme analoghe nella L1 di molti apprendenti
  • La salienza funzionale comunicativa dovuta al fatto che introduce un referente nuovo.
    Nelle prime fasi acquisizionali l’indeterminativo può comparire in un’unica forma sovraestesa che può essere un (un festa, un banana) una o anche uno. Se sembra confermato dai dati l’uso più precoce dell’articolo indeterminativo, rispetto a quello determinativo, non si può dire lo stesso per la sua flessione. Forse il ritardo nell’acquisizione della sua morfologia è dovuto a una maggiore marcatezza nozionale e alla sua minor frequenza. Inoltre la sua funzione testuale di marca di novità, sembra catalizzare l’attenzione degli apprendenti, quasi distraendoli dalle sottigliezze morfonologiche. Risultato inoltre mostrano che Generalmente le interlingue meno elaborate scelgono la forma una, visto che è più naturale a livello fonologico (con finale vocalica strtturata VCV) mentre le interlingue più avanzate sembrano sovraestendere una forma maschile un, eventualmente uno.
22
Q

Aggettivo interno al sintagma

A

Oltre agli articoli, altri target del nome interni al SN, di tipo aggettivale, vanno flessi per genere e numero, siano essi determinanti, come i dimostrativi, qualificatori o modificatori di altro tipo. Nei dati di apprendenti l’aggettivo attributivo interno al SN mostra prima un’alternanza irregolare di desinenze, qui, a differenza di quanto accade per gli articoli, l’omissione del morfema desinenziale è poco praticabile in quanto porterebbe spesso a finali consonantiche contrarie alla struttura a finale vocalica italiana. Dopo alcune ricerche Troviamo molto spesso la sovraestensione di forme del maschile singolare non marcate, praticamente in tutti i gruppi di apprendenti. Nel settore degli aggettivi interni al SN si riscontrano maggiori incertezze ed errori che in quello degi articoli e persistono più a lungo le sovraestensioni di forme del maschile singolare. Per identificare i contesti che favoriscono l’acquisizione della flessione aggettivale (di genere) si sono individuati gli aggettivi interni al SN correttamente flessi al f. sg., distinguendo i tipi di aggettivi e i tipi di nomi. Ne è emerso che portano più spesso e correttamente marche di f. sg. Gli aggettivi possessivi e gli attributivi in posizione prenominale, forse perché presenti in sintagmi fissi molto frequenti (la mia casa/dall’altra parte). Meno spesso tali di marche f. sg. si osservano in attributivi postnominali, in dimostrativi, e soprattutto in quantificatori (questi ultimi vengono sempre trattati come invariabili: tanti frutta). Pur rimanendo prevalente il criterio fonologico per l’instaurarsi della regola di accordo (i nomi in –a sono quelli che più facilmente inducono l’accordo al f.), nel settore aggettivale gli indizi semantici pesano di più che nel settore degli articoli. Solo in apprendenti con una percentuale di accordi corretti almeno del 64-65 % si trovano accordi al f. con classi diverse dalla II (quella più prototipicamente femminile).

23
Q

Aggettivo in posizione predicativa e participio passato variabile

A

Sia aggettivi predicativi (la vista è preziosa) che participi passati flessi (l’hai vista?) sono target strutturalmente più lontani dal nome (controllore dell’accordo) e fanno parte del predicato. Proprio perché più distanti dalla testa presentano grosse difficoltà nell’accordo. In persianofoni adulti, utilizzano prevalentemente aggettivi predicativi e participi al maschile. Solo in alcuni test scritti, si ha qualche accordo al femminile, sono nei casi di predicativi associati a nomi di sesso femminile come maestra soprano, mucca. Ecc. Anche per i persiani, la sovraestensione del maschile singolare è massiccia. Questa sovraestensione si ha anche negli anglofoni (mia casa è molto piccolo). Nonostante i francofoni conoscano la flessione di aggettivi predicativi e participi, anche loro mostrano sovraestensione del m.sg. e a commettere errori, principalmente di numero che di genere (siamo arrivato). La percentuale di accordi corretti su aggettivi predicativi e participi passati risulta inferiore a quella sugli attributivi. Se teniamo conto della presenza di marche di f. sg. e pl. corrette (la testimonianza di effettiva flessione del target) vediamo che in quasi tutti i soggetti esse sono meno frequenti che negli attributivi, anche nei francofoni che la loro L1 conosce la flessione di aggettivi predicativi e participi. Pare dunque chiara la gerarchia: attributivo  predicativo. Essa, del resto, sembra confermare la gerarchia greenberghina per cui l’accordo di genere fra il nome e l’aggettivo risulta meno marcato di quello fra nome e verbo.

24
Q

Pronomi terza persona

A

L’accordo di genere e numero dei pronomi non pare destare grossi problemi, anzi è precoce in tutti gli apprendenti per quanto riguarda le forme toniche (lui, lei, loro; anche se non troviamo nelle interlingue i pronomi soggetto dell’italiano formale “egli-esso, ella-essa, essi-esse”); per i clitici la difficoltà previene tanto dall’accordo, quanto dalla loro scarsa salienza fonetica e dalla loro marcatezza formale e sintattica (si pensi alla loro posizione preverbale davanti al verbo finito, che contrasta l’ordine basico SVO dell’italiano). Tale marcatezza induce gli apprendenti a evitarli per lungo tempo o a sostituirli con forme pronominali piene, secondo la tendenza generale delle interlingue a preferire elementi liberi a forme semilibere, secondo cioè la citata “strategia del morfema libero”.

25
Q

La categoria del genere con esempi

A
26
Q

La categoria del numero con esempi

A
27
Q

Errori del genere da parte degli apprendenti

A

Nelle prime fasi troviamo errori e imprecisioni desinenziali:
− Forme prive di finale vocalica: problèm “problema” forse esito di interferenze dal lessico di altre lingue.
− Sovraestenzione della terminazione –a senza valore di genere (risultato della salienza di questa vocale che viene sentita come tipica finale dell’Italino): uoma “uomo” / filma “film”.
− Sovraestenzione della terminazione –o: faccio “faccia”.
− Sovraestenzione di –e (specie in persianofoni) o ricorso a vocali poco
udibili: salse “salsa”.
Tali errori trovano giustificazione nella:
− scarsa salienza fonetica delle desinenze nominali dell’Italiano, normalmente atone,
− nella tendenza dell’italiano a parole con finale vocalica e
− l’omissione e la confusione dei due indizi più chiari per l’assegnazione del genere al nome (la desinenza -a/-e per il femminile e quella -o/-i per il maschile).
− ipercaratterizzazioni del genere di un nome italiano tramite le desinenze massimamente trasparenti,
− nel genere del nome nella Ll1. (*moglia/ *limona dal ted. “Zitrone” f., soprattutto nel caso dei nomi dell’italiano poco trasparenti per genere; la tram ted. “trambahn” f.).
Questi tipi di errori obbediscono a un principio della morfologia naturale; la “condizione della struttura del paradigma dominante”. Nel caso di apprendenti con L1 priva di genere (soprattutto persianofoni e anglofoni), il disorientamento davanti alla categoria sembra maggiore

28
Q

Quali sono i target del nome. Spiegali

A
29
Q

Processo di grammaticalizzazione

A

Questo termine viene utilizzato per indiare la. Nascita di nuovi elementi grammaticali in contesti che suggeriscono lo sviluppo di inferenze pragmatiche. Bisogna avere cautela nell’uso di questo termine come sinonimo di acquisizione della grammatica in L1 e in L2. La graduale conquista delle strutture della grammatica in una lingua seconda potrebbe essere meglio denominata “ costruzione della grammatica”.

Il passaggio delle varietà meno avanzate a quelle più avanzate avviene attraverso tre aspetti che costituiscono il processo generale di grammaticalizzazione:

1) la complessificazione dell’architettura nozionale del “sistema” verbale (ritagliando lo spazio funzionale indifferenziato delle varietà basiche).
2) la successione di sviluppo delle tre categorie semantiche del sistema della lingua di arrivo (aspetto, tempo, modo).
3) le strategie di codificazione morfologica che traspaiono nelle diverse fasi di sviluppo.