la linguistica educativa Flashcards

1
Q

che cos’è l’autobiografia linguistica:

A

E’ una tecnica molto importante, poiché è spesso la prima cosa che facciamo davanti a una classe di cui non sappiamo niente.

Si tratta del racconto che una persona fa di tutta la propria esperienza linguistica.

La narrazione della propria formazione, del proprio apprendistato linguistico e delle complesse dinamiche (anche affettive e relazionali) che sono coinvolte nell’uso delle varietà della lingua madre e/o del dialetto e/o di altre lingue.

E’ un «particolarissimo “genere”, di confine tra il saggio di scrittura e quello di applicazione di informazioni specialistiche nel campo della sociolinguistica» (Telmon 2006: 222)

«riconoscere il proprio bagaglio di esperienze linguistiche e culturali significa, per l’alunno, da una parte scoprire la propria dimensione di soggetto sociale, dall’altra cominciare a capire che egli vive in una dimensione plurilingue e interculturale» (Groppaldi, 2010)
> modo per parlare di da dove veniamo, che lingue parliamo, da dove vengono queste lingue/varietà linguistiche.
Ovviamente non è assolutamente un oggetto di riflessione epilinguistica (giudizio immediato su un fenomeno linguistico) o metalinguistica (guidizio ponderato).

Guai a chi mette mano sull’autobiografia linguistica per correggere il modo in cui è scritta.

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2
Q

per cosa si usa:

A

Dagli anni Ottanta viene sfruttata per scopi didattici: la capacità di riflessione autonoma, il collegamento tra le nozioni apprese e la propria esperienza personale

Incoraggiare a “parlare di sé” può rappresentare un forte stimolo alla maturazione delle proprie capacità di relazione

Indagare la formazione linguistica della madrelingua degli studenti, verificarne le analogie o le differenze con la L2

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3
Q

il modello standard dell’autobiografia:

A
  1. informazioni anagrafiche sull’autore e sulla famiglia (nome e cognome, età, cittadinanza, residenza)
  2. repertorio linguistico dell’autore e della sua famiglia
  3. la formazione linguistica dell’autore
  4. le «agenzie» della formazione linguistica dell’autore
  5. eventuali approfondimenti sulle tappe e i tempi della formazione
  6. giudizio sui codici del proprio repertorio
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4
Q

altri modelli:

A
  • la silhouette (elencare le varietà del proprio repertorio, associare un colore a ogni varietà, collocare le varietà colorate all’interno del corpo)
  • la valigia
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5
Q

i due animi della glottodidattica:

A

La glottodidattica ha due grandi animi:
1. una acquisizionale (la disciplina di tipo linguistico-descrittivo che studia le interlingue e i processi di acquisizione soprattutto spontanea e sopratutto straniere). > si occupa più dell’acquisizione
2. la seconda anima è la linguistica educativa: principalmente orientata alle questioni di apprendimenti linguistico in contesti formali; non è però una disciplina puramente metodologica, ma ha bisogno di fornire un contesto sociolinguistico, semiotico e ecologico (non portiamo la lingua fuori dai parlanti e fuori dal luogo e dal tempo in cui è parlato). > si occupa più dell’apprendimento

La linguistica educativa è fortemente in contatto con la sociologia e la sociolinguistica.
Secondo de Mauro, essa non è un obbligo, ma è molto importante perchè ha aperto alla linguistica campi di studio fondamentali per la comprensione del linguaggio umano.

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6
Q

definizione di ‘linguistica educativa’:

A
  • È un settore delle scienze del linguaggio che ha per oggetto la lingua considerata in funzione dell’apprendimento linguistico nel più generale contesto delle facoltà semiotiche e in una prospettiva variazionista e sociolinguistica.

semiotica = studio dei segni.
La linguistica non considerando solo i segni linguistici, ma anche quelli non linguistici (Ex. tutto è un segno: il nostro look, il modo in cui ci muoviamo… > per vivere, noi diamo costantemente significato a ciò che abbiamo intorno, se ha significato = segno).

Per cui, ‘lidea è non tirare fuori la lingua dal contesto semiotico, ma studiarla all’interno di una variazione culturale.

variazionistica: Non esiste un monolite linguistico che non sia declinato > la lingua è costantemente soggetta a variazione (assi di variazione: diafasico…).

Per i linguisti educativi > linguistica teorica non funziona.

  • È la scienza dell’apprendimento linguistico
  • Ha per oggetto specifico la parte di lingua che è la lingua dell’insegnamento
  • Considera la lingua come oggetto semiotico non solo verbale
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7
Q

fondazione della LE:

A
  • libro di Spolsky, 1978 (Spolsky era un sociolinguista)
  • De Mauro e Ferreri, 2005.
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8
Q

l’ambito di riflessione della LE:

A

La LE riflette sul complesso rapporto fra:
* lingua
* educazione
* cultura/società

Da qui il libro di Balboni ‘le sfide di Babele’, in cui vengono affrontati vari punti:
1. Multilinguismo e plurilinguismo
2. Il QCER - Quadro comune europeo di riferimento per la conoscenza delle lingue
3. Comprensione e intercomprensione

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9
Q

‘multilinguismo’ e ‘plurilinguismo’:

A
  • Multilinguismo > spazio in cui sono presenti e in uso più lingue
  • Plurilinguismo > condizione soggettiva di conoscenza e uso di più lingue

Ma i termini vengono utilizzati anche in questo caso (come acquisizione/apprendimento, L2/LS) in modo spesso interscambiabile

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10
Q

il QCER:

A

QCER = quadro comune europeo di riferimento
* Common European Framework of Reference for Languages (CEFR)
* Portfolio europeo delle lingue
* Realizzato tra il 1989 e il 1996
* 2001 edizione definitiva ancora valida
* Volume complementare 2018 aggiornato 2020 (Companion volume)
* Per tutte le lingue europee

con QCER intendiamo i livelli A1, A2 (base), B1, B2 (autonomia) e C1, C2 (padronanza). > continuum di conoscenze/competenze.

Le scale dei descrittori esemplificativi sono costituite da descrittori autonomi e indipendenti e non hanno la funzione primaria di essere finalizzate alla valutazione. Non sono scale di valutazione nel senso in cui questo termine viene generalmente utilizzato nella valutazione dell’apprendimento delle lingue. Non tentano di coprire ogni aspetto pertinente a ciascun livello nel modo in cui lo farebbero le scale di valutazione che hanno lo scopo di valutare una prestazione in modo convenzionale. Sono esemplificative, non solo nel senso che vengono presentate come non prescrittive, ma anche nel senso che forniscono solo illustrazioni della competenza a diversi livelli della relativa area. Vertono su aspetti nuovi e salienti; non tentano di descrivere in modo esaustivo tutto ciò che è pertinente. Sono aperte e incomplete. L’idea di designare dei ‘livelli’ oggettivi che potessero descrivere la conoscenza della lingua (b1, b2…); vi è stata una gestazione molto lunga per arrivare a questi punto.
Ovviamente, i contorni fra i livelli sono molto sfumati.

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11
Q

QCER: livelli base:

A

A1 - Livello base
* Riesce a comprendere e usare espressioni di uso quotidiano e frasi basilari tese a soddisfare bisogni concreti. Sa presentarsi e presentare, e sa fare domande e rispondere su particolari personali. Interagisce in modo semplice, purché l’altra persona parli lentamente e chiaramente e sia disposta a collaborare.

A2 - Livello elementare
* Riesce a comunicare in attività semplici e di abitudine che richiedono uno scambio di informazioni su argomenti familiari e comuni. Sa descrivere in termini semplici aspetti della sua vita, dell’ambiente circostante riferiti a bisogni immediati.

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12
Q

QCER: livelli di autonomia:

A

B1 - Livello intermedio o “di soglia”
* Riesce a comprendere i punti chiave di argomenti familiari che riguardano la scuola, il tempo libero ecc., muovendosi con disinvoltura in situazioni che possono verificarsi mentre viaggia nel Paese di cui parla la lingua. Sa produrre un testo semplice relativo ad argomenti che siano familiari o personali. Sa esprimere esperienze ed avvenimenti, sogni, speranze e ambizioni, e spiegare brevemente le ragioni delle sue opinioni e dei suoi progetti.

B2 - Livello intermedio superiore
* Riesce a comprende le idee principali di testi complessi su argomenti sia concreti sia astratti, come pure le discussioni tecniche sul proprio campo di specializzazione. È in grado di interagire con una certa scioltezza e spontaneità che rendono possibile un’interazione naturale con i parlanti nativi senza sforzo per l’interlocutore. Può produrre un testo chiaro e dettagliato su un’ampia gamma di argomenti e riesce a spiegare un punto di vista su un argomento fornendo i pro e i contro delle varie opzioni.

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13
Q

QCER: livelli di padronanza

A

C1 - Livello avanzato o “di efficienza autonoma”
* È in grado di comprendere un’ampia gamma di testi complessi e lunghi e ne sa riconoscere il significato implicito. Si esprime con scioltezza e naturalezza. Usa la lingua in modo flessibile ed efficace per scopi sociali, professionali ed accademici. Riesce a produrre testi chiari, ben costruiti, dettagliati su argomenti complessi, mostrando un sicuro controllo della struttura testuale, dei connettori e degli elementi di coesione.

C2 - Livello di padronanza della lingua in situazioni complesse
* È in grado di comprendere senza difficoltà praticamente tutto ciò che sente e legge. Sa riassumere informazioni provenienti da diverse fonti sia parlate che scritte, ristrutturando gli argomenti in una presentazione coerente. Sa esprimersi spontaneamente, in modo molto scorrevole e preciso, individuando le più sottili sfumature di significato in situazioni complesse.

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14
Q

approcci plurali:

A

Nascono dall’idea che non bisogna imparare una lingua per volta, ma che bisogna ragionare già partendo dall’idea che noi siamo in varie misure animali plurilinguistici.
Gli approcci plurali sono molto forti in europa.

Perchè uno spagnolo deve parlare inglese con un italiano? Perchè la conversazione monolingua è l’unico modo? Fra due lingue romanze? E se ci fosse un’educazione linguistica che ci insegna a capirci meglio? E a parlare in modo che uno spagnolo possa capirci?

I principali approcci plurali:
* approccio interculturale
* l’Éveil aux langues
* la Didattica integrata delle lingue
* l’Intercomprensione > quello che ha avuto più presa in Italia

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15
Q

gli obiettivi comuni agli ‘approcci plurali’:

A
  • comunicare oralmente in contesti multilingui, ad esempio, partecipare ad un dialogo in più lingue; utilizzare l’alternanza di codice e il code-mixing come strumenti funzionali dal punto di vista della comunicazione e del contesto;
  • attingere da fonti in lingue diverse per eseguire compiti di produzione o di interazione in una lingua;
  • sfruttare un profilo di competenze linguistiche sviluppate in maniera diseguale in diverse lingue;
  • sfruttare le potenziali capacità di lettura in diverse lingue vicine ma mai studiate;
  • utilizzare qualsiasi tipo di conoscenza acquisita durante l’apprendimento delle lingue precedenti per comprendere testi in lingue della stessa famiglia

A livello politico, l’obiettivo è togliere potere all’inglese come lingua franca.
L’obiettivo più grande non è quindi sapere una lingua, ma saper comunicare con i parlanti di altre lingue.

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16
Q

a cosa vuole contribuire la linguistica educativa:

A
  1. alla (glotto)didattica in generale, ovvero alla costruzione di modelli teorici e operativi di insegnamento delle lingue
  2. alla linguistica, ovvero all’avanzamento della conoscenza scientifica delle lingue (rispetto alle variazioni di apprendimento).
  3. all’interpretazione e alla trasformazione dell’universo sociale e politico dell’istruzione e dell’educazione linguistica, anche rispetto all’educazione scolastica
17
Q

Problemi della linguistica educativa legati all’educazione scolastica:

A
  • L’analfabetismo, mai del tutto superato (solo negli anni Novanta il numero degli analfabeti è stato superato da quello dei laureati)
  • Insicurezza linguistica nella ricezione (difficoltà di comprensione dei messaggi sociali, dalle comunicazioni istituzionali a quelle funzionali)
  • Nuove lingue immigrate (multilinguismo), circa 120 che sono difficili da riconoscere e che richiedono politica linguistica
  • La costruzione di un curricolo linguistico adeguato a queste esigenze
18
Q

sull’analfabetismo:

A

Nel contesto italiano, i dati dell’ultimo censimento (Istat 2020) riportano una percentuale di analfabeti pari allo 0,6% della popolazione nazionale maggiore di nove anni (339.585 individui). Il 4%, circa due milioni di persone, rappresenta invece coloro che, pur avendo sviluppato le abilità di letto-scrittura, non hanno mai avviato un percorso di educazione formale. Sono invece nove milioni, pari al 16% della popolazione, coloro che hanno frequentato esclusivamente la scuola primaria.

Fino agli anni Sessanta del secolo scorso era comunemente definito alfabeta chiunque fosse in grado di apporre la propria firma, alcune grandi conferenze dell’UNESCO, insieme alle riflessioni di intellettuali in diversi ambiti, hanno contribuito a modificare e ampliare notevolmente tale visione. La definizione di alfabetismo proposta nel 1958 dall’UNESCO è la seguente: A literate person is one who can, with understanding, both read and write a short simple statement on his or her everyday life. (UNESCO 1958, p. 3).

19
Q

la scuola:

A

Berretta (1977: 18sgg)

Convivono nella scuola italiana situazioni diversissime, che potremmo così riassumere:
1. Difesa degli elementi sostanziali dell’insegnamento tradizionale, temperato da un generico «buon senso» che ne attenua un poco gli effetti più deleteri
2. Abbandono totale di ogni forma di insegnamento «linguistico» (grammatica, esercizi, riflessioni sui materiali…) spesso a favore di attività diverse (ricerche, discussioni, ecc.) incentrate su contenuti innovatori considerati più motivanti per gli allievi, e sullo sviluppo delle capacità orali;
3. Conservazione di un minimo di attività legate alla «grammatica», ma finalizzate unicamente al «recupero» o «terapia» delle difficoltà che gli allievi mostrano nell’uso scritto della lingua;
4. Ricerca di forme nuove, e più «scientifiche» attraverso cui condurre riflessioni sulla lingua: insomma, ricerche di una nuova grammatica […]
5. Tentativo di inserire nell’insegnamento dell’italiano, in sostituzione della grammatica, la linguistica vera e propria, o almeno nozioni, concetti, tecniche di analisi mutuate direttamente dalla linguistica teorica.

L’interesse verso strumenti utili all’apprendimento di Italiano L2 era lo stesso nell’Italia dialettofona e per tutti i contesti di svantaggio linguistico.

20
Q

problemi che persistono nella scuola e non:

A
  • Rapporto tra norma linguistica e didattica (»>il concetto di varietà di apprendimento)
  • Rapporto con la tradizionale pedagogia linguistica
  • Rapporto tra tecniche/tecnologie e insegnamento linguistico
  • Rapporto tra lingua scritta e lingua parlata
  • Rapporto tra insegnamento linguistico e cultura educativa in Italia e all’estero
21
Q

La cultura educativa dell’italiano come L2: studenti:

A

Nel 2019/2020, oltre il 65,4% degli studenti con cittadinanza non italiana è rappresentato dalle seconde generazioni. Le seconde generazioni rappresentano ormai l’unica componente in crescita della popolazione scolastica.

> IMPORTANZA DELL’INSEGNAMENTO ANCHE DELLA LINGUA ITALIANA DA UNA PROSPETTIVA PLURILINGUE

22
Q

La cultura educativa dell’italiano come LS: l’italiano fuori dall’Italia:

A

Progetto Nazionale Italiano 2000, il cui fine era capire chi impara l’italiano fuori dall’Italia e perchè.
* l’allargamento dei pubblici interessati al contatto con la lingua italiana come L2 > negli ultimi dieci anni sono cambiati i pubblici dell’italiano, cioè gli stranieri che si avvicinano alla nostra lingua in un contesto di contatto e di apprendimento guidato e/o spontaneo.

Una delle ipotesi di Italiano 2000 è che siano cambiate anche le motivazioni allo studio della nostra lingua.

  • l’italiano copre praticamente tutte le figure potenzialmente interessate all’apprendimento di una L2: nel proprio paese o in Italia; per interessi generici o specifici; con motivazioni culturali o strumentali; per l’inserimento sociale o per quello professionale.
23
Q

le motivazioni allo studio dell’italiano del mondo:

A

Le ragioni tradizionali di attrattività per l’Italia:
1. la tradizione intellettuale;
2. i fattori attuali di produzione e economia, cultura, società;
3. i movimenti migratori.

Le categorie «attuali»:
1. Tempo libero: a) ragioni turistiche; b) la cultura italiana (arte, musica, letteratura); c) aspetti della società e cultura moderna italiana (cinema, canzoni ecc.).
2. Studio: a) partecipare ai programmi di mobilità (Socrates ecc.); b) l’italiano è materia obbligatoria nel curriculum scolastico; c) continuare gli studi in Italia.
3. Lavoro: a) diventare traduttore ed interprete; b) diventare insegnante di italiano; c) lavorare con ditte italiane; d) fare carriera sul posto di lavoro; e) trovare lavoro in Italia.
4. Motivi personali: a) partner italiano/-a; b) famiglia di origine italiana.

paesi principali con più studenti di italiano al 2018: Australia, Francia, Germania, Stati Uniti.

La crisi è anche una crisi del mercato linguistico > l’italiano resta una delle lingue più studiate del mondo, ma le università americane si ritirano dalle città italiane.
> Tagli da parte delle istituzioni per l’insegnamento della lingua italiana LS o L2

24
Q

le lingue più parlate come L1 nel mondo:

A

Le lingue più parlate come L1 nel mondo:
* cinese
* spagnolo
* inglese
* hindi-urdu
* arabo
* portoghese
* bengali

25
Q

le lingue più parlate come L2 nel mondo:

A
  1. Inglese
  2. Cinese mandarino
  3. Hindi
  4. Spagnolo
  5. Arabo standard / Francese
26
Q

le lingue più studiate:

A

L’italiano è la IV lingua più studiata al mondo:
(Stati Generali della lingua italiana di Firenze 2016)
* Inglese
* Spagnolo
* Cinese
* Italiano

Gli studenti di italiano sono 2,3 milioni

Francia e Germania al primo posto come numero di studenti di italiano in UE.

I motivi principali sono per tempo libero e motivi personali.

27
Q

Punti di forza per l’italiano nel mondo:

A
  • Sistema di certificazione di competenza linguistica
  • Sistema di certificazione di competenza glottodidattica (Italas (Venezia), Ditals (Siena) etc.)
  • Sistema di CdL mirati

La lingua italiana è ancora un polo attrattivo come L2/LS, ma occorre una specifica riflessione disciplinare (cioè sia un metodo sia una teoria) per non disperdere questa attrattività.

Occorre che tale riflessione, la linguistica educativa, si concentri sia sull’apprendente (l’acquisizione) sia sul contesto sociale e semiotico dell’apprendente.

28
Q

educazione linguistica e linguistica educativa:

A

La linguistica educativa è una parte della glottodidattica (insieme alla linguistica acquisizionale), e a sua volta la glottodidattica è un ambito della linguistica applicata.

In realtà gli ambiti di studio della glottodidattica come linguistica applicata sono molti di più e molto complessi; ma noi trattiamo soltanto questi due (linguistica educativa e acquisizionale).

L’educazione linguistica e la linguistica educativa sono due punti diversi nella storia di vedere la lingua e l’educazione.
* linguistica educativa dal 1998.
* educazione linguistica a partire dal 2005

La linguistica acquisizionale e l’educazione linguistica sono due parti molto importanti della glottodidattica, ed entrambe si influenzano a vicenda.

29
Q

Didattica dell’italiano e glottodidattica:

A
  • didattica dell’italiano: il complesso di riflessioni che si occupa di che cosa deve fare un professore nel 1941. E’ un approccio filosofico e letterario, qualitativo (che parte da idee, non dal concreto/dai dati), speculativo, critico, orientato sopratutto alla didattica della lingua madre.
  • glottodidattica: approccio scientifico, sperimentale, quantitativo, descrittivo, orientato sopratutto alla L2/LS. E’ una branca della linguistica applicata.

Prima del 2005, questa era la contrapposizione vera, i due punti di vista dell’insegnamento linguistico.

Dal 2005:
* educazione linguistica: approccio politico (non partitico!), sociologico, critico-pedagogico, prima qualitativo e poi quantitativo/empirico.
* linguistica acquisizionale: approccio scientifico, sperimentale (è sopratutto una raccolta di dati, descrizione di una varietà linguistica, e poi si fanno le ipotesi), quantitativo, descrittivo, orientato sopratutto alla L2/LS.
Branca della linguistica applicata.
.
.
* linguistica educativa: approccio sociosemiotico, critico-pedagogico ma anche quantitativo, sperimentale, parte da LM per arrivare a L2/LS. Vicina alla linguistica applicata.
* linguistica acquisizionale: approccio scientifico, sperimentale, quantitativo, descrittivo, orientato soprattutto a L2/LS
Branca della linguistica applicata.

30
Q

il pensiero di Spolsky (2008):

A
  1. la linguistica applicata non è semplicemente prendere la linguistica e usarla.
  2. la linguistica educativa nasce per costruire una mediazione fra l’insegnamento linguistico e la riflessione teorica > per questo rende il rapporto fra linguistica e insegnamento indiretto, è una mediazione fra i due.
  3. la linguistica teorica non è orientata all’insegnamento.
  4. l’idea è che, perché la linguistica serva, ha bisogno di altri tipi di conoscenze (rendere indiretto il rapporto fra linguistica e insegnamento diretto è complessificare, non semplificare).
    Non è quindi prendere ciò che ci studia in linguistica ed applicarle all’insegnamento, ma è prendere ciò che si studia in linguistica, dare a queste cose studiate una visione antropologica, pedagogica…, affinché diventino utili all’insegnamento.
31
Q

Le caratteristiche principali della LE:

A
  • relazione fra universo dell’istruzione a tutti i livelli e universo scientifico
  • continuità LM > LS/L2
    prospettiva multidisciplinare, semiotica ed ecologica
  • rifiuto di un modello rigidamente trasmissivo (partire dall’ambiente e da quello che c’è, dalle forme linguistiche)
  • attenzione per gli aspetti di ricerca e positivi didatticamente delle interlingue (capire che gli aspetti delle lingue che conosce X, sono necessari all’insegnante per insegnargli l’italiano).
  • percezione della lingua come entità vivente
32
Q

Obiettivo della educazione linguistica:

A

‘Un tipo di educazione linguistica diversa negli obiettivi, nei contenuti e nei metodi: democratica, scientifica, veramente utile per gli allievi.’
(Berretta)

33
Q

i punti fondamentali dell’educazione linguistica:

A
  • le lettere dal carcere di Gramsci
  • la ‘lettera a una professoressa’ di Don Lorenzo Milani (la ferocia con cui è scritto lo rendo difficile a dimenticarsi)
  • 1o tesi di GISCEL (un gruppo costituitosi nel 1973 nell’ambito della SIL). > ‘10 tesi per un’educazione linguistica democratica’

Uno degli esiti immediati negli anni 80 negli insegnanti che leggevano queste pagine era dire ‘togliamo la letteratura, tutto ciò che non è funzionale alla sopravvivenza civile’.
Così è successo; ma la scuola è comunque rimasta a perpetuare dei modelli di educazione linguistica non democratica.

La terza via è stata invece meditare su queste cose, e in pochi casi il prodotto di queste tesi.

34
Q

che cosa ha dato la linguistica acquisizionale alla linguistica educativa:

A

Cioè che cosa serve della linguistica acquisizionale a uno che insegna? ( Chini, 2012).
* i meccanismi semplici e di tipo generale, in rapporto a conoscenze complesse
* le regolarità strutturali delle lingue sulla base dell’analisi delle caratteristiche distribuzionali dell’input (su quanto le cose linguistiche sono presenti e dove sono presenti. Ex. dovè ‘ella’ come pronome personale femminile singolare, al di fuori del libro di grammatica?.
* i processi di acquisizione più che valutazione dello stato di competenza linguistica finale
* gli aspetti funzionali e neurobiologici del processo di acquisizione linguistica (non c’è niente di più ingiusto di fare parti uguali fra disuguali > don Milani). Valutare l’avanzamento interlinguistico è la priorità.

35
Q

Apporti teorici della LA:

A
  • Centralità del concetto di errore (cfr. prossima lezione)
  • Teoria della processabilità/insegnabilità (Pienemann 1998, 2005)
  • weak / strong / none interface di Rod Ellis (2005, 2006, 2007) e quella di Nick Ellis (2005, 2006, 2008)
  • Basic variety di Klein e Perdue (1997)
  • Modello del transfer / interlingua
36
Q

Interlingua:

A
  • Repertorio degli errori nella L2 degli apprendenti
  • Spazio dell’apprendimento con fenomeni da osservare didatticamente e/o scientificamente
  • Spazio di contatto attivato reciprocamente tra le 2 lingue

Sviluppo dell’interlingua:
1. Fase del silenzio >
2. Formule (Ciao. Come stai? Di dove sei? I don’t understand) >
3. Analisi della formula (Come / stai) e produzione non native-like
4. Produzioni autonome corrette ma con semplificazione

esempi di interlingua:
* Le ragazze — Le mane (REGOLA/ANALOGIA)
* Mio figlio Torino (SEMPLIFICAZIONE)
* Io celo machina (GENERALIZZAZIONE/SOVRAESTENSIONE)
* Ci sono che non riesco a capire parole (TRANSFER - tigrino)

37
Q

la natura intradisciplinare della LE:

A
  • NEUROBIOLOGIA
  • PSICOLOGIA
  • SOCIOLINGUISTICA
  • ANTROPOLOGIA
38
Q

idea di Don Milani:

A
  • più rapporto fra insegnanti e studenti (non ‘saperlo a memoria come tabelline’)
  • meno classismo
  • non c’è nulla che sia più ingiusto quanto far parti uguali fra disuguali.
39
Q

le novità delle tesi GISCEL:

A
  1. La centralità del linguaggio verbale, sia come capacità recettiva che come capacità produttiva.
  2. Il suo radicamento nella vita biologica, emozionale, intellettuale, sociale
  3. Pluralità e complessità delle capacità linguistiche. Il linguaggio verbale è fatto di molteplici capacità (la capacità di conversare, interrogare e rispondere, ma anche situazioni…)
  4. I diritti linguistici nella Costituzione
  5. Caratteri della pedagogia linguistica tradizionale
  6. Inefficacia della pedagogia linguistica tradizionale
  7. Limiti della pedagogia linguistica tradizionale
  8. Principi dell’educazione linguistica democratica (la vecchia didattica linguistica era dittatoriale, normativa)
  9. Per un nuovo curriculum per gli insegnanti