5. WHAT WOWS Flashcards

1
Q

WHAT WOWS - RAPID PROTOTYPING

A

-È la fase in cui bisogna identificare i concetti che stupiscono positivamente i clienti e in cui il concetto costruito viene reso concreto con una prototipazione rapida -> è la creazione di manifestazione visive (e certe volte sperimentali) dei concepts.
-Bisogna compiere un’attività ardua, cioè verificare OGGI cosa piacerà IN FUTURO-> è necessario l’apprendimento per capire e valutare.
-I prototipi sono essenziali per apprendere attraverso i test e per ridurre i rischi, e a questo riguardo è necessario
«dissotterrare», cioè portare alla luce le key-assumption di ciascun concetto.
-È poi necessario testare queste assunzioni:
1. prima attraverso thought experiment (sperimentazione che avviene nella mente);
2. poi attraverso physical experiment (sperimentazione sul campo).

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2
Q

COME COSTRUIRE UN PROTOTIPO

A
  • Il processo di costruzione di un prototipo avviene attraverso una prima prova e poi una serie di sviluppi successivi; è un processo, non un singolo atto.
  • Il prototipo deve rendere in modo tangibile il concept sviluppato nella fase del What If e deve essere fatto vedere non al cliente ma al consumatore, che deve essere in grado di valutarlo.
  • Lo scopo della creazione del prototipo è quella di rendere concreto un concetto astratto, di uscire dal mondo astratto delle idee entrando nel mondo concreto della realtà.
  • Inoltre, il prototipo è fondamentale per la fase di concept test.

-La validità economica si capisce con la sperimentazione sul campo, se i clienti lo vogliono puoi calcolare potenziali vendite (noi questo no x progetto)

La costruzione del prototipo

  • Dalla costruzione del prototipo, anche se elementare, possono venire fuor ulteriori aree di sviluppo.
    1. Cominciare in modo semplice e veloce.
    2. Realizzare non soltanto un manufatto, ma una storia -> voglio che sia testato tutto il mondo che sta dietro al concetto, le storie che stanno intorno, non limitandosi a una descrizione asettica per mostrare quello che si ha in mente.
    3. Mostrare, non descrivere -> fai sì che il prototipo sembri vero tramite immagini e artefatti, lavora sul creare empatia portando l’osservatore nel concept (dettagli e scelte concrete e usa storie, mappe, immagini…).
    4. Non cercare di far accettare il prototipo.
    5. Nella costruzione dei prototipi va evitato il rischio di innamorarsi del primo prototipo:
  • > Non vendere al cliente il prototipo e non innamorarsi del primo, si modifica nel tempo fino ad arrivare al prototipo definitivo: non dobbiamo vendere ma capire se funziona o non funziona.

Es. Evoluzione del prototipo Google Glass. Ultimo p stato quelli testato, si è evoluto nel tempo. Prototipazione è un processo evolutivo, quello finale è stato sottoposto a test per un bel po’ e infine è stato ritirato.

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3
Q

RAPID PROTOTYPING - I DIVERSI PASSAGGI

A
  • La prototipazione richiede alcuni passaggi successivi:
    a) Il prototipo iniziale è di solito molto grezzo e molto semplice e si realizza nel minor tempo possibile, non richiedendo grandi sforzi.
    b) In una seconda fase i prototipi possono essere più elaborati, ed espressi in modo più accurato.
    c) In una terza fase si può anche arrivare a costruire dei prototipi fisici, se l’aspetto materiale è essenziale.

-Video quando si deve rappresentare scenari complessi difficile da descrivere Minimum versione base non sofisticata ma che funziona.
-È il momento in cui i concetti vengono resi concreti.
Alcuni filmati possono aiutare a comprendere più in dettaglio i più comuni tipi di prototipazione:
• su carta (https://www.youtube.com/ watch?v=JMjozqJS44M)
• digitale (https://www.youtube.com/ watch?v=KWGBGTGryFk)
• fisici (https://www.youtube.com/watch? v=Gn Fxuj CyD 70 e anche https:// w w w . y o u t u b e . c o m / w a t c h ? v=l3TgmvV2ElQ)

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4
Q

ASSUMPTION TESTING - CONCEPT TESTING

A

-Da una parte valutazione alta, valutazione che definiremo strategica ed è la base della coerenza della logica-> passo dal prototipo all’esperimento fisico.

  1. DALL’IDEA AL CONCETTO DI PRODOTTO
    - Concept Development: assemblare elementi innovativi in più soluzioni coerenti.
    - Rapid prototyping: esprimere un nuovo concetto in una forma tangibile (su carta, virtuali e fisici) per l’esplorazione, i test e il miglioramento.
    - La fase di assumption testing è quella che ha come obiettivo quello di isolare e verificare le assunzioni chiave che possono portare al successo o all’insuccesso di un prodotto/servizio e, di conseguenza, dell’organizzazione stessa. In pratica, serve per decidere su quali progetti di innovazione investire, quindi è abbastanza critica.
    - Il what wows è la fase in cui bisogna identificare i concetti che stupiscono positivamente i clienti e, per determinare cosa stupisce, bisogna compiere un’attività ardua, cioè verificare OGGI cosa piacerà IN FUTURO.
    - A questo riguardo è necessario «dissotterrare», cioè portare alla luce le key-assumption di ciascun concetto ed è poi necessario testare queste assunzioni da un punto di vista:
  2. Astratto, attraverso thought experiment, cioè utilizzando i dati disponibili per determinare se esse sono probabilmente vere sotto un profilo logico e astratto;
  3. Concreto, attraverso physical experiment, che richiedono una sperimentazione sul campo.
  • Come la fase di prototiping, l’assumption testing è mirato a verificare i tre presupposti fondamentali per un nuovo prodotto/servizio:
    1. Implementazione sotto viability: possibilità (anche economica) del prodotto di avere successo;
    2. Ideazione sotto feasibility: fa riferimento alla possibilità tecnica ed economica di realizzazione;
    3. Ispirazione sotto desiderability: capacità di realizzare un prodotto apprezzato dal mercato.
  • L’assumption testing si declina in tre diversi test: il concept testing, il product testing ed infine il market testing

-Un concept di prodotto non è la mera descrizione di un prodotto, ma una descrizione sintetica, in forma scritta o visiva, che definisce le
caratteristiche principali e i benefici che ne trarrà il consumatore-> è in grado di fornire informazioni più approfondite su un futuro prodotto, evidenziandone caratteristiche, benefici ed eventuali utilizzatori. Un concept di prodotto si riferisce alla copresenza di tre principali dimensioni: tecnologia, forma e bisogni:
• Forma: si tratta della forma fisica del prodotto che viene creato, oppure nel caso in cui si tratti di un servizio, ci si riferisce ai differenti passi che devono essere seguiti nel processo che ne dà origine;
• Tecnologia: si tratta della fonte che dà origine a una certa forma del prodotto;
• Bisogno: esprime la ragion d’essere di un prodotto nella prospettiva del cliente.
-Perché un concept sia completo è necessario che racchiuda cinque elementi:
1. Il Consumer insight esprime l’idea creativa dietro il nuovo prodotto e fa riferimento ad un
aspetto che solitamente emerga dall’attività di ricerca sul consumatore che avviene nelle fasi di identificazione delle nuove opportunità e di generazione di nuove idee.
2. I Benefits esprimono la promessa del nuovo prodotto, enfatizzata anche rispetto al Consumer insight e in modo differenziale rispetto ai prodotti concorrenti già presenti sul mercato.
3. La Reason Why definisce la motivazione sottesa all’acquisto del prodotto ed è solitamente collegata ad un elemento differenziale del nuovo concept che si collega al beneficio che esso riesce a garantire. (Guidata da 1 e 2)
4. I Key Elements descrivono ad un livello di dettaglio maggiormente elevato (che dipende dalla tipologia di prodotto e dallo stato di avanzamento del processo di sviluppo del nuovo prodotto) le caratteristiche che avrà il prodotto, quali il brand, il prezzo, il tipo di package.
5. Il Wrap Up rappresenta la chiusura del concept e racchiude in un breve pay off – che può anche diventare quello della campagna di comunicazione – la promessa finale del prodotto.

-II concept board ha un linguaggio che si rivolge direttamente al target, che in questo caso non è l’utilizzatore, ma il decisore dell’acquisto. In questo esempio possiamo trovare tutte le dimensioni:
• Bisogni: definisce la ragion d’essere del prodotto assumendo la prospettiva del cliente. Descrive i benefici per soddisfare i bisogni. -> Mamma che vuole proteggere e coccolare il suo bambino.

• Tecnologica: definisce quali sono gli ingredienti in grado di garantire una determinata performance-> Come la mamma può fare a prendersi cura del bambino.
• Forma: sia dal punto di vista grafico, che da quello della formula utilizzata-> Raffigurazione packaging + formato e prezzo.
L’insight è la conclusione che la madre voglia proteggere il bambino, da cui deriva il
beneficio di nutrire i capelli del bambino e di proteggerli. La reason why è la scelta di soddisfare questi bisogni in modo naturale, con un prodotto ricco di
vitamine e in grado di non far bruciare gli occhi. Questo viene sintetizzato in un claim, “Nuovo shampoo Johnson’baby Vitamins: capelli forti e vitali fin dal primo giorno!”, ossia il wrap up. La descrizione dei key elements definisce il prezzo, il formato ed il packaging.

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5
Q

IL PROCESSO DI SELEZIONE DELLE IDEE

A

-I concept sono l’oggetto di valutazione della fase di concept test. I test di selezione delle idee di prodotto prevedono una verifica della bontà dei diversi elementi inclusi in un CONCEPT, rispetto anche all’ambito strategico di un’organizzazione. Quando si lavora su un concept, si tende a sviluppare un processo a funnel, in cui si parte da una grande quantità di idee per arrivare a quella che è una strutturazione delle stesse per selezionare quella vincente. Questa modalità è utile a rendere meno rischioso e, di conseguenza, costoso il processo innovativo. Lo sviluppo del nuovo prodotto è a saldo negativo, fino al momento in cui il risultato non viene immesso sul mercato e non riesce a generare entrate. Per questo motivo, il tempo diventa una variabile determinate all’interno del funnel: tanto maggiore è il tempo dedicato al go to market, quanto maggiori sono i costi e la possibilità che un concorrente entri sul mercato prima di noi. Il DT ci permette di comprimere i tempi riuscendoci a bilanciare rispetto alla dimensione dei rischi e dei costi (se ho vagliato il più possibilità ho minore probabilità di sbagliare e di dover tornare indietro).
Il concept testing ci permette di:
1. Identificare i concept con maggiore potenziale. Infatti, riesco a capire quali progetti sarò in grado di realizzare e sostenere nel tempo. -> Come possiamo beneficiare da questa innovazione? Quali sono i rischi di mercato? Siamo in grado di sostenere l’innnovazione nel tempo?
2. Definire le caratteristiche del prodotto. Poiché una volta che noi sottoponiamo al consumatore la nostra idea, possiamo anche interrogarlo sui benefici, sul loro valore e sulla loro efficacia. -> Elementi di forza e debolezza della proposta: cosa può essere migliorato? Cosa non è necessario? / Benefici del prodotto: il prodotto è davvero rilevante per il target? / Apriamo al mercato con questa innovazione?
3. Esplorare l’utilizzo del prodotto (trial) riuscendo a capire la willingness to try-> Interesse/ Chi, quando, con che frequenza il cliente lo userà?

  • La fase di Concept Testing presuppone che le imprese valutino la bontà dei concept in relazione sia al proprio ambito strategico sia al mercato; per tale motivo prevede due step sequenziali:
    1. Prescreening (interno), volto alla valutazione interna dei concept utilizzando come variabile discriminatoria il fit strategico che questi hanno rispetto alle risorse e al portafoglio prodotti dell’impresa-> attrattivi (economics), fattibilità tecnica, originalità -> tecnica: concept scorecard;
    2. Full screen (esterno), che tiene in considerazione le attese e i bisogni della domanda, e quindi si basa su una valutazione in termini di market fit-> interesse, gradimento, intenzione di acquisto-> tecniche: valutazione overall del concept(s), valutazione delle caratteristiche del concept e intenzione di acquisto.
  • Da 1 a 2 si va a filtrare, porto solo idee che hanno superato prima fase di prescreen concept testing interno. Devo vedere una sorta di sequenzialità tra questi due ambiti, faccio prima una valutazione interna di quei concept che ottengono la Green light passano alla fase di full screen.

-Dobbiamo innanzi tutto capire who? I selezionatori delle idee-> quali funzioni possono essere coinvolte? Chi si occupa di attrattivi economica e fattibilità tecnica. C’è un budget definito, chi è responsabile di questi budget? Reparto finanziario che possono essere da una parte responsabile centri costo e poi responsabile budget con funzione innovazione, finance: ingegnere, responsabile, centri costo finanze, il procurement.

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6
Q

SELEZIONE INTERNA DEI CONCEPT DI PRODOTTO

A
  • Il primo screening è fatto internamente dall’azienda, poiché non è opportuno portare avanti ulteriormente un progetto quando vi siano delle difficoltà oggettive da parte dell’azienda a realizzarlo.
  • La selezione interna del concept avviene tramite alcune variabili che solitamente vengono prese in considerazione per effettuare una valutazione comparativa di differenti concept di prodotto e per decidere su quale è opportuno investire e procedere oltre nelle successive fasi del processo di innovazione. In linea di massima è possibile riportare due dimensioni: i processi possono essere classificati considerando il combinarsi dei loro livelli di valore atteso e fit strategico e dalla loro fattibilità e probabilità di successo.
  • Ovviamente, ad eccezione del fit strategico, sono tutte valutazioni piuttosto empiriche e non affidabili, ma che in ogni caso permettono all’impresa di comprendere in primis quali progetti sono da eliminare e successivamente su quali idee di prodotto ha sicuramente senso continuare ad investire; emergono poi delle considerazioni in termini di potenziale economico e di mercato. La valutazione viene fatta dal top management che ha la capacità di valutare sia la fattibilità tecnica che la coerenza rispetto la strategia aziendale ma anche di stimare il potenziale generato in base a simili progetti passati.
  • Il primo momento ha l’obiettivo di misurare lo strategic fit del concept, andando a misurare l’attrattività, la fattibilità tecnica e l’originalità. Questo viene condotto internamente dal team di sviluppo e dal top management. Nel PsCT la valutazione delle idee avviene attraverso le concept scorecard, mentre chi opera esternamente utilizzerà le più tradizionali forme di indagine di mercato qualitativo e quantitativo. Le concept scorecard hanno l’obiettivo di mappare diversi progetti contemporaneamente e sotto diverse dimensioni, che fanno riferimento ad aspetti che fanno riferimento a:
    1. Coerenza rispetto al brand;
    2. Coerenza con il portafoglio prodotti
    3. Capacità competitiva;
    4. Attrattività finanziaria;
    5. Dimensione della categoria;
    6. …
  • Ogni concetto riceve una serie di valutazioni, che vengono poi raggruppate in una matrice che vede nelle ascisse il valore atteso e coerenza strategica, mentre nelle ordinate la fattibilità e probabilità di successo.
  • Concept scorecard: punteggio e faccio ranking su una media, usato anche per valutare dipendenti. R-I progetti che sopravvivono ad un’analisi interna, passano allo screen esterno.
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7
Q

SELEZIONE ESTERNA DEI CONCEPT DI PRODOTTO

A
  1. 1 Gli obiettivi
    - Una volta definiti i progetti su cui si intende investire, il passaggio successivo è quello di rimettere al mercato la valutazione dell’idea di nuovo prodotto attraverso lo sviluppo di un concept test. Questo ha in particolare tre obiettivi:
  2. Eliminare i concetto meno promettenti-> il concept testing consente di ridurre il numero di concept da sviluppare in modo da evitare di disperdere le risorse su differenti progetti.
  3. Stimare il trial (la prima prova) del nuovo pdt-> obiettivo è selezionare i concept sulla base della stima del primo potenziale trial. La valutazione non è particolarmente affidabile, tuttavia è prassi abbastanza diffusa utilizzare il concept testing proprio allo scopo di ottenere sin dai primi passi una stima orientativa sul numero potenziale di primi acquirenti. Per quanto i margini di errore in questo stadio siano spesso rilevanti, le aziende riportano a grandi linee una direzione positiva nella relazione tra gli esiti del concept test e risultati effettivi di vendita.
  4. Sviluppare ulteriormente i concept in linea con le esigenze del mercato attraverso una valutazione overall e dei singoli attributi del prodotto-> obiettivo è sviluppare le idee di prodotto. Esso è un momento fondamentale di affinamento attraverso il supporto del mercato e in linea con le esigenze della domanda, soprattutto per quei concept che sono ancora in una fase iniziale il percorso di sviluppo.
  5. 2 I Vantaggi e i rischi
    - I vantaggi del concept testing sono legati al fatto di poter raccogliere in tempi abbastanza anticipati e con costi ragionevoli una serie di informazioni molto rilevanti per il successivo passo di selezione del prodotto. Inoltre, a differenza di quanto accade con il product e market test, è molto minore il rischio di rivelazione di contenuti sensibili sul nuovo prodotto e dunque d’imitazione da parte dei concorrenti.
    - A fronte di questi vantaggi c’è tuttavia da considerare che ci sono molti rischi soprattutto legati a informazioni che potrebbero indurre a decisione errate. Questi rischi sono dovuti al fatto che la reazione del mercato al concept dipende in larga misura del tipo di stimolo che viene sottoposto a valutazione e dunque, qualora il concept sia poco chiaro nella percezione del mercato i risultati, sia positivi che negativi, non risultano affidabili. A questo va aggiunto che la difficoltà a confrontarsi con un concetto di prodotto mai visto in precedenza e che magari rimanda anche a tecnologie e funzionalità di cui non c’è ancora piena consapevolezza ed esperienza. Comunque, se usato con le metodologie appropriate è l’approccio più diffuso di valutazione di una nuova idee pdt.
  6. 3 Le Metodologie a supporto del Concept Testing
    - Le metodologie utilizzate a supporto del concept testing possono essere di natura qualitativa e quantitativa. Gli obiettivi e risultati dei due approcci sono molto differenti e dipendono dal livello di sviluppo del concept. Le metodologie di natura qualitativa, quali focus group e l’intervista in profondità, si prestano essere utilizzate nelle ipotesi in cui:
  7. Il concept sia un livello molto embrionale, e dunque ancora suscettibile di cambiamenti anche radicali;
  8. Il concept si distanzi molto dal vissuto progresso del brand e possa essere utile valutare il percepito del mercato rispetto l’associazione del concept con un prodotto molto nuovo.
    - >In questi casi l’utilizzo di metodologie qualitative, e dunque molto aperte, consente di modificare anche in maniera sostanziale il contenuto del concept facendo leva sul contributo del mercato.
    - La scelta di un focus group dipende dalla necessità di conoscere le influenze dei vari soggetti sui giudizi degli intervistati e quando si intendono approfondire le condizioni di utilizzo del prodotto e tutte le volte in cui le dinamiche sociali e di consumo sono importanti ai fini della valutazione del prodotto.
    - Per quanto riguarda l’utilizzo del focus group, si deve utilizzare un approccio confirmatorio, ossia non deve avere un approccio di apertura, ma di chiusura. Questo perché l’obiettivo non è di generare nuove idee, ma raccogliere feedback sui benefici, su eventuali lati positivi/negativi del concept. Il risultato di questo tipo di approccio è di validazione dell’idea ma ancora in una logica ideativa, nella misura in cui il concept messo a punto a valle di queste sedute può anche distanziarsi in maniera sostanziale dalla prima versione sviluppata dell’azienda.
    - L’utilizzo di una metodologia di tipo quantitativo, nella forma di un survey, ha invece l’obiettivo di restituire delle valutazioni rispetto all’intenzione d’acquisto del prodotto e di consentire, attraverso opportuni aggiustamenti, di stimare l’interesse del mercato verso il prodotto e fornire, di conseguenza, delle indicazioni importanti anche in termini di pianificazione della produzione e di dimensionamento degli impianti necessari per la preparazione del lancio. Nel caso di un questionario quantitativo ci si pone davanti ad alcune decisioni fondamentali:
    a. Come costruire il concept statement;
    b. Come identificare il gruppo di rispondenti e il contesto in cui avviene la rilevazione;
    c. Come definire le variabili da mettere in evidenza e lo strumento di rilevazione;
    d. Quando è opportuno utilizzare un approccio di tipo conjoint per il concept testing.
  • > Survey* per la valutazione overall del concept(s) da parte degli utilizzatori finali
  • Survey Flow for a Typical Concept Test:
    1. Introduzione della descrizione del concept con misurazione della probabilità di acquisto:
  • > Do you currently buy a product like this? Top2Boxes*
  • > How likely are you to buy this product in the next 12 months?
    3. Dimensioni d’acquisto: numero di unità, frequenza d’acquisito e di consumo:
  • > How many units of this product would you buy at one time?
  1. Powertore place: prodotti attualmente acquistati
  2. Rilevanza del concept per I rispondenti:
    ->Which of the following best describes you as it relates to your product?
  3. Valore percepito del product concept
  4. Livello di novità percepita:
    -> How unique is this product compared to others you are aware of?
  5. Valutazione del gradimento: like-dislike measure:
    ->Based on the description above, what is the one thing that would make you mostly like to buy this product? […], what is the one thing that, if changed, would improve your likelihood of buying this product?
  6. Credibilità del concept
  7. Valutazione dei benefici e degli attributi:
    -> At the price shown above, how would you rate the value for the money of this product? Is it a good value for the money?
  8. Fonte d’acquisto:
    ->Where would you expect to find this product available for sales?
  9. Demografica et al:
    • Current purchase behaviour
    • Perception of the category
    • Barriers to changing brands
    • Influence in actual purchase decision
  10. 4 Costruire un concept statement
    - La presentazione del concept può essere fatta secondo differenti modalità e, ovviamente, dipende molto dalla tipologia di prodotto. L’aspetto importante è che esso deve trasferire nel modo meno ambiguo possibile l’idea del nuovo prodotto, dal momento che rappresenta il mezzo attraverso cui l’idea innovativa viene condivisa all’interno dell’impresa e con il mercato, in fase di Concept Testing.
  • L’idea può essere esplicitata in diverse forme: puramente narrativa, rappresentata da immagini o disegni, mediante un prototipo, oppure con un’immagine virtuale; nonché ovviamente con una combinazione di diversi elementi. Oltre a questa le decisioni da prendere riguardano il tono del messaggio, infatti il concept può avere:
    1. un tono fattuale (vantaggio di presentare esclusivamente idea senza la strategia di comunicazione ma svantaggio he rispondente reagisce a qualcosa di diverso rispetto a ciò che sarà poi effettivamente disponibile sul mercato);
    2. Un tono persuasivo/commerciale (vantaggio di predire meglio comportamento rispetto 1, proprio perchè mostrano una maggiore similarità rispetto alle situazioni effettive di acquisto).
  • Combinando le due dimensioni chiave che sono la modalità di presentazione e il tono di presentazione è possibile ottenere differenti tipologie di concept. L’utilizzo di immagini si rende necessario in tutti quei casi in cui la componente estetica del prodotto è parimenti importante rispetto alle caratteristiche funzionali o in tutti quei casi in cui l’utilizzo esclusivo della componente verbale potrebbe ridurre la comprensione del prodotto.
  • Variabile p: in linea generale aggiunta per identificare più attendibilmente intenzioni di acquisto.
  1. 5 Identificare il gruppo di rispondent i e il contesto di rilevazione
    - La definizione del target group cui sottoporre la valutazione del concept è un altro aspetto centrale nel disegno del test. I consumatori e i clienti finali del prodotto rappresentano certamente il gruppo elettivo cui rivolgere attenzione nella rilevazione delle relazioni legate al concept. Tuttavia, è molto importante non sottovalutare anche gli influenzatori dell’acquisto, nonché tutti gli stakeholder che hanno un qualche ruolo nel processo di decisione legato all’adozione del nuovo prodotto -> dipende dal tipo di prodotto: nei Fast Moving Consumer Goods non si possono non valutare i distributori, mentre nel B2B è importante coinvolgere non solo gli utilizzatori ma anche gli influenzatori o i responsabili d’acquisto.
    - Le aziende, spesso per motivi di tempo e di costo, tendono a focalizzare l’attenzione di rilevazione su un campione selezionato di individui, magari identificando i clienti maggiormente esperti o i lead user come quelle che meglio rappresentano il mercato più in generale. Per quanto queste scelte si giustificano proprio alla luce delle ragioni di efficace deficienza del processo, nondimeno esse rischiano di compromettere l’affidabilità dei risultati della valutazione. Per quanto concerne il contesto di rilevazione, è importante affrontare una questione centrale, ossia la modalità con cui raggiungere il rispondente. Sebbene un’intervista personale permetta di cogliere alcuni aspetti più qualitativi, è spesso onerosa in termini di tempo e di costo. Un’alternativa può essere la real-time -response survey, che combina elementi del focus e dell’intervista.
  2. 6 Definire le variabili da rilevare e lo strumento di rilevazione
    - Le domande che vengono inserite in un Concept statement sono relative a quattro macro-categorie:
  3. misure relative all’intenzione di acquisto;
  4. valutazione complessiva del prodotto;
  5. valutazione di specifici attributi di prodotto;
  6. variabili di profilazione dei rispondenti.
  7. Misure relative all’intenzione di acquisto
    - La valutazione avviene solitamente con una Lickert a 5 punti (7 o 11 punti). Per i beni non durevoli è importante anche la rilevazione della frequenza di acquisto (Repeat), pur nella consapevolezza che la rilevazione della frequenza di acquisto a questo stadio non è particolarmente affidabile.
  8. Valutazione complessiva del prodotto
    - Due tipologie:
    a) un set di domande relative all’idea nel suo complesso;
    b) un set relativo alla valutazione degli specifici attributi di prodotto (si veda il punto relativo alla valutazione degli attributi di prodotto).
    - Che fornisce indicazioni utili per comprendere i risultati relativi alle intenzioni di acquisto; a tal proposito gli elementi che devono essere presenti sono relativi a:
    a. Unicità e differenziazione;
    b. Credibilità;
    c. Importanza nel risolvere il problema dei consumatori;
    d. Interesse intrinseco;
    e. Valore complessivo.
  9. Valutazione degli attributi specifici del prodotto.
    - Spesso è opportuno rilevare le valutazioni riguardanti specifici attributi di prodotto per comprendere quali elementi siano maggiormente rilevanti rispetto agli altri e per distinguere gli attributi importanti da quelli che sono di minor valore nella percezione del cliente.
    - Come faccio a misurare il livello di bontà degli attributi? Le tecniche principalmente utilizzabili son due:
  10. Conjoint analysis;
  11. Modello kano-> più largo della three factors theory.
    - Modello di Kano: esprime il valore dei singoli attributi rispetto al contributo che essi danno alla soddisfazione del consumatore nei confronti del prodotto.

-> misuro come impattano su soddisfazione/gradimento e probabilità di acquisto in positivo o in negativo.
Linea che racconta di attributi definiti indifferenti che ci siano o non ci siano ha poco impatto sulla soddisfazione o insoddisfazione.
-> reverse: costume di una macchina è un reverse, rumore.
-> must have: bassissimi livelli di soddisfazione se non ci sono, se ci sono non impattano es. area condizionata prima era attrattive, ora è must have.
-> Devo coprire tutti i must have, questa è la base di partenza dell’innovazione: in un Survey si va a vedere quanto cambia probabilità acquisto giusto in funzione di come cambia con presenza e assenza degli attributi.

  1. Variabili di profilazione dei rispondenti
    -Variabili che consentono di profilare i rispondenti e di valutare anche l’esistenza di cluster che attribuiscono importanza differente a diversi attributi. Questi dati rivestono un’importanza fondamentale nelle decisioni di posizionamento del prodotto e di valorizzazione di specifici elementi del nuovo prodotto in fase di comunicazione e lancio dello stesso.
    -Le variabili importanti a tale riguardo sono:
    • il comportamento attuale di acquisto;
    • la percezione della categoria e del brand;
    • le barriere al cambiamento dei marchi e prodotti attuali;
    • l’influenza nelle decisioni di acquisto.
  2. 7 L’approccio Conjoint nel Concept Testing
    - La conjoint analysis è un criterio molto utilizzato il cui vantaggio risiede nel fatto che tale approccio è molto più vicino alla valutazione tipica dei consumatori, che non confrontano le differenti alternative sulla base di una valutazione attributo per attributo, ma sulla base di confronti sintetici tra offerte, che vengono considerate nel loro complesso.
    - In questo caso, gli stimoli sono rappresentati non da cards costruite all’occorrenza sulla base della declinazione degli attributi e dei livelli degli attributi, ma dai reali concept statements, che declinano sotto differenti forme la stessa idea di nuovo prodotto. Il vantaggio è legato al fatto che essa consente di identificare relazioni non preventivate tra attributi – caratteristiche, funzioni, benefici – e preferenze dei consumatori. Inoltre, in tutte quelle situazioni in cui il concept sia molto complesso e vi sia un numero rilevante di fattori che entrano in gioco, la possibilità della conjoint di ridurre il disegno fattoriale e quindi di individuare un certo numero di concept «prototipici» può essere di particolare aiuto nel supportare il percorso di selezione delle nuove idee.
  3. La stima del mercato attraverso il Concept Testing: il modello ATAR
    -Uno degli obiettivi del Concept Testing è di stimare il potenziale di vendita di un prodotto per avere un’indicazione che possa essere di aiuto anche a chi è responsabile dell’industrializzazione e quindi della predisposizione e del dimensionamento degli impianti necessari. Il modello che consente di stimare le vendite e potenzialmente la quota di mercato del nuovo prodotto è noto come modello ATAR, dove l’acronimo identifica i quattro elementi che contribuiscono al successo di mercato di una determinata innovazione, ossia:
    Awareness: Il prodotto coi suoi attribuiti è in grado di attrarre l’attenzione dei potenziali utilizzatori? ->Conoscenza del prodotto;
    Trial: Il prodotto risponde ai bisogni dei clienti? -> Intenzione di Prova;
    AvailabilityRepeat.
    -L’idea generale sottesa al modello è che la quota di mercato di un determinato prodotto dipende dal concorso dei fattori identificati nel modello appunto, ossia dalla consapevolezza che il mercato ha circa l’esistenza di un determinato prodotto (Awareness), dalla predisposizione alla prova del prodotto quando esso viene immesso sul mercato (Trial), dalla disponibilità effettiva del prodotto nei punti di vendita (Availability), dalla ripetizione dell’acquisto del prodotto dopo la prima prova (Repeat).
    • Le variabili Awareness e Availability sono direttamente controllate dall’azienda poiché dipendono rispettivamente dagli investimenti in comunicazione e in distribuzione che l’azienda decide di compiere. Le scelte che le aziende realizzano sugli investimenti in comunicazione e distribuzione dipendono in larga parte da quanto strategico è il progetto d’innovazione e dallo spazio che intendono conquistare sul mercato.
    • Le variabili Trial e Repeat (riacquisto del prodotto) vanno invece stimate. Il percorso di
    stima di queste variabili parte proprio con il Concept Testing che contribuisce alla raccolta di prime informazioni sulla variabile Trial, ossia sull’intenzione di provare il prodotto (valutato ovviamente sotto forma di concept) quando disponibile sul mercato (con le caratteristiche specificate nel concept)-> Repeat non può essere stimata in questa fase, non essendo ancora possibile per il consumatore provare il prodotto e quindi decidere sull’eventuale ripetizione dell’acquisto, avviene nella fase di Market Test.
    -La regola empirica utilizzata per stimare già allo stadio del concept il volume di vendita è quella di sommare le percentuali delle Top-Two-Boxes (numero di soggetti che hanno risposto «sicuramente proverei il prodotto» e
    «probabilmente proverei il prodotto» nel questionario di test). Solitamente, le aziende stimano la prova attraverso un processo di riduzione empirica di quelle percentuali. Evidenze empiriche su differenti settori e tipologie di prodotto mostrano che esiste una relazione positiva tra le valutazioni delle Top-Two-Boxes e il Trial del prodotto vero e proprio.
    -> trial: probabilità di successo di un idea. A monte del trial si presuppone esserci l’awareness (capacità da parte del mio utente di comprendere l’idea. !!Awareness non è sul brand), ecco perchè si misurano entrambe: se non c’è awareness non ci può essere trial, il modello mi dice data l’awareness di pdt qual è il trial che ottengo, data la mia capacità di vendere il prodotto qual è il repeat. Alla fine di questa fase di what wows dobbiamo essere in grado di implementare l’intero modello ATAR per farci un’idea della bontà della mostra proposta (alto trial e alto repeat).

-Concept Test è sempre utile? Non necessariamente:
1. quando il beneficio principale è associato a gusti individuali e personali (food, parfume);
2. quanto l’idea incorpora dimensioni legate all’arte e all’entertainment;
3. quando la componente core è legata a una innovazione tecnologica breakthrough;
4. quando vi è scarsa consapevolezza delle proprie esigenze da parte della domanda;
5. quando il timing p importante.
-Ha senso parlare di concept test e product test come due test differenti?
Si, ma solo per alcune industrie: per esempio, per le aziende farmaceutiche devono esserci due test differenti, perché sarebbe molto rischioso o per tutte quelle industries in cui si devono raggiungere zero defects (tendenzialmente salute e sicurezza). Considerando che il tempo è una delle determinanti fondamentali nei costi del DT, è davvero sempre necessaria la fase di concept testing? In realtà, la letteratura ci dice che non sempre lo è. In particolare, un primo caso in cui non è necessario è quello di un prodotto ad elevata soggettività, quindi quando si entra nel merito di gusti individuali o personali per i quali non è sufficiente una semplice descrizione del prodotto, ma servirebbe un vero e proprio test (es. cibo/profumi). Altro caso, stessa motivazione, è quello di un’idea che incorpora elementi legati all’arte/entertaiment. Nel caso in cui il concept di prodotto sia il risultato di un’innovazione tecnologica breakthrough è difficile fare comprendere il valore al consumatore attraverso una semplice descrizione, rischiando di arrivare a risultato poco rilevanti. L’ultimo aspetto è quello legato al fatto che si sta affrontando un’innovazione troppo avanti per la domanda, che non ha ancora un chiaro percepito del bisogno ed ha ancora necessità di essere guidata ed educata. Se il timing necessario per il CT non permette di entrare come first mover, allora bisogna valutare la possibilità di eliminare questa fase. ll design thinking sta modificando le logiche

dell’assumption testing, perché sta spingendo sempre più sulle fasi di ideazione piuttosto che su quelle di testing. Questo perché si ha sempre di un passaggio allo svolgimento in parallelo alla fase di prototiping e di testing, passando da un’ottica sequenziale ad una iterativa. Attraverso l’approccio di design thinking, infatti, si sviluppa un circolo continuo di feedback e redifining del concept di prodotto.
! Il design thinking sta modificando le logiche dell’assumption testing, perché sta spingendo sempre più sulle fasi di ideazione piuttosto che su quelle di testing. Questo perché si ha sempre di un passaggio allo svolgimento in parallelo della fase di prototiping e di testing, passando da un’ottica sequenziale ad una iterativa. Attraverso l’approccio di design thinking, infatti, si sviluppa un circolo continuo di feedback e refining del concept di prodotto.

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STIMA DEL MKT ATTRAVERSO IL CONCEPT TEST - MODELLO ATAR

A

-Uno degli obiettivi del Concept Testing è di stimare il potenziale di vendita di un prodotto per avere un’indicazione che possa essere di aiuto anche a chi è responsabile dell’industrializzazione e quindi della predisposizione e del dimensionamento degli impianti necessari. Il modello che consente di stimare le vendite e potenzialmente la quota di mercato del nuovo prodotto è noto come modello ATAR, dove l’acronimo identifica i quattro elementi che contribuiscono al successo di mercato di una determinata innovazione, ossia:
Awareness: Il prodotto coi suoi attribuiti è in grado di attrarre l’attenzione dei potenziali utilizzatori? ->Conoscenza del prodotto;
Trial: Il prodotto risponde ai bisogni dei clienti? -> Intenzione di Prova;
AvailabilityRepeat.
-L’idea generale sottesa al modello è che la quota di mercato di un determinato prodotto dipende dal concorso dei fattori identificati nel modello appunto, ossia dalla consapevolezza che il mercato ha circa l’esistenza di un determinato prodotto (Awareness), dalla predisposizione alla prova del prodotto quando esso viene immesso sul mercato (Trial), dalla disponibilità effettiva del prodotto nei punti di vendita (Availability), dalla ripetizione dell’acquisto del prodotto dopo la prima prova (Repeat).
• Le variabili Awareness e Availability sono direttamente controllate dall’azienda poiché dipendono rispettivamente dagli investimenti in comunicazione e in distribuzione che l’azienda decide di compiere. Le scelte che le aziende realizzano sugli investimenti in comunicazione e distribuzione dipendono in larga parte da quanto strategico è il progetto d’innovazione e dallo spazio che intendono conquistare sul mercato.
• Le variabili Trial e Repeat (riacquisto del prodotto) vanno invece stimate. Il percorso di
stima di queste variabili parte proprio con il Concept Testing che contribuisce alla raccolta di prime informazioni sulla variabile Trial, ossia sull’intenzione di provare il prodotto (valutato ovviamente sotto forma di concept) quando disponibile sul mercato (con le caratteristiche specificate nel concept)-> Repeat non può essere stimata in questa fase, non essendo ancora possibile per il consumatore provare il prodotto e quindi decidere sull’eventuale ripetizione dell’acquisto, avviene nella fase di Market Test.
-La regola empirica utilizzata per stimare già allo stadio del concept il volume di vendita è quella di sommare le percentuali delle Top-Two-Boxes (numero di soggetti che hanno risposto «sicuramente proverei il prodotto» e
«probabilmente proverei il prodotto» nel questionario di test). Solitamente, le aziende stimano la prova attraverso un processo di riduzione empirica di quelle percentuali. Evidenze empiriche su differenti settori e tipologie di prodotto mostrano che esiste una relazione positiva tra le valutazioni delle Top-Two-Boxes e il Trial del prodotto vero e proprio.
-> trial: probabilità di successo di un idea. A monte del trial si presuppone esserci l’awareness (capacità da parte del mio utente di comprendere l’idea. !!Awareness non è sul brand), ecco perchè si misurano entrambe: se non c’è awareness non ci può essere trial, il modello mi dice data l’awareness di pdt qual è il trial che ottengo, data la mia capacità di vendere il prodotto qual è il repeat. Alla fine di questa fase di what wows dobbiamo essere in grado di implementare l’intero modello ATAR per farci un’idea della bontà della mostra proposta (alto trial e alto repeat).

-Concept Test è sempre utile? Non necessariamente:
1. quando il beneficio principale è associato a gusti individuali e personali (food, parfume);
2. quanto l’idea incorpora dimensioni legate all’arte e all’entertainment;
3. quando la componente core è legata a una innovazione tecnologica breakthrough;
4. quando vi è scarsa consapevolezza delle proprie esigenze da parte della domanda;
5. quando il timing p importante.
-Ha senso parlare di concept test e product test come due test differenti?
Si, ma solo per alcune industrie: per esempio, per le aziende farmaceutiche devono esserci due test differenti, perché sarebbe molto rischioso o per tutte quelle industries in cui si devono raggiungere zero defects (tendenzialmente salute e sicurezza). Considerando che il tempo è una delle determinanti fondamentali nei costi del DT, è davvero sempre necessaria la fase di concept testing? In realtà, la letteratura ci dice che non sempre lo è. In particolare, un primo caso in cui non è necessario è quello di un prodotto ad elevata soggettività, quindi quando si entra nel merito di gusti individuali o personali per i quali non è sufficiente una semplice descrizione del prodotto, ma servirebbe un vero e proprio test (es. cibo/profumi). Altro caso, stessa motivazione, è quello di un’idea che incorpora elementi legati all’arte/entertaiment. Nel caso in cui il concept di prodotto sia il risultato di un’innovazione tecnologica breakthrough è difficile fare comprendere il valore al consumatore attraverso una semplice descrizione, rischiando di arrivare a risultato poco rilevanti. L’ultimo aspetto è quello legato al fatto che si sta affrontando un’innovazione troppo avanti per la domanda, che non ha ancora un chiaro percepito del bisogno ed ha ancora necessità di essere guidata ed educata. Se il timing necessario per il CT non permette di entrare come first mover, allora bisogna valutare la possibilità di eliminare questa fase. ll design thinking sta modificando le logiche

dell’assumption testing, perché sta spingendo sempre più sulle fasi di ideazione piuttosto che su quelle di testing. Questo perché si ha sempre di un passaggio allo svolgimento in parallelo alla fase di prototiping e di testing, passando da un’ottica sequenziale ad una iterativa. Attraverso l’approccio di design thinking, infatti, si sviluppa un circolo continuo di feedback e redifining del concept di prodotto.
! Il design thinking sta modificando le logiche dell’assumption testing, perché sta spingendo sempre più sulle fasi di ideazione piuttosto che su quelle di testing. Questo perché si ha sempre di un passaggio allo svolgimento in parallelo della fase di prototiping e di testing, passando da un’ottica sequenziale ad una iterativa. Attraverso l’approccio di design thinking, infatti, si sviluppa un circolo continuo di feedback e refining del concept di prodotto.

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PRODUCT TEST

A

WHAT? È il test del prototipo in normali condizioni di utilizzo ed è volto a misurare:
WHY? -reazioni percettive precedenti all’utilizzo (il ruolo del packaging);
-esperienze di primo utilizzo (la prova);
-principali benefici, risultati e problemi associati al prodotto;
-intenzione di acquisto.
-Due macro-obiettivi:
1. in primis, compiere importanti scelte strategiche in merito alla strutturazione del prodotto e dei suoi attributi, in base alle configurazioni che risultano preferite dai potenziali clienti (concept test, product & mktg test);
2. in seguito, valutare se le scelte del programma di marketing prescelto siano efficaci in termini di risposta del mercato e quindi di redditività. (Market test)
-In un ambito dove la parte di prototiping e di testing stanno diventando sempre più iterative, ha senso continuare a distinguere il concept testing dal product testing? La risposta risiede principalmente nella natura delle industries che fanno parte del processo. Ha senso continuare a differenziare quando si tratta di testare prodotti o servizi che sono relativi alle creative industries, in cui il tasso di esperienzialità richiesto è molto alto, e di conseguenza la necessità di provare i prodotti. Sono entrambi molto importanti quando siamo in industrie per le quali è necessario ottenere delle certificazioni, quando abbiamo l’obiettivo di ottenere brevetti e quando siamo in settori dove l’approccio è quello dello zero defects (aerospaziale, farmaceutico). Ancora oggi viene ritenuta importante la fase del product testing nell’industria del food and beverage.
-Il product test, anche definito come product usage test, prevede la creazione di un mockup di prodotto al fine di venir testato. In base alla tipologia di prodotto si modifica il grado di similarità con quello che sarà il pdt futuro. Non si tratta semplicemente di verificare se funziona dal punto di vista scientifico, ma anche quali sono le reazioni sul mercato, in questa fase si testano le dimensioni di performace (diagnostic test) e di esperienza (product test per il mkt).
-L’obiettivo è quello di valutare:
• Se il prodotto è adeguato rispetto alle aspettative e se le caratteristiche sono adeguate rispetto ai desiderata;
• Se le performance sono rispettate in termini di facilità e di comprensione d’uso;
• Soddisfazione del pdt sia pre che post utilizzo;
• L’intenzione di acquisto, invece che valutare il concetto come nel CT avviene dopo l’utilizzo.
-È una prima misurazione del Modello Atar, che spiega come, dato un certo livello di awareness e a seguito di un primo utilizzo del prodotto, si possa avere un eventuale riacquisto. Attraverso le domande che vengono fatte nella fase di PT si cercano di capire quali sono gli atteggiamenti relativi ai primi due concetti di awareness e trial, ossia conosciuto il nuovo prodotto quale è la possibilità che ci sia una prima prova.

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PDT USAGE TEST

A

-Abbiamo visto come il concept test rappresenta un processo che, attraverso metodi quantitativi e qualitativi, permette di valutare la risposta dei consumatori all’introduzione di un nuovo prodotto sul mercato. Dopo il concept test, le imprese si trovano avere un’idea di prodotto ben definita, descritta da immagini e parole che ne evidenziano le caratteristiche fondamentali e benefici offerti (Si basa su principio che nell’acquistare nuovo prodotto i consumatori aspirino a soddisfare aspettative piuttosto che ottenere prodotti fisici).
-Esprimere una valutazione su un’idea, seppur ben delineata, sottintende un giudizio arbitrario che lascia ampio spazio all’immaginazione, il risultato di questa prima fase indica pertanto il valore percepito che l’innovazione ha però potenziali utilizzatori ma nulla dice circa l’effettiva capacità delle imprese di risponde alle necessità effettive e, quindi, di tradurre efficacemente l’idea in un prodotto in una soluzione. Le imprese necessitano, perciò, di integrare i risultati che emergono da questa prima fase di test con quelli di una ricerca di mercato volta valutare le reazioni dei consumatori nei confronti di un prodotto concretamente realizzato, ossia il product test.
-Il Product (Usage) Test è letteralmente il test del prototipo di prodotto, in normali condizioni di utilizzo-
> comprendere anche se funziona dal punto di vista del mercato.
2. OBIETTIVO E OGGETTO DEL PRODUCT TEST (WHY & WHAT)
-I test di usabilità possono essere fatti per eseguire molteplici obiettivi. Da un lato si può cercare di testare aspetti specifici del prototipo per valutare le performance tecniche, e quindi scegliere fra due o più soluzioni; dal lato opposto si può avere interesse a comprendere che tipo di esperienza hanno gli utenti, che soddisfazione ne ricavino e che tipo di utilità individuano nell’utilizzo di prodotto.
-In particolare, il test di usabilità con gli utenti all’obiettivo di verificare:
• Se il prodotto è adeguato ai bisogni e alle aspettative degli utenti finali che lo utilizzano in determinate condizioni;
• La percezione delle caratteristiche organolettiche e funzionali di un prodotto;
• Le performance di prodotto in termini di comprensione e di utilizzo;
• La reazione dei consumatori pre/post utilizzo in termini di coinvolgimento;
• L’intenzione di acquisto da parte dei potenziali utilizzatori.
-Il product test permette alle imprese di rispondere principalmente a due blocchi di domande:
1. Il prodotto rispetta concretamente gli standard stabiliti? È in grado di mantenersi sul mkt nel tempo?
2. Il prodotto desta effettivamente l’attenzione e l’interesse dei consumatori? È in grado di garantire un ritorno economico?
-Esso va oltre la semplice intenzione di prova, permette di valutare e verificare il grado di accettazione del nuovo prodotto o servizio, nonché le sue caratteristiche, di anticipare ogni dinamica sfavorevole e di apportare le necessarie modifiche-> serve anche verificare il livello di distinguibilità e la minaccia posta da nuovi prodotti della concorrenza.
-Per condurre il product test è necessario che l’idea passi ad una realizzazione fisica. L’impresa procede quindi alla realizzazione del prototipo, ossia una versione semplificata di quello che sarà il prodotto finale. Il prototipo può includere tutte le principali caratteristiche estetiche e funzionali del prodotto oppure una selezione di queste; la definizione del livello di dettaglio del prototipo è in funzione del grado di innovazione, e quindi di conoscenza del prodotto e degli investimenti necessari per la sua realizzazione, in termini di configurazione degli impianti produttivi.
! È utile sottolineare che questo processo non implica la verifica delle caratteristiche fisiche o delle funzioni di prodotto per assicurarsi che esso garantisca standard tecnici e/o di sicurezza. Con questa tipologia di test si raggiungono una valutazione e uno sviluppo del prodotto dal punto di vista del marketing su misura del consumatore finale-> Tale tecnica si fonda sul fatto che le preferenze di un cliente per le performance riflettono non solo le prestazioni ma anche altri aspetti meno razionali e funzionali (impulso, istinto, gusti).

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PDT TEST - WHO

A
  1. 1 Il Beta test
    - Partendo dall’obiettivo primario di prevedere l’accoglienza del prodotto da parte della domanda e di valutare le distintive caratteristiche del prodotto, il prototipo viene principalmente testato su un campione rappresentativo di potenziali consumatori, questa formula è chiamata Beta test. Questi campioni possono essere identificati direttamente dall’impresa o essere individuati con il supporto di una società che si occupa di ricerca di mercato.
  2. Nel panel predefinito si ha il coinvolgimento di un gruppo di consumatori, predeterminato e bilanciato dal punto di vista demografico, che rappresenta la popolazione nazionale e permette quindi una lettura dei dati a livello di mercato regionale, locale e per principali distributori. È possibile perfezionare informazioni con i dati secondari, in tal caso si utilizzano principalmente le informazioni già raccolte per finalità differenti che permettono di comprendere il comportamento e modelli di acquisto dei vari segmenti di popolazione in tutti i tipi di vendita.
  3. Nel panel creato ad hoc viene identificato un gruppo dei consumatori selezionato secondo criteri stabiliti sulla base di specifiche esigenze legate al test. È principalmente utilizzato quando il prodotto ha attributi fortemente tecnici, rivolgendosi a una nicchia di mercato e risultando quindi di difficile comprensione dalla maggioranza dei consumatori. Uno tra i principali motivi di fallimento associato al product test è riconducibile proprio all’errata identificazione e selezione del campione soggetto indagine da parte delle imprese.
    - Per comprendere come procedere all’identificazione del corretto campione, è fondamentale tenere in considerazione il processo di acquisto e di consumo della categoria di prodotto quindi innovazione appartiene. Serve poi considerare che non sempre il decisore d’acquisto ed effettivo utilizzatore del bene coincidono (es. pdt bambini); anzi, sono numerose le tipologie di prodotti in cui l’acquisto del prodotto e, quindi, la decisione sono effettuate da soggetti differenti rispetto agli utilizzatori. In tali situazioni è quindi importante che il product test sia sottoposto ad un campione sufficientemente variegato che includa tutte le categorie di key informant.
  4. 1 L’Alfa Test
    - Talvolta può accadere che il test non sia condotto sulla domanda. In particolare, questo accade quando:
  5. la finalità primaria della prova è verificare le performance a livello tecnico del prodotto;
  6. il prodotto non possa essere adeguatamente valutato dalla domanda perché molto innovativo;
  7. si reputa che la minaccia della concorrenza sia troppo elevata e quindi il time to market non si affronta il test per lanciare il prodotto prima, minimizzando il rischio di imitazione.
    - In queste situazioni la scelta ricade sull’effettuare il test su un campione interno all’impresa costituito da membri del laboratorio di ricerca e sviluppo, esperti del settore e/o dipendenti. In tale situazione il test viene denominato Alpha test.
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Q

PDT TEST - HOW

A
  • Il design dell’esperimento ha inizio con la definizione di un’ipotesi, ossia l’obiettivo per cui si intende svolgere il test sperimentale, si procede quindi con la definizione dei dettagli del test (unità da testare. Gruppo di controllo, situazioni in cui dovrà essere svolto il test).
  • La prova viene quindi svolta durante un arco temporale prefissato e i dati raccolti vengono successivamente analizzati al fine di verificare la validità dell’ipotesi predefinita. Nella realizzazione pratica di questo fondamentale passo per la messa a punto del nuovo prodotto le imprese devono identificare di volta in volta i caratteri da utilizzare nel design del test in termini di variabile che intendono controllare e che variano in funzione della tipologia di prodotto, del mercato, del know how del management e del consumatore. Nella progettazione del test occorre prendere alcune decisioni in merito a:
    1. I metodi statistici utilizzati per la raccolta dei dati;
    2. La situazione d’uso del prodotto e il luogo ove effettuare il test;
    3. Il grado di controllo del comportamento del consumatore nella fase di prova del prodotto.
  1. 1 I metodi: how
    Si tratta delle modalità di interazione tra colui che raccoglie i dati relativi al test e colui che fornisce le risposte. Per raccogliere feedback possono essere utilizzate principalmente 2 tecniche: il questionario e l’intervista.

4.1.1 Il questionario
Il primo metodo si basa su un approccio strutturato che prevede la definizione di una serie di domande chiuse volte a misurare:
1. L’atteggiamento del consumatore rispetto a valutazioni pre-identificate sulle singole caratteristiche e/o sul prodotto nel suo complesso (grado accordo con affermazione es. aroma richiama sensazioni familiari);
2. La valutazione del consumatore rispetto al prodotto overall e/o gli attributi attraverso l’utilizzo di aggettivi bipolari e/o scala del differenziale semantico (Molto scadente/molto buono);
3. L’importanza assoluta di alcune caratteristiche preselezionati del prodotto (scala 1-5 impo attributo nella scelta);
4. L’importanza relativa di un attributo e/o atteggiamento (distribuisci punteggio 100 varie caratteristiche);
5. La preferenza del consumatore verso il prodotto se confrontato con versioni alternative dello stesso o altri prodotti della concorrenza (esprimere grado preferenze, come giudicate rispetto alla marca consumata abitualmente?);
6. L’intenzione d’acquisto del consumatore (pensate dei acquistare il pdt A nel prox mese?);
7. La probabilità d’acquisto (quali sono le probabilità che acquistate il pdt A nel prox mese?).

  1. 1.2 L’intervista
    - L’intervista si basa su un approccio semi strutturato che prevede l’integrazione di domande chiuse con domande aperte volte creare una conversazione tra l’intervistatore e l’intervistato, nella quale quest’ultimo esprime le sue opinioni sul prodotto con parole proprie. Queste domande consentono una maggiore comprensione e forniscono informazioni più ricche ma sono però di più complessa elaborazione-> questa tipologia viene utilizzata quando, partendo da risultati delle risposte chiuse, si vogliono ricavare nuove indicazioni o quando non è univoca la valutazione della soluzione proposta.
    - Le domande a risposta segnate aperta possono essere:
  2. per associazioni di parole, in cui l’intervistato associa ad alcune parole indicate la prima cosa che gli viene in mente;
  3. per completamento di frasi, nelle quali si chiede intervistato di completare la frase di cui è specificato inizio.
    - L’intervistatore può anche decidere di includere domande completamente non strutturate in cui l’intervistato risponde liberamente, senza dover seguire alcuno schema predefinito. I risultati che emergono da questo tipo di domanda potrebbero però rivelarsi, in questa fase del processo di sviluppo dell’innovazione, di scarsa utilità perché particolarmente variegati e non sempre perciò sintetizzabili ai fini della valutazione del prototipo di prodotto.
    - Questo metodo semi strutturato avviene tendenzialmente attraverso un’interazione personale tra intervistatore e consumatore; al contrario, i questionari non prevedo necessariamente la presenza fisica dell’intervistatore.
    - La maggior parte delle domande è posta al termine del periodo di prova del prodotto, tuttavia, può accadere che alcune vengono formulate prima della prova al fine di raccogliere una valutazione di per utilizzo in termini di posizionamento percepito partendo dalle caratteristiche estetico visive dello stesso. L’obiettivo è di valutare le capacità comunicative del prodotto, osservando se le aspettative vengano confermate dalle più reali intenzioni d’acquisto espresse post-utilizzo
  4. Situazioni d’utilizzo e luogo
    - Un’ulteriore decisione riguarda la situazione d’uso del prodotto da parte del consumatore. La scelta riguardante la situazione d’uso è strettamente correlata all’identificazione del luogo selezionato per effettuare il test: reale di utilizzo del prodotto verso location centralizzata.
    - Le 2 principali possibilità che possono essere proposte al consumatore riguardano l’utilizzo del prodotto in:
  5. Condizioni ordinarie (test normali) -> I test normali sono svolti permettendo al consumatore di utilizzare il prodotto in situazione usuali;
  6. I test istantanei prevedono invece che il prodotto sia provato in situazione selezionata o ricreata per il test stesso: in un punto vendita, sia questo un bar o un supermercato, o in un laboratorio.
    - >Se da un lato il test istantaneo non permette quindi di trarre alcune informazioni riguardanti il processo di gestione del prodotto e/o la spontaneità a questa associata, dall’altro consente all’intervistatore di cogliere feedback sia verbali sia non verbali in tempo reale, ossia durante l’utilizzo del prodotto.
  7. Controllo del comportamento del consumatore
    - La scelta relativa alla situazione di utilizzo e al luogo crea i presupposti per la definizione del livello di controllo che l’intervistatore ha sul soggetto tester nello svolgimento del test. Il controllo sul test può assumere diversi livelli, in un continuum i cui estremi sono: controllo totale e controllo nullo:
  8. Il test con controllo totale prevede che il consumatore sia guidato passo dopo passo nello svolgimento del test e che non abbia alcuna possibilità di definire autonomamente come gestire l’interazione con il prodotto;
  9. Il test con controllo nullo prevede invece che sia lasciata ampia libertà d’azione al soggetto tester al fine di consentire a questi di interagire con il prodotto sulla base delle sue esigenze e abitudini d’uso. Livello di controllo è determinato da scelte nella progettazione del test riferite alla durata del test e al livello di spiegazione e d’istruzione fornito al consumatore sul prodotto e/o sul test.
  10. La durata
    - La durata del test è relativa al tempo connesso all’esperienza di utilizzo del prodotto da parte del consumatore e la sua definizione può dipendere da aspetti aventi natura manageriale o funzionale: nel primo caso il tempo del test è funzione del time to market: l’impresa fissa, quindi, un arco temporale di prova che non tiene conto dell’abitudine del consumatore nel consumo e utilizzo del prodotto e delle sue caratteristiche.
    - Aspetti che sono, invece, fondamentali nel test la cui durata viene definita in base ad aspetti funzionali. A determinare la durata del test potrebbe contribuire anche la vita media del prodotto, soprattutto se si tratta di beni non durevoli, distinguibili in prodotti a lunga conservazione o facilmente deperibili. Nel caso di beni durevoli, la variabile “apprendimento” sostituisce la variabile “data di scadenza” nella determinazione della durata il test. Questi prodotti richiedono spesso assistenza, supporto, garanzie e istruzioni, personalizzazione e competenze; quindi, è necessario che la prova includa un intervallo di tempo sufficiente a consentire al consumatore di acquisire le informazioni di cui necessita e un livello di familiarità con il pdt sufficiente a garantire una valutazione equilibrata/ oggettiva.
  11. La spiegazione
    La spiegazione è relativa alla quantità e alla tipologia di informazioni che l’impresa decide di fornire al consumatore, con riferimento al prodotto e all’attività che il test prevede. L’impresa può decidere di:
    • non fornire alcuna informazione riguardante le caratteristiche del prodotto;
    • fornire spiegazioni di tipo commerciale;
    • fornire una spiegazione dettagliata e completa.
    -La scelta deve tenere conto che all’aumentare del livello di spiegazioni cresce il controllo che l’impresa ha sui possibili feedback generati dei consumatori. La scelta di non fornire alcuna spiegazione è generalmente adottata quando si intendono testare varianti di prodotto già esistenti e affermate sul mercato, quindi facilmente riconoscibili da parte dei consumatori, oppure quando oggetto del test sono prodotti nuovi per la domanda e per i quali si vuole comprendere l’effettiva percezione del valore del prodotto e della sua qualità da parte del consumatore. L
    -L’’impresa può decidere di verificare non solo le caratteristiche del prodotto ma anche le relative variabili del marketing mix.
    -La descrizione cui è esposto al consumatore è molto simile a quella rappresentata nei concept board ove le caratteristiche chiave del prodotto e la sua unique selling proposition vengono messe in rilievo attraverso il packaging e la comunicazione. Le istruzioni sull’uso del prodotto sono quindi limitate a quanto emerge dalla comunicazione approntata dall’impresa e dal package-> è la confezione (p. Primario) a parlare attraverso la forma e il colore

(categoria, qualità, labeling, immagini). Il packaging secondario comunica posizionamento in termini di p, propone quantità e fornisce indicazioni sul beneficio chiave.
-Una descrizione verbale e/o scritta del prodotto sia in termini di elementi che lo compongono sia di istruzioni complete per il suo utilizzo vengono fornite nel caso in cui l’imprese decida di adottare una spiegazione tipo completo. In questo caso il package, quindi, non svolge necessariamente una funzione comunicativa. Questa scelta può essere adottata quando l’innovazione è di tipo radicale, in grado di creare un nuovo mercato, e quindi difficilmente comprensibili, oppure quando l’impresa ritiene che il tempo per acquisire le competenze necessarie per l’uso del prodotto sia troppo lungo rispetto ai tempi strategici di gestione del test.
-> FOCUS SUL PACKAGING DOPO
-Nel definire la tipologia di informazioni da trasferire al consumatore, particolare attenzione viene dedicata dalle imprese alla decisione di inserire indicazioni sulla marca del prodotto: si parla di branded (brand reso noto) o blind test.
-Per comprendere i criteri che portano le imprese verso la scelta di uno dei due test è importante considerare il ruolo del brand e quindi le componenti della marca. La letteratura
associa alla marca tre funzioni chiave:
1. Identificativa (segni di riconoscimento);
2. Valutativa, valenze che il consumatore attribuisce alla marca in termini di prestazioni tecnico-funzionali/psico- sociali o simboliche;
3. Fiduciaria, valenza che riduce il rischio percepito.
-Se da un lato l’inclusione del brand potrebbe agevolare le imprese nel favorire la comprensione del prodotto, d’altra parte la presenza del brand potrebbe portare i consumatori ad orientare la propria analisi più sulle caratteristiche della marca, che sulle caratteristiche funzionali del prodotto stesso.
-Al contrario, il blind test permette di valutare la capacità del consumatore di distinguere le caratteristiche proprie del prodotto senza essere influenzato dalla notorietà della marca. In aggiunta, questo permette di ottenere una serie di vantaggi dal punto di vista strategico, impedendo l’indiretta divulgazione di informazioni sulla gestione dei progetti innovativi pianificati dall’impresa.
-Le istruzioni fornite in questa fase di testing posso essere non solamente relative al prodotto e al modo di utilizzo, ma anche alle regole che il consumatore deve seguire durante la fase di testing. A tal proposito si hanno le stesse possibilità:
1. non fornire alcun tipo di informazione, tipica dei test istantanei e generalmente richiede una tecnica semistrutturata;
2. lasciare al pack una funzione comunicativa ed informativa;
3. fornire tutte le informazioni di cui il consumatore ha bisogno – tecniche strutturate e test full control.
L’evidenza empirica dimostra che le procedure utilizzate per effettuare il product test vengono spesso rilette, adattate ed elaborate secondo le peculiari esigenze dell’impresa che le effettua.

Tecniche per il test dei prodotti
Chi coinvolgere, dove? Nel punto di utilizzo o in location centralizzate es. Barilla nella location centralizzata ha una villa con cucina e invita gli utenti per osservare come utilizzano il prodotto; in home porteresti a casa solo il feedback finale.
Es. youplait liberi se vuoi testarlo come snack devi chiederglielo di usarlo a merenda ecc. livello di controllo? Solo voi a usare pdt, esperienza in home la devo costruire a posteriori.
Quando è blind e quando branded? Blind è meglio quando bisogna capire se ha impatto sulla probabilità di acquisto.
Es. Youplait ha reclutato persone al supermercato, se non sai la marca e qualità non lo provi, ovviamente più facile esporsi alla concorrenza ->
brand quando non interessa misurare impatto Brands Silla probabilità di acquisto. Durata due incontri settimanali/tre giorni? … mappatura frequenta consumo medio numero di persone.
Quanti per volta? -> Il campione di controllo è importante e o la linea base o pdt che solitamente il prodotto acquista Comparati non più di tre prodotti, questo funziona quando ho due innovazioni incrementali. Se i prodotti sono radicalmente diversi, il comparato non funzionerà mai. I test per i prodotti partono dall’identificazione della location, quindi la scelta del luogo in cui far svolgere l’attività. Si hanno due alternative: il punto di utilizzo del prodotto oppure un sito centrale creato ad hoc per il test stesso. Il primo caso rappresenta una modalità ordinaria di utilizzo del pdt, alternativamente si parla di test istantaneo. Sebbene il test istantaneo non porti alla comprensione del processo di acquisto svolto dal cliente, permette di cogliere in tempo reale le reazioni del consumatore, grazie alla visione in

diretta dell’utilizzo, cosa non possibile nell’ipotesi di utilizzo nel punto di vendita (in quanto non sono presenti intervistatori).
La scelta riguardante la situazione di utilizzo e di luogo, si lega anche alla scelta relativa al grado di controllo che si vuole avere sul test. Esiste un continuum di situazioni che va dai test al controllo totale, in cui i tester sono costantemente guidati nelle proprie scelte, ai test completamente liberi, in cui ci si limita alla semplice osservazione dell’iter. Questa decisione influenza altre due dimensioni importanti: la durata e l’identità. Per quanto riguarda la durata si riferisce a quello che è il tempo di utilizzo del prodotto da parte del cliente.
La sua definizione può dipendere da aspetti di natura manageriale, il time to market, e di natura funzionale, ossia il livello di difficoltà/novità del prodotto. A determinare la durata del test può, ovviamente, contribuire la vita media del pdt, soprattutto se si tratta di beni non durevoli o a non lunga conservazione. Un altro elemento che va a impattare anche sulla possibilità di controllo, sono la quantità di informazioni che vengono date in riferimento al prodotto e la marca, ciò che prima definivamo come identità. Qui ci si trova davanti a due possibilità, la prima è quella di proporre dei blind test, mentre la seconda è quella dei branded test. Quando vi è un’inclusione del test, l’azienda potrebbe essere agevolata nella collocazione del prodotto in una determinata categoria, di contro però i consumatori potrebbero essere orientati a valutare le caratteristiche della marca piuttosto che quelle del pdt. D’altra parte, il blind test permette di valutare le capacità del consumatore di distinguere le caratteristiche della marca da quelle del prodotto, a cui si aggiunge che si elimina il rischio di fare disclosure, ossia rischiare che i competitor vengano a sapere quale innovazione sto immettendo sul mercato.
-Un’altra decisione è sulla tecnica da utilizzare, tra qualitative e/o quantitative. Tendenzialmente, in questo momento, si preferisce le qualitative, soprattutto per il loro approccio di tipo sperimentale. Le domande che vengono poste sono molto simili a quelle del concept testing, con riferimento però al prototipo

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PDT TEST - I 3 APPROCCI CHIAVE

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Monadico: il tester riceve un prodotto, lo prova e dà una sua recensione.
Comparato: riceve più prodotti, li prova e li compara. Questo test può avvenire su più tra prototipo e prodotto esistente o su versioni diverse. Nel primo caso, il prodotto esistente è di solito il prodotto che viene tradizionalmente usato dal cliente o il leader di mercato. Nel secondo caso, invece, si tratta di due versioni parzialmente differenti. Il principale vantaggio della comparazione deriva dal fatto che la comparazione viene fatta al momento del test. Il consumatore distribuisce le preferenze, quindi, soprattutto, in caso di diverse versioni è più semplice comprendere quale sia il

preferito. Di contro, è molto più artificiale perché non rispecchia a pieno quello che succede normalmente. Una soluzione intermedia è quella del sequenziale monadico: in cui si fanno testare più prodotti, ma uno alla volta secondo una sequenza predefinita. Si possono raccogliere le valutazioni alla fine di ogni prova o al termine del test.
Parlare di test di prodotto significa anche andare a valutare il test del nome, del prezzo, della comunicazione e anche il test del packaging.

  1. 1 Il testo monodico
    - Il test monodico consiste nel fornire ad ogni soggetto tester un solo prototipo da provare. In questo caso si eliminano i rischi di interazione tra i vari prototipi testati contemporaneamente permette un maggiore coinvolgimento da parte del l’intervistato, che deve concentrare la propria attenzione su un solo prodotto.
    - Questo tipo di indagine è particolarmente indicato per valutare nuovi prodotti in presenza di studi su prodotti benchmark o consolidati e inoltre permette un confronto temporale con dati raccolti in precedenza su prodotti appartenenti alla stessa categoria. Qualora si intendano provare versioni differenti è necessario definire 2 panel differenti e separati di consumatori.
  2. 2 Il Comparatve Product Test
    - La tecnica comparativa prevede che i soggetti procedano nella comparazione di due o più prodotti contemporaneamente. Il confronto può avvenire tra:
  3. Prototipo e prodotto esistente: ossia tra una nuova formula di prodotto e uno già in commercio, sia questo il prodotto tradizionalmente utilizzato dal consumatore o prodotto brand leader del mercato. Questa tipologia è utile per verificare quali sono gli attributi del prodotto che lo differenziano dai competitor e permettono di costruire una unique selling proposition che sia più attraente e linea con le attese consumatore finale;
  4. Versioning di prototipi: ossia tra due versioni parzialmente differenti di uno stesso prototipo. Il risultato del test permette di comprendere quali siano gli attributi maggiormente rilevanti per il consumatore, e quali i preferiti.
    - Il principale vantaggio di questa tecnica è identificabile nella sua immediatezza ed evidenza. Questo approccio offre anche un’ulteriore chiave di lettura per l’analisi della distribuzione delle preferenze tra i prodotti e per la comprensione della percezione che i proprio consumatori e i consumatori potenziali hanno verso i prodotti della concorrenza. È una tecnica particolarmente sensibile che permette di misurare scarti anche di piccola entità tra i prodotti oggetto di confronto-> è il più sensibile ma il più artificiale (nella vita quotidiana difficilmente una persona usa contemporaneamente 2 pdt simili).
    - La specificità del test impedisce, però, un confronto con i dati raccolti in precedenza sui singoli prodotti e/o prototipi e non informa quando entrambi prodotti sono inadeguati, in quanto alla sua imposizione costringe il consumatore a esprimere sempre una preferenza. Inoltre, questa tecnica permette un’efficace comparazione solo delle variabili facilmente percettibili e comuni ad entrambi i prodotti, impedendo quindi al consumatore di far emergere opinioni e valutazioni percepite come differenziati e distintive del singolo prodotto. Infine, nel caso di confronto tra prototipo e prodotto esistente, oltre a fornire pubblicità indiretta il prodotto già in commercio, la presenza di un eventuale attrito tra i due prodotti nella mente dei consumatori potrebbe influenzare e distorcere i risultati del test.
    - Quando i prototipi confrontati sono almeno 3 si parla di test comparato triangolare. Spesso utilizzato nel controllo qualità dei prodotti, per indagare se la presenza/assenza di un determinato ingrediente modifica le percezioni del consumatore.
    - Il limite è la difficoltà di confronto e come per il comparato richiede che le variabili di pdt siano facilmente articolabili e differenziabili.
  5. 2 Il Sequential Product Test
    - La tecnica sequenziale prevede, come la precedente, una comparazione tra due o più prototipi; in questo caso, però, la valutazione avviene con una tempistica differente: i prototipi sono provati dai tester uno alla volta, secondo una sequenza prestabilita e non contemporaneamente. Il giudizio viene poi espresso solo dopo che tutti i prototipi sono stati testati e riguarda i punti di forza e di debolezza dei singoli prototipi in relazione agli altri analizzati.
    - Questo tipo di test permette di eliminare l’artificialità del secondo approccio facendo testare i due prodotti a distanza di tempo e non simultaneamente; dall’altro lato, consente di ottenere una valutazione di tipo within, ossia espressa da un soggetto solo, eliminando la distorsione attribuibile alla composizione di diversi campioni di tester utilizzato nel monadico-> è un valido compromesso tra il test comparativo e quello monodico.
    - Tecnica molto costosa, in termini di tempo e denaro, ma più simile alla realtà. Esiste un rischio legato al fatto che i consumatori prendono il primo prodotto utilizzato come benchmark attorno al quale costruire le valutazioni successive (portando il consumatore a esprimere la propria preferenza in termini di performance superiori o inferiori rispetto a).
    - Come nel caso del comparativo, non si ha indicazione della reale bontà del prodotto, ma solo una sua valutazione relativa.
    - Ogni tecnica ha vantaggi e svantaggi, per questo motivo la scelta deve essere calibrata di volta in volta in base alle esigenze del test e alle informazioni che si vogliono ricavare.
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PDT TEST - PACKAGE TEST

A

-Il packaging riveste un ruolo fondamentale (il più importante dell’identità del prodotto) e per questo motivo è utile valutare se la sua gestione risulta coerente con le strategie innovative definite dall’impresa.
-I packaging test basano la ricerca sulla confezione del prodotto, di cui analizzano le caratteristiche materiali e immateriali. Sono volti a comprendere i valori simbolici e percettivi che i consumatori assegnano alla confezione e a verificare il livello di pertinenza della stessa con il posizionamento desiderato, rispetto alla concorrenza e al target.
-Un ruolo molto importante viene svolto dal packaging, perché ha importanza funzionale e attrattiva. In molti casi le nostre prime impressioni si basano proprio su come viene presentato il prodotto. Per questo, è fondamentale nella fase di PT testare come questo possa influenzare la soddisfazione e le aspettative dei clienti.
Il Packaging: The saying that “first impressions remain forever in the mind” is also applicable when it comes to buying decision making. The package of a product has a high propensity of attracting a first-time buyer of a beauty product who has no prior contact of the product. In the same way, it can also turn away the first buyer too. Packaging actually serves many purposes, ranging from product protection to attracting consumer attention. It is the selling tool that should promote and sell the product by catching consumers attention, defining the product’s identity, providing information, ensuring safe use and protecting the product. Il package può essere:
1. Funzionale:
a. Facile da maneggiare e protettivo:
Es. la difficoltà di aprire le scatolette di tonno, ha portato Riomare a lanciare una nuova scatoletta easypeel, che ha avuto molto successo funzionale, ma non ha avuto seguito a causa dell’aumento di prezzo (8%) e i consumatori non ritenevano quel tonno di qualità medio-bassa meritevole di premium, ed è stato trasposto nelle Insalatissime.
Es. Tetrapack ha fatto suo il claim protect what is good, lavora sul pack in cartone e ha nel tempo sviluppato tecnologie che fossero in grado di garantire la produzione del contenuto. Per esempio, attraverso una fodera di simil alluminio che ricopre l’interno del cartone per rendere termoregolatore il packaging. Due minus principali: 1. Non sapere come aprirlo nel modo adeguato 2. conservazione-> quello che l’azienda ha fatto dato il posizionamento è stato bello di decidere di andare ad inserire un tappo (plastica e quindi tema reciclying e partnership con fornitore di plastica, oggi fatti con canna da zucchero o qualcosa del genere, quindi, stanno anche già cercando un posizionamento più vicino a quello di risorse naturali hanno fatto anche uno tipo easy peel, e quindi dove on the go hanno mantenuto la cannuccia perchè sennò ci poggi la bocca. Poi l’hanno fatta esagonale perchè è più ergonomica.
Altro es. è quello di galatine che hanno modificato la forma da quadrato a tondo. Il precedente formato non permetteva un semplice confezionamento, perché gli angoli bucavano la carta della confezione facendo ossidare le gelatine.
Un’azienda che lavora su entrambe le confezioni è Bonduelle, che ha creato un pack che permette di andare direttamente in microonde, permettendo più facile maneggevolezza e una maggior protezione del prodotto.
Altro es. è quello delle bustine di ketchup, che sono frutto di numerosi studi sul comportamento dei consumatori nell’uso del prodotto. Hanno studiato due nuove soluzioni: squeeze con apertura a rotazione ma era sempre necessita di avere superficie sulla quale depositate il ketchup e questo andava bene quando era interno a ambiente con piatto e superficie ma veniva meno per il consumo on the go, motivo per cui ora c’è la vaschetta che non è squeeze ma dip, quindi c’è il concetto di immersione, porto la patatina al ketchup e quindi ecco che hanno interpretato una diversa capacità di maneggiare il pdt. La protezione del contenuto è un altro elemento molto importante.
b. Facile da archiviare:
Es. diversi formati di lattine, che nascono dalla necessità di diverse tipologie di punti di vendita con necessità di ingombro diverse. Oppure la modificazione della lattina da bassa e larga alla cosiddetta sleek can, che nasce da un’esigenza della distribuzione (che si aggiunge ad una percezione di maggiore leggerezza della domanda). Le classiche lattine, infatti, lasciavano troppo spazio tra uno scaffale e l’altro, con il nuovo formato si aveva maggiore capacità a scaffale, sia in orizzontale che in verticale.
Es. nelle case dei consumatori non c’è grandissima disponibilità di spazio, quindi bisogna avere soluzioni ad hoc. Come i fustini di detersivi che inizialmente erano di forma cilindrica e sono diventati a parallelepipedo. Infine, soprattutto negli ultimi anni, ha avuto grande importanza il tema dei packaging sostenibili, eliminando gran parte della plastica e dei rivestimenti non necessari, rendendoli riciclabili oppure dando una seconda vita ai contenitori.
Es. Coccola ridotta dimensione base e alta quindi natura tutti scaffali inoltre recupera fila di prodotto minor lavoro e più visibilità. Benefit indiretto: più facile da tenere in mano nell’on the go; essendo più alta sembrava che ce ne fosse

di più e dava anche sensazione di essere meno calorica-> packaging ci racconta anche un’idea; poi nero veniva associato all’energizzante allora hanno lasciato solo il bordo.
c. Green issue;
d. Sicuro: “a prova di bambino”:
Ultimo aspetto relativo alla dimensione funzionale è quello della sicurezza, creando prodotti sicuri (che prevengono eventuali problemi) e/o a prova di bambino. Es. tappi a prova di bambino o tappi che cambiano colore in base alla temperatura del liquido per evitare le ustioni. Un caso famoso è quello delle Dash Ecodosi, pdt molto innovativo e fortemente vincente dal punto di vista delle vendite. È successo però che i bambini li hanno scambiati per giochi, a causa del colore, e hanno provato ad ingerirli. L’azienda ha affrontato una campagna di comunicazione molto incisiva per informare i consumatori della necessità di posizionare in un luogo lontano dalla portata dei bambini.
Caffè on the go caffè bollente e caffè americano si sorseggia; nel packaging c’è scritto occhio bollente, ma per capirlo devi assaggiarlo e quindi se è bollente ti bruci, allora hanno fatto il coperchio che cambia colore: tema di sicurezza.
2. Attrattività: i consumatori sono esposti a un altissimo numero di prodotti, per questo motivo si deve rendere il packaging più attrattivo possibile, aumentandone l’esteticità.
Es. Yomo: vasetto in carta e avvolto da carta rossa senno tutti bianchi è un’esigenza di comunicazione e posizionamento che vanno tenuti in considerazione quando si considera il design.
Es. i fazzoletti Kleenex sono stati introdotti con forme che richiamassero alla confezione dei succhi di frutta, per comunicare una nuova situazione d’uso. Potevano essere posizionati in cucina per limitare l’utilizzo della scottex, che poteva essere sostituita in parte da questi fazzolettini. Data la mancanza di sostegno da parte di un efficacie comunicazione, questo fu un insuccesso.
Altro elemento è la facilità di associazione con la categoria, per rendere semplice l’identificazione della funzione d’uso e, quando possibile, il brand. I packaging stanno cambiando, aumentando la funzione di significazione, sia dal punto di vista dei valori condivisi dell’azienda che per la capacità di fornire experience ai consumatori (unboxing).
Es. Barilla tentativo con packaging di colore nero ma di solo pasta non è nera lo è il caffè il cioccolato E oltre..
Packaging bianco di Coca Cola ma non è andato bene, messaggio subliminale passato che ci sono più zuccheri ecc. Packaging livello di esperienza emozionale (es. scarpe)

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PDT TEST - TEST DEL NOME

A
  • L’obiettivo del test del nome è quello di individuare i nomi più rappresentativi del prodotto e coerenti con le caratteristiche della marca e della categoria cui il prodotto appartiene.
  • Il procedimento consiste nel sottoporre ad un campione di consumatori una selezione di possibili nomi per comprendere gli aspetti evocativi, affettivi e simbolici di ciascuno.
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PDT TEST - TEST DEL PREZZO

A

La definizione del prezzo per un nuovo prodotto è oggetto di analisi critica dal punto di vista sia economico che strategico. Il prezzo deve essere allineato a quello applicato della concorrenza per prodotti appartenenti alla stessa categoria e tenere in considerazione l’eventuale premium price associato alla scelta strategica di differenziazione del prodotto. Questo vale principalmente per innovazioni incrementali, nel caso di pdt nuovi si definisci in base mercati affini re scelte strategico-manageriali.

  • Per quale motivo le imprese tendono a integrare la variabile prezzo tra le caratteristiche chiave del prodotto che vengono validate durante il concept e il product test.
  • L’obiettivo di questo test, denominato test del prezzo, è quello di analizzare l’andamento delle intenzioni d’acquisto del consumatore a seguito di variazione del prezzo del prodotto->test dell’elasticità, due tipi
    1. Test dell’elasticità indiretta, che sottopone ai consumatori diversi livelli di prezzo appartenenti alla stessa categoria di prodotto, al fine di osservare come si modifica il loro interesse d’acquisto.
    2. Test dell’elasticità incrociata, che permette l’analisi della sensibilità della domanda rispetto ai prezzi dei prodotti concorrenti. Il consumatore è esposto al prezzo del nuovo prodotto e al prezzo del principale prodotto concorrente al fine di valutare se il prezzo fissato per l’innovazione è percepito come equo.
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PDT TEST - ADV PRE TEST

A
  • Strumento attraverso il quale le imprese valutano la propria capacità comunicativa misurando l’efficacia e il corretto orientamento delle scelte di comunicazione per il lancio del nuovo pdt del mercato.
  • Data l’importanza che riveste il messaggio pubblicitario (che rappresenta il biglietto da visita del prodotto), questo viene sottoposto a due tipologie di test, advertinsing pre-test: qualitativo e quantitativo.
  • Il test qualitativo, denominato anche copy test, è volto ad attestare la qualità del messaggio pubblicitario in termini di coerenza di questo rispetto alla strategia comunicativa dell’impresa e tra gli obiettivi dell’impresa e le modalità di realizzazione della proposta commerciale.
  • Il test quantitativo invece al compito di misurare l’efficacia della campagna di comunicazione valutando la:
    1. Risposta cognitiva (aspetti percettivi suscitati, chiarezza dei contenuti e il ricordo);
    2. Risposta affettiva (ossia gli stimoli e le sensazioni associate dai consumatori verso il prodotto, valutazione atteggiamento e attributi verso la marca);
    3. Risposta comportamentale (capacità persuasiva della comunicazione in termini di stimolo all’acquisto).
  • Dal punto di vista temporale, questi test possono venire parallelamente al product test, oppure precederlo, quindi durante la fase di concept test, o seguirlo, ossia nell’ambito del market test.
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PDT TEST - ADV PRE TEST

A
  • Strumento attraverso il quale le imprese valutano la propria capacità comunicativa misurando l’efficacia e il corretto orientamento delle scelte di comunicazione per il lancio del nuovo pdt del mercato.
  • Data l’importanza che riveste il messaggio pubblicitario (che rappresenta il biglietto da visita del prodotto), questo viene sottoposto a due tipologie di test, advertinsing pre-test: qualitativo e quantitativo.
  • Il test qualitativo, denominato anche copy test, è volto ad attestare la qualità del messaggio pubblicitario in termini di coerenza di questo rispetto alla strategia comunicativa dell’impresa e tra gli obiettivi dell’impresa e le modalità di realizzazione della proposta commerciale.
  • Il test quantitativo invece al compito di misurare l’efficacia della campagna di comunicazione valutando la:
    1. Risposta cognitiva (aspetti percettivi suscitati, chiarezza dei contenuti e il ricordo);
    2. Risposta affettiva (ossia gli stimoli e le sensazioni associate dai consumatori verso il prodotto, valutazione atteggiamento e attributi verso la marca);
    3. Risposta comportamentale (capacità persuasiva della comunicazione in termini di stimolo all’acquisto).
  • Dal punto di vista temporale, questi test possono venire parallelamente al product test, oppure precederlo, quindi durante la fase di concept test, o seguirlo, ossia nell’ambito del market test.
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MARKET TEST

A

-È il test che chiude la fase del what wows e apre alla fase di what works. I concept e il product test hanno permesso
alle imprese di ottenere una serie di indicazioni riguardo alla valutazione degli utenti sulla propria offerta e sui nuovi prodotti. È chiaro che queste sono semplici intenzioni, quindi per minimizzare il rischio è necessario integrare questi dati con elementi tratti dall’immissione sul mercato del prototipo. Il market testing permette di porre le basi per il definitivo lancio, rispondendo a quattro domande principali:
1. Il market plan è in grado di attirare l’attenzione del cliente? (Awareness-conoscenza);
2. Il prodotto risponde ai bisogni dei consumatori? (Trial-Prova);
3. I canali distributivi sono in grado di supportarci nella sua distribuzione? (Avaiability-Disponibilità);
4. I consumatori sono soddisfatti, sono intenzionati a riacquistare? (Repeat-> Riacquisto).
-Attraverso questo test l’impresa è quindi in grado di investigare non solo il comportamento del consumatore, in termini di azioni verso il prodotto, ma anche la reazione della concorrenza e la rispondenza della distribuzione nei confronti dell’innovazione.
-Questo test deve essere realizzato quando l’azienda è pronta ad inserire il prodotto sul mercato. Attraverso il market test si riesce a completare quello che è il modello Atar. Con la prima domanda rispondiamo al requisito di awareness, con la seconda al trial, la terza all’availability e, infine, alla possibilità di repeat.
-Attraverso questo test l’impresa è in grado di conoscere non solo la reazione dei clienti, ma anche quella della concorrenza, nonché comprendere l’efficacia della comunicazione e della distribuzione sulla prova e sul riacquisto del prodotto da parte degli effettivi utilizzatori.

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MKT TEST - TRADE/OFF COSTI/BENEFICI E LIMITAZIONI

A
  • I benefici di questo test sono principalmente legati alle condizioni realistiche in cui si sviluppa il test, che permettono all’azienda di ottenere dei dati sul fatturato e sulle potenziali vendite abbastanza corretti. Allo stesso modo, dà la possibilità di correggere eventuali punti di debolezza del piano di marketing prima che il prodotto venga effettivamente lanciato, dando la possibilità di apprendere e comprendere il potenziale di prodotto e di valore del piano di mktg.
  • Tutti questi elementi comportano però una serie di oneri, associati al fatto che per poter effettuare un test di mercato è necessaria l’industrializzazione, che prevede costi di produzione/logistica/commercializzazione e comunicazione a cui si aggiungono rischi di immagine (se il test va male) / reazione della concorrenza (es. riduce prezzo e distorce risultati test). I costi sono anche legati al time to market e ai mancati ritorni.
  1. Limitazioni
    - Un design efficace del test è estremamente importante in quanto vi sono anche limitazioni intrinseche, che possono impattare fortemente, come la necessità di aree sufficientemente rappresentative, le scelte di durata e complessità del test.
  2. le aree selezionate per il test non sono rappresentative del mercato in generale in termini di caratteristiche del
  3. il campione non è rappresentativo e/o la sua dimensione è limitata, a causa di restrizioni di budget;
  4. la distribuzione coinvolta nel test può non consentire un supporto completo;
  5. il pdt può essere pubblicizzato in modo non coerente rispetto a quanto realizzabile una volta commercializzato (Le imprese tendono a esasperare l’attività di comunicazione in fase di test);
  6. alcuni fattori esterni (es. influenza della forza vendita) possono non essere opportunamente controllati;
  7. la durata del testing potrebbe non essere adeguata-> dovrebbe durare tempo sufficiente per consentire al mercato di «sistemarsi».
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MKT TEST - METODI PRINCIPALI

A

-Nel MT saranno inclusi i consumatori, ma anche la distribuzione. Per questo motivo le tecniche di design devono essere rivolte a questi due target, generando due possibili varianti del test di mercato: esperimenti on field o virtuali

Quindi…

3.1 MKT Test Simulato
-Simulazione quantitativa in un ambiente controllato per stimare il potenziale di un prodotto in un mercato. Si ricostruiscono le variabili attraverso attività lab based o modelli matematici e le variabili utilizzate come input per stimare il mercato potenziale di un prodotto sono legate all’intero marketing plan.
-Vantaggi: ridurre rischi, costi e difetti dei metodi reali, il time to market è minore, privacy e diversi scenari-> Il limite è che ricevono buono acquisto quindi wtp influenzata dal fatto che non sono soldi loro.
-Svantaggi: No per innovazioni radicali, Non permette di testare la leva distributiva, Non considera le reazioni concorrenza (nutella biscuits e pan di stelle).
-Diverse tipologie in funzione del livello di interazione con i consumatori ->Lab vs Math Model.
A. I metodi Math-based
-Si parte dai dati ottenuti attraverso test di laboratorio e quelli accolti sul campo come base e si vanno a simulare su questi dati e informazioni le procedure di acquisto dei consumatori. Le info possono essere integrate con risultati che emergono da un’analisi quantitativa primaria delle risposte dei consumatori a domande del tipo What if (si chiede al potenziale acquirente di immaginare di acquistare un pdt ed esprimere il proprio interesse nell’acquisto).
• Math: dati-> proiezioni-> scenari, il vantaggio è la minimizzazione degli investimenti per la realizzazione e l’elevata flessibilità e i bassi costi di cambiamento (si possono modificare le variabili in tempi rapidi e a costo zero);
• Limite math based è che non coinvolge i consumatori e che posso farlo solo quando l’innovazione è incrementale o rispetto categoria già consolidata o esistente perché sennò non ho i dati.
B. I metodi Lab-based
-Realizzazione test di un ambiente ricostruito e controllato, coinvolge il consumatore ma non la distribuzione. Si sottopone un gruppo ristretto di acquirenti a una serie di spot pubblicitari relativi a pdt diversi appartenenti a una medesima categoria, e tra i comunicati vi è anche quello relativo al nuovo prodotto che non è però in alcun modo contraddistinto. Ai consumatori viene poi fornita una somma di denaro con l’invito di recarsi presso un odi dove potranno usare il denaro loro assegnato per comprare un pdt di quella categoria. Al momento della scelta d’acquisto è richiesta ai consumatori la motivazione: si valuta l’impatto della comunicazione sulla decisione di acquisto, e dopo una settimana si realizza un recall per raccogliere informazioni sugli atteggiamenti nei confronti del prodotto, sul livello di soddisfazione e sulle intenzioni di acquisto (trial). Si offre poi possibilità di acquistare nuovamente un pdt della categoria e presa nota del numero di consumatori che riacquistano il nuovo pdt (repeat) e quelli della concorrenza e delle ragioni-> misura efficacia comparata del comunicato pubblicitario.
->Il lab è simulato ma coinvolge il consumatore, quello che vado a fare è ricreare un ambiente che replica il supermercato; si reclutano in base quelli che fanno shopping in quella insegna.

3.2 Real MKT Test
-Il Real Market Test prevede lo svolgimento della sperimentazione in un contesto geograficamente limitato, rappresentativo tuttavia della situazione che si verificherà al momento del lancio. Testare il prodotto in un mercato reale attraverso la normale distribuzione con la forza vendita dell’impresa.
-I risultati del test verranno replicati attraverso condizioni di roll-out.
-Vantaggi: situazione reale -> maggiore realismo, vale per tutte le innovazioni, dal trial al repeat. Consente di testare la leva distributiva in modo diretto, infatti uno dei suoi vantaggi è la possibilità di testare il modello tar nelle sue 4 dimensioni e comprendere come la distribuzione è in grado di supportare l’innovazione.
-Svantaggi:> Costi - industrializzazione, Più lungo, Esposizione- immagine, Risultati generalizzabili.
-Diverse tipologie in funzione del livello di controllo in ambito geografico e di canale distributivo. Limited (Area) vs Broad (Regular).
A. Area Test
-Quando il prodotto viene lanciato in una parte del territorio (cioè in una singola regione, provincia o addirittura città) o utilizzando un singolo canale distributivo (singola insegna o format). I risultati che emergono sono poi estrapolati e proiettati sull’intero mercato.
-> ho una selezione geografica e a livello di distribuzione e posso decidere di metterla a scaffale (test reale il pdt va nello scaffale).
-Queste categoria include tre tipologie di test:
1. Minimarket, in cui il pdt è messo in vendita in alcuni rivenditori concentrati in specifiche aree geografiche (controllo dirette sul display, promozioni e p e può contattare consumatore per avere feedback, non coinvolge forza vendita) ->Attraverso questo test l’impresa è in grado di verificare la validità del proprio piano di marketing con riferimento alle leve distributive e di comunicazione ed è generalmente utilizzato quando il pdt è particolarmente innovativo, o comunque differente rispetto al portafoglio prodotti attuale, e/o indirizzato a un nuovo target;
2. Informal selling: si serve di fiere e manifestazioni per testare il pdt presso i potenziali acquirenti;
3. Direct Marketing: permette acquisto del pdt solo a uno specifico segmento.
-> in entrambi la forza vendita si attiva per presentare e promuovere il pdt, impresa controlla sia clientela che comunicazione. I risultati sono facilmente misurabili con valutazione ordini ma non si valuta il piano di mktg.
B. Regular MKT Test
-È una versione estesa dell’area test in quanto implica che il pdt venga lanciato in alcuni mercati rappresentativi attraverso i tradizionali canali distributivi e l’impiego della forza vendita-> il test esteso è di fatto già il lancio, si entra nel mercato e ciclo vita odi inizia proprio mentre finisce il ciclo di innovazione.
ES. Barilla test vicino all’Emilia-Romagna dove ha lo stabilimento di produzione, cioè l’isola d’Elba in estate dove ci sono tutti italiani e stranieri-> farlo vicino c’è il rischio che si è influenzato, e questo è stato un errore General meals (c’era awareness troppo elevata).
-I test appartenenti a questo gruppo (Full Sale), sono classficabili in funzione del numero di mercato coinvolti:

  1. Test Mkt, se il numero è limitato e prevede che il pdt venga venduto e promosso in alcune città (in molti casi da due a sei) e all’interno di diversi punti vendita. Le informazioni ricavate servono alle imprese per comprendere e
    per identificare su quali leve agire al fine di migliorare le performance del proprio marketing plan in vista di un futuro lancio di prodotto.
  2. Roll out Test, se progressivamente include tutto il mercato. Si ha un’interazione quasi simultanea tra feedback e riprogettazione delle leve del marketing mix e prevede la progressiva introduzione del prodotto in diverse aree geografiche, sino alla completa distribuzione nella totalità dei mercati che s’intendono coinvolgere.
    In entrambi i test, dopo aver identificato i mercati di prova, l’impresa organizza una campagna pubblicitaria e promozionale identica o molto simile a quella che effettuerebbe a livello nazionale.
    -Per un prodotto innovativo il distributore chiede costo un maggiore perché vuole % maggiori per il rischio maggiore.
    Ma nel test reali ho dati veri anche se maggior rischio ho maggior realismo, inoltre mi permette da fare da amplificato re (c’è modello eguali adopters nel libro se vogliamo approfondire).
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Q

MKT TEST - SCELTA

A

-Ogni metodo va valutato in termini relativi, ma è utile osservare che c’è una relazione inversa tra livello di rischio e capacità predittiva: maggiore è il realismo, maggiore è il rischio.