6. WHAT WORKS Flashcards

1
Q

APPROCCIO TRADIZIONALE VS THREADLESS

A

Threadless rappresenta un nuovo approccio all’innovazione? Quali sono le somiglianze e le differenze tra Threadless e l’approccio tradizionale allo sviluppo di nuovi prodotti?
Approcci all’innovazioni tradizionali versus approccio threadless
-SIMILITUDINI:
• È un processo a funnel, che parte da molte idee per arrivare a selezionarne poche;
• È un basato sul modello stage-gate, che assume che vi sia a valle di ogni fase una verifica che permette il passaggio allo step successivo;
• Tutto il processo viene fatto da un crossfunctional team interno, che vede diverse funzioni/competenze/ruoli entrare in azione (dai creativi, alle vendite…).
-Differenze:
• Il coinvolgimento degli utenti, dai tradizionali acquirenti ai designer;
• È in più un processo che vede diverse fasi svolgersi in concomitanza, non abbiamo una vera divisione tra quelle che sono le fasi di testing e quelle di prototipazione, alcune delle quali vengono anche ridefinite. Quando si parla di concomitanza delle fasi si parte dalla prospettiva che ci siano diversi elementi di interazione nella produzione di nuovi prodotti.*
• Time to market: 7 nuovi disegni ogni settimana rispetto ai tempi medi di 4-6 mesi-> url time to market risulta essere molto abbreviato rispetto alla media, questo perché lo svolgimento degli step in maniera parallela e, talvolta, l’abbreviazione delle fasi porta ad una naturale riduzione del periodo necessario al lancio. Questo ha evidenza nei dati che danno nuovi disegni a settimana, contro le due stagioni presenti per una normale azienda di abbigliamento;
• Rischio di fallimento è limitato, poiché il lancio sul mercato sarà probabilmente positivo data la cocreazione dei prodotti con la community stessa;
• Processo di auto-generazione del valore, attraverso un processo di peer2peer, dove gioca molto il passaparola.
*L’interazione tra le fasi può aversi in diverse modalità, due delle quali sono la modalità sequenziale (sequential) e parallela (concurrent). La prima vede gli step susseguirsi seguendo un ordine, mentre nella seconda si può assistere anche ad un momento in cui coesistano più fasi. Entrambi hanno vantaggi e svantaggi, ma la loro bontà

dipende dalla tipologia di business. Nel caso di Threadless è ovvio che il modello su cui si basano sia quello parallelo, poiché vede il coesistere di fasi di progettazione e lancio di prodotti differenti.

  • Si sta passando sempre di più dalla closed innovation alla open innovation.
    1. La closed innovation vede tutte le fasi del processo svolte internamente all’organizzazione, cosa che crea una sorta di irrigidimento della struttura innovativa perché vincolata all’interno dell’azienda;
    2. Nel caso di open innovation, invece, le competenze e le innovazioni vengono generati in collaborazione con l’esterno, i confini dell’azienda diventano permeabili. Quello che è importante è la necessità di avere un’accettazione di tipo organizzativo, ossia dalla volontà delle parti aziendali di accettare le proposte dall’esterno e trasformarle in un prodotto immesso sul mercato. La rigidità deriva, tendenzialmente, dalla paura di fallimento e dalle ripercussioni che questo avrebbe sull’immagine del brand.

Es. P&G ha sviluppato un market place sul principio dell’open innovation “Connect&Develop”. Questa piattaforma permette a coloro che hanno la capacità di generare una conoscenza un po’ strutturata di condividerla e, eventualmente, svilupparla con il sostegno di Procter&Gamble. L’idea è proprio quella di sviluppare della partnership per il lancio di nuovi prodotti, servizi, processi in linea con i needs di P&G.

Si nota una grande capacità di accettazione degli output esterni, anche derivanti da competitor (Glad).
-Es. Innocentive, spin off di Eli Lilly (farmaceutica), piattaforma sulla quale far incontrare domanda e offerta sul farmaceutico. Avendo accesso a questo network, i solvers (scienziati, piccole imprese, privati…), possono andare a colmare quelle che sono le necessità, gli structural holes, di aziende farmacologiche-> Piattaforma di trasferimento dei risultati sul mercato. Esistono ricompense monetarie come incentivo all’innovazione.

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Q

MODELLO DI BUSINESS DI THREADLESS

A

-Cosa spinge i clienti e i designer a partecipare al “community business”? Esaminiamo i ruoli svolti da ciascuno dei componenti di Threadless (designer, clienti, società) per comprendere il valore sottostante quest’approccio.
Per rispondere a questa domanda si possono mettere a confronto i benefici che portano i designer a creare delle grafiche, i clienti a votarle e threadless a mantenere questo modello di business.

DESIGNERS: pt.3 possibilità di apprendimento, che deriva sia dal fatto che mi metto in mostra che
dal fatto di apprendere dagli altri designer.
PT4. possibilità di imparare a lavorare con terze parti PT.5 i contest frequenti sono divertenti, e non monotone e aiutano l’evoluzione delle proprie capacità, a fronte di un basso costo.
CLIENTI: pt.1 creazione di prodotti esclusivi che sono in linea con le mie preferenze
pt3 i clienti diventano parte creativa e co-creatori di prodotti. Maggiore identificazione nel brand che mi porta ad avere una maggiore willingness to pay.
THREADLESS: pt.1-2 non si ha alcun tipo di vero test, se non quello dei consumatori che è a costominimo e
55 di 64

porta moltissimi benefici sul valore e sulla fedeltà verso il brand.

-Facendo riferimento all’ambito della community (designers e clienti), possiamo sicuramente differenziare tra benefici estrinseci e benefici intrinseci. Tra quelli più manifesti abbiamo un tema di ritorno economico e un tema di esclusività. Se ragioniamo più in termini di componente interiore della community, possiamo fare riferimento all’empowerment, di test delle capacità per i creativi ed espressione delle proprie idee per i clienti; accanto a questo, una dimensione di pride of authorship, derivate dalla soddisfazione per aver dato idee che sono state ascoltate; se vedo da un lato la possibilità di crescita dei clienti come quella di una maggiore disponibilità di prodotti sul mercato, per i designer si esplica in
un miglioramento delle capacità professionali; questo format è in grado di creare un forte senso di appartenenza.
-> Si nota come la dimensione intrinseca supera fortemente quella estrinseca.
-Attraverso una cluster analysis sono stati identificati i motivi che portano i clienti a voler partecipare ai processi di co- creazione del valore (stessi driver visti in due modi diversi):

Analizzando ciò che crea valore nel business di threadless, possiamo distinguere benefici diretti e benefici indiretti. Tra i primi si collocano quelli di natura economica, maggiore flessibilità dovuta a poche fasi vincolanti, eliminazione dei costi fissi (non vengono prodotti in store), all’uso quasi esclusivo di e-commerce; accanto a questa capacità si ha
un ritorno economico non vincolato al breve termine, ma grazie alla community fidelizzata e soddisfatta i profitti saranno più di LP. Gli indiretti sono in parte il motore dei diretti.

Sono state condotte altre analisi sulla natura del vero valore di questo approccio innovativo. Coloro che hanno votato le idee, una volta immesse sul mercato, le valutano come maggiormente innovative e
capaci di portare benefici sul mercato. Allo stesso modo, è possibile notare che tanto più mi diverto nella creazione del prodotto, quanto maggiore è la mia willingness to pay.
-The Value of [Customer] Collaborative Innovation:
• From a real-world comparison of ideas actually generated by a firm’s professionals with those generated by users, has emerged that the crowsourcing process generated user ideas score significantly higher in term of novelty and customer benefit and somewhat lower in terms of feasibility.
• The higher the perceived process enjoyment of self- design, the higher the value the customer attributes to it => the higher the customers’ willingness to pay for the product.
“I create therefore I buy”.

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2
Q

MODELLO DI BUSINESS DI THREADLESS

A

-Cosa spinge i clienti e i designer a partecipare al “community business”? Esaminiamo i ruoli svolti da ciascuno dei componenti di Threadless (designer, clienti, società) per comprendere il valore sottostante quest’approccio.
Per rispondere a questa domanda si possono mettere a confronto i benefici che portano i designer a creare delle grafiche, i clienti a votarle e threadless a mantenere questo modello di business.

DESIGNERS: pt.3 possibilità di apprendimento, che deriva sia dal fatto che mi metto in mostra che
dal fatto di apprendere dagli altri designer.
PT4. possibilità di imparare a lavorare con terze parti PT.5 i contest frequenti sono divertenti, e non monotone e aiutano l’evoluzione delle proprie capacità, a fronte di un basso costo.
CLIENTI: pt.1 creazione di prodotti esclusivi che sono in linea con le mie preferenze
pt3 i clienti diventano parte creativa e co-creatori di prodotti. Maggiore identificazione nel brand che mi porta ad avere una maggiore willingness to pay.
THREADLESS: pt.1-2 non si ha alcun tipo di vero test, se non quello dei consumatori che è a costominimo e
55 di 64

porta moltissimi benefici sul valore e sulla fedeltà verso il brand.

-Facendo riferimento all’ambito della community (designers e clienti), possiamo sicuramente differenziare tra benefici estrinseci e benefici intrinseci. Tra quelli più manifesti abbiamo un tema di ritorno economico e un tema di esclusività. Se ragioniamo più in termini di componente interiore della community, possiamo fare riferimento all’empowerment, di test delle capacità per i creativi ed espressione delle proprie idee per i clienti; accanto a questo, una dimensione di pride of authorship, derivate dalla soddisfazione per aver dato idee che sono state ascoltate; se vedo da un lato la possibilità di crescita dei clienti come quella di una maggiore disponibilità di prodotti sul mercato, per i designer si esplica in
un miglioramento delle capacità professionali; questo format è in grado di creare un forte senso di appartenenza.
-> Si nota come la dimensione intrinseca supera fortemente quella estrinseca.
-Attraverso una cluster analysis sono stati identificati i motivi che portano i clienti a voler partecipare ai processi di co- creazione del valore (stessi driver visti in due modi diversi):

Analizzando ciò che crea valore nel business di threadless, possiamo distinguere benefici diretti e benefici indiretti. Tra i primi si collocano quelli di natura economica, maggiore flessibilità dovuta a poche fasi vincolanti, eliminazione dei costi fissi (non vengono prodotti in store), all’uso quasi esclusivo di e-commerce; accanto a questa capacità si ha
un ritorno economico non vincolato al breve termine, ma grazie alla community fidelizzata e soddisfatta i profitti saranno più di LP. Gli indiretti sono in parte il motore dei diretti.

Sono state condotte altre analisi sulla natura del vero valore di questo approccio innovativo. Coloro che hanno votato le idee, una volta immesse sul mercato, le valutano come maggiormente innovative e
capaci di portare benefici sul mercato. Allo stesso modo, è possibile notare che tanto più mi diverto nella creazione del prodotto, quanto maggiore è la mia willingness to pay.
-The Value of [Customer] Collaborative Innovation:
• From a real-world comparison of ideas actually generated by a firm’s professionals with those generated by users, has emerged that the crowsourcing process generated user ideas score significantly higher in term of novelty and customer benefit and somewhat lower in terms of feasibility.
• The higher the perceived process enjoyment of self- design, the higher the value the customer attributes to it => the higher the customers’ willingness to pay for the product.
“I create therefore I buy”.

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3
Q

GENERALIZZAZIONE DEL MODELLO THREADLESS

A

-Questo tipo di modello community/customer-driven può funzionare altrove? È questo il “solo” modo che le aziende possono adottare per integrare le conoscenze esterne nel loro processo di innovazione?

-Oggi è possibile vedere all’interno del mercato 3 diverse tipologie di aziende:
1. Quelle che vedono il cliente come passivo e che quindi lo conducono, anche dove non vuole andare;
2. Quelle che hanno capito quali sono le esigenze del mercato e che, ascoltando in modo reattivo il consumatore, generano la propria offerta in linea con le sue necessità;
3. Infine, quelle che hanno l’obiettivo di prendere spunto dalle conoscenze dei clienti per co-generare la propria offerta. Sono queste imprese che passano da un’idea dell’ascolto del cliente e di reazione all’ascolto ad una partecipazione proattiva del cliente nella creazione del valore.
-Quando si parla di andare a ricercare la conoscenza all’esterno, non si può non citare i lead users. Questi ultimi sono clienti che, in forza alla loro
profonda conoscenza del mercato, sono rappresentate le esigenze future in modo anticipato. Sono quindi in grado di fornire soluzioni innovative e che, per svariati motivi, hanno esigenze molto forti e riescono a dare delle direttive all’azienda che la maggior parte dei fornitori non sarebbero in grado di dare. È stato dimostrato come i lead users siano stati in grado di percepire delle esigenze prima di tutti gli altri attori del mercato. Vanno distinti dagli early adopter, che sono coloro che per primi adottano un prodotto; differenti perché non creano il prodotto. Per riconoscere i lead users, Von Hippel ha formulato un modello, alla cui base ci sono delle domande da porsi che aiutano a capire se i soggetti hanno forti necessità e bisogni di nuove soluzioni e hanno consapevolezza della competenza che possono porre al mercato nella definizione dell’esigenza.
Es. di atteggiamento reattivo.
-Esempi:
• AFOL (Adult Fans Of Lego) -> community di appassionati di lego che lavorano per l’azienda per la creazione di nuovi prodotti. Sono appassionati del brand e dei prodotti e mettono il loro tempo a disposizione per nuove soluzioni per il mercato. Un’altra possibilità di partecipazione è “lego ideas”, una community nella quali i clienti possono partecipare a contest sviluppando vere e proprie soluzioni. In passato all’interno della Lego Factory, oggi non più attiva, veniva data la possibilità di disegnare con un software il proprio prodotto che veniva realizzato e messo in vendita.
• Ben & Jerry -> dava la possibilità ai consumatori di creare il gusto di gelato che più preferivano, definendone il nome con una rappresentazione grafica, e lasciarlo ai voti (di una community e degli esperti). Il prodotto con maggior potenziale veniva lanciato sul mercato.
• Fisher price -> per diversi anni ha avuto una piattaforma in cui si dava spazio alle mamme per condividere idee che aiutassero l’azienda a creare prodotti migliori.
• Mulino bianco -> nel mulino che vorrei. Piattaforma che permette ai consumatori di proporre le proprie idee e valutare quelle degli altri, sul sito poi si possono vedere le idee che sono state scartate e quelle premiate presentate sul mercato.
• Può essere anche la possibilità che si vuole dare al nostro consumatore di giocare con i prodotti, si parla di mass customization -> M&Ms customizzate, Nike custom, per permettere ai singoli di avere un prodotto esclusivo presente sul mercato. Si vuole creare una soluzione esclusiva da condividere con terzi.
• Quando prima si è parlato di una maggiore willingness to pay con M&Ms si fa riferimento a tutto quello che concerne il packaging dei confetti customizzati. Una busta di confetti sfusi da 1 kg e mezzo costa 74€. Su Esselunga costa in media 18€ kg.
• Mini -> ha permesso di personalizzare i tettucci delle macchine ad un prezzo 3 volte superiore al prezzo base.

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4
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GENERALIZZAZIONE DEL MODELLO THREADLESS

A

-Questo tipo di modello community/customer-driven può funzionare altrove? È questo il “solo” modo che le aziende possono adottare per integrare le conoscenze esterne nel loro processo di innovazione?

-Oggi è possibile vedere all’interno del mercato 3 diverse tipologie di aziende:
1. Quelle che vedono il cliente come passivo e che quindi lo conducono, anche dove non vuole andare;
2. Quelle che hanno capito quali sono le esigenze del mercato e che, ascoltando in modo reattivo il consumatore, generano la propria offerta in linea con le sue necessità;
3. Infine, quelle che hanno l’obiettivo di prendere spunto dalle conoscenze dei clienti per co-generare la propria offerta. Sono queste imprese che passano da un’idea dell’ascolto del cliente e di reazione all’ascolto ad una partecipazione proattiva del cliente nella creazione del valore.
-Quando si parla di andare a ricercare la conoscenza all’esterno, non si può non citare i lead users. Questi ultimi sono clienti che, in forza alla loro
profonda conoscenza del mercato, sono rappresentate le esigenze future in modo anticipato. Sono quindi in grado di fornire soluzioni innovative e che, per svariati motivi, hanno esigenze molto forti e riescono a dare delle direttive all’azienda che la maggior parte dei fornitori non sarebbero in grado di dare. È stato dimostrato come i lead users siano stati in grado di percepire delle esigenze prima di tutti gli altri attori del mercato. Vanno distinti dagli early adopter, che sono coloro che per primi adottano un prodotto; differenti perché non creano il prodotto. Per riconoscere i lead users, Von Hippel ha formulato un modello, alla cui base ci sono delle domande da porsi che aiutano a capire se i soggetti hanno forti necessità e bisogni di nuove soluzioni e hanno consapevolezza della competenza che possono porre al mercato nella definizione dell’esigenza.
Es. di atteggiamento reattivo.
-Esempi:
• AFOL (Adult Fans Of Lego) -> community di appassionati di lego che lavorano per l’azienda per la creazione di nuovi prodotti. Sono appassionati del brand e dei prodotti e mettono il loro tempo a disposizione per nuove soluzioni per il mercato. Un’altra possibilità di partecipazione è “lego ideas”, una community nella quali i clienti possono partecipare a contest sviluppando vere e proprie soluzioni. In passato all’interno della Lego Factory, oggi non più attiva, veniva data la possibilità di disegnare con un software il proprio prodotto che veniva realizzato e messo in vendita.
• Ben & Jerry -> dava la possibilità ai consumatori di creare il gusto di gelato che più preferivano, definendone il nome con una rappresentazione grafica, e lasciarlo ai voti (di una community e degli esperti). Il prodotto con maggior potenziale veniva lanciato sul mercato.
• Fisher price -> per diversi anni ha avuto una piattaforma in cui si dava spazio alle mamme per condividere idee che aiutassero l’azienda a creare prodotti migliori.
• Mulino bianco -> nel mulino che vorrei. Piattaforma che permette ai consumatori di proporre le proprie idee e valutare quelle degli altri, sul sito poi si possono vedere le idee che sono state scartate e quelle premiate presentate sul mercato.
• Può essere anche la possibilità che si vuole dare al nostro consumatore di giocare con i prodotti, si parla di mass customization -> M&Ms customizzate, Nike custom, per permettere ai singoli di avere un prodotto esclusivo presente sul mercato. Si vuole creare una soluzione esclusiva da condividere con terzi.
• Quando prima si è parlato di una maggiore willingness to pay con M&Ms si fa riferimento a tutto quello che concerne il packaging dei confetti customizzati. Una busta di confetti sfusi da 1 kg e mezzo costa 74€. Su Esselunga costa in media 18€ kg.
• Mini -> ha permesso di personalizzare i tettucci delle macchine ad un prezzo 3 volte superiore al prezzo base.

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5
Q

4 FACES OF MASS CUSTOMIZATION

A

-In uno studio redatto e pubblicato sull’Harvard Business Review vengono identificate 4 tipologie di mass customization. Quella che consideriamo noi è “Adoptive customization”, nella quale il consumatore partecipa alla personalizzazione del prodotto in modo del tutto autonomo e self-service. Non è un prodotto su misura, come nel

parole per creare un prodotto personale.

caso della collaborative customization; non è una cosmetic customization semplicemente estetica che riguarda solamente il repack del prodotto, né riguarda l’eventuale personalizzazione del cliente del servizio ad esso riferito.

Product Design & Product Development
Quando si parla di design di prodotto è possibile posizionale la mass customization in un continuum tra i gradi di libertà offerti al consumatore – in questo caso
s i
dann alcun

componenti predefiniti come layout, colore, spazi di

-All’opposto c’è la possibilità di sviluppare da zero un prodotto: dal disegnarlo al realizzarlo. Es. DIY di Nintendo Switch, con Nintendo labo.

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6
Q

RUOLO DEI CONSUMATORI LUNGO IL PROCESSO INNOVATIVO

A

-I consumatori possono entrare anche in una fase di testing – è il caso dei gaming (da sviluppatore a tester del prodotto) “il beta test”. Un esempio è il gaming, in cui si può diventare tester di alcuni giochi attraverso la versione beta. I consumatori possono avere un ruolo attivo nel processo innovativo col fenomeno del “viral marketing” che si base sul fenomeno del passaparola. L’idea è quella di affidare al consumatore un ruolo attivo nella condivisione di conoscenza con terzi. I primissimi casi di viral marketing sono quelli di Tipp-ex e di burger king. Qui il consumatore aiuta l’azienda diventando in qualche modo un portare di conoscenza che supporta il lancio del prodotto sul mercato. Evoluzione del viral
marketing con il prank advertising, si basa sull’idea di una sorta di storytelling sviluppata sullo scherzo, sul divertimento per diffondere conoscenza sul mercato. Se si ha un atteggiamento reattivo si può avere un atteggiamento proattivo di partecipazione.
-È l’approccio che accade nella piattaforma “ZOOPA”: people power brand energy. Su questa piattaforma si possono avere due alternative: usarla come agency o come intermediario nella gestione dei propri brief creativi. Attraverso un approccio open si dà la possibilità a persone creative – shooting o storytelling – di partecipare a contest aperti da aziende famose nel quale possono avere probabilità di essere notati e percepiti come in grado di portare valore alla campagna e vincere somma di denaro o di realizzazione della campagna stessa.

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7
Q

LEARNING LAUNCH

A

I risultati della fase di assumption testing devono essere rielaborati per passare alla fase di lancio del prodotto. La mole di dati inizia a definire, attraverso il modello Atar, se il prodotto è un potenziale successo/insuccesso. Si possono prospettare quattro scenari in base ai risultati ottenuti dal trial e dal repeat. Si possono avere i dati in vari modi (es.fidelity card).

  1. Alto trial basso repeat: a un elevato volume di acquisti di prova non fa seguito uno stesso livello di acuisti ripetuti del pdt (il pdt non è in grado di rispondere in modo adeguato alle esigenze) -> Al fine di massimizzare l’efficacia del Market Test, richiede un intervento dell’impresa in una duplice direzione: sul prodotto, da un lato, apportando una serie di modifiche volte a migliorarne la qualità e a posizionarlo secondo le attese della domanda; sulla comunicazione, dall’altro, al fine di indirizzare il consumatore verso l’identificazione di nuove occasioni d’uso del prodotto così da aumentarne la frequenza d’acquisto.
  2. Basso trial e alto Repeat che a un basso volume di primi acquisti corrisponde un elevato volume di riacquisti (il pdt incontra gusti ma ci sono problemi di diffusione in termini di comunicazione circa la sua esistenza e disponibilità):-> implica invece la necessità di incrementare la diffusione del prodotto attraverso: una più intensa e mirata attività di comunicazione al fine di incrementare il livello di Awareness nel consumatore, e/o una maggiore distribuzione del prodotto al fine di accrescerne la reperibilità.
    - >Es. alto repeat ma basso trial: Nutella be ready, uno dei primi prodotti legati alla categoria biscotti della Ferrero. L’azienda dopo la fase di market test ha notato di essere in una situazione di basso trial ed elevato repeat. Si sono resi conto che c’erano due aspetti legati alla comunicazione e alla diffusione che non erano stati ben definiti. Per quanto riguarda la comunicazione, non era chiaro dall’inizio che il prodotto fosse un biscotto per la colazione, ma veniva percepito come uno snack. Ferrero aveva comunicato questo posizionamento solamente sul pack, quindi le persone lo cercavano negli snack ma non nei biscotti, a questo si aggiungeva che era venduto nei bar. L’impresa però non voleva spostarlo in questa categoria perché avrebbe cannibalizzato il tronky, quindi ha messo in atto una forte campagna di comunicazione.
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8
Q

LA NECESSITA’ DELL’ERRORE

A
  1. Approccio Marketing Based vs Approccio Marketing Experiment based
    - Siamo nel contesto del what works. Il DT è una metodologia che ha a che fare col tema dell’errore. Abbiamo detto che esistono due tipologie di approccio all’innovazione, quello del marketing tradizionale e quello marketing experiment based; l’approccio del DT è diverso perchè inverte l’ordine logico delle cose, se nell’approccio tradizionale l’azione è alla fine del processo qui è all’inizio: si agisce all’inizio con l’obiettivo di sperimentare e questo fa apprendere non tanto cos’è mercato/concorrenza/cliente in astratto come in quello tradizionale ma qual è il rapporto che posso aver con il mio mercato: lettura soggettiva che nasce dall’apprendimento (che è soggettivo). Una volta che ho capito il mio rapporto soggettivo posso agire di nuovo: con i feedback delle azioni si apprendono le dinamiche e mano a mano il livello di comprensione aumenta consentono di indirizzare con sempre -> sicurezza l’azione dopp acer apportato correttivi adeguati.

-Se in contesti stabili e relativamente semplici era adeguato un approccio di marketing tradizionale (basato sulla capacità di analizzare e valutare con attenzione i segnali provenienti dal cliente e dalla concorrenza, al fine di comprendere il mercato e poi decidere e poi realizzare le strategie e le politiche di mktg), ad oggi il mondo cambia molto veloce, l’unica modalità di rapportarsi a questo cambiamento è experiement based: molte aziende stanno abbandonando il marketing tradizionale. Questo tema è importante perchè ci si trova di fronte in modo sistematico a delle crisi che si possono subire e usare, con l’approccio del DT e del design market le crisi diventano inevitabili e quindi devono essere utilizzate. Le crisi possono derivare o da agenti esterni, che non è possibile controllare (es. covid) o da comportamenti

soggettivi (es. lancio di pdt può provocare crisi).

  • Il passaggio dal metodo tradizionale a quello sperimentale è stato principalmente trainato dalla crescente complessità del mercato. Ultimamente sono nate delle nuove proposte: lean startup e il growth hacking. Questi due nuovi filoni hanno alla base il tema dell’apprendimento e hanno fatto della rapida sperimentazione e della crescita il faro intorno a cui costruire i propri principi: i clienti raccontano solo il passato (dato che hanno come unico riferimento ciò che esiste già) non possono essere più l’unico punto di riferimento.
  • Le crisi vanno affrontate senza aspettare che prendano il sopravvento. Per affrontarle in primis è necessario il coraggio dell’errore: la capacità di assumere dei rischi, riducendone le conseguenze negative e aumentandone i risultati positivi attraverso la sperimentazione. È necessario avere il coraggio di fare errori in quanto di fronte a contesti di marcato ad elevata complessità è impossibile avere successo senza commettere alcun errore-> la differenza tra chi ha successo e chi fallisce non è nella quantità o nella qualità degli errori commessi, ma sta esclusivamente nella capacità di usare questi errori ai fini dell’apprendimento.
  1. La logica EBM e l’errore
    -Di fronte a una situazione complessa vi sono due tipi di approcci:
  2. Cercare la soluzione ottimale, il che porta però a una qualità degli errori bassa;
  3. Gestisco gli errori, visto che in una crisi non si possono evitare, in modo tale che siano di qualità eccellente.
    Video 1e 2: Robot anche fargli fare piccolo movimento porta a una complessità enorme, motivo per cui i robot non riuscivano a camminare. A un certo punto succede che dicono di apprendere in che modo mantenere equilibrio.
    -Esistono tre tipologie di apprendimento:
  4. Competition based, che si limita all’osservazione dei concorrenti/altre imprese per apprendere-> questo tipo di apprendimento ha una scarsa qualità informatica, essendo basato su un’osservazione superficiale (usato nel MT);
  5. Exploitive, si basa sull’analisi, sulla raccolta di informazioni sul mercato, che vengono interpretate nell’ambito delle conoscenza disponibili-> è necessario che i manager migliorino la conoscenza di mercato ed efficienza dei costi/azioni di marketing, ma questo tipo di apprendimento funziona relativamente bene quando il mercato è sostanzialmente stabile e l’impresa non ha intenzione di procedere a lanci di prodotti altamente innovativi.
  6. Explorative, basato su processi di trial e learn. Molto efficace in contesti fortemente incerti (innovazioni radicali/ nuovi mercati). Utilizzato nell’EMB-> il metodo della sperimentazione e dell’errore che consente i maggiori risultati con costi relativamente contenuti.
    -Mistake: risultato di un comportamento sbagliato-> errore distruttivo, che non vale la pena. Devo mettere tutti i comportamenti possibili per evitarli ma alle volte è inevitabile, comunque bisogna apprendere da questi.
    -Error: deviazione da una condizione attesa, distanza tra un risultato atteso e quello effettivo-> sono fonte di informazioni sui comportamenti corretti o scorretti da intraprendere in futuro. Ogni esito delle azioni che abbia una conseguenza che si discosta dalle aspettative costituisce un errore, che tuttavia dà la possibilità di apprendere, di inserire l’informazione ricevuta in una nuova prospettiva che comporta un cambiamento nelle aspettative e nelle azioni connesse-> Detto in altri termini, l’errore è la distanza tra eventi attesi dal management e risultati che si manifestano ex post, vale a dire la divergenza tra sistema di aspettative e situazione effettiva. Tale differenza spinge il management a trovare nuovi dati, a interpretarli e a creare un nuovo senso: quindi, a produrre apprendimento attraverso la formazione di nuovi schemi cognitivi.
    Es. mistake-> mi affaccio troppo dal balcone, cado e mi rompo un braccio; error-> processo che porta i bambini a saper camminare attraverso le cadute.
    ! Tuttavia gli errori comportano sempre un costo pertanto è fondamentale nel processo di trial & learn cercare di ottenere risultati in termini di apprendimento notevolmente maggiori dei costi, che tuttavia non possono essere del tutto evitati ma solo controllati in modo che non superino una certa soglia.
  7. La sperimentazione
    -É il modo da apprendere, dovrebbe essere una filosofia manageriale. La sperimentazione è il processo attraverso cui gli individui apprendono in condizioni d’incertezza, generando soluzioni creative attraverso la produzione di una larga varietà di soluzioni e selezionando poi quelle più adatte.
    ! è il metodo utilizzato da tutti coloro i quali devono innovare in condizioni di forte incertezza:
    -Vi sono molti approcci possibili di sperimentazione:
    • esperimenti di laboratorio, che si svolgono su un insieme a1 soggette ad effettuare determinate scelte in un contesto controllato;
    • esperimenti artificiali sul campo, in cui alcune variabili di contesto sono controllate dall’impresa e i soggetti coinvolti sono informati dell’esperimento;
    • esperimenti naturali sul campo, in cui i soggetti si comportano in modo spontaneo in un contesto non controllato e non sono consapevoli dell’esperimento.
    -Il EBM si distingue dalla tradizionale sperimentazione diffusa nel mktg tradizionale come, ad esempio, il market test: il metodo è di esperimenti di tipo naturale (e non artificiale) che prevedono un contesto reale. La caratteristica distintiva di questo approccio non è solo quella di essere di esperimenti sul campo, ma anche di essere parte di un

processo di sperimentazione continua, che ha luogo lungo tutta la vita de prodotto o del servizio-> la sperimentazione continua con adattamenti al cambiare delle condizioni.
-La sperimentazione non è solo mirata al miglioramento ma ai risultati: result based experiments, l’azienda agisce sul mercato per ottenere dei risultati che siano accompagnati anche da un forte apprendimento sulla situazione attuale ed evoluzione futura. L’esperimento è tale (e si distingue dal normale) quando è:
• Misurabile-> a dire che deve essere possibile calcolare con precisione le azioni intraprese e i risultati (individuate le relazioni causa-effetto tra le variabili oggetto e le metriche appropriate);
• Riproducibili-> deve potere essere riprodotto (riproposto) con opportuni adattamenti in situazioni e contesti differenti (cioè variabili controllate dall’impresa);
• Prolungabile ->è il primo passo di un processo senza fine (si possono cambiare variabili ma non logica sottostante).
->considerazione: l’apprendimento è un processo continuo attraverso cui si procede alla correzione degli errori con nuove soluzioni ed è importante che queste siano a loro volta di nuovo sperimentate e migliorate sulla base dei nuovi feedback, fino al momento in cui non si raggiunge un risultato soddisfacente. Il processo potrebbe concludersi a questo punto, se nulla fosse ulteriormente modificato. Ma poiché il mercato evolve continuamente, di fatto è necessario continuare a sperimentare nuove soluzioni.
-La logica che è la «ricerca dell’errore», mentre solitamente l’azione di marketing e orientata ad ottenere i migliori risultati possibili senza commettere alcun errore, nell’azione tipica della sperimentazione la logica deve essere quella opposta del getting it wrong the first time.

  1. Le fasi della sperimentazione dell’EBM

-La fase iniziale consiste nell’ identificare gli obiettivi della sperimentazione. Al di là degli obiettivi generali vi sono quelli specifici, che riguardano i risultati che si vogliono ottenere (in termini di vendite, quote di mercato, margini, numero di clienti, introduzione nel canali di distribuzione, livello di awareness, ecc).
! L’attività sperimentale è condotta nel mercato per raggiungere obiettivi concreti: l’apprendimento è tale solo quando un esperimento è condotto con obiettivi di marketing concreti.
-ll secondo passaggio consiste nella formulazione delle ipotesi sul mercato e sul prodotto, che riguardano cioè l’essenza del progetto che si vuole portare avanti. Le ipotesi solitamente riguardano la situazione del mercato. L’evoluzione dei bisogni dei clienti, le probabili mosse della concorrenza, la capacità di un certo prodotto o servizio al rispondere modo efficace ai bisogni, le possibili reazioni della distruzione, e così via. E su ognuna delle ipotesi è

necessario che la sperimentazione sia tale da generare un feedback il più rapido possibile, tale da capire se continuare sulla strada intrapresa oppure se è necessario modificare in tempi brevi l’azione nel mercato.
-La terza fase consiste nella predisposizione delle modalità con cui ottenere il feedback, cioè predisporre un piano che descrive in modo dettagliato i passi necessari per ottenere le informazioni che sono rilevanti ai fini della conferma o smentita delle ipotesi-> fase è critica poiché è difficile che vi sia un reale apprendimento in un processo sperimentale se non vi è la capacità di rilevare in tempo reale ogni singolo scostamento. Gli strumenti di rilevazione possono riguardare le modalità di raccolta sia di dati oggettivi, di mercato e interni, sia di opinioni e giudizi di clienti
e distributori.
[Un’interessante osservazione ci viene dal metodo delle lean Startup, secondo cui gli indicatori più efficaci sono di tipo actionable contrapposti a quelli chiamati vanity: mentre i primi sono basati su rapporti causa-effetto chiari e specifici e consentono quindi di verificare con chiarezza le ipotesi. I secondi non soddisfano tale criterio, servono a confermare la bontà dell’iniziativa.].
-Segue poi l’avvio della sperimentazione, con l’attuazione sul campo (avvio del progetto innovativo, che coincide con l’inizio dell’attività).
-La fase di rilevazione del dati di mercato consiste nel mettere in atto procedure nell’ attivare tutti gli strumenti predisposti in precedenza per ottenere elementi sia oggettivi (dati vendite, costi…) sia soggettivi (customer satisfaction, percezioni…).
-In seguito, c’è la fase del marketing pivot.

I pivot di marketing

  • Pivot: è una modifica degli elementi che non hanno mostrato una performance in linea con le attese-> Ogni scostamento dalle aspettative è un error, dotato di valore segnaletico su cosa è necessario cambiare, sia nel caso in cui la performance sia risultata inferiore sia in quello in cui sia superiore alle aspettative, ed è necessario procedere ad una modifica di quanto fatto i “pivot” che non hanno mostrato una performance in linea con le attese.
  • Da ogni errore (cioè da ogni risultato non in linea con le aspettative) deve generarsi un cambiamento (marketing pivot), altrimenti diventa mistake.
  • I marketing pivot sono il frutto di un apprendimento di 1° grado, in cui si effettua una correzione dell’errore riguardante un singolo aspetto. Mentre l’apprendimento di secondo grado va oltre il singolo evento, avendo la capacità di rimettere in discussione gli obiettivi iniziali della sperimentazione e talvolta tutto il business model, sulla cui base si è condotta fino a quel momento la sperimentazione-> l’errore che ha più valore è quello che comporta pivot di secondo grado.

I due modi di considerare gli errori:
-Raramente in una situazione di forte innovazione, con l’inevitabile incertezza a essa associata, è possibile individuare la soluzione migliore sin dall’inizio. Procedere come se la decisione della sperimentazione iniziale fosse quella ottimale, è ovviamente molto rischioso, e comporta che ogni errore sia non solo molto costoso, ma che non consenta soprattutto di accorgersi per tempo che la direzione migliore è tutt’altra: questo è il contributo della sperimentazione di secondo grado.

-Es. capitano si rende conto di non essere preciso sulla rotta, quindi corregge: pivot di primo grado: non sono dove volevo essere e cambio, ma questo tipo di apprendimento seppur importante non è il più importante, ma lo è quello che mi fa ripensare la strategia. Un modo di fare il pivot di secondo grado è non considerare il punto di arrivo come definito ma provvisorio.
-L’ultima fase consiste nello stabilire i nuovi obiettivi e le nuove ipotesi, sulla base delle informazioni rilevate nella fase precedente, circa l’evoluzione futura della domanda, della situazione concorrenziale, oppure riguardo
alla possibilità del prodotto di penetrare efficacemente nel mercato.
! Il ripensamento delle ipotesi iniziali non può non rimettere in discussione della sperimentazione.

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LEARNING LAUNCH - PRINCIPI FONDAMENTALI

A
  1. La sequenza delle attività non può essere quella tradizionale, come abbiamo visto in precedenza (azione per prima es. prima lancio pdt e si sperimenta e valuta concetto).
  2. Il lancio deve essere lean, gli investimenti vanno ridotti al minimo perché si deve realizzare un prototipo in minimi termini, si parla di minimum viable product. L’obiettivo
    è capire come modificarlo, quindi deve poter essere viable, ma non troppo costoso da vincolarmi (sarebbe errore distruttivo).
  3. La sperimentazione va articolata sugli aspetti rilevanti, in caso contrario sarei frastornato dalla complessità dell’analisi.
    Se sperimento troppe componenti, rischio di non essere in grado di discernere quali sono gli elementi fallimentari e quali vincenti (Quantomeno in un primo momento). L’articolazione di un problema complesso in piccoli elementi consente inoltre che questi vengano modificati in modo continuo è frequente, senza che ciò abbia un grande impatto sui costi della sperimentazione e sui processi che caratterizzeranno l’attività quando essa sarà a regime.
  4. Il costo dell’errore va controllato, per non rischiare di avere delle conseguenze insostenibili. Il valore dell’apprendimento, in generale, deve essere maggiore dell’errore che lo ha generato. In un contesto naturale questo è tanto più vero: il delta tra apprendimento ed errore di un contesto naturale deve essere molto maggiore di quello in un contesto artificiale.
    -> è importante che il valore economico dell’informazione (W) ottenuta durante un esperimento sia maggiore del costo degli errori (W>C). Per ridurre al massimo il costo della sperimentazione è necessario che gli errori siano di dimensione ridotta ma con un forte contenuto segnaletico.
  5. Gli errori devono essere limitati e significativi, ossia devo cercare di produrre pochi errori, ma fortemente “educativi”. La ratio è semplice, non posso bruciarmi tutte le risorse nella prima fase di sperimentazione, perché è un processo ciclico che richiede più errori.
  6. Gli errori devono intervenire all’inizio del processo. All’inizio l’errore costa poco e l’apprendimento è alto; in più quello che apprendo all’inizio può essere modificato, quello al termine no (sono mistake) (sia per tempistiche che costi) -> Se l’obiettivo della sperimentazione è in primo luogo l’apprendimento, è necessario che vi sia sufficiente tempo per modificare gli aspetti che si rivelano sbagliati (error). Questo è possibile soltanto se ci sono le condizioni necessarie per modificare anche più volte uno o più elementi delle azioni decise e realizzate

! La ricerca dell’errore è la linea guida

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