Definizioni Flashcards

(169 cards)

1
Q

Psicologia sociale:

Definizione

Quali processi studia

Oggetto di studio

Quanto è micro la psicologia sociale? Livello di analisi

A

Definizione: la psicologia sociale è l’indagine scientifica di come pensieri, sentimenti e comportamenti degli individui siano influenzati dalla presenza oggettiva, immaginata, o implicita, e virtuale, degli altri.
La psicologia sociale è lo studio di come la differenza tra la realtà oggettiva e la percezione soggettiva delle persone è determinata dall’influenza degli altri.

Quali processi studia: come le nostre emozioni (affect), i nostri comportamenti (behavior) e il nostro modo di pensare (cognition) sono influenzati, e influenzano, l’ambiente sociale circostante.

Oggetto di studio: interazioni fra gli individui:
- i fattori che le determinano
- i processi psicologici coinvolti
- come si manifestano
- le loro conseguenze

Quanto è micro la psicologia sociale? Livello di analisi:

La forza di influenza reciproca individuo - ambiente sociale si analizza, appunto, sia a livello individuale, che sociale.
- Processi psicologici individuali: modi in cui ricordi, percezioni, pensieri, motivazioni e emozioni guidano la nostra comprensione del mondo e i conseguenti comportamenti.
- Ambiente sociale: le influenze che provengono dall’ambiente sociale.

Psicologia della personalità: studia le caratteristiche di personalità degli individui (i tratti di personalità) e i processi psicologici più interiori (looks inside). Studia a un livello ancora più micro della psicologia sociale.

Psicologia sociale: studia i fattori sociali che influenzano pensieri, emozioni e comportamenti delle persone.

Es. cause del bullismo in una certa dinamica di gruppo. Livello di analisi:
- Caratteristiche personali degli attori sociali: psicologia della personalità, psicologia clinica.
- Caratteristiche sociali del contesto (es, dinamiche psicosociali es. norme sociali del gruppo classe): psicologia sociale.
È importante considerare che focalizzarsi unicamente su uno dei due è riduttivo: per qualsiasi fenomeno sociale indagato, è necessaria l’integrazione di una prospettiva individuale (tratti individuali) e sociale (fattori sociali).

La psicologia sociale indaga processi psicologici generali e “normali” delle persone (= che possono riguardare tutti gli individui), in cui i fattori sociali giocano un ruolo predominante.
La personalità non determina questi processi psicologici generali, ma li modula in intensità.
Non è la personalità a determinare questi processi psicologici generali (es. pregiudizio), ma semmai ne modula l’intensità. Il seme è universale e ha un’origine evolutiva.
es. tutti abbiamo pregiudizi, ma chi è basso in openness ha più pregiudizi.

How well did you know this?
1
Not at all
2
3
4
5
Perfectly
2
Q

Presenza oggettiva, immaginata, implicita

A

1) Presenza oggettiva: la presenza (o assenza!!) FISICAMENTE TANGIBILE di altre persone influenza il mio comportamento.
Come ci comportiamo diversamente in presenza di altre persone in aula o al pub.

2) Presenza immaginata: IMMAGINARE di essere in presenza di altre persone, SOCIALMENTE SIGNIFICATIVE PER ME, influenza il mio comportamento. LEGATA, IN CIASCUNA SITUAZIONE, A PERSONE SPECIFICHE.
Vorrei prendere il quarto drink ma penso ai miei genitori

3) Presenza implicita: DERIVA DAL SIGNIFICATO CHE ATTRIBUIAMO ALLE COSE ATTRAVERSO L’INTERAZIONE UMANA. Le NORME SOCIALI CHE HO INTERIORIZZATO influenzano il mio comportamento.
→ Influenza più pervasiva perché non è situazionale e legata a persone specifiche, ma a norme interiorizzate, che influenzano il mio comportamento anche quando sono da solo.
La rumenta puzza. Perché non buttarla dalla finestra? Potrei. Se non ho voglia di scendere a buttare giù la spazzatura posso decidere di non farlo, ma non mi verrà mai in mente di buttarla giù dalla finestra. Questo perché abbiamo interiorizzato una norma sociale.

Presenze immaginaria e implicita e sicuramente nella realtà sono spessissimo intrecciate, ma dal punto di vista teorico sono concetti ben distinti.

4) Presenza virtuale: poiché è quantitativamente superiore e qualitativamente diversa da quella offline, è importante che la psicologia sociale cominci a studiarla bene. Condivide degli aspetti comuni con la presenza oggettiva o implicita, ma ha anche delle importanti differenze:
La presenza degli altri è fisicamente decontestualizzata.
La comunicazione è temporalmente asincrona: i tempi della presenza altrui sono spesso non coincidenti con i nostri, anche perché i tempi delle interazioni spesso controllabili dagli interagenti: si può non rispondere subito per mancanza di voglia, tempo, pensare per decidere cosa rispondere. Questo ci consente di gestire come vogliamo l’immagine che facciamo passare di noi stessi.
Il tipo e l’intensità di queste differenze dipendono dal tipo di ambiente sociale virtuale: youtube diverso da tik tok, diverso da whatsapp, diverso da teams.

How well did you know this?
1
Not at all
2
3
4
5
Perfectly
3
Q

Norma sociale

A

REGOLA DI COMPORTAMENTO condivisa all’interno di un gruppo sociale, che si costruisce attraverso l’interazione:
- INDICA quali sono i comportamenti accettati dal gruppo.
- una volta interiorizzata, INFLEUNZA profondamente il comportamento dei membri del gruppo, anche senza la presenza oggettiva o immaginata degli altri.
- ci permette di PREVEDERE i comportamenti altrui.
È norma sociale non ciò che è “moralmente” giusto, ma ciò che è socialmente accettato.

Esplicite: legge, avvisi all’entrata dei luoghi di culto, politiche dei social.
Implicite: nei gruppi di amici (in cui è norma sociale che l’arrivare in orario non sia conveniente perché prevede che tu debba aspettare almeno un quarto d’ora).

La cui violazione non viene sanzionata: in uni dovremmo arrivare in orario.
La cui violazione viene sanzionata: in uni dobbiamo arrivare vestiti.

Più rigide e restrittive: abbigliamento dei militari.
Più flessibili e meno restrittive: abbigliamento dei docenti universitari.

How well did you know this?
1
Not at all
2
3
4
5
Perfectly
4
Q

Effetto priming

A

Fenomeno psicologico attraverso cui l’esposizione a uno stimolo rende più accessibili e attivi in memoria certi schemi cognitivi, influenzando la risposta a uno stimolo successivo, spesso in modo automatico e inconsapevole.

How well did you know this?
1
Not at all
2
3
4
5
Perfectly
5
Q

Schemi

A

STRUTTURE DI CONOSCENZA COMPLESSE, derivate da esperienze passate, che organizziamo in memoria. Contengono conoscenze organizzate su sequenze di azioni tipiche, situazioni, ruoli sociali, persone, relazioni o eventi, e costituiscono rappresentazioni mentali che abbiamo di noi stessi, degli altri e del mondo. GLI SCHEMI SONO I CONTENUTI DELLE CATEGORIE.
Es.: “schema del primo appuntamento”, “schema dell’insegnante”, “schema di sé”.
- guidano la formazione delle impressioni.
- ci permettono di trarre delle inferenze sugli altri (anche in assenza di una conoscenza diretta).
- guidano il nostro comportamento

How well did you know this?
1
Not at all
2
3
4
5
Perfectly
6
Q

Percezione sociale

A

COME PERCEPIAMO gli altri e COME FORMIAMO LE PRIME IMPRESSIONI.

How well did you know this?
1
Not at all
2
3
4
5
Perfectly
7
Q

Prima impressione

A

GIUDIZIO SOCIALE sugli altri (mi piace/non mi piace) nei primi secondi di percezione o interazione con l’altro. Lo formiamo privilegiando la velocità a scapito dell’accuratezza, per ragioni evolutive (persona sicura o persona pericolosa).
È un aspetto importante della cognizione sociale.
- Lo formiamo privilegiando la velocità a scapito dell’accuratezza, per ragioni evolutive (persona sicura o persona pericolosa).
- È un aspetto importante della cognizione sociale.

How well did you know this?
1
Not at all
2
3
4
5
Perfectly
8
Q

Nella formazione delle prime impressioni cosa cerchiamo?

A

I tratti di personalità, in particolare i nostri.

How well did you know this?
1
Not at all
2
3
4
5
Perfectly
9
Q

Quali tratti guidano maggiormente la formazione della prima impressione?

A
  • Andrò a cercare nell’altro i tratti di personalità che mi caratterizzano, secondo la rappresentazione che ho di me stesso, e che per me sono importanti.
    es. se ritengo che un tratto mio importante sia la moralità, andrò a cercare la moralità negli altri.
  • Modello configurazionale, Asch, 1946: organizziamo una vera e propria configurazione di tratti che definiscono la personalità di noi stessi e dell’altro, alcuni con una posizione più centrale, altri più periferica.
    Tratti centrali: hanno forte influenza sulla formazione delle impressioni finali di una persona.
    Tratti periferici: hanno un’influenza poco significativa sulla formazione delle impressioni finali.
  • Quale tratto di personalità guida maggiormente la formazione delle nostre impressioni? La calorosità, warmth.
    La spiegazione è prettamente evolutiva: la calorosità, in senso di sicurezza, è il tratto che meglio risponde ad alcuni quesiti fondamentali per la nostra sopravvivenza che si pongono quando si entra in relazione con persone sconosciute (mi posso fidare? amico o nemico? buone o cattive intenzioni?)
    Anche perché è un tratto ombrello (una specie di super tratto) che include una serie di tratti che si riferiscono alla relazione sociale, alla cooperazione (amichevolezza, socievolezza, sincerità, buone intenzioni, fiducia).
    Esperimento in cui si chiedeva di valutare una persona sulla base di un elenco di tratti che la contraddistingueva. Esperimento ripetuto con una variabile per volta modificata. I giudizi si polarizzavano molto solo quando la variabile che veniva modificata era quella calorosità-freddezza.
    I partecipanti cui veniva presentato il tratto caloroso descrivevano la persona come saggia, generosa, di buon carattere “Una persona che crede che certe cose siano giuste, che vuole che gli altri capiscano le sue idee e sincera nelle argomentazioni”.
    I partecipanti cui veniva presentato il tratto freddo descrivevano la persona come una persona antipatica, calcolatrice “Una persona piuttosto snob che crede che i propri successi e la propria intelligenza possano porla al di sopra delle persone comuni”.
  • Non esistono tratti universalmente e intrinsecamente centrali o tratti periferici: l’importanza dei tratti varia fortemente a seconda del contesto in cui è inserito, Zanna & Hamilton, 1972
    es. il tratto competente assume molta importanza in un contesto lavorativo e poca in un contesto affettivo.
How well did you know this?
1
Not at all
2
3
4
5
Perfectly
10
Q

Modello configurazionale

A

Asch:

organizziamo una vera e propria configurazione di tratti che definiscono la personalità di noi stessi e dell’altro, alcuni con una posizione più centrale, altri più periferica.
Tratti centrali: hanno forte influenza sulla formazione delle impressioni finali di una persona.
Tratti periferici: hanno un’influenza poco significativa sulla formazione delle impressioni finali.

How well did you know this?
1
Not at all
2
3
4
5
Perfectly
11
Q

Indizi sui quali facciamo inferenze sulla personalità, basiamo le nostre prime impressioni (ancora in assenza di altre info)?

A

1) Aspetto fisico: in assenza di altri indizi, l’aspetto fisico diventa un trigger potente di inferenze sulla personalità, anche se non contiene informazioni affidabili. È il primo, e spesso l’unico, elemento a disposizione che abbiamo per formarci un’impressione sugli altri, sia in contesti reali che in quelli virtuali (in pre-interazione o se non interagiamo). Origini evolutive di inferire subito chi è affidabile e chi no.
Tutto questo ambito di ricerca è stato abbastanza dimenticato negli ultimi secoli (a partire dalle cazzate di Lombroso), ma negli ultimi decenni questi studi stanno ri-attirando l’attenzione di molti ricercatori. Questo perché molte delle nostre interazioni e delle nostre prese di decisioni (ad es., economiche, politiche, sentimentali) avvengono nel mondo virtuale, dove il viso è spesso l’unico elemento a disposizione.

  • Caratteristiche facciali:
    The face effect, Todorov: inferiamo affidabilità, dominanza, competenza, aggressività, simpatia…
    Caratteristiche facciali che suscitano affidabilità:
    Femminilità (evolutivamente? socialmente? culturalmente?… non lo sappiamo)
    Bocca distesa.
    Apertura occhi.
    Ampia distanza occhi / sopracciglia (soprattutto le sopracciglia: l’impressione si modificava più isolando e modificando le sopracciglia).
    Facial Width-to-Height (fWHR) Ratio: distanza zigomi/distanza labbra-sopracciglia. Più alto è (facce più ampie), maggiore è la percezione della persona come più aggressiva e meno amichevole.
    Intenzioni di voto per un candidato politico (Todorov et al., 2005).
    Investimenti finanziari online (Rezlescu et al., 2012).
    Decisioni in un’aula giudiziaria (Funk et al., 2016): pene più severe.
  • Attrattività fisica: tendenza inconsapevole degli individui a considerare ciò che è bello* come anche buono, per effetto alone. La psicologia evolutiva ipotizza che accada questo fenomeno perché la bellezza è un vantaggio.
    La bellezza fisica è il segno di una bellezza interiore, spirituale e morale, Schiller, 1882.
    Insegnanti di scuola primaria giudicavano come più dotati e predisposti allo studio i bambini con un viso esteticamente più gradevole, Clifford, 1975.
    Molti studi intorno agli anni ‘80, in epoca attuale molto meno.
    Ci si aspetta che chi è attraente sia più interessante, estroverso e socialmente dotato delle persone meno attraenti, Feingold, 1992.

2) Comunicazione non verbale, prossemica: espressioni del volto, linguaggio corporeo, contatto oculare ecc cambiano la percezione sociale.
Impressioni iniziali più positive verso coloro che:
- si pongono direttamente di fronte a noi (Mehrabian, 1972);
- annuiscono mentre parliamo (Mehrabian, 1972);
- frequenti contatti oculari (Kleinke et al., 1974).

How well did you know this?
1
Not at all
2
3
4
5
Perfectly
12
Q

La prima impressione conta davvero?

Effetto primacy vs effetto recency:

A

La prima impressione conta davvero?
Sì, i tratti presentati per primi hanno un peso maggiore dei tratti che vengono presentati successivamente. Una persona all’inizio sembra noiosa, poi interessante. E il contrario. In quale caso si avrà un’impressione finale più positiva? Il secondo.

Effetto primacy nella formazione della prima impressione, Asch, 1946:
Intelligente, operosa, altruista, critica, ostinata, invidiosa (Condizione 1);
Critica, ostinata, invidiosa, intelligente, operosa, altruista (Condizione 2).
Impressione generale più positiva nella prima condizione.

L’effetto primacy è sicuramente il più comune:
La nostra mente è verificazionista, non confutazionista:
→ mettere in discussione le nostre idee costa fatica, tendiamo alla parsimonia cognitiva e abbiamo il bisogno di chiusura cognitiva.
→ vogliamo evitare la dissonanza cognitiva.
Per farlo, usiamo diverse strategie “verificazioniste”
Effetto alone, halo effect: tendenza a generalizzare un tratto positivo (o negativo) di una persona o situazione ad altri aspetti, riducendo la possibilità di percepire informazioni contrastanti.
Es. tendenza inconsapevole degli individui a considerare ciò che è bello come anche buono.
Bias di conferma: tendenza a cercare, interpretare, ricordare e sopravvalutare le informazioni che confermano le proprie credenze e a ignorare e a sottovalutare le informazioni falsificanti.
deformato.
Es. ho un giudizio negativo su una persona -> evito i tratti positivi o li interpreto in senso negativo per evitare la dissonanza cognitiva.
NB: L’effetto alone può innescare una valutazione positiva o negativa iniziale: origine del giudizio deformato.
NB: Il bias di conferma può poi rafforzare quella impressione, selezionando solo i dati che la confermano e ignorando il resto: mantenimento e rinforzo del giudizio
Stereotipi.

L’effetto recency è più probabile che si verifichi quando abbiamo poche risorse cognitive a disposizione, siamo distratti da altri stimoli o siamo demotivati a formarci un’impressione verso quella persona: ha una base puramente cognitiva e, nello specifico, attentiva.

How well did you know this?
1
Not at all
2
3
4
5
Perfectly
13
Q

Cognizione

A

INSIEME DI PROCESSI COGNITIVI INCONSAPEVOLI (per la maggior parte) che lavorano continuamente nello sfondo della nostra mente, attraverso cui selezioniamo, organizziamo e utilizziamo le informazioni provenienti dall’esterno. Le nostre capacità cognitive sono limitate e inferiori rispetto al numero di stimoli che si presentano davanti a noi in ogni momento. Per far fronte a questo, mettiamo in atto strategie adattive funzionali che privilegiano l’efficienza cognitiva a scapito dell’accuratezza.

How well did you know this?
1
Not at all
2
3
4
5
Perfectly
14
Q

Cognizione sociale

A

INSIEME DI PROCESSI COGNITIVI INCONSAPEVOLI (per la maggior parte), attraverso cui selezioniamo, organizziamo e utilizziamo le INFORMAZIONI SOCIALI provenienti dall’esterno e COME QUESTI INFLUENZANO I NOSTRI GIUDIZI VERSO GLI ALTRI E I NOSTRI COMPORTAMENTI.
Modo attraverso cui i nostri processi cognitivi automatici interagiscono con il contesto sociale.

How well did you know this?
1
Not at all
2
3
4
5
Perfectly
15
Q

Principi della cognizione sociale

A

Economizzare le risorse cognitive ed evitare la dissonanza cognitiva:

1) Scarsa profondità di elaborazione, siamo pigri (in assenza di motivazione): ci affidiamo a un’elaborazione superficiale e il più rapida possibile delle informazioni, a scapito dell’accuratezza, per risparmiare energie cognitive.
Principale strategia cognitiva: categorizzazione e stereotipi.
Scorciatoie cognitive: effetto alone, bias di conferma, euristiche…

2) Conservatorismo, siamo conservatori: una volta formulata una prima impressione, siamo scarsamente propensi a cambiarla per economizzare le risorse cognitive e per evitare la dissonanza cognitiva.
Effetto alone, bias di conferma.

L’elemento chiave che ci fa invertire la rotta nel nostro giudizio sugli altri è la motivazione… oppure anche semplicemente quando, ricevuta una quantità sufficiente di info disconfermanti, falsificanti, siamo costretti a riaggiornare la nostra visione. Questo accade molto poco frequentemente rispetto alle n00 di persone che incontriamo.

3) Effetto del falso consenso, siamo egocentrici: utilizziamo la conoscenza che abbiamo di noi stessi (schema del sé) per fare inferenze e interpretare atteggiamenti e comportamenti altrui, (almeno quelli appartenenti a gruppi sociali prossimi), a scapito dell’accuratezza, per risparmiare energia cognitiva.

How well did you know this?
1
Not at all
2
3
4
5
Perfectly
16
Q

Modelli teorici della cognizione sociale

A

Principi: economizzazione delle risorse cognitive e motivazione:

Individuo come economizzatore cognitivo, Taylor, 1981:
Siamo sempre pigri.
Poiché il numero e la complessità degli stimoli è superiore rispetto alle nostre risorse cognitive, non teniamo conto di tutti gli stimoli in gioco e della loro complessità, per risparmiare risorse cognitive.
Per farlo usiamo strategie e scorciatoie cognitive, che possono produrre errori e distorsioni nel ragionamento e nel giudizio sociale.

Tattico motivato, Fiske e Taylor, 1991:
Non siamo sempre pigri.
Introduce nel modello precedente della raccolta ed elaborazione delle informazioni il ruolo fondamentale della motivazione, che è in grado di modulare le risorse cognitive che intendiamo spendere in quel compito: se siamo motivati, usiamo strategie accurate, altrimenti, usiamo scorciatoie cognitive.

1) Processi automatici, di prim’ordine: si attivano più spesso, in modo non consapevole, e richiedono meno risorse cognitive. Producono inferenze con più probabilità di errore. Quasi sempre top-down.
→ poche risorse cognitive, scarsa motivazione.
Guidare verso casa.

2) Processi controllati, di secondo ordine: sono attivati consapevolmente e intenzionalmente dall’individuo e richiedono un numero di risorse cognitive maggiori. Quasi sempre bottom-up.
→ tante risorse cognitive, alta motivazione.
Guido dove non ero mai stato.

Processi top-down: deduttivo: quasi sempre automatici. Predilige la velocità rispetto all’accuratezza, spende meno risorse cognitive, e per questo conduce con più probabilità a fare inferenze sbagliate. È il processo più frequentemente utilizzato.
Nel costruire il nostro giudizio su una persona, le attribuiamo tutte le nostre conoscenze legate alla categoria sociale in cui la abbiamo collocata. Video rapinatore, madre chirurgo.

“Un padre e suo figlio furono coinvolti in un incidente stradale in cui il padre morì e il ragazzo rimase gravemente ferito. Il padre fu dichiarato morto già sul luogo dell’incidente e il suo corpo fu trasportato nell’obitorio locale. Il figlio fu portato in ambulanza all’ospedale più vicino e fu immediatamente trasferito nella sala operatoria del pronto soccorso. Venne chiamato il chirurgo di guardia, che, appena arrivato e visto il paziente, esclamò: “Oh mio dio, è mio figlio!””
Spesso viene ignorata la risposta più ovvia, cioè che il chirurgo fosse la madre del ragazzo. Perché? Si ha un’attivazione automatica top-down dell’associazione chirurgo/uomo.

Processi bottom-up: induttivo: quasi sempre controllati. Predilige l’accuratezza rispetto alla velocità e spende più risorse cognitive. È il processo che si attiva con il crescere della motivazione.
Nel costruire il nostro giudizio su una persona, ci basiamo sulle info presenti nell’ambiente nel qui ed ora, svincolate da schemi o categorie.

Non sempre i processi automatici sono top-down e i controllati sono bottom-up:
Processo bottom-up automatico: reagire a un rumore improvviso (non usi uno schema, ma è automatico).
Processo top-down controllato: cercare consapevolmente un oggetto che conosci in un ambiente nuovo.

Come si stabilisce il limite tra top-down e bottom-up? Cioè anche nel bottom-up ci sono dei preconcetti… posso arrivare fino al significato delle parole. Il confine può essere che il processo bottom-up implica qualche sforzo cognitivo per non far partire gli schemi.

→ Dunque l’utilizzo di una o l’altra strategia dipende, in primo luogo dalle risorse cognitive (stanchezza), e dalla motivazione, la quale modula le risorse cognitive che si intende dedicare a quell’attività mentale.

How well did you know this?
1
Not at all
2
3
4
5
Perfectly
17
Q

DEINDIVIDUAZIONE

A

processo tramite cui si ha una RIDUZIONE DELL’AUTOCOSCIENZA e SI PERDE IL SENSO DI IDENTITÀ INDIVIDUALE, che fa sì che gli atteggiamenti e i comportamenti dell’individuo non siano più guidati dalla propria responsabilità personale e dalle norme morali individuali interiorizzate, ma esclusivamente dalle norme instaurate dal gruppo → il gruppo domina l’individuo (anche comportamenti immorali e aggressivi, se vengono accettati dal gruppo).
Non implica necessariamente interiorizzazione → spesso è situazionale e transitoria.

How well did you know this?
1
Not at all
2
3
4
5
Perfectly
18
Q

Come si arriva alla deindividuazione?

A

Gruppo: folla numerosa, con coesione, unanimità e leadership direttiva e carismatica.
Obiettivi comuni e percezione di una minaccia esterna:
- contagio emotivo,
- aumento dell’arousal,
- anonimato percepito,
- diffusione della responsabilità,
- adozione di norme situazionali.
→ deindividuazione: azioni impulsive, trasgressive e potenzialmente violente.

How well did you know this?
1
Not at all
2
3
4
5
Perfectly
19
Q

Conformismo e deindividuazione?

A

Sono legati e occorrono con caratteristiche di gruppo simili, ma la deindividuazione è più estrema e più pervasiva.

How well did you know this?
1
Not at all
2
3
4
5
Perfectly
20
Q

Ha senso paragonare la deindividuazione a un conformismo che non è soltanto pubblico, ma diventa anche privato?

A

Si, ma no.
Il conformismo privato è interiorizzazione.
La deindividuazione non si tratta propriamente di interiorizzazione perché è basata sulla riduzione dell’autocoscienza e si tratta di un conformismo puramente situazionale. Ha altri presupposti e altre conseguenze.

How well did you know this?
1
Not at all
2
3
4
5
Perfectly
21
Q

Default mode network che si attivano quando diventiamo consapevoli di noi stessi, rendiamo concreto il nostro sé?
Pensiero simbolico, consapevolezza, teoria della mente.

A

Corteccia prefrontale mediale

How well did you know this?
1
Not at all
2
3
4
5
Perfectly
22
Q

Parti del sé per William James

A

Capostipite della psicologia americana, primo ad ipotizzare un collegamento tra il sé e gli aspetti sociali.

Parti del sé:
- Il sé corporeo.
- Il sé spirituale, legato all’introspezione e a qualcosa di “sacrale”.
- Il sé sociale: che deriva da come gli altri ci vedono.

How well did you know this?
1
Not at all
2
3
4
5
Perfectly
23
Q

Interazionismo simbolico Mead

A

IL SÉ COME COSTRUZIONE SOCIALE:
- Il sé non esiste alla nascita. Il neonato non ha consapevolezza di sé come agente, né della sua individualità Rouge test (self-recognition test).
- Il sé nasce attraverso l’interazione sociale, attraverso il linguaggio (verbale o gestuale) condiviso dai membri dei gruppi sociali cui apparteniamo. L’acquisizione del linguaggio ci permette di differenziare il sé dagli altri oggetti del mondo.

SÉ RIFLESSO: la nostra identità si forma attraverso la percezione di come gli altri ci vedono. Il modo in cui giudichiamo noi stessi è intimamente connesso al modo in cui ci giudicano gli altri. Non è solo il giudizio esterno che ci definisce, ma la nostra interpretazione di questi giudizi, la quale è influenzata dai giudizi passati, aspettative e filtri personali. Il concetto di sé, quindi, emerge in modo dinamico e interattivo, dipendendo dalle reazioni sociali che riceviamo e dal modo in cui le interpretiamo.

Il nostro concetto di sé riflette la società e la cultura a cui apparteniamo e in base al contesto (ambientale, culturale) gli individui valorizzano del proprio sé aspetti diversi.

How well did you know this?
1
Not at all
2
3
4
5
Perfectly
24
Q

Funzioni del sé

A
  • AUTOCONOSCENZA: RACCOGLIE le informazioni su noi stessi e COSTRUISCE UN INSIEME DI CREDENZE SUL SÉ (tratti di personalità, aspetto fisico, ciò che ci piace/no ci piace, ciò che ci far star bene/male).
    “So di essere una persona introversa, mi affatico nelle situazioni sociali intense.”
  • SÉ INTERPERSONALE o PUBBLICO: ATTRIBUTI che utilizziamo per DEFINIRE LA NOSTRA IDENTITÀ da presentare al PUBBLICO (i gruppi cui apparteniamo, il nostro status, la nostra occupazione, la nostra situazione sentimentale).
  • AGENTICITÀ DEL SÈ: FUNZIONI ESECUTIVE che il sé esplica (processi decisionali, capacità di controllo e auto-efficacia).
How well did you know this?
1
Not at all
2
3
4
5
Perfectly
25
Autoconsapevolezza
PARTICOLARE STATO in cui si è COSCIENTI DEL SÈ, che diventa oggetto dei nostri pensieri (ma anche vedersi allo specchio, sentire la propria voce, vedere una propria foto). Presuppone l’essere coscienti del fatto che si è un soggetto osservabile (da sé o dagli altri). Sviluppo dell’autoconsapevolezza: si sviluppa attraverso la relazione con gli altri ed è soggetta a variazioni. I cambiamenti del sé dipendono dai feedback (positivi o negativi) che riceviamo durante le interazioni sociali. "Mi sto accorgendo ora che sto parlando troppo velocemente." - Incentiva il confronto tra il sé attuale e il sé condiviso, il sé cioè definito dagli standard e dai valori a cui si è esposti, condivisi dalla società cui si appartiene. L’autoconsapevolezza rende salienti gli standard sociali e diminuisce i comportamenti trasgressivi. - Incentiva il confronto tra il sé attuale e il sé ideale, quello che noi vorremmo essere. Tendenzialmente porta a emozioni negative perché nella maggior parte dei casi il sé attuale è “inferiore” rispetto a quello ideale. → Discrepanza del sé, emozioni negative, dissonanza cognitiva.
26
Teoria della discrepanza del sé
Higgins: Il confronto tra il sé reale, il sé ideale e il sé normativo può mettere in luce delle discrepanze, e far sorgere, dunque, delle EMOZIONI NEGATIVE È una FORMA PARTICOLARE DI DISSONANZA COGNITIVA, in cui il sé diventa il fulcro del conflitto cognitivo. Sono un bugiardo; dovrei essere sincero (sé normativo) → ansia, agitazione. Sono timido con le ragazze; vorrei essere estroverso (sé ideale) → tristezza, inadeguatezza.
27
Teoria dei molteplici sè
Higgins: Sé reale: come realmente siamo. Sé ideale: come vorremmo essere. Sé normativo: come pensiamo che dovremmo essere.
28
Teoria dei foci regolatori
Higgins Il sé ideale motiva l’azione verso il successo. Il sé normativo motiva l’azione tesa ad evitare il fallimento. Il sé può dar luogo alle proprie funzioni attraverso due modi differenti di approccio agli obiettivi desiderati: → sistema motivazionale di promozione del successo, focus promotivo. 👉 Più orientato al cambiamento, al miglioramento, alla conquista. Massimizzare gli esiti positivi. Speranza e conquista. Paura di perdere opportunità (errore di omissione). → sistema motivazionale di prevenzione del fallimento, focus difensivo o preventivo. 👉 Più orientato alla protezione, conservazione, stabilità. Minimizzare gli esiti negativi. Responsabilità e doveri. Paura di commettere errori (errore di commissione). Il self-handicapping può essere considerato una strategia (disadattiva) del sistema motivazionale di prevenzione del fallimento. Sono sistemi motivazionali che si apprendono già dalle prime fasi dello sviluppo e rimangono piuttosto stabili (come i tratti di personalità), che orientano l’individuo nello svolgimento di determinati compiti e nel raggiungimento di propri obiettivi.
29
Fit regolatorio
compiti o obiettivi vengono raggiunti con più efficacia quando prospettati/strutturati in linea con il sistema di prevenzione vs promozione dell’individuo. Una persona con un sistema di promozione, che cerca opportunità e successi, si sente motivata e performa bene in compiti creativi che richiedono innovazione e assunzione di rischi. Una persona con un sistema di prevenzione, orientata a evitare errori, potrebbe sentirsi sopraffatta e demotivata in un compito creativo che richiede rischi e sperimentazione. Shah et al. (1998): Persone con focus di promozione risolvevano meglio anagrammi quando presentati con colore verde (guadagnare punti/condizione di ambizione), persone con focus di prevenzione meglio quando presentati con colore rosso (evitare di perdere punti/condizione di vigilanza). Bohns et al. (2013): Benessere di coppia correlato a una complementarietà dei due foci.
30
Come conosciamo noi stessi?
L’auto-conoscenza del nostro sé rappresenta l’esito di un’approfondita e impegnativa analisi delle informazioni provenienti da varie fonti quali: - Osservazione del nostro comportamento: teoria dell’autopercezione, Bem. Inferire gli stati interni e i tratti di personalità, nostri e altrui, dal comportamento (volontario). (Con tutti i distinguo del caso: processi di attribuzione interna o esterna). es. tendo a evitare le feste --> sono introverso. - Confronto sociale con gli altri: teoria del confronto sociale, Festinger. La conoscenza del sé si sviluppa attraverso l’INTERAZIONE e il CONFRONTO con gli altri: Attraverso il confronto con gli altri capisco meglio come sono, i tratti di personalità che mi contraddistinguono, il mio sé attuale, valuto le mie prestazioni, come sono andato o come sto andando. Non tutti i confronti sociali hanno la stessa qualità informativa: tanto più l’altro è simile, tanto più è probabile acquisire informazioni utili. - Confronto verso il basso: strategia di coping: ha uno scopo difensivo ed è funzionale al mantenimento dell’autostima e all’immagine positiva del sé. - Confronto verso l’alto: puó determinare emozioni negative, effetti negativi sulla nostra autostima e deprivazione relativa, ma fornisce informazioni utili per la nostra crescita verso il sé ideale, per l’auto-miglioramento. Deprivazione relativa: percezione di essere privati di risorse o opportunità rispetto ad altri, non necessariamente in termini assoluti, ma in relazione al confronto sociale. Questo sentimento può portare a frustrazione e risentimento, poiché l'individuo si sente svantaggiato rispetto a chi considera più privilegiato.
31
Teoria dell'autopercezione
Bem Come conosciamo noi stessi. INFERIAMO i nostri (anche altrui) stati interni e tratti di personalità DAL COMPORTAMENTO L'altra è la teoria del confronto sociale.
32
Teoria del confronto sociale
Festinger. Come conosciamo noi stessi La conoscenza del sé si sviluppa attraverso l’INTERAZIONE e il CONFRONTO con gli altri: Attraverso il confronto con gli altri capisco meglio come sono, i tratti di personalità che mi contraddistinguono, il mio sé attuale, valuto le mie prestazioni, come sono andato o come sto andando. Non tutti i confronti sociali hanno la stessa qualità informativa: tanto più l’altro è simile, tanto più è probabile acquisire informazioni utili. - Confronto verso il basso: strategia di coping: ha uno scopo difensivo ed è funzionale al mantenimento dell’autostima e all’immagine positiva del sé. - Confronto verso l’alto: puó determinare emozioni negative, effetti negativi sulla nostra autostima e deprivazione relativa, ma fornisce informazioni utili per la nostra crescita verso il sé ideale, per l’auto-miglioramento. Deprivazione relativa: percezione di essere privati di risorse o opportunità rispetto ad altri, non necessariamente in termini assoluti, ma in relazione al confronto sociale. Questo sentimento può portare a frustrazione e risentimento, poiché l'individuo si sente svantaggiato rispetto a chi considera più privilegiato. L'altra è la teoria dell'autopercezione
33
Sé motivazionale
componente del sé che guida e orienta il comportamento umano attraverso la RICERCA DI ESPERIENZE e INFORMAZIONI che favoriscono l’AUTOCONSERVAZIONE, la PROTEZIONE DELL’IMMAGINE POSITIVA DI SÈ, l'AUTOSTIMA e l'AUTO ACCRESCIMENTO. Funziona come un sistema immunitario psicologico che, appena percepisce una minaccia esterna all’immagine del proprio sé, mette in atto delle STRATEGIE ADATTIVE, MECCANISMI DI DIFESA orientati a difendere l'immagine di sé: 1) AUTO-AFFERMAZIONE: capacità di esprimere in modo chiaro, diretto e rispettoso i propri pensieri, sentimenti, bisogni e diritti, senza prevaricare gli altri e senza sottomettersi. Quando l’immagine positiva del proprio sé in un ambito viene messa in discussione, le persone riducono tale minaccia spostando l’ambito del dominio entro cui fare la valutazione, sottovalutando l’importanza di quell’ambito e valorizzando la propria positività in altre aree. Es. Sono un disastro all’università, però ho un sacco di amici e so come divertirmi. 2) SELF-SERVING BIAS, tendenza sistematica a vantaggio del sé: Se il nostro comportamento è positivo lo riconduciamo a cause interne, come espressione di ciò che siamo e delle nostre intenzioni e sforzi. Se il nostro comportamento è negativo lo riconduciamo a cause esterne, come vincoli o fattori situazionali, che non riflettono ciò che sono davvero. 3) SELF-HANDICAPPING STRATEGY, strategia anticipatoria autolesiva, di autosabotaggio: ricorrere in maniera anticipata a impedimenti o ostacoli esterni che possano ridurre la responsabilità personale per imminenti fallimenti o prestazioni mediocri. Metto le mani avanti. Il self-handicapping è un self-serving preventivo (attribuzione esterna, cause situazionali al fallimento). Es. prima di un esame dire “oggi ho un fortissimo mal di testa”, “non è giornata”. La procrastinazione può essere una forma di self-handicapping (a sua volta self-serving) perché permette di creare cause esterne a cui attribuire l’eventuale fallimento in maniera preventiva. Inoltre, oggi la procrastinazione è socialmente accettata e può essere percepita meno sanzionabile del fallimento e quindi può essere preferita.
34
STRATEGIE ADATTIVE, MECCANISMI DI DIFESA orientati a difendere l'immagine di sé
1) AUTO-AFFERMAZIONE: capacità di esprimere in modo chiaro, diretto e rispettoso i propri pensieri, sentimenti, bisogni e diritti, senza prevaricare gli altri e senza sottomettersi. Quando l’immagine positiva del proprio sé in un ambito viene messa in discussione, le persone riducono tale minaccia spostando l’ambito del dominio entro cui fare la valutazione, sottovalutando l’importanza di quell’ambito e valorizzando la propria positività in altre aree. Es. Sono un disastro all’università, però ho un sacco di amici e so come divertirmi. 2) SELF-SERVING BIAS, tendenza sistematica a vantaggio del sé: Se il nostro comportamento è positivo lo riconduciamo a cause interne, come espressione di ciò che siamo e delle nostre intenzioni e sforzi. Se il nostro comportamento è negativo lo riconduciamo a cause esterne, come vincoli o fattori situazionali, che non riflettono ciò che sono davvero. 3) SELF-HANDICAPPING STRATEGY, strategia anticipatoria autolesiva, di autosabotaggio: ricorrere in maniera anticipata a impedimenti o ostacoli esterni che possano ridurre la responsabilità personale per imminenti fallimenti o prestazioni mediocri. Metto le mani avanti. Il self-handicapping è un self-serving preventivo (attribuzione esterna, cause situazionali al fallimento). Es. prima di un esame dire “oggi ho un fortissimo mal di testa”, “non è giornata”. La procrastinazione può essere una forma di self-handicapping (a sua volta self-serving) perché permette di creare cause esterne a cui attribuire l’eventuale fallimento in maniera preventiva. Inoltre, oggi la procrastinazione è socialmente accettata e può essere percepita meno sanzionabile del fallimento e quindi può essere preferita.
35
Atteggiamento
GIUDIZIO valutativo (positivo, negativo, neutro o misto) verso un qualcosa o qualcuno, generale e relativamente stabile, Maio e Haddock (2010). Un giudizio, per essere considerato atteggiamento, deve avere un certo grado di ASTRAZIONE e GENERALITÀ. Un caso episodico non può essere definito atteggiamento (no atteggiamento verso Amed, ma atteggiamento verso i migranti). Generalizzazione: particolari tratti di personalità e/o giudizi, opinioni vengono applicate indistintamente a tutti gli individui appartenenti a un gruppo sociale. A priori: questi giudizi vengono espressi verso una persona ancor prima dell’interazione. L’atteggiamento è il costrutto fondamentale che PRECEDE e GUIDA il comportamento, sebbene NON SEMPRE È IN GRADO DO PREVEDERE IL COMPORTAMENTO perché contesto, circostanze possono influenzarlo. Non è detto che, se ho un atteggiamento negativo verso i migranti, mi comporterò male nei confronti di Amed. Gli atteggiamenti sono relativamente stabili nel tempo, ma si possono modificare. L’INTENSITÀ dell’atteggiamento può essere moderata o estrema. Dipende da: - quantità di informazioni circa l’oggetto dell’atteggiamento, - coinvolgimento personale verso quel tema e - averlo appreso da esperienze dirette. Maggiore l’intensità, più è probabile che l’atteggiamento sia predittivo del comportamento.
36
Da cosa è determinata l'intensità dell'atteggiamento?
- quantità di informazioni circa l’oggetto dell’atteggiamento, - coinvolgimento personale verso quel tema e - averlo appreso da esperienze dirette. Maggiore l’intensità, più è probabile che l’atteggiamento sia predittivo del comportamento.
37
L’ABC degli atteggiamenti
Rosenberg e Hovland Componente cognitiva, cognition: credenze, informazioni associate. Componente affettiva, affect: sentimenti positivi o negativi associati. Componente comportamentale, behavioral intentions: tendenze, intenzioni comportamentali associate. Spesso le componenti cognitiva e affettiva si influenzano (anche bidirezionalmente) nella costruzione dell’atteggiamento. L’atteggiamento può essere costruito anche se componente cognitiva e affettiva sono in contrasto. Si crea dissonanza cognitiva. Per risolverla o la componente cognitiva si adatta a quella affettiva, o il contrario. L'atteggiamento può anche essere costruito esclusivamente sulla base della componente cognitiva o di quella affettiva.
38
Teoria dell'azione ragionata
Fishbein e Ajzen Evidenzia il ruolo contestuale e attivo dell’individuo nell’attuare un comportamento coerente con l’atteggiamento: - La norma soggettiva: la percezione personale di quali siano le aspettative e le pressioni sociali che provengono dal gruppo di riferimento (famiglia, amici, colleghi, ecc.). Es. Voglio smettere di fumare (atteggiamento verso il comportamento). Tanto più le persone attorno a me esprimono atteggiamenti (“fumare fa male”) o attuano comportamenti nella direzione del comportamento (smettono di fumare), tanto più è probabile che io metta in atto quel comportamento. - L’intenzione comportamentale dell’individuo: più ci sono volontà e motivazione di mettere in atto quel comportamento, più è probabile venga messa in atto. Es. Voglio smettere di fumare (atteggiamento verso il comportamento). Tanto più sono convinto e motivato a smettere tanto più è probabile lo faccia.
39
A cosa servono gli atteggiamenti?
- Funzione auto affermativa: servono per esprimere e affermare il proprio sé e la propria identità (autoconoscenza e sé interpersonale). - Massimizzazione delle risorse cognitive: la conoscenza dello stimolo non parte da zero (come per categorie, stereotipi, pregiudizi).
40
Come si formano gli atteggiamenti?
Attraverso un processi di apprendimento: 1) Esperienza diretta: influenza l’atteggiamento attraverso i meccanismi principali di condizionamento classico, condizionamento operante, ma anche attraverso la mera esposizione. NB: Con “mera esposizione” si intende solo quella di Zajonc. Non esiste “mera esposizione” che porta a atteggiamento negativo, in quel caso è semplicemente condizionamento classico. Mera esposizione, Zajonc (1968): La semplice esposizione diretta e ripetuta a uno stimolo neutro può fungere da rinforzo positivo e portare a un rafforzamento positivo dell’atteggiamento. La familiarità riduce l'arousal negativo associato allo stimolo sconosciuto e genera un senso rassicurante, di sicurezza, padronanza (poche risorse cognitive, ci piace) e piacevolezza affettiva, anche in assenza di elaborazione cognitiva. 2) Esperienza indiretta: osservazione di atteggiamenti altrui, apprendimento sociale. Teoria dell’apprendimento sociale, Bandura (1973): Gli atteggiamenti non si formano soltanto attraverso l’esperienza diretta, ma anche attraverso esperienze indirette, sviluppate attraverso l’osservazione di altre persone, che fungono da modelli. Modellamento: processo di apprendimento che si attiva quando l’atteggiamento di un individuo si modifica in funzione delle azioni e/o degli atteggiamenti di un altro individuo. 3) Inferenze dal nostro comportamento: Teoria dell'autopercezione, Bem (1967): Quando i nostri atteggiamenti interni sono deboli, ambigui o non accessibili, inferiamo cosa pensiamo o sentiamo osservando il nostro comportamento, come faremmo con un estraneo. Se mi trovo a mangiare spesso cioccolato fondente e mi chiedo "mi piace il fondente?", potrei rispondere: “Beh, lo mangio spesso… allora sì, mi piace”.
41
Teoria del comportamento pianificato
Ajzen: Introduce il ruolo della percezione della capacità di controllare il comportamento nell’attuare un comportamento coerente con l’atteggiamento, tipo autoefficacia di Bandura. Es. Voglio smettere di fumare (atteggiamento verso il comportamento). Tanto più percepisco di avere le giuste risorse e potenzialità che mi permettano di farlo, tanto più è probabile io smetta di fumare.
42
Fattori che sembrano essere predittivi nel favorire la connessione tra atteggiamento e comportamento:
1) Grado di specificità dell’atteggiamento: più probabile che un atteggiamento predica il comportamento quando hanno un simile grado di specificità, Fishbein e Ajzen (1975). Tra atteggiamento generico e episodio specifico entrano in gioco ulteriori variabili contestuali (norme sociali, desiderabilità sociale, pressione situazionale) Alta specificità: stessa azione, verso lo stesso oggetto, nello stesso contesto, nello stesso periodo temporale. Atteggiamento: "Credo sia giusto votare il partito X alle elezioni comunali di Milano del 2025." Comportamento: "Voto effettivamente il partito X alle elezioni comunali di Milano del 2025." Bassa specificità: puoi anche dire qualcosa in modo chiaro, netto, forte es. "odio le ingiustizie”), ma se non si riferisce alla stessa cosa del comportamento specifico, allora resta a bassa specificità. Atteggiamento: “Odio le ingiustizie” Comportamento: assisto a un atto di discriminazione sul luogo di lavoro, ma non intevengo. 2) Tempo tra atteggiamento e comportamento: è più probabile che un atteggiamento predica il comportamento quando misurati in tempi vicini. Es. sondaggi politici: l’atteggiamento positivo verso un partito politico più probabile si traduca in voto quando misurato una settimana prima rispetto a un mese prima. 3) Grado di accessibilità dell’atteggiamento: euristica della disponibilità: più un atteggiamento è facilmente accessibile in memoria, maggiore è la probabilità che si traduca in comportamento, Fazio (1986). 4) Forza, intensità dell’atteggiamento: più l’associazione tra l'oggetto dell'atteggiamento e la valutazione positiva o negativa che gli associamo, più è probabile che l’atteggiamento venga attivato automaticamente in memoria, Fazio (1995). - quantità di informazioni circa l’oggetto dell’atteggiamento, - coinvolgimento personale verso quel tema e - averlo appreso da esperienze dirette.
43
Gli atteggiamenti possono cambiare
1) Introspezione e autovalutazione. 2) Tentativo di riduzione della dissonanza cognitiva. 3) Fonti esterne, comunicazione persuasiva.
44
Dissonanza cognitiva
Festinger STATO DI DISAGIO PSICOLOGICO che si verifica quando una persona mantiene contemporaneamente credenze, valori o atteggiamenti contraddittori, oppure quando il suo comportamento è in conflitto con le sue convinzioni.
45
Tentativi di riduzione della dissonanza cognitiva
Quando una persona si comporta in un modo non coerente con il suo atteggiamento, cercherà di risolvere la dissonanza cognitiva e ripristinare una coerenza cognitiva tra atteggiamento e comportamento: 1) adattando il comportamento all’atteggiamento 2) adattando l’atteggiamento al comportamento: es. minimizzando le conseguenze negative. 3) razionalizzazione post hoc: GIUSTIFICARE RETROATTIVAMENTE le proprie azioni per renderle coerenti con il proprio sistema di credenze. es. giustificazione dello sforzo: in questo caso la dissonanza è data dal fatto che nonostante si sia compiuto un notevole sforzo o investito molte energie, si raggiunge un risultato modesto. Per ridurre la dissonanza si tende a rivalutare positivamente l’obiettivo raggiunto, convincendosi che ne valesse comunque la pena. Questa rivalutazione non avviene nonostante lo sforzo, ma proprio in virtù dello sforzo: è lo sforzo che dà valore a ciò che altrimenti potrebbe sembrare deludente, banale o insensato. “Ho fatto tanta fatica → quindi dev’essere stato per qualcosa di importante → quindi ciò che ho ottenuto deve valere molto.” Lo facciamo per proteggere il senso del sé e il senso di coerenza, razionalità e sensatezza. Ammettere di aver fatto qualcosa di inutile o dannoso (dopo aver sofferto tanto) metterebbe in crisi questa immagine. 4) Obbedienza indotta: in questo caso la dissonanza si esperisce quando la persona è indotta da fonti esterne es. autorità a comportarsi in modo contrario a un proprio atteggiamento. Minimizzare la responsabilità personale. Attribuire all'autorità la causa del comportamento. 20$ per una menzogna, Festinger e Carlsmith (1959): 1 dollaro per mentire (bassa autorità): per ridurre la dissonanza, tendevano a cambiare il loro atteggiamento verso il compito, convincendosi che fosse più interessante di quanto non fosse in realtà “il compito in fondo non era così male, anzi a ripensarci era interessante”. 20$ per mentire (alta autorità): non sentivano la necessità di modificare il loro atteggiamento verso il compito, poiché avevano una giustificazione esterna per il loro comportamento.
46
Gli atteggiamenti possono cambiare, tramite:
1) Introspezione e autovalutazione. 2) Tentativo di riduzione della dissonanza cognitiva. 3) Fonti esterne, comunicazione persuasiva.
47
Chi persuade?
Fonti autorevoli. Opinioni varie. Influencer marketing.
48
Che cosa persuade?
I messaggi che attivano paura e minaccia possono essere molto efficaci, Leventhal et al. (1965). Un eccessivo grado di paura però può provocare nel destinatario un alto stato d’ansia che lo porta ad allontanarsi dal messaggio stesso, McGuire (1969).
49
Chi viene persuaso
Le persone con bassa autostima vengono persuase più facilmente rispetto alle persone con alta autostima, Janis (1954). Le persone sono più predisposte a essere persuase quando sono distratte rispetto a quando prestano piena attenzione, almeno quando il messaggio è semplice e immediato, Allyne e Festinger (1961).
50
Quando si viene persuasi?
Modello della probabilità dell’elaborazione, Petty e Cacioppo (1986): Quando le persone ricevono un messaggio persuasivo, possono attuare due diversi percorsi d’elaborazione del messaggio: Percorso centrale: può produrre un cambiamento più duraturo, profondo e meno influenzabile. Percorso periferico: può produrre un cambiamento più breve, superficiale e più soggetto a influenze. es. tipico quando si è esposti a messaggi pubblicitari (scarso investimento di risorse cognitive). La scelta del percorso dipende da: Motivazione della persona: se alta, percorso centrale. Competenza della persona verso il tema del messaggio: se alta, percorso centrale. Risorse cognitive a disposizione in quel momento: se alte, percorso centrale.
51
Da cosa dipende la scelta fra una ricerca quantitativa o qualitativa?
- dell’obiettivo che ci si propone. - delle caratteristiche del soggetto di studio indagato. - del tempo e delle risorse materiali a disposizione. I metodi qualitativi e quantitativi possono essere integrati nella stessa indagine. L’approccio qualitativo spesso costituisce la fase preliminare per sviluppare una conoscenza approfondita e dettagliata del contesto che si andrà poi ad analizzare tramite l’approccio quantitativo.
52
Pregiudizio
ATTEGGIAMENTO NEGATIVO verso un individuo basato esclusivamente sulla sua appartenenza a un particolare gruppo sociale. Esempi di gruppi sociali: etnici, sessuali, orientamento sessuale, età, disabilità, obesità. Generalizzazione: particolari tratti di personalità e/o giudizi, opinioni vengono applicate indistintamente a tutti gli individui appartenenti a un gruppo sociale. A priori: questi giudizi vengono espressi verso una persona ancor prima dell’interazione. Il pregiudizio è esito di normali processi cognitivi e motivazionali che operano nell’individuo: Natura multidimensionale del pregiudizio: - Individuo come membro di un gruppo sociale. - Dinamiche che si instaurano tra i gruppi. In quanto atteggiamento, (Dovidio, Brigham, Johnson, & Gaertner, 1996; Fiske, 1998), il pregiudizio è composto da una componente cognitiva, una affettiva e una comportamentale: - Componente cognitiva (origine e contenuto): stereotipo: attribuzione a un individuo di certe caratteristiche e tratti ritenuti tipici di un determinato gruppo sociale e risposta categoriale rivolta ad esso in quanto membro di quella categoria sociale (processo universale, inevitabile, ordinario, non deviante, né patologico). Lo stereotipo è l’anticamera del pregiudizio. - Componente affettiva. - Componente comportamentale: intenzione comportamentale. Stereotipo (componente congitiva) -> pregiudizio (atteggiamento ABC) (-> discriminazione). Discriminazione: messa in atto di un comportamento negativo sulla base di un pregiudizio negativo. NB: non sempre il pregiudizio (atteggiamento) si traduce in discriminazione (comportamento effettivo).
53
Discriminazione
Messa in atto di un comportamento negativo sulla base di un pregiudizio negativo. NB: non sempre il pregiudizio (atteggiamento) si traduce in discriminazione (comportamento effettivo).
54
Teoria della personalità autoritaria
Adorno Teoria psicosociale dalle profonde influenze freudiane. La tendenza all’autoritarismo è una caratteristica individuale che predispone al pregiudizio: le persone autoritarie hanno credenze rigide verso il mondo sociale, supportano valori tradizionali e conservatori, hanno atteggiamenti servili verso le autorità e tendono a sostenere o infliggere punizioni severe. SCALA F: misura l’autoritarismo. Alti punteggi sono correlati a più forti pregiudizi verso ebrei, persone di colore, e diverse minoranze. In seguito a interviste cliniche è emerso che le persone con alti punteggi nella scala F hanno solitamente avuto un’educazione estremamente rigida e severa, sono persone insicure, dipendenti dai genitori, ma al tempo stesso con un’ostilità inconscia verso di loro. Tutto ciò sfocia in una forte rabbia che si sfoga verso i gruppi più deboli o “devianti”. Convenzionalismo: adeguamento acritico a modelli comportamentali tipici della classe media. Es. item: “se la gente parlasse meno e lavorasse di più, tutti starebbero meglio”. Sottomissione all'autorità: tendenza ad esaltare valori legati alla valorizzazione dell’autorità. Es. item: “l'obbedienza e il rispetto per l'autorità sono le virtù più importanti che i bambini dovrebbero imparare”. Aggressività autoritaria: supporto a punizioni particolarmente severe per membri «devianti» all’interno della società. Es. item: “gli omosessuali non sono migliori dei criminali e dovrebbero venire severamente puniti”. Anti-introspezione: la paura delle proprie sensazioni, di essere inadeguati o sbagliati. Es. item “al giorno d'oggi la gente si intromette sempre più in faccende che dovrebbero rimanere personali e private”. Potere e durezza: ricerca in sé e negli altri del potere e dell'integrità piuttosto che la vicinanza emotiva. Es. item “nessuna difficoltà e debolezza può trattenerci se abbiamo sufficiente forza di volontà”. Limiti di questa teoria: Adorno spiega soltanto una parte della questione. Particolari caratteristiche individuali, come la tendenza all’autoritarismo, possono predire la propensione delle persone ad esprimere alti (o bassi) livelli di pregiudizio, ma: → un approccio individuale non spiega perché in certi contesti si assista a un’uniformità e polarizzazione di atteggiamenti ostili verso determinati gruppi. Le centinaia di migliaia di tedeschi negli anni ‘30-’40 che manifestavano intolleranza e pregiudizi estremi verso gli ebrei avevano tutti personalità autoritarie? I bianchi provenienti dagli Stati Uniti del sud mostravano più pregiudizio verso gli afroamericani rispetto a quelli nord, ma non è che si riscontrasse una differenza tra bianchi del sud e del nord in termini di personalità autoritaria, Pettigrew (1958). Dunque: → Le caratteristiche individuali spiegano la variabilità di espressione del pregiudizio, non le sue origini es. spiegano il perché alcune persone piú spesso di altre attuano comportamenti esplicitamente discriminatori.
55
Scala F
Teoria della personalità autoritaria, Adorno Convenzionalismo: adeguamento acritico a modelli comportamentali tipici della classe media. Es. item: “se la gente parlasse meno e lavorasse di più, tutti starebbero meglio”. Sottomissione all'autorità: tendenza ad esaltare valori legati alla valorizzazione dell’autorità. Es. item: “l'obbedienza e il rispetto per l'autorità sono le virtù più importanti che i bambini dovrebbero imparare”. Aggressività autoritaria: supporto a punizioni particolarmente severe per membri «devianti» all’interno della società. Es. item: “gli omosessuali non sono migliori dei criminali e dovrebbero venire severamente puniti”. Anti-introspezione: la paura delle proprie sensazioni, di essere inadeguati o sbagliati. Es. item “al giorno d'oggi la gente si intromette sempre più in faccende che dovrebbero rimanere personali e private”. Potere e durezza: ricerca in sé e negli altri del potere e dell'integrità piuttosto che la vicinanza emotiva. Es. item “nessuna difficoltà e debolezza può trattenerci se abbiamo sufficiente forza di volontà”.1) Convenzionalismo: adeguamento acritico a modelli comportamentali tipici della classe media. Es. item: “se la gente parlasse meno e lavorasse di più, tutti starebbero meglio”. 2) Sottomissione all'autorità: tendenza ad esaltare valori legati alla valorizzazione dell’autorità. Es. item: “l'obbedienza e il rispetto per l'autorità sono le virtù più importanti che i bambini dovrebbero imparare”. 3) Aggressività autoritaria: supporto a punizioni particolarmente severe per membri «devianti» all’interno della società. Es. item: “gli omosessuali non sono migliori dei criminali e dovrebbero venire severamente puniti”. 4) Anti-introspezione: la paura delle proprie sensazioni, di essere inadeguati o sbagliati. Es. item “al giorno d'oggi la gente si intromette sempre più in faccende che dovrebbero rimanere personali e private”. 5) Potere e durezza: ricerca in sé e negli altri del potere e dell'integrità piuttosto che la vicinanza emotiva. Es. item “nessuna difficoltà e debolezza può trattenerci se abbiamo sufficiente forza di volontà”.
56
Natura multidimensionale del pregiudizio:
- Individuo come membro di un gruppo sociale. - Dinamiche che si instaurano tra i gruppi.
57
Autoritarismo di destra
Altemeyer Tendenza ad aderire alle norme convenzionali della società (convenzionalismo), a sottomettersi alle autorità (sottomissione all’autorità) e a sostenere comportamenti punitivi per coloro che vengono considerati devianti (aggressività autoritaria). A differenza di Adorno, Altemeyer non considera questo costrutto come una disposizione stabile degli individui, ma come un fattore modificabile a seconda dell’ambiente entro cui l’individuo interagisce.
58
Correlazione tratti di personalità e pregiudizio?
La coscienziosità (organizzazione rigida e scrupolosa) è correlata positivamente. Agreeableness, apertura alle esperienze e estroversione sono correlate negativamente. Nevroticismo non è correlato. Altra variabile recentemente studiata, correlata al pregiudizio, è il bisogno di chiusura cognitiva.
59
Orientamento alla dominanza sociale
Pratto: Tendenza individuale a credere che ogni società debba essere gerarchicamente strutturata, in cui dunque è legittimo che vi siano alcuni gruppi che occupano posizioni di status superiore rispetto ad altri.
60
Teoria del conflitto realistico
Sherif: Il pregiudizio si origina quando c’è una competizione per scarse risorse economiche o territoriali e si crea INTERDIPENDENZA NEGATIVA fra i due gruppi: gli interessi del mio gruppo si scontrano con quelli dell’altro gruppo; il raggiungimento dell’obiettivo del mio gruppo dipende dal fallimento dell’outgroup. Esprimere pregiudizio e, quindi, discriminare può portare a dei grandi vantaggi economici e sociali per il proprio gruppo. The Robber’s cave experiment, Sherif (1953): tre settimane di campo estivo Dimostrare la teoria del conflitto realistico: confermare che pregiudizio e discriminazione nascono da un conflitto di interesse tra due gruppi. Fase I: Formazione dei due gruppi: nome (Eagles e Rattlers), bandiera, vivevano in capanne diverse. Aumento coesione interna: compiti di squadra funzionali ad aumentare l’unità e la coesione tra i membri del gruppo (preparazione assieme dei pasti, costruzione di un ponte di corda). Fase II: Contatto e interdipendenza negativa: attività competitive fra i due gruppi e vengono messi in palio premi al gruppo vincitore. → Episodi di pregiudizio e discriminazione verso l’altro gruppo: intimidazioni, appellativi dispregiativi “stinkers”, “pigs”, “communists”, “nigger campers” aggressioni e atti vandalici. Fase III: Contatto e interdipendenza positiva: introduzione di obiettivi sovraordinati. → Diminuiscono pregiudizi e comportamenti aggressivi verso l’altro gruppo e nascono addirittura delle amicizie tra membri dei due gruppi. → Si riduce la salienza di appartenenza al proprio gruppo (alla fine della settimana addirittura si parla di “noi” per rappresentare entrambi i gruppi!!) Quindi: → La competizione e l’interdipendenza negativa fra due gruppi aumentano pregiudizio e discriminazione. → Obiettivi sovraordinati possono diminuire il pregiudizio e portare alla risoluzione del conflitto. Tuttavia: → Il pregiudizio era iniziato ancor prima dell’introduzione di attività competitive fra i due gruppi, quindi la competizione per scarse risorse e l’interdipendenza negativa non è condizione necessaria perché nasca il pregiudizio, ma questi lo aumentano.
61
The Robber’s cave experiment.
Sherif: Tre settimane di campo estivo Dimostrare la teoria del conflitto realistico: confermare che pregiudizio e discriminazione nascono da un conflitto di interesse tra due gruppi. Fase I: Formazione dei due gruppi: nome (Eagles e Rattlers), bandiera, vivevano in capanne diverse. Aumento coesione interna: compiti di squadra funzionali ad aumentare l’unità e la coesione tra i membri del gruppo (preparazione assieme dei pasti, costruzione di un ponte di corda). Fase II: Contatto e interdipendenza negativa: attività competitive fra i due gruppi e vengono messi in palio premi al gruppo vincitore. → Episodi di pregiudizio e discriminazione verso l’altro gruppo: intimidazioni, appellativi dispregiativi “stinkers”, “pigs”, “communists”, “nigger campers” aggressioni e atti vandalici. Fase III: Contatto e interdipendenza positiva: introduzione di obiettivi sovraordinati. → Diminuiscono pregiudizi e comportamenti aggressivi verso l’altro gruppo e nascono addirittura delle amicizie tra membri dei due gruppi. → Si riduce la salienza di appartenenza al proprio gruppo (alla fine della settimana addirittura si parla di “noi” per rappresentare entrambi i gruppi!!) Quindi: → La competizione e l’interdipendenza negativa fra due gruppi aumentano pregiudizio e discriminazione. → Obiettivi sovraordinati possono diminuire il pregiudizio e portare alla risoluzione del conflitto. Tuttavia: → Il pregiudizio era iniziato ancor prima dell’introduzione di attività competitive fra i due gruppi, quindi la competizione per scarse risorse e l’interdipendenza negativa non è condizione necessaria perché nasca il pregiudizio, ma questi lo aumentano.
62
Risposta categoriale
Risposta rivolta ad un’altra persona in quanto membro di una categoria sociale.
63
La teoria dell’identità sociale
Tajfel e Turner: Presupposti: - Il pregiudizio, almeno nelle sue origini, è un fenomeno ordinario. - Particolari caratteristiche individuali o condizioni socio-economiche possono accentuare espressioni di pregiudizio, ma non spiegarne le origini. Le origini del pregiudizio vanno ricercate in normali processi: → Processi cognitivi: LA CATEGORIZZAZIONE SOCIALE E LA SEMPLICE CONSAPEVOLEZZA DI APPARTENERE A UN DETERMINATO INGROUP SONO LA BASE DEL PREGIUDIZIO. Categorizzazione sociale: processo attraverso cui classifichiamo un determinato individuo entro un determinato gruppo sociale. Risposta categoriale: risposta rivolta ad un’altra persona in quanto membro di una categoria sociale (gruppo sociale) diversa dalla nostra. → Processi motivazionali: MANTENERE L’IDENTITÀ SOCIALE (e personale) POSITIVA, per proteggere la propria autostima, DIFFERENZIANDOSI POSITIVAMENTE DAGLI ALTRI GRUPPI (e dagli altri individui) con atteggiamenti o comportamenti che favoriscono il mio gruppo e che sfavoriscono l’altro gruppo (teoria del confronto sociale). Cognizione: (categorizzazione in ingroup e outgroup → salienza di appartenenza all’ingroup) → Motivazione (atteggiamenti positivi verso l’ingroup e negativi verso l’outgroup → mantenimento di un’immagine positiva dell’identità sociale e aumento dell’autostima). La salienza di appartenenza a un determinato ingroup è contestuale: dipende dal contesto sociale entro cui interagiamo in quel momento.
64
E quando si percepisce di appartenere a gruppi sociali non funzionali per la nostra identità sociale e la nostra autostima?
MOBILITÀ SOCIALE: DIS-IDENTIFICAZIONE con il proprio gruppo e TENTATIVO DI INCLUSIONE con gruppi più di alto status, quando i confini tra i gruppi sono permeabili. Es. gruppi di amici. CREATIVITÀ SOCIALE: VALORIZZAZIONI DEGLI ASPETTI positivi del mio ingroup e quelli negativi dell’outgroup Es. rapporto tra gruppi nazionali. COMPETIZIONE SOCIALE: AZIONI COLLETTIVE MIRATE A MIGLIORARE LO STATUS DELL’INGROUP E, dunque, LA PROPRIA IDENTITÀ SOCIALE. Es. movimenti femministi, proteste degli afroamericani, proteste a favore dei diritti dei migranti.
65
Perché si parla di un pregiudizio moderno?
Nelle società occidentali i valori culturali trasmessi attraverso mass media e istituzioni sono sempre più ispirati a modelli di uguaglianza, rispetto per le diversità e tolleranza (politically correct). Si sono instaurate delle norme sociali che vanno sempre più verso la tolleranza, l’integrazione e il rispetto per le diversità. Tali principi hanno determinato una forte “pressione sociale”: esprimere spontaneamente stereotipi negativi e pregiudizi verso le minoranze è diventato “socialmente inappropriato” e deplorevole. Il pregiudizio non è sparito ma ha assunto forme più complesse e articolate “io non sono razzista, ma… ”.
66
Caratteristiche del pregiudizio moderno
Indiretto: la persona ha pregiudizio, ma sa che esprimerlo non è socialmente accettato e quindi non lo esprime esplicitamente. Implicito: la persona non è consapevole del suo pregiudizio e lo esprime con il non verbale. Non consapevole Associato a emozioni negative latenti: ansia, disagio, imbarazzo. Norme sociali divergenti
67
Pregiudizio indiretto? Non consapevole?
Indiretto, implicito: la persona ha pregiudizio, ma sa che esprimerlo non è socialmente accettato e quindi non lo esprime esplicitamente. Non consapevole: la persona non è consapevole del suo pregiudizio e lo esprime con il non verbale.
68
Razzismo simbolico? Razzismo moderno? Pregiudizio sottile?
Razzismo simbolico, McConahay e Hough (1976), Kinder et al. (1981) → Pregiudizio indiretto. Razzismo moderno, McConahay (1986): → Pregiudizio indiretto. Eccessiva difesa dei valori tradizionali. Opposizione all’introduzione di misure contro l’eguaglianza sociale. Credenza che la discriminazione non sia più un problema (o discriminazione inversa). Esempi di items: I neri stanno diventando troppo esigenti nella loro battaglia per avere uguali diritti. Negli ultimi anni, i neri hanno ottenuto piú di quello che meritano da un punto di vista economico. Negli ultimi anni, il governo e i mass media hanno mostrato ai neri piú rispetto di quelli che meritano. La discriminazione dei neri non è piú un problema negli US Pregiudizio sottile, Pettigrew e Meertens (1995): → Pregiudizio indiretto. Eccessiva difesa dei valori tradizionali. Esagerazione delle differenze culturali fra ingroup ed outgroup. Negazione di emozioni positive ai membri di un gruppo diverso dal proprio. Esempi di items: I marocchini che vivono nel nostro paese trasmettono ai loro figli valori e abilitá che non sono quelli necessari per avere successo in Italia. Il problema è che alcune persone non ci mettono l’impegno necessario per riuscire. Se i marocchini si sforzassero di piú, potrebbero raggiungere lo stesso livello di benessere degli italiani. Quanto pensi che i valori che i marocchini insegnano ai loro bambini siano diversi da quelli italiani? Quanto spesso hai provato ammirazione per i marocchini che vivono qui?
69
Pregiudizio di avversione o riluttante
Gaertner & Dovidio: → Pregiudizio non consapevole. Presupposti: - Il pregiudizio è innato in meccanismi cognitivi e motivazionali. - C’è una dissociazione tra pregiudizi espliciti (consapevoli) e pregiudizi impliciti (inconsapevoli). IMPLICITO = INCONSAPEVOLE? Le persone con pregiudizio riluttante: Consapevolmente, SI RICONOSCONO IN PRINCIPI DI NATURA EGUALITARIA, e SONO RILUTTANTI AD ASSOCIARE SENTIMENTI PREGIUDIZIEVOLI CON L’IMMAGINE DEL PROPRIO SÉ: Inconsapevolmente, HANNO EMOZIONI E COGNIZIONI NEGATIVE VERSO IL GRUPPO TARGET. Perché? Seppur MOTIVAZIONALMENTE si allontanano dal pregiudizio, le INFLUENZE socio-culturali e l’ATTIVAZIONE AUTOMATICA del processo di categorizzazione li portano comunque ad avere dei pensieri pregiudiziali a un livello inconsapevole e automatico. Aspetto motivazionale nel pregiudizio: può portare a un accrescimento del pregiudizio se la persona sente di bisogno di proteggere l’immagine positiva di se, distaccandosi dagli altri, oppure la spinta motivazionale può portare a non chiudere cognitivamente il problema con uno stereotipo, ma pensando “ma no, non è vero che sono tutti così”. Quello che mi chiedo è se siano aspetti motivazionali qualitativamente diversi oppure se anche il secondo si riconduce a un tentativo di migliorare l’immagine di sé, perché magari un valore superiore che intendo perseguire e che renderebbe più positiva la mia immagine di me è l'inclusività, la tolleranza, l’assenza di pregiudizio ecc Quando di manifesta? Quando c’è AMBIGUITÀ NORMATIVA: le norme sociali di tolleranza non sono ben strutturate e salienti e le persone hanno la possibilità di trovare una giustificazione per il loro atteggiamento o comportamento pregiudizievole. In che forme si manifesta? Se il comportamento è consapevole e controllabile, si ricorre a un linguaggio politically correct, comportamenti espliciti positivi e accoglienti verso i membri delle minoranze. Se il comportamento è implicito e automatico, si osserva: - tendenza a evitare l’interazione con il membro di minoranza; - quando avviene l’interazione, può emergere dal linguaggio non verbale imbarazzo, senso di disagio (ad es., mantiene distanza fisica dall’interlocutore, sguardo evitante, postura chiusa) e tendenza inconsapevole a voler interrompere l’interazione, ma anche comportamenti che enfatizzano la positività dell’interazione, quando dall’altra parte la minoranza è in grado di percepire quegli indizi di imbarazzo e disagio e quindi vanno a diminuire la qualità dell’interazione.
70
Natura del pregiudizio
Il pregiudizio ha una natura duplice, sia per persone con pregiudizio, sia per persone senza pregiudizio. - una più esplicita, quando abbiamo il controllo della situazione. - una più implicita (norme divergenti, ambiguità normativa), quando non abbiamo il controllo della situazione.
71
Deumanizzazione
NEGAZIONE DELL’UMANITÀ dell’altro individuo o gruppo, che produce un’ASIMMETRIA tra chi gode le qualità prototipiche dell’umano e chi ne è privato, o considerato carente. È una forma radicale di svalutazione dell’altro e FORMA ESTREMA DI PREGIUDIZIO. Similmente al pregiudizio, la deumanizzazione è una risposta categoriale che implica atteggiamenti e comportamenti con connotazione negativa verso l’altro, in quanto appartenente a quel gruppo sociale. Ma in più: → La deumanizzazione RENDE NON PIÙ SALIENTI e DISATTIVA gli STANDARD MORALI ED ETICI INTERIORIZZATI (norme sociali) e i SENTIMENTI EMPATICI. → Quindi permette di normalizzare, legittimare e giustificare (giustificazione cognitiva) la messa in atto di comportamenti aggressivi o violenti. La deumanizzazione è un fenomeno estremamente “flessibile”, capace di adattarsi nel tempo e nel contesto sociale. Diverse forme della deumanizzazione: - animalizzazione - oggettivazione (sessuale) - demonizzazione - deumanizzazione meccanicistica
72
Forme di deumanizzazione:
1) ANIMALIZZAZIONE: NEGAZIONE DELL’UMANITÀ dell’altro attraverso l’utilizzo di METAFORE ANIMALI, FUNZIONALI ALL’IMMAGINE CHE SI VUOLE DARE di quel gruppo, associate a emozioni negative intense come il disprezzo e il disgusto. 2) OGGETTIVAZIONE: NEGAZIONE DELL’UMANITÀ dell’altro, che diventa perfettamento VIOLABILE e uno STRUMENTO CHE PUÒ ESSERE SFRUTTATO. Nei secoli scorsi, l’oggettivazione si incarnava nella figura dello SCHIAVO: “The black man has no rights which the white man is bound to respect… He may justly and lawfully be reduced to slavery… and treated as an ordinary article of traffic and merchandise” Roger Brooke Taney, presidente della corte superma americana (1856). Nel XXI secolo, la forma di oggettivazione più saliente (e più studiata dagli psicologi sociali) è l’OGGETTIVAZIONE SESSUALE: Fonti di oggettivazione: mass-media, “altri” socialmente significativi, Pecini et al. (2022). Una continua esposizione a una concezione oggettivante della donna porta la donna stessa ad auto-oggettivarsi, Fredrickson e Roberts (1997). Le donne imparano esse stesse a pensarsi esclusivamente come oggetto del desiderio altrui. Grandissima attenzione al proprio aspetto esteriore, visto separatamente da una propria identità e soggettività. Continuo e cronico confronto tra il sé attuale e il sé ideale. Conseguenze psicofisiche: Disturbi alimentari. Abbassamento dell'autostima. Sintomi depressivi. Disfunzioni sessuali. Riduzione delle “flow experiences”. Peggioramento delle prestazioni in determinati compiti che richiedono abilità cognitive. 3) DEMONIZZAZIONE. 4) DEUMANIZZAZIONE MECCANICISTICA: una persona è percepita come una macchina o un oggetto inanimato, privo di emozioni, intenzioni o calore umano. Lavoratori nella catena di montaggio.
73
Stigma
CARATTERISTICA DISTINGUIBILE della persona che evidenzia la sua APPARTENENZA AL GRUPPO STIGMATIZZATO. - immediatamente distinguibilI e difficilmente modificabili es. colore della pelle, genere. - non immediatamente distinguibile es. orientamento sessuale, classe sociale. I membri dei gruppi stigmatizzati percepiscono di essere portatori di qualche segno o “stigma” che ne fa il bersaglio di pregiudizi e comportamenti discriminatori. STIGMA INTERPERSONALE: PREGIUDIZI e COMPORTAMENTI DISCRIMINATORI che emergono verso individui appartenenti a GRUPPI STIGMATIZZATI es. battute a sfondo razziale, osservazioni offensive, esclusione da attività sociali e di gioco nei contesti educativi, violenza fisica (casi estremi). STIGMA ISTITUZIONALE: BARRIERE (VISIBILI o INVISIBILI) che ostacolano l’accesso dei gruppi stigmatizzati a particolari SERVIZI (es. sanitá) o a particolari POSIZIONI LAVORATIVE.
74
Stigma interpresonale
PREGIUDIZI e COMPORTAMENTI DISCRIMINATORI che emergono verso individui appartenenti a GRUPPI STIGMATIZZATI es. battute a sfondo razziale, osservazioni offensive, esclusione da attività sociali e di gioco nei contesti educativi, violenza fisica (casi estremi).
75
Stigma istituzionale
BARRIERE (VISIBILI o INVISIBILI) che ostacolano l’accesso dei gruppi stigmatizzati a particolari SERVIZI (es. sanitá) o a particolari POSIZIONI LAVORATIVE
76
Conseguenze individuali dello stigma
1) Malessere psicofisico: Meta-analisi su 192 studi, Pascoe & Richman (2009): percepirsi costantemente e cronicamente bersaglio di pregiudizio ha delle conseguenze sul benessere personale: aumento di stress, cronico stato d’ansia (maggiore pressione sanguigna) -> problemi cardiovascolari 2) Abbassamento dell’autostima???, “percepirsi di appartenere a un gruppo sociale giudicato negativamente minaccerebbe la propria identità sociale e questo influirebbe sulla propria autostima”: in parte contraddetto!!!: Meta-analisi (su studi che hanno considerato i livelli di autostima in gruppi stigmatizzati e non) Twenge e Crocker (2002): sono stati riscontrati livelli medi di autostima degli afroamericani più alti rispetto ai bianchi. Età e livelli di scolarizzazione sarebbero predittori più significativi dell’autostima, rispetto all’appartenenza gruppale. I membri di gruppi stigmatizzati possono ricorrere a diverse strategie di coping che permettono di preservare la propria autostima anche a fronte dell’appartenenza a un gruppo stigmatizzato → attribuzione a cause esterne (discriminazione) della propria situazione di inferiorità o svantaggio. 3) Interiorizzazione dell’inferiorità: Interiorizzazione dello stereotipo: interiorizzare uno stereotipo significa accettare, in modo più o meno consapevole, che lo stereotipo negativo su un gruppo a cui si appartiene sia vero anche per sé stessi. 1947, 1987: indipendentemente dall’età preferivano giocare con la bambola bianca rispetto alla bambola di colore. I bambini di colore sembravano già aver interiorizzato l’inferiorità del proprio gruppo. 1968: le partecipanti avevano interiorizzato l’inferiorità del proprio genere in campo giornalistico, valutando quindi come più piacevole, più competente e con più stile l’articolo quando era scritto da un uomo. 1989: le partecipanti hanno valutato più positivamente un saggio scritto da una donna rispetto a uno scritto da un uomo. La consapevolezza di essere stereotipati come “meno intelligenti” può creare uno stato di minaccia che influisce sulle prestazioni dell’individuo. 4) Riduzione dell'autoefficacia, della memoria di lavoro e peggioramento delle prestazioni. Meccanismo psicologico sottostante alla minaccia dello stereotipo: Quando lo stereotipo negativo diventa saliente, aumentano i pensieri negativi, diminuisce il senso di autoefficacia (componente cognitiva) e aumenta l’ansia (componente affettiva). Questo stato interno comporta la riduzione delle capacità di memoria di lavoro e come conseguenza può occorrere una riduzione della prestazione. → non presuppone necessariamente l’interiorizzazione dello stereotipo. La consapevolezza di essere stereotipati come “meno intelligenti” può creare uno stato di minaccia che influisce sulle prestazioni dell’individuo. Quando veniva reso saliente lo stereotipo culturale secondo cui le bambine erano meno brave in matematica rispetto ai bambini, le prestazioni matematiche delle bambine diminuivano considerevolmente.
77
Esempi interiorizzazione dell'inferiorità
1947, 1987: indipendentemente dall’età preferivano giocare con la bambola bianca rispetto alla bambola di colore. I bambini di colore sembravano già aver interiorizzato l’inferiorità del proprio gruppo. 1968: le partecipanti avevano interiorizzato l’inferiorità del proprio genere in campo giornalistico, valutando quindi come più piacevole, più competente e con più stile l’articolo quando era scritto da un uomo.
78
Meccanismo psicologico alla base della minaccia dello stereotipo
Quando lo stereotipo negativo diventa saliente, aumentano i pensieri negativi, diminuisce il senso di autoefficacia (componente cognitiva) e aumenta l’ansia (componente affettiva). Questo stato interno comporta la riduzione delle capacità di memoria di lavoro e come conseguenza può occorrere una riduzione della prestazione. → non presuppone necessariamente l’interiorizzazione dello stereotipo.
79
L'interiorizzazione è passiva è inevitabile?
I membri di gruppi stigmatizzati ora sono capaci di attuare delle strategie di coping che permettono loro di adattarsi all’ambiente sociale → attribuzione a cause esterne (discriminazione) della propria situazione di inferiorità o svantaggio.
80
Quanto la minaccia dello stereotipo è influente sulla realtà?
Meta-analisi su 200 studi che hanno considerato la minaccia dello stereotipo, Sweack, Sackett e Quint (2019). - Effetti della minaccia forti in situazioni sperimentali creati dallo sperimentatore, quando lo stereotipo viene creato e reso saliente artificialmente. - Effetti della minaccia molto meno forte in situazioni naturali e non manipolati dagli sperimentatori.
81
Conseguenze sociali
Glass-ceiling effect, effetto soffitto di vetro: difficoltà della donna ad occupare posizioni di leadership all’interno di organizzazioni lavorative, Eagly e Carli (2007). Cause: - Sociali ed economiche: gender gap es. studi (es. interruption continuity) Giulia Goldin, Premio Nobel 2023. - Stereotipi di genere: agency vs communality. - Sessismo ambivalente (ostile o benevolo): negli stereotipi di genere (femminile) quello benevolo è la dimensione più rilevante: idealizzazione della donna in determinate caratteristiche (moglie, madre), donna come essere puro e fragile.
82
Strategie di riduzione del pregiudizio della psicologia sociale
Ipotesi del contatto
83
Correlazione contatto e pregiudizio
Contatto e pregiudizio sono correlati, ma non sempre nello stesso modo: in alcuni contesti il contatto diminuisce il pregiudizio, in altri lo aumenta.
84
Condizioni perchè il contatto abbia effetti positivi
Allport: 1) CONOSCENZA APPROFONDITA: il contatto tra i membri dei due gruppi dev’essere FREQUENTE, COSTANTE e permettere ampie possibilità di conoscenza di informazioni di ALTA QUALITÀ INFORMATIVA, che mi permettano di DISCONFERMARE GLI STEREOTIPI NEGATIVI e di SCOPRIRE ELEMENTI DI SOMIGLIANZA. Un contatto frequente ma superficiale difficilmente porta a una riduzione del pregiudizio. Se ho un vicino di casa marocchino ma lo saluto ogni tanto e basta questo non mi sarà utile a sconfermare il mio pregiudizio, anzi, magari al primo attrito attribuisco tutto allo stereotipo. 2) STATUS SIMILE: il contatto porta a una riduzione del pregiudizio soltanto quando avviene fra interagenti che hanno lo stesso status, all’interno della situazione di contatto (ad es., colleghi di lavoro, compagni di classe). In molti casi, il contatto avviene in situazioni in cui il gruppo di minoranza occupa ruoli subordinati e in questi casi è possibile addirittura ci sia un rinforzo di credenze stereotipiche, anche se il contatto è positivo: “i filippini puliscono benissimo”. 3) SOSTEGNO ISTITUZIONALE: è più probabile che un intervento finalizzato a promuovere il contatto positivo tra membri di gruppi diversi sia efficace se è sostenuto dall'istituzione e dalla legislazione (in modo particolare per il pregiudizio etnico). Gli interventi vengono organizzati dall'istituzione e facilitati sia MATERIALMENTE che LOGISTICAMENTE. La presa di posizione delle istituzioni sugli stereotipi OBBLIGA CHI NE FA PARTI AD ADEGUARSI. 4) OBIETTIVI SOVRAORDINATI: un intervento basato sul contatto è molto più probabile sia efficace se i membri dei due gruppi COLLABORANO PER IL RAGGIUNGIMENTO DI OBIETTIVI COMUNI. LE ALTRE TRE CONDIZIONI DA SOLE NON SONO SUFFICIENTI e, SE LI METTO IN INTERDIPENDENZA NEGATIVA, IL PREGIUDIZIO AUMENTA. L’obiettivo sovraordinato DIMINUISCE LA SALIENZA DELL’APPARTENENZA AI GRUPPI SEPARATI e AUMENTA QUELLA AL MACROGRUPPO. L’obiettivo sovraordinato però è solo una SOLUZIONE TEMPORANEA: è possibile che quando gli obiettivi sovraordinati diventano meno salienti i livelli di pregiudizio tornino a quelli iniziali. The Robber’s cave experiment, Sherif (1953): tre settimane di campo estivo Dimostrare la teoria del conflitto realistico: confermare che pregiudizio e discriminazione nascono da un conflitto di interesse tra due gruppi. Fase III: Contatto e interdipendenza positiva: introduzione di obiettivi sovraordinati. → Si riduce la salienza di appartenenza al proprio gruppo (alla fine della settimana addirittura si parla di “noi” per rappresentare entrambi i gruppi!!) → Diminuiscono pregiudizi e comportamenti aggressivi verso l’altro gruppo e nascono addirittura delle amicizie tra membri dei due gruppi. Quindi: → Obiettivi sovraordinati possono diminuire il pregiudizio e portare alla risoluzione del conflitto.
85
Studi sulle condizioni di Allport?
Metanalisi, 515 studi, 250000 partecipanti Pettigrew e Tropp (2006): Non sono osservazioni naturalistiche ma studi strutturati che hanno rispettato, se non tutte, la maggior parte delle condizioni di Allport. Il contatto riduce il pregiudizio con un effetto medio è: r = - 0.21. Se le condizioni ottimali di Allport sono soddisfatte, l’effetto medio è più forte: r = - 0.29. La condizione che sembra essere più importante nel rendere il contatto efficace è la presenza di obiettivi sovraordinati.
86
Processi psicologici sottostanti
Fattori cognitivi: Il modello dell’ingroup comune (Gaertner e Dovidio, 2000): attraverso l’introduzione di OBIETTIVI SOVRAORDINATI SI RIDUCE LA SALIENZA CATEGORIALE INGROUP VS OUTGROUP e AUMENTA LA SALIENZA DELL’APPARTENENZA A UN GRUPPO COMUNE. Limiti: → Può essere solo una SOLUZIONE TEMPORANEA perché è possibile che quando gli obiettivi sovraordinati diventano meno salienti i livelli di pregiudizio tornino a quelli iniziali. → RISCHIO DI ASSIMILAZIONE invece che integrazione: spariscono le distinzioni comuni, si crea un gruppo comune, ma un gruppo che rappresenta la maggioranza. Abbandonare la propria identità sociale di provenienza comporta un rischio di scarso adattamento psicologico, con delle conseguenze sul benessere. Soluzione ideale alternativa all’assimilazione: identità duplice, in cui vengono mantenute allo stesso tempo le due appartenenze gruppali. Fattori affettivi: Un contatto positivo e frequente con i membri dell’altro gruppo: (Disconfermare stereotipi negativi. Maggior familiarità verso l’altro e le sue modalità d’interazione. Maggior familiarità verso aspetti culturali caratteristici di quel gruppo.) - DIMINUISCE L’ANSIA INTERGRUPPI. - AUMENTA L’EMPATIA: risposta emotiva orientata alla COMPRENSIONE DEGLI ALTRI. ANSIA INTERGRUPPI: emozione che proviamo quando interagiamo con persone appartenenti a gruppi sociali diversi dal nostro. Può essere dovuta a STEREOTIPI NEGATIVI APPRESI e all’INCERTEZZA SU COME COMPORTARSI. Conseguenze negative: - Evitamento del contatto. - Interazione che richiede un grande sforzo di risorse cognitive. - Abbassa la qualità percepita dell’interazione soprattutto nei membri di gruppi di minoranza.
87
Condizione sulla riduzione del pregiudizio tramite contatto dimenticata da Allport:
→ Affinché il contatto sia efficace, è necessario che l’atteggiamento positivo, derivante da interazioni intergruppi frequenti e positive, si estenda all’intero gruppo. RISCHIO DELLA SUBTIPIZZAZIONE: può succedere invece che i miei atteggiamenti migliorino solo nei confronti dei singoli membri con cui interagisco, che considero come eccezioni non rappresentative della categoria, senza che ci sia una generalizzazione degli effetti all’intera categoria.
88
Modello della decategorizzazione
Brewer e Miller: Se il pregiudizio si origina da un processo di categorizzazione sociale ingroup vs outgroup, “è indispensabile che il contatto tra membri di gruppi diversi sia decategorizzato e che vengano rese salienti unicamente le caratteristiche personali, non quelle di gruppo”. Si parla di CONTATTO DECATEGORIZZATO. Coerente con le politiche “color blind”: rendersi ciechi a possibili colori diversi, siamo tutti uguali. Limiti: - Secondo la cognizione sociale non è possibile che gli individui non categorizzino. - Se la salienza della categorizzazione diminuisce, gli effetti positivi dell’interazione con un individuo non si estendono al gruppo a cui appartiene: non attribuisco al gruppo i tratti, negativi e positivi, che ho riscontrato nell’individuo → questo impedisce che lo stereotipo aumenti, ma anche che diminuisca.
89
Modello della categorizzazione
Hewstone & Brown: Per ridurre il pregiudizio attraverso il contatto, poiché la categorizzazione sociale è automatica e inevitabile, conviene accettarne la salienza perché in caso di contatto positivo, gli effetti positivi possono estendersi all’intero gruppo e contribuire così alla riduzione del pregiudizio. Dunque nell’interazione è importante che si ricalchi un’identità duplice: - che in qualche misura siano salienti le distinzioni categoriali. - e che possibilmente allo stesso tempo conviva un’idea di appartenenza di gruppo comune.
90
Ostacoli alla realizzazione degli interventi sulla riduzione del pregiudizio tramite il contatto:
- ambienti segregati. - basso numero di membri della minoranza rispetto alla maggioranza. - scarso sostegno istituzionale: poche risorse.
91
Contatto indiretto
La riduzione del pregiudizio può avvenire attraverso l’esposizione di contenuti letterari o multimediali che trattano temi riguardanti i rapporti tra i gruppi. Pro: più pratico e semplice da utilizzare rispetto al contatto diretto. Contro: ha effetti comparativamente più deboli e meno duraturi nel tempo rispetto al contatto diretto. → Il contatto indiretto va considerato come complementare al contatto diretto, e non come alternativa.
92
Limiti della ricerca sulle interazioni online da parte della psicologia sociale
- Poca: se confrontata con l’importanza del fenomeno. Cominciata a partire dal Covid. - Biased: focalizzata sulle conseguenze negative del fenomeno
93
Difficoltà nel condurre le ricerche sulle interazioni online
- Il raccoglimento dei dati è molto difficile, per esempio per problemi di autorizzazione all’accesso dei dati delle grandi piattaforme. - Velocità incredibile in cui l’utilizzo dei dispositivi digitali cambia: per concludere uno studio ci vogliono in genere 3-4 anni, ma in 3-4 anni un dispositivo, un social è già completamente cambiato.
94
Ricerche correlazione screen time-benessere psicologico
Twenge et al. (2018): Misurato il benessere psicologico di più di 1 mln di adolescenti USA tra il 1991 e il 2016. Dal 2012, crollo del benessere psicosociale (autostima, felicità, soddisfazione di vita) degli adolescenti USA, attribuibile allo screen time. Comincia a stabilizzarsi dal 2014. Maggiore consapevolezza dell’uso dello smartphone? Hall e colleghi (2019): L’astinenza più o meno lunga dai social network non influisce sulla percezione di solitudine, il benessere emotivo e la qualità percepita della giornata. Ok, ma da questo cosa altro si può inferire? Se si focalizza su un aspetto circoscritto della questione, perché potrebbe essere considerato uno studio contrastante alla ricerca maggioritaria?
95
Perché le persone trascorrono così tanto tempo a utilizzare dispositivi tecnologici
1) Attivano meccanismi di ricompensa che generano dipendenza: Randomizzazione delle ricompense: una volta creata un’associazione tra un comportamento e un rinforzo positivo, se il rinforzo positivo viene restituito in modo randomico, è piú probabile che la frequenza del comportamento aumenti. Gratta e vinci, slot machines, checking, relazioni instabili. È l’incontrollabilità del rinforzo a generare dipendenza. È una tensione multilivello che agisce contemporaneamente sul desiderio, sul disordine interno e bisogno di senso. Meccanismo sottostanti: Motivazione dopaminergica. Bisogno di chiusura cognitiva. Effetto Zeigarnik: fenomeno psicologico secondo cui le persone ricordano meglio i compiti interrotti o non completati rispetto a quelli portati a termine. I compiti incompiuti restano “aperti” nella mente e creano una sorta di tensione mentale che ne facilita il richiamo alla memoria. La randomizzazione della ricompensa fa sì che la possibilità di ricompensa rimanga saliente e attiva in memoria. Messaggi, notifiche, like sono rinforzi positivi sociali, interpersonali che mostrano che gli altri sono interessati a noi I posts piú interessanti per l’user sono solitamente presentati in modo random e alternati ad altri meno interessanti, per aumentare la permanenza online. Ricompense infinite: Tendenza degli esseri umani a non essere mai sazi quando la disponibilitá delle risorse è infinita. Newsfeed infinita: i social media si aggiornano continuamente quindi lo scrolling è potenzialmente infinito. 2) Soddisfano bisogni umani: Bisogno primario di appartenenza: (amicizia, affetto familiare, intimità sessuale) è il primo bisogno sociale e consente l’accesso a quelli successivi (stima, autorealizzazione) (per Maslow). Origini evolutive: l'esclusione sociale è pericolosa per la sopravvivenza. I social media rispondono molto bene a questo bisogno. - Fear of missing out: preoccupazione costante e pervasiva di non poter assistere a esperienze gratificanti che gli altri potrebbero stare vivendo. Continua necessità di stare in contatto con gli altri. I social media sono un ottimo mezzo per mitigare la FoMo. Bisogni: primari di appartenenza, secondari di identità e autostima. - NomoPhobia, “no mobile phone phobia”: paura di non poter utilizzare lo smartphone e, quindi, di essere disconnessi dal mondo. Fobia situazionale, che si verifica in caso di assenza o mancato funzionamento dello smartphone. Genera ansia e nervosismo per l’impossibilità di comunicare e accedere alla propria identità online (≈ FoMO) e per l'impossibilità di ottenere informazioni di cui si necessita, quando le si necessita. Bisogni: primari di sicurezza (emergenziale, sociale, informativa), secondari di controllo e identità. 3) Automatizzazione comportamentale (habit loop) del checking: il gesto diventa un’abitudine automatica, sganciata dalla motivazione iniziale: non controllo il telefono perché voglio, ma perché il corpo lo fa da solo appena c’è un micro-momento vuoto. In questo caso, il rinforzo diventa la chiusura della micro-attesa, più che la ricompensa in sé
96
Modello dei percorsi dell’uso problematico dello smartphone
Billieux et al. 1) Eccessiva ricerca di rassicurazione: utilizzo problematico dello smartphone per mantenere le relazioni sociali con gli altri e ottenere conforto e rassicurazioni (chiamate e app di messaggistica). Correlato a stili di attaccamento insicuri e ansia generalizzata. 2) Impulsività: utilizzo problematico dello smartphone dovuto a scarse capacità inibitorie e bisogno immediato di soddisfazione, anche in situazioni proibite o di rischio es. guida (social, videogames, siti di gioco d’azzardo). Correlato a scarso autocontrollo e elevata aggressività. 3) Estroversione: desiderio costante di mantenere e creare nuove relazioni sociali (app di messaggistica e social media). Correlato ad alti livelli di estroversione e sensation seeking.
97
Uso compensatorio di internet
(compensatory internet use theory, CIUT), Karde Felt-Winter (2014) - Strategia di compensazione: L’utilizzo della tecnologia può rappresentare una strategia compensatoria di coping adattivo nei casi in cui le relazioni offline risultano difficili da instaurare o mantenere, contribuendo al benessere psicologico e sociale dell’individuo. Coping: insieme degli sforzi cognitivi e comportamentali messi in atto per fronteggiare richieste esterne e interne percepite come stressanti o che superano le risorse dell’individuo, Lazarus e Folkman (1984) Persona costretta a letto per problemi di salute. Situazioni di lockdown pandemico, apocalittico, di guerra (es. covid) - Strategia di sostituzione: le interazioni face to face sono possibili ma l'individuo preferisce le interazioni online perché generano livelli inferiori di ansia sociale, sono meno stressanti e meno faticose. La strategia sostitutiva della tecnologia rappresenta un comportamento problematico che potrebbe diventare estremamente disfunzionale e condurre al ritiro sociale. Hikikomori: persone ritirate socialmente che hanno contatti con l’esterno quasi esclusivamente mediati dalla tecnologia.
98
Phubbing Conseguenze psicologiche e relazionali? Ghosting Conseguenze psicologiche? Orbiting
Phubbing: (phone + snubbing): ignorare qualcuno in un contesto sociale per prestare attenzione allo smartphone. Oltre il 60% delle persone lo subisce e mette in atto quotidianamente. Gran parte delle persone sottostima la frequenza con cui mette in atto il phubbing e le sue conseguenze. Avviene anche all’interno di relazioni altamente significative es. coppie, genitori-figli, Al-Saggaf e MacCulloch (2018), McDaniel e Coyne (2016). Si presta ad essere imitato e si rinforza mutualmente per reciprocità. Questo lo fa percepire come un comportamento accettabile, normale o addirittura normativo, Chotpitayasunondh e Douglas (2016) Conseguenze psicologiche e relazionali: → Ridotta soddisfazione dei bisogni psicologici di base: significatività dell’esistenza, appartenenza, autostima e controllo. → Emozioni negative. → Svalutazione della relazione, minor coinvolgimento e insoddisfazione relazionale. Ghosting: cessare improvvisamente la comunicazione senza dare spiegazione e ignorare ogni tentativo di contatto. Conseguenze psicologiche: → Distress psicologico e affettività negativa dovuti alla rottura improvvisa e all’incertezza. → Allungamento dei tempi di elaborazione della rottura dovuto all’incertezza. Orbiting: Il disengager mantiene o riprende dopo un po’ sporadici contatti online unilaterali e visibili (es. like, visualizzazioni di stories) che alimentano incertezza e false speranze e ostacolano l’elaborazione della rottura.
99
Processi della cognizione sociale
1) Processi automatici, di prim’ordine: si attivano più spesso, in modo non consapevole, e richiedono meno risorse cognitive. Producono inferenze con più probabilità di errore. Quasi sempre top-down. → poche risorse cognitive, scarsa motivazione. Guidare verso casa. 2) Processi controllati, di secondo ordine: sono attivati consapevolmente e intenzionalmente dall’individuo e richiedono un numero di risorse cognitive maggiori. Quasi sempre bottom-up. → tante risorse cognitive, alta motivazione. Guido dove non ero mai stato. Processi top-down: deduttivi: quasi sempre automatici. Predilige la velocità rispetto all'accuratezza, spende meno risorse cognitive, e per questo conduce con più probabilità a fare inferenze sbagliate. È il processo più frequentemente utilizzato. Nel costruire il nostro giudizio su una persona, le attribuiamo tutte le nostre conoscenze legate alla categoria sociale in cui la abbiamo collocata. Video rapinatore, madre chirurgo. “Un padre e suo figlio furono coinvolti in un incidente stradale in cui il padre morì e il ragazzo rimase gravemente ferito. Il padre fu dichiarato morto già sul luogo dell’incidente e il suo corpo fu trasportato nell’obitorio locale. Il figlio fu portato in ambulanza all’ospedale più vicino e fu immediatamente trasferito nella sala operatoria del pronto soccorso. Venne chiamato il chirurgo di guardia, che, appena arrivato e visto il paziente, esclamò: “Oh mio dio, è mio figlio!”” Spesso viene ignorata la risposta più ovvia, cioè che il chirurgo fosse la madre del ragazzo. Perché? Si ha un’attivazione automatica top-down dell’associazione chirurgo/uomo. Processi bottom-up: induttivo: quasi sempre controllati. Predilige l’accuratezza rispetto alla velocità e spende più risorse cognitive. È il processo che si attiva con il crescere della motivazione. Nel costruire il nostro giudizio su una persona, ci basiamo sulle info presenti nell’ambiente nel qui ed ora, svincolate da schemi o categorie. Non sempre i processi automatici sono top-down e i controllati sono bottom-up: Processo bottom-up automatico: reagire a un rumore improvviso (non usi uno schema, ma è automatico). Processo top-down controllato: cercare consapevolmente un oggetto che conosci in un ambiente nuovo. Come si stabilisce il limite tra top-down e bottom-up? Cioè anche nel bottom-up ci sono dei preconcetti… posso arrivare fino al significato delle parole. Il confine può essere che il processo bottom-up implica qualche sforzo cognitivo per non far partire gli schemi. L’utilizzo di una o l’altra strategia dipende, in primo luogo dalle risorse cognitive (stanchezza), e dalla motivazione, la quale modula le risorse cognitive che si intende dedicare a quell’attività mentale.
100
Categoria e risposta categoriale
CATEGORIA: STRUTTURA COGNITIVA FONDAMENTALE che ORGANIZZA la conoscenza RAGGRUPPANDO stimoli che condividono caratteristiche simili. RISPOSTA CATEGORIALE: RISPOSTA rivolta ad uno stimolo IN QUANTO MEMBRO di una categoria che comporta il RECUPERO dalla memoria delle conoscenze associate a quella categoria e la loro ATTRIBUZIONE allo stimolo stesso. Si tratta di un processo involontario che avviene al di fuori della nostra consapevolezza a anche di un processo indispensabile e inevitabile. - Organizzare l’informazione. - Semplificare l’informazione: ogni stimolo non viene esaminato partendo da zero, come entità a sé stante, ma viene analizzato in quanto esemplare di quella categoria. Per questo la categorizzazione può produrre degli errori e delle distorsioni nella cognizione e percezione degli stimoli e, quindi, nel nostro giudizio. - Economizzare le risorse cognitive. I confini di una categoria non sono sempre ben definiti, al contrario il più delle volte sono sfocati: non è sempre facile decidere se un esemplare appartiene a pieno titolo ad una categoria o meno. La classificazione categoriale è più difficile tanto più è complesso lo stimolo.
101
Distorsioni percettive della cateogorizzazione
1) PRINCIPIO DI ACCENTUAZIONE: - accentuazione intercategoriale: accentuazione delle differenze tra esemplari appartenenti a categorie diverse; - assimilazione intracategoriale: assimilazione delle somiglianze all’interno degli esemplari di una stessa categoria (soprattutto dell’outgroup e non dell’ingroup). Esperimento di Tajfel e Wilkes sul principio di accentuazione intercategoriale (1963) Obiettivo: studiare l’effetto della categorizzazione sui giudizi relativi a stimoli fisici. Per ogni partecipante ognuna delle otto linee veniva presentata sei volte in ordine casuale (in tutto 48 presentazioni). Gruppo sperimentale: le quattro linee più corte venivano classificate con la lettera A, le quattro più lunghe con la B; Gruppo di controllo: le linee erano rappresentate senza etichetta. Alla fine veniva chiesto a ciascun partecipante di stimare la lunghezza delle linee. Sui numeri alti è più facile sbagliare e quindi proprio a livello statistico è normale che si produca così tanto errore → Dimostra il principio di accentuazione intercategoriale: i partecipanti nella condizione sperimentale sovrastimavano la differenza tra le due categorie di linee, in particolare tra le due linee di confine. 2) BIAS DELL’OMOGENEITÀ DELL’OUTGROUP: assimilazione intracategoriale dell’outgroup e non nell’ingroup (eterogeneità dell’ingroup) Loro sono tutti uguali, noi siamo tutti diversi. → Favorisce la creazione e il mantenimento degli stereotipi. Maggior pregiudizio verso i membri dell’altro gruppo (Simon, 1990). Maggior familiarità con i membri del proprio gruppo (Park & Judd, 1990).
102
Categorizzazione sociale
PROCESSO COGNITIVO attraverso cui raggruppiamo gli individui in categorie sociali, sulla base di caratteristiche che percepiamo simili. La risposta categoriale porta a identificare un individuo come appartenente a una determinata categoria sociale e ad attribuirgli le caratteristiche associate a quella categoria. - Fornisce informazioni utili, che magari non sono immediatamente percepibili. - Permette di fare inferenze e quindi gestire l’interazione in maniera efficiente. Lo stesso individuo può essere categorizzato entro un infinito numero di categorie sociali e la salienza di una categoria dipende dal contesto sociale.
103
Categoria Stereotipo Schema Atteggiamento Pregiudizio
Categoria: base classificatoria che raggruppa oggetti, persone o eventi sulla base di somiglianze percepite. Stereotipo: contenuto cognitivo generalizzato associato a una categoria. È prevalentemente descrittivo e non implica necessariamente un giudizio valutativo, anche se può contenere tratti socialmente connotati in senso positivo o negativo. Schema: struttura cognitiva che organizza conoscenze pregresse, inclusi stereotipi, e guida la percezione, la memoria e il comportamento. Atteggiamento: valutazione generale (positiva o negativa), relativamente stabile, verso un oggetto sociale (persona, gruppo, comportamento, idea ecc.). Include componenti cognitive, affettive e comportamentali. Pregiudizio: atteggiamento negativo verso un oggetto sociale, in particolare gruppi o categorie sociali, caratterizzato da rigidità e resistenza alla modifica nonostante evidenze contrarie.
104
Stereotipi
SCHEMI COGNITIVI che associano a un determinato gruppo o categoria una serie di caratteristiche distintive e comportamenti tipici che definiscono come il gruppo È (es. tratti di personalità), APPARE (aspetto fisico (caratteristiche fisiche, modo di vestire)) o AGISCE (abitudini, comportamenti). Generalizzazione: particolari tratti di personalità, giudizi, opinioni vengono applicate indistintamente a tutti gli individui appartenenti a un gruppo sociale. A priori: vengono espressi verso una persona ancor prima dell’interazione. Lo stereotipo è una RISPOSTA CATEGORIALE rivolta a un’altra persona in quanto membro di una categoria sociale. Lo stereotipo è un’IMMAGINE SEMPLIFICATA di un gruppo sociale e dei suoi membri. Gli stereotipi sono interamente delle COSTRUZIONI SOCIALI e CULTURALI che si apprendono socialmente e culturalmente.
105
Gli stereotipi hanno un fondo di verità?
In alcuni casi, empiricamente e indubbiamente, gli stereotipi sono inaccurati. In altri casi non è possibile sconfermare gli stereotipi, semplicemente per problemi di misurazione. C'è da considerare la bidirezionalità fra stereotipi e realtà in cui lo stereotipo diventa una profezia che si autoavvera. → Il punto non è tanto quello di stabilire se ci sia o meno un fondo di verità negli stereotipi perchè in ogni caso gli stereotipi implicano un ATTO DI GENERALIZZAZIONE che di per sé è intrinsecamente fallace: è impossibile statisticamente che un tratto si possa applicare a tutti i membri di un gruppo, se non l’appartenenza al dato gruppo, ma anche lì… etero/omo ok, giovani/vecchi?, intelligenti/stupidi?)
106
Funzioni degli stereotipi:
1) Funzione descrittiva: descrivono come un gruppo sociale è, inglobando delle convinzioni su quel gruppo condivise in un dato contesto sociale. 2) Funzione prescrittiva: forniscono informazioni su come comportarsi: nei confronti dei membri di un determinato gruppo sociale, per essere un buon membro del proprio gruppo. 3) Funzione di protezione dello status quo: legittimano l’organizzazione gerarchica esistente all’interno della società.
107
The Big-Two
Abele e Wojciszke, 2014: gli stereotipi di genere sottintendono due macro-dimensioni, due assi ortogonali: AGENCY: comprende tratti legati al RAGGIUNGIMENTO DEGLI OBIETTIVI i e orientati al COMPITO (es. essere agenti, essere attivi competenza, assertività, dominanza, raggiungimento degli obiettivi,): stereotipicamente attribuito agli uomini. COMMUNALITY: comprende tratti legati alla SOCIALITÀ e al mantenimento delle RELAZIONI SOCIALI (es. emotività, calore, socievolezza, altruismo): stereotipicamente attribuito alle donne. Gli stereotipi di genere non hanno una valenza negativa: non presuppongono che un gruppo sia migliore dell’altro.
108
Da dove si apprendono gli stereotipi?
La maggior parte degli stereotipi si apprende e si interiorizza attraverso l'INTERAZIONE con l’ambiente sociale: genitori, mass media, coetanei, scuola. Già all’età di cinque anni i bambini interiorizzano ed esprimono particolari stereotipi e atteggiamenti verso altri gruppi etnici. L’apprendimento degli stereotipi NON AVVIENE NECESSARIAMENTO ATTRAVERSO INSEGNAMENTI ESPLICITI, ma il più delle volte avviene semplicemente attraverso OSSERVAZIONE E IMITAZIONE degli atteggiamenti e comportamenti degli adulti. Il ruolo dei genitori nella formazione degli stereotipi non è così forte. Genitore razzista -> figlio razzista non è detto. Se apprendo e interiorizzo uno stereotipo, non è detto che questo poi influenzi il mio comportamento, ma, in me, questo stereotipo si attiverà comunque. Sono io che, se voglio, posso decidere di inibirlo.
109
Conseguenze negative degli stereotipi
Influenzano profondamente i nostri atteggiamenti e i nostri comportamenti. Esempio shooting bias, weapon bias: in condizioni di decisione rapida, è più probabile che le persone percepiscano un oggetto innocuo come un'arma se è associato a individui appartenenti a gruppi razziali stigmatizzati. Esempio di associazione automatica persona -> caratteristiche che associo a una persona in quanto membro di una certa categoria. Deconstructing America's unconscious racial bias - CBS News, intervista a David Amodio, psicologo sociale sperimentale. I risultati dell’esperimento hanno mostrato che i partecipanti avevano un errore maggiore del 40% nell'identificare erroneamente un oggetto come arma quando era associato a un volto afroamericano rispetto a un volto bianco. You are in the role of a police officer, and what’s been found is that if the person who appears is black and they’re holding a cellphone or soda can, people are more likely to accidentally shoot them than if they were white, Amodio. In laboratorio è stato possibile ridurre l’errore del 45% facendo un training ai partecipanti per farli guardare direttamente l’oggetto e non prima il volto. When we’ve used eye tracking in that task, what we find is that the eyes always go to the person’s face first and then tracks down to see what’s in their hand. They see the person’s color first, then may make a biased decision, it’s automatic, it happens within 1 or 200 milliseconds. Oftentimes we need to make a snap decision, but it can take effort and some time to overcome an automatic bias. Andrighetto ha replicato questo esperimento in italia, non con i neri ma con marocchini, e ha riscontrato effetti molto simili.
110
Modello della dissociazione
Devine Anche le persone che non sono d’accordo con gli stereotipi di un certo gruppo li hanno interiorizzati culturalmente. Quindi c’è una doppia componente: - Stereotipi automatici (attivati in modo involontario, anche se non condivisi) → comportamento coerente allo stereotipo Perché si ha un’attivazione automatica? Gli stereotipi sono scorciatoie cognitive che ci aiutano a gestire meglio l’interazione. Gli stereotipi sono credenze condivise che appartengono alla nostra cultura di riferimento: siamo continuamente esposti a messaggi, impliciti o espliciti, che associano determinati gruppi ai loro stereotipi - Controllo consapevole (le proprie credenze personali possono andare contro quegli stereotipi) Nonostante ci sia un’attivazione automatica dello stereotipo, se abbiamo sufficiente CONTROLLO della situazione e se siamo MOTIVATI a farlo, abbiamo la possibilità di dissociarci dallo stereotipo e inibire la reazione negativa. → in base alla mia attenzione, motivazione, livello di pregiudizio, all’aspettativa sociale, ecc posso inibire la risposta negativa e comportarmi in dissociazione.
111
Network cerebrale specifico per l’attivazione stereotipica
Il giro frontale inferiore, insieme alla corteccia prefrontale mediale
112
Posso eliminare lo stereotipo?
No, perché gli stereotipi fanno parte del normale funzionamento cognitivo. Al massimo, è possibile modificare le associazioni automatiche che li compongono (es. attraverso training), ma ciò è difficile: da un lato, perché queste risposte automatizzate sono state a lungo rinforzate; dall’altro, perché tendiamo alla parsimonia cognitiva e cerchiamo coerenza interna, evitando situazioni che generano dissonanza cognitiva.
113
Processi di modifica dello stereotipo
A livello personale: contatto, interazione frequente. A livello di comunità: cambiamenti sociali: → gli stereotipi sono un riflesso dei rapporti intergruppo e cambiano quando questi cambiano. - Stereotipi negativi si estremizzano in momenti di conflitto o competizione tra i membri del proprio gruppo e dell’altro gruppo. - Stereotipi positivi si sviluppano quando si hanno rapporti armoniosi o di collaborazione tra i gruppi: obiettivi sovraordinati.
114
Processo inferenziale top-down:
Processo inferenziale top-down: deduttivo: quasi sempre automatici. Permette un’elaborazione delle informazioni in modo rapido e senza grande sforzo cognitivo. È il processo più frequentemente utilizzato. Predilige la velocità rispetto all'accuratezza, spende meno risorse cognitive e, per questo, conduce con più probabilità a fare inferenze sbagliate, distorsioni sistematiche ed errori nella percezione e nel giudizio. Sfrutta la categorizzazione sociale, gli stereotipi e le scorciatoie cognitive. Utilizza delle scorciatoie cognitive: 1) Euristiche: non sono da considerarsi processi automatici, perché comunque presuppongono una qualche forma di ragionamento, per quanto veloce, superficiale e inaccurato. Euristica della rappresentatività: stimare la probabilità che un evento appartenga a una determinata categoria basandosi sulla somiglianza dell'evento con un modello di quella categoria, senza considerare adeguatamente altre informazioni statistiche rilevanti e quindi commettendo la fallacia della probabilità di base. Es. Credere che una startup tecnologica innovativa abbia alte probabilità di successo solo perché la associamo a grandi aziende tecnologiche di successo, ignorando il tasso di fallimento delle startup. Esperimento di Tversky & Kahneman (1974): Steve è una persona timida, riservata. È sempre pronto ad aiutare gli altri ma non gli piace stare in mezzo a troppa gente, preferisce spazi silenziosi. Con quale probabilità Steve è un pilota? un operaio? un bibliotecario? La maggior parte dei partecipanti rispondeva che Steve era un bibliotecario, usando l’euristica della rappresentatività (la descrizione di Steve è fortemente rappresentativa della categoria dei bibliotecari) e commettendo la fallacia della probabilità di base (ci sono molti più operai che bibliotecari). Euristica della disponibilità: stimare la probabilità di un evento in base alla disponibilità in memoria di esempi di quell'evento. Es. Ritenere più pericoloso l’aereo dell’automobile, sovrastimando l’incidenza degli incidenti aerei rispetto a quelli automobilistici, perchè gli incidenti aerei sono i più accessibili e immediatamente disponibili in memoria (in questo caso c’è anche l’aspetto della familiarità (ho esperienza della macchina tutti i giorni come un mezzo sicuro, mentre non sono mai stato sull'aereo e le uniche notizie che ne ricevono riguardano incidenti) + l’aspetto della gravità dell’incidente (un morto vs centinaia di morti)). Es. Sono le persone immigrate o italiane che commettono più crimini in Italia? Nonostante gli italiani commettano un numero maggiore di crimini rispetto alle persone immigrate, è più facile che la gente risponda gli immigrati, perché nei mass media la provenienza etnica del criminale è resa saliente solo nel caso in cui si tratti di una persona immigrata, rendendo i crimini degli immigrati un’informazione più disponibile in memoria. Es. Dopo un attentato terroristico molto mediatico, le persone tendono a sovrastimare la probabilità di futuri attacchi terroristici, anche se statisticamente gli attacchi sono rari. Problema deontologico che alcune testate giornalistiche stanno cercando di contrastare. Spesso le euristiche si sovrappongono e concorrono a produrre dei bias (es. della probabilità di base): Euristica della rappresentatività: pensare che una startup abbia alte probabilità di successo solo perché somiglia ad Apple, ignorando che la maggior parte delle startup fallisce → fallacia della probabilità di base. Euristica della disponibilità: se i media parlano solo di startup di successo, sarà più facile ricordarle rispetto alle molte che falliscono, portando a una sovrastima della probabilità di successo delle start-up. La sovrastima della probabilità di successo delle start-up non dipende necessariamente dall’euristica, ma può dipendere semplicemente dall’ignoranza su questo argomento. Perché si possa parlare di euristica è necessario che la persona abbia almeno una qualche idea di quale sia la probabilità dell’evento, perchè altrimenti secondo me è una semplice mancanza di conoscenza. 2) Bias di conferma: selezionare e considerare solo le informazioni che confermano le mie idee, o interpretandole come voglio io, ignorando le informazioni o le interpretazioni che le disconfermano. Sostiene per esempio la correlazione illusoria. Se sento una cosa tante volte, probabilmente è vera. Principio del conservatorismo: aspetto specifico del bias di conferma che si riferisce alla tendenza a mantenere costanti le credenze nel tempo, cioè dare più peso a prove che confermano le ipotesi iniziali, piuttosto che abbandonarle o modificarle quando affrontano informazioni contrastanti. Applicando questo principio alla correlazione illusoria si descrive la tendenza a focalizzarsi solo sugli esempi che confermano la nostra ipotesi iniziale di correlazione, e ignorare quelli che la disconfermano. 3) Correlazione illusoria (non è propriamente un’euristica): percepire o sovrastimare l’esistenza di una relazione tra due entità (gruppo sociale, comportamento… ) anche quando queste due entità non sono di fatto legate, o lo sono debolmente. Può essere sostenuto dal bias di conferma. Es. Se un prodotto costa tanto allora è il migliore. Es. Immagina che tu abbia notato, per un certo periodo, di soffrire di mal di testa più frequentemente il lunedì. Dopo un po', inizi a pensare che ci sia una connessione tra il lunedì e il mal di testa. Potresti anche pensare che il mal di testa dipenda dal fatto che il lunedì segni l'inizio della settimana lavorativa, magari con stress o stanchezza accumulata. Credenze popolari: molte superstizioni, come quella che si porti sfortuna passare sotto una scala, derivano da correlazioni illusorie. In passato, probabilmente non c'era alcuna evidenza scientifica che una persona sarebbe stata sfortunata se attraversava sotto una scala, ma le persone tendevano a ricordare i casi in cui qualcosa di brutto accadeva dopo aver attraversato sotto una scala, rinforzando così la credenza. Es. Essere del segno del leone = essere passionali. Es. Indagine di La Piere (1936): I californiani, negli anni ‘20, percepivano gli armeni come delle persone che commettevano un gran numero di reati, nonostante le statistiche ufficiali mostrassero che soltanto l’1.5% degli armeni commetteva reati, rispetto al 6% del resto della popolazione. Non è più probabile che questa percezione dipendesse primariamente dall’euristica della disponibilità e solo secondariamente dalla correlazione illusoria?
115
Scorciatoie cognitive
1) Euristiche: non sono da considerarsi processi automatici, perché comunque presuppongono una qualche forma di ragionamento, per quanto veloce, superficiale e inaccurato. Euristica della rappresentatività: stimare la probabilità che un evento appartenga a una determinata categoria basandosi sulla somiglianza dell'evento con un modello di quella categoria, senza considerare adeguatamente altre informazioni statistiche rilevanti e quindi commettendo la fallacia della probabilità di base. Es. Credere che una startup tecnologica innovativa abbia alte probabilità di successo solo perché la associamo a grandi aziende tecnologiche di successo, ignorando il tasso di fallimento delle startup. Esperimento di Tversky & Kahneman (1974): Steve è una persona timida, riservata. È sempre pronto ad aiutare gli altri ma non gli piace stare in mezzo a troppa gente, preferisce spazi silenziosi. Con quale probabilità Steve è un pilota? un operaio? un bibliotecario? La maggior parte dei partecipanti rispondeva che Steve era un bibliotecario, usando l’euristica della rappresentatività (la descrizione di Steve è fortemente rappresentativa della categoria dei bibliotecari) e commettendo la fallacia della probabilità di base (ci sono molti più operai che bibliotecari). Euristica della disponibilità: stimare la probabilità di un evento in base alla disponibilità in memoria di esempi di quell'evento. Es. Ritenere più pericoloso l’aereo dell’automobile, sovrastimando l’incidenza degli incidenti aerei rispetto a quelli automobilistici, perchè gli incidenti aerei sono i più accessibili e immediatamente disponibili in memoria (in questo caso c’è anche l’aspetto della familiarità (ho esperienza della macchina tutti i giorni come un mezzo sicuro, mentre non sono mai stato sull'aereo e le uniche notizie che ne ricevono riguardano incidenti) + l’aspetto della gravità dell’incidente (un morto vs centinaia di morti)). Es. Sono le persone immigrate o italiane che commettono più crimini in Italia? Nonostante gli italiani commettano un numero maggiore di crimini rispetto alle persone immigrate, è più facile che la gente risponda gli immigrati, perché nei mass media la provenienza etnica del criminale è resa saliente solo nel caso in cui si tratti di una persona immigrata, rendendo i crimini degli immigrati un’informazione più disponibile in memoria. Es. Dopo un attentato terroristico molto mediatico, le persone tendono a sovrastimare la probabilità di futuri attacchi terroristici, anche se statisticamente gli attacchi sono rari. Problema deontologico che alcune testate giornalistiche stanno cercando di contrastare. Spesso le euristiche si sovrappongono e concorrono a produrre dei bias (es. della probabilità di base): Euristica della rappresentatività: pensare che una startup abbia alte probabilità di successo solo perché somiglia ad Apple, ignorando che la maggior parte delle startup fallisce → fallacia della probabilità di base. Euristica della disponibilità: se i media parlano solo di startup di successo, sarà più facile ricordarle rispetto alle molte che falliscono, portando a una sovrastima della probabilità di successo delle start-up. La sovrastima della probabilità di successo delle start-up non dipende necessariamente dall’euristica, ma può dipendere semplicemente dall’ignoranza su questo argomento. Perché si possa parlare di euristica è necessario che la persona abbia almeno una qualche idea di quale sia la probabilità dell’evento, perchè altrimenti secondo me è una semplice mancanza di conoscenza. 2) Bias di conferma: cercare, considerare, interpretare, ricordare e sopravvalutare le informazioni che confermano le proprie credenze e ignorare, sottovalutare, reinterpretare le informazioni che le disconfermano. Sostiene per esempio la correlazione illusoria. Se sento una cosa tante volte, probabilmente è vera. Es. ho un giudizio negativo su una persona -> evito i tratti positivi o li interpreto in senso negativo per evitare la dissonanza cognitiva. NB: L’effetto alone può innescare una valutazione positiva o negativa iniziale: origine del giudizio deformato. Il bias di conferma può poi rafforzare quella impressione, selezionando solo i dati che la confermano e ignorando il resto: mantenimento e rinforzo del giudizio Principio del conservatorismo: aspetto specifico del bias di conferma che si riferisce alla tendenza a mantenere costanti le credenze nel tempo, cioè dare più peso a prove che confermano le ipotesi iniziali, piuttosto che abbandonarle o modificarle quando affrontano informazioni contrastanti. Applicando questo principio alla correlazione illusoria si descrive la tendenza a focalizzarsi solo sugli esempi che confermano la nostra ipotesi iniziale di correlazione, e ignorare quelli che la disconfermano. 3) Effetto alone, halo effect: generalizzare un tratto positivo o negativo di una persona o situazione ad altri aspetti, riducendo la possibilità di percepire informazioni contrastanti. Es. tendenza inconsapevole degli individui a considerare ciò che è bello come anche buono. 4) Correlazione illusoria (non è propriamente un’euristica): percepire o sovrastimare l’esistenza di una relazione tra due entità (gruppo sociale, comportamento… ) anche quando queste due entità non sono di fatto legate, o lo sono debolmente. Può essere sostenuto dal bias di conferma. Es. Se un prodotto costa tanto allora è il migliore. Es. Immagina che tu abbia notato, per un certo periodo, di soffrire di mal di testa più frequentemente il lunedì. Dopo un po', inizi a pensare che ci sia una connessione tra il lunedì e il mal di testa. Potresti anche pensare che il mal di testa dipenda dal fatto che il lunedì segni l'inizio della settimana lavorativa, magari con stress o stanchezza accumulata. Credenze popolari: molte superstizioni, come quella che si porti sfortuna passare sotto una scala, derivano da correlazioni illusorie. In passato, probabilmente non c'era alcuna evidenza scientifica che una persona sarebbe stata sfortunata se attraversava sotto una scala, ma le persone tendevano a ricordare i casi in cui qualcosa di brutto accadeva dopo aver attraversato sotto una scala, rinforzando così la credenza. Es. Essere del segno del leone = essere passionali. Es. Indagine di La Piere (1936): I californiani, negli anni ‘20, percepivano gli armeni come delle persone che commettevano un gran numero di reati, nonostante le statistiche ufficiali mostrassero che soltanto l’1.5% degli armeni commetteva reati, rispetto al 6% del resto della popolazione. Non è più probabile che questa percezione dipendesse primariamente dall’euristica della disponibilità e solo secondariamente dalla correlazione illusoria?
116
Euristiche
Scorciatoia cognitiva. Le euristiche non sono da considerarsi processi automatici, perché comunque presuppongono una qualche forma di ragionamento, per quanto veloce, superficiale e inaccurato. Euristica della rappresentatività: stimare la probabilità che un evento appartenga a una determinata categoria basandosi sulla somiglianza dell'evento con un modello di quella categoria, senza considerare adeguatamente altre informazioni statistiche rilevanti e quindi commettendo la fallacia della probabilità di base. Es. Credere che una startup tecnologica innovativa abbia alte probabilità di successo solo perché la associamo a grandi aziende tecnologiche di successo, ignorando il tasso di fallimento delle startup. Esperimento di Tversky & Kahneman (1974): Steve è una persona timida, riservata. È sempre pronto ad aiutare gli altri ma non gli piace stare in mezzo a troppa gente, preferisce spazi silenziosi. Con quale probabilità Steve è un pilota? un operaio? un bibliotecario? La maggior parte dei partecipanti rispondeva che Steve era un bibliotecario, usando l’euristica della rappresentatività (la descrizione di Steve è fortemente rappresentativa della categoria dei bibliotecari) e commettendo la fallacia della probabilità di base (ci sono molti più operai che bibliotecari). Euristica della disponibilità: stimare la probabilità di un evento in base alla disponibilità in memoria di esempi di quell'evento. Es. Ritenere più pericoloso l’aereo dell’automobile, sovrastimando l’incidenza degli incidenti aerei rispetto a quelli automobilistici, perchè gli incidenti aerei sono i più accessibili e immediatamente disponibili in memoria (in questo caso c’è anche l’aspetto della familiarità (ho esperienza della macchina tutti i giorni come un mezzo sicuro, mentre non sono mai stato sull'aereo e le uniche notizie che ne ricevono riguardano incidenti) + l’aspetto della gravità dell’incidente (un morto vs centinaia di morti)). Es. Sono le persone immigrate o italiane che commettono più crimini in Italia? Nonostante gli italiani commettano un numero maggiore di crimini rispetto alle persone immigrate, è più facile che la gente risponda gli immigrati, perché nei mass media la provenienza etnica del criminale è resa saliente solo nel caso in cui si tratti di una persona immigrata, rendendo i crimini degli immigrati un’informazione più disponibile in memoria. Es. Dopo un attentato terroristico molto mediatico, le persone tendono a sovrastimare la probabilità di futuri attacchi terroristici, anche se statisticamente gli attacchi sono rari. Problema deontologico che alcune testate giornalistiche stanno cercando di contrastare. Spesso le euristiche si sovrappongono e concorrono a produrre dei bias (es. della probabilità di base): Euristica della rappresentatività: pensare che una startup abbia alte probabilità di successo solo perché somiglia ad Apple, ignorando che la maggior parte delle startup fallisce → fallacia della probabilità di base. Euristica della disponibilità: se i media parlano solo di startup di successo, sarà più facile ricordarle rispetto alle molte che falliscono, portando a una sovrastima della probabilità di successo delle start-up. La sovrastima della probabilità di successo delle start-up non dipende necessariamente dall’euristica, ma può dipendere semplicemente dall’ignoranza su questo argomento. Perché si possa parlare di euristica è necessario che la persona abbia almeno una qualche idea di quale sia la probabilità dell’evento, perchè altrimenti secondo me è una semplice mancanza di conoscenza.
117
Bias di conferma
Scorciatoia cognitiva. cercare, considerare, interpretare, ricordare e sopravvalutare le informazioni che confermano le proprie credenze e ignorare, sottovalutare, reinterpretare le informazioni che le disconfermano. Sostiene per esempio la correlazione illusoria. Se sento una cosa tante volte, probabilmente è vera. Es. ho un giudizio negativo su una persona -> evito i tratti positivi o li interpreto in senso negativo per evitare la dissonanza cognitiva. NB: L’effetto alone può innescare una valutazione positiva o negativa iniziale: origine del giudizio deformato. Il bias di conferma può poi rafforzare quella impressione, selezionando solo i dati che la confermano e ignorando il resto: mantenimento e rinforzo del giudizio Principio del conservatorismo: aspetto specifico del bias di conferma che si riferisce alla tendenza a mantenere costanti le credenze nel tempo, cioè dare più peso a prove che confermano le ipotesi iniziali, piuttosto che abbandonarle o modificarle quando affrontano informazioni contrastanti. Applicando questo principio alla correlazione illusoria si descrive la tendenza a focalizzarsi solo sugli esempi che confermano la nostra ipotesi iniziale di correlazione, e ignorare quelli che la disconfermano.
118
Effetto alone
Scorciatoia cognitiva: generalizzare un tratto positivo o negativo di una persona o situazione ad altri aspetti, riducendo la possibilità di percepire informazioni contrastanti. Es. tendenza inconsapevole degli individui a considerare ciò che è bello come anche buono. NB: L’effetto alone può innescare una valutazione positiva o negativa iniziale: origine del giudizio deformato. Il bias di conferma può poi rafforzare quella impressione, selezionando solo i dati che la confermano e ignorando il resto: mantenimento e rinforzo del giudizio
119
Correlazione illusoria
Scorciatoia cognitiva. Non è propriamente un'euristica. Percepire o sovrastimare l’esistenza di una relazione tra due entità (gruppo sociale, comportamento… ) anche quando queste due entità non sono di fatto legate, o lo sono debolmente. Può essere sostenuto dal bias di conferma. Es. Se un prodotto costa tanto allora è il migliore. Es. Immagina che tu abbia notato, per un certo periodo, di soffrire di mal di testa più frequentemente il lunedì. Dopo un po', inizi a pensare che ci sia una connessione tra il lunedì e il mal di testa. Potresti anche pensare che il mal di testa dipenda dal fatto che il lunedì segni l'inizio della settimana lavorativa, magari con stress o stanchezza accumulata. Credenze popolari: molte superstizioni, come quella che si porti sfortuna passare sotto una scala, derivano da correlazioni illusorie. In passato, probabilmente non c'era alcuna evidenza scientifica che una persona sarebbe stata sfortunata se attraversava sotto una scala, ma le persone tendevano a ricordare i casi in cui qualcosa di brutto accadeva dopo aver attraversato sotto una scala, rinforzando così la credenza. Es. Essere del segno del leone = essere passionali. Es. Indagine di La Piere (1936): I californiani, negli anni ‘20, percepivano gli armeni come delle persone che commettevano un gran numero di reati, nonostante le statistiche ufficiali mostrassero che soltanto l’1.5% degli armeni commetteva reati, rispetto al 6% del resto della popolazione. Non è più probabile che questa percezione dipendesse primariamente dall’euristica della disponibilità e solo secondariamente dalla correlazione illusoria?
120
Teoria dell'attribuzione
Heider DISTINZIONE FONDAMENTALE che gli individui adottano nel ricercare le CAUSE DEL COMPORTAMENTO proprio o altrui: Attribuzione interna, attribuzione disposizionale: attribuire un particolare comportamento a cause interne della persona (tratti di personalità, capacità). Attribuzione esterna, attribuzione situazionale: attribuire un particolare comportamento a cause esterne alla persona (situazione, contesto). "Attribuzione disposizionale esterna” è scorretto dal punto di vista terminologico. COMPORTAMENTO ALTRUI Errore fondamentale di attribuzione: attribuire i comportamenti altrui principalmente a cause interne, piuttosto che esterne. Origine cognitiva: economizzazione delle risorse condivise (le cause esterne non sono sempre accessibili all’osservatore, sono mutevoli e più complesse). Quando è più probabile che si verifichi: - Quando percepiamo il comportamento come intenzionale e libero. Es. invece: le persone della Corea del Nord che marciano insieme nelle parate pubbliche (comportamento), non le pensiamo necessariamente come obbedienti (attribuzione interna), ma come influenzate da un regime dittatoriale (attribuzione esterna). - Quando il comportamento è inusuale e atipico. Es. se una persona butta una cartaccia per terra in una pulitissima città svizzera, è più probabile sia percepito come incivile (attribuzione interna). Es. se uno studente proveniente da un ambiente socioculturale difficile prende sempre 9, è percepito come sicuramente intelligente (attribuzione interna). L’errore fondamentale di attribuzione è tipico delle culture occidentali e individualistiche, in cui al centro dell’attenzione è l’individuo percepito come entità unica e autonoma e il contesto passa solo in secondo piano. Studi cross-culturali (Morris & Peng, 1994) condotti anche in culture collettivistiche, dove il contesto e la collettività è in primo piano rispetto all’individuo, hanno mostrato come l’errore fondamentale di attribuzione sia di molto indebolito. PROPRIO COMPORTAMENTO Self-serving bias: Attribuire i propri comportamenti positivi/successi principalmente a cause interne (ho studiato tantissimo, sono intelligente). Attribuire i propri comportamenti negativi/insuccessi principalmente a cause esterne (esame difficile, fortuna, prof stronzo, mal di testa). Origine motivazionale: aumentare o preservare la nostra autostima. Spiegare il proprio successo attraverso cause esterne? Non è la tendenza dei processi interiori tipici (in quello ansioso-depressivo magari invece sì). Per umiltà, per aumentare la propria desiderabilità sociale o dimostrare di avere i piedi per terra (spesso si tratta di falsa umiltà, perchè in realtà ci gratifichiamo). COMPORTAMENTO DEL NOSTRO GRUPPO E QUELLO DEGLI ALTRI GRUPPI Errore ultimo di attribuzione: Attribuire i comportamenti positivi/successi del proprio gruppo principalmente a cause interne, come qualità caratteristica del nostro gruppo. Attribuire i comportamenti negativi/insuccessi del proprio gruppo a cause esterne, che non riflettono come il mio gruppo realmente è. Facciamo l’inverso con i gruppi diversi dal nostro. Origine motivazionale: difendere il proprio sé e il proprio gruppo, affermando l’identità sociale e preservando l’immagine positiva del mio gruppo o confermando il giudizio che ho su un altro gruppo (per stereotipo (distinguerci/mi), per pregiudizio (prenderne le distanze, sentirmi superiore)). Es. Da italiano, voglio distinguermi, prendere le distanze e sentirmi superiore al gruppo dei marocchini. “Marco ha rubato perchè c’è la crisi ed è in difficoltà economiche” (comportamento negativo di un mio compagno di gruppo -> cause esterne) “Amel ha rubato perché è disonesto” (comportamento negativo di un membro di un gruppo da cui voglio che io mio gruppo, e io, ci distinguiamo… -> cause interne) Esperimento di Taylor e Jaggi (1974): India del Sud, forte conflittualità tra indù e musulmani. Presentati a indiani di religione indù diverse vignette che mostravano altri indù o musulmani che compivano un’azione positiva verso gli altri (offrire protezione in caso di pioggia), o un’azione negativa (negare protezione). Più attribuzioni interne (è una brava persona) se il comportamento positivo era fatto da un indù rispetto ai casi in cui era un musulmano. Black sheep effect: fenomeno psicosociale per il quale un membro di un gruppo, percepito come deviante rispetto alle norme sociali di quel gruppo, viene giudicato e sanzionato più severamente rispetto a un outsider che compie lo stesso comportamento. Questo accade perché il suo comportamento minaccia l'identità sociale e l'immagine positiva del gruppo.
121
Errore fondamentale di attribuzione
Teoria dell’Attribuzione, Heider (1958): DISTINZIONE FONDAMENTALE che gli individui adottano nel ricercare le CAUSE DEL COMPORTAMENTO proprio o altrui: Attribuzione interna, attribuzione disposizionale: attribuire un particolare comportamento a cause interne della persona (tratti di personalità, capacità). Attribuzione esterna, attribuzione situazionale: attribuire un particolare comportamento a cause esterne alla persona (situazione, contesto). "Attribuzione disposizionale esterna” è scorretto dal punto di vista terminologico. Errore fondamentale di attribuzione: attribuire i comportamenti altrui principalmente a cause interne, piuttosto che esterne. Origine cognitiva: economizzazione delle risorse condivise (le cause esterne non sono sempre accessibili all’osservatore, sono mutevoli e più complesse). Quando è più probabile che si verifichi: - Quando percepiamo il comportamento come intenzionale e libero. Es. invece: le persone della Corea del Nord che marciano insieme nelle parate pubbliche (comportamento), non le pensiamo necessariamente come obbedienti (attribuzione interna), ma come influenzate da un regime dittatoriale (attribuzione esterna). - Quando il comportamento è inusuale e atipico. Es. se una persona butta una cartaccia per terra in una pulitissima città svizzera, è più probabile sia percepito come incivile (attribuzione interna). Es. se uno studente proveniente da un ambiente socioculturale difficile prende sempre 9, è percepito come sicuramente intelligente (attribuzione interna). L’errore fondamentale di attribuzione è tipico delle culture occidentali e individualistiche, in cui al centro dell’attenzione è l’individuo percepito come entità unica e autonoma e il contesto passa solo in secondo piano. Studi cross-culturali (Morris & Peng, 1994) condotti anche in culture collettivistiche, dove il contesto e la collettività è in primo piano rispetto all’individuo, hanno mostrato come l’errore fondamentale di attribuzione sia di molto indebolito.
122
Quando è più probabile che l'errore fondamentale di attribuzione si verifichi?
- Quando percepiamo il comportamento come intenzionale e libero. Es. invece: le persone della Corea del Nord che marciano insieme nelle parate pubbliche (comportamento), non le pensiamo necessariamente come obbedienti (attribuzione interna), ma come influenzate da un regime dittatoriale (attribuzione esterna). - Quando il comportamento è inusuale e atipico. Es. se una persona butta una cartaccia per terra in una pulitissima città svizzera, è più probabile sia percepito come incivile (attribuzione interna). Es. se uno studente proveniente da un ambiente socioculturale difficile prende sempre 9, è percepito come sicuramente intelligente (attribuzione interna).
123
L'errore fondamentale di attribuzione è universale?
L’errore fondamentale di attribuzione è tipico delle culture occidentali e individualistiche, in cui al centro dell’attenzione è l’individuo percepito come entità unica e autonoma e il contesto passa solo in secondo piano. Studi cross-culturali (Morris & Peng, 1994) condotti anche in culture collettivistiche, dove il contesto e la collettività è in primo piano rispetto all’individuo, hanno mostrato come l’errore fondamentale di attribuzione sia di molto indebolito.
124
Self-serving bias
Teoria dell’Attribuzione, Heider (1958): DISTINZIONE FONDAMENTALE che gli individui adottano nel ricercare le CAUSE DEL COMPORTAMENTO proprio o altrui: Attribuzione interna, attribuzione disposizionale: attribuire un particolare comportamento a cause interne della persona (tratti di personalità, capacità). Attribuzione esterna, attribuzione situazionale: attribuire un particolare comportamento a cause esterne alla persona (situazione, contesto). "Attribuzione disposizionale esterna” è scorretto dal punto di vista terminologico. Self-serving bias: attribuire i propri comportamenti positivi/successi principalmente a cause interne (ho studiato tantissimo, sono intelligente). Attribuire i propri comportamenti negativi/insuccessi principalmente a cause esterne (esame difficile, fortuna, prof stronzo, mal di testa). Origine motivazionale: aumentare o preservare la nostra autostima. Spiegare il proprio successo attraverso cause esterne? Non è la tendenza dei processi interiori tipici (in quello ansioso-depressivo magari invece sì). Per umiltà, per aumentare la propria desiderabilità sociale o dimostrare di avere i piedi per terra (spesso si tratta di falsa umiltà, perchè in realtà ci gratifichiamo).
125
Errore ultimo di attribuzione
Teoria dell’Attribuzione, Heider (1958): DISTINZIONE FONDAMENTALE che gli individui adottano nel ricercare le CAUSE DEL COMPORTAMENTO proprio o altrui: Attribuzione interna, attribuzione disposizionale: attribuire un particolare comportamento a cause interne della persona (tratti di personalità, capacità). Attribuzione esterna, attribuzione situazionale: attribuire un particolare comportamento a cause esterne alla persona (situazione, contesto). "Attribuzione disposizionale esterna” è scorretto dal punto di vista terminologico. Errore ultimo di attribuzione: Attribuire i comportamenti positivi/successi del proprio gruppo principalmente a cause interne, come qualità caratteristica del nostro gruppo. Attribuire i comportamenti negativi/insuccessi del proprio gruppo a cause esterne, che non riflettono come il mio gruppo realmente è. Facciamo l’inverso con i gruppi diversi dal nostro. Origine motivazionale: difendere il proprio sé e il proprio gruppo, affermando l’identità sociale e preservando l’immagine positiva del mio gruppo o confermando il giudizio che ho su un altro gruppo (per stereotipo (distinguerci/mi), per pregiudizio (prenderne le distanze, sentirmi superiore)). Es. Da italiano, voglio distinguermi, prendere le distanze e sentirmi superiore al gruppo dei marocchini. “Marco ha rubato perchè c’è la crisi ed è in difficoltà economiche” (comportamento negativo di un mio compagno di gruppo -> cause esterne) “Amel ha rubato perché è disonesto” (comportamento negativo di un membro di un gruppo da cui voglio che io mio gruppo, e io, ci distinguiamo… -> cause interne) Esperimento di Taylor e Jaggi (1974): India del Sud, forte conflittualità tra indù e musulmani. Presentati a indiani di religione indù diverse vignette che mostravano altri indù o musulmani che compivano un’azione positiva verso gli altri (offrire protezione in caso di pioggia), o un’azione negativa (negare protezione). Più attribuzioni interne (è una brava persona) se il comportamento positivo era fatto da un indù rispetto ai casi in cui era un musulmano.
126
Black sheep effect
fenomeno psicosociale per il quale un membro dell’ingroup, percepito come deviante rispetto alle norme sociali di quel gruppo, viene giudicato e sanzionato più severamente rispetto a un outsider che compie lo stesso comportamento. Questo accade perché il suo comportamento minaccia l'identità sociale e l'immagine positiva del gruppo.
127
Influenza sociale
NORMALE PROCESSO PSICOSOCIALE tramite il quale pensieri, atteggiamenti, e comportamenti delle persone SONO INFLUENZATI DALLA PRESENZA oggettiva, immaginata, implicita o virtuale di altre persone. È un possibile risultato delle aspettative sociali, derivanti da norme sociali. Non è di per sé un bene o un male. Ha ragioni evolutive.
128
Norme prescrittiva, descrittiva e soggettiva
Norma prescrittiva o ingiuntiva: descrivono ciò che è socialmente approvato o disapprovato, cioè ciò che è considerato giusto o sbagliato fare. → presenza implicita. → influenza normativa: regola il comportamento sulla base di sanzioni morali o sociali. "Non si usa lo smartphone quando si è in compagnia" Norma descrittiva: descrivono ciò che la maggior parte delle persone fa in una determinata situazione. → presenza oggettiva o implicita. → influenza informativa che porta al conformismo: suggerisce un comportamento sulla base dell’osservazione. "Tutti guardano lo smartphone mentre aspettano l’autobus" Norma soggettiva: ciò che gli altri si aspettano da me: riguarda ciò che un individuo percepisce che le persone importanti per lui si aspettano da lui. In altre parole, è la percezione personale di quali siano le aspettative sociali o le pressioni che provengono dal gruppo di riferimento (famiglia, amici, colleghi, ecc.). → presenza oggettiva o immaginata di persone significative. → influenza normativa: regolano il comportamento sulla base di sanzioni morali o sociali. È centrale nella Teoria dell’Azione Ragionata (TRA) e nella Teoria del Comportamento Pianificato (TPB) di Ajzen, dove le norme soggettive influenzano l'intenzione di un comportamento. "Penso che i miei amici vogliano che io vada a quel concerto, quindi mi sento obbligato a farlo."
129
A cosa servono le norme sociali?
Per l’individuo: navigare il mondo sociale: - Riducono l’incertezza relativamente a come comportarsi in determinate situazioni per essere accettati dal gruppo. - Permettono di prevedere il comportamento degli altri in determinate situazioni. Per il gruppo: - Identificano e definiscono il gruppo, stabilendo i confini con gli altri gruppi. - Permettono lo sviluppo del gruppo: più il gruppo è uniforme nella condivisione di una o più norme sociali, più è facile il raggiungimento degli obiettivi del gruppo.
130
Come nascono le norme sociali?
Attraverso l’interazione tra i membri del gruppo. Si consolidano quando il gruppo si consolida.
131
Esperimento effetto autocinetico
Esperimento di Sherif: influenza informativa. Effetto autocinetico: illusione ottica in cui un puntino luminoso che brilla nella totale oscurità sembra muoversi nel suo asse verticale. I partecipanti dovevano stimare il movimento del punto: stimo privo di influenze sociali o culturali. - Da soli, poi in gruppo per tre volte (con altri due partecipanti ingenui, ad alta voce): Da soli fisiologiche differenze (norma personale), poi in gruppo, fase dopo fase, si osserva una progressiva convergenza (norma sociale condivisa): attraverso l'interazione sociale e lo sviluppo delle norme sociali, il peso dell'influenza sociale diventa sempre più forte. - In gruppo per tre volte (con altri due partecipanti ingenui, ad alta voce) e poi da soli: Allo stesso modo, inizialmente si ha una fisiologica differenza, ma poi, attraverso l’interazione sociale e lo sviluppo delle norme sociali, il peso dell’influenza sociale diventa sempre più forte. L’effetto dell’influenza sociale si ha ancora quando il partecipante è da solo perché la norma sociale si è instaurata. Poiché le norme sociali che si sono instaurate nel gruppo emergono in una situazione ambigua e sono strettamente legate all’interpretazione della realtà, si può concludere che si trattasse di un caso di influenza informativa: i partecipanti si affidano agli altri per costruire un giudizio condiviso che appare più accurato. Nota: l’influenza sociale può essere considerata esclusivamente informativa solo se determina un conformismo privato, cioè un cambiamento genuino e interno nelle convinzioni del soggetto. Se invece il soggetto non è convinto della correttezza dell’informazione, ma si conforma comunque, è segno che è intervenuta anche un’influenza normativa, motivata dal desiderio di approvazione sociale o dal timore della disapprovazione… Poiché i partecipanti mantengono la stima acquisita anche quando sono da soli, cioè in assenza di pressione sociale, si può inferire che si tratti di conformismo privato. Questo rafforza l’ipotesi che, nel contesto dell’esperimento di Sherif, il meccanismo predominante sia stata l’influenza informativa. …se invece la situazione non è ambigua e la realtà appare certa, non interviene l’influenza informativa ma l’influenza normativa e il conformismo è dato dalla pressione sociale.
132
Esperimento linee
Asch: influenza normativa. Esperimento di Asch (1951): Esperimento presentato come un compito di discriminazione visiva. Quale delle tre linee (A,B,C) è uguale alla linea di riferimento? (12 prove). Gruppo sperimentale: i partecipanti esprimevano il loro giudizio dopo che altre persone (confederati, complici dello sperimentatore) in modo unanime davano una risposta sbagliata. Gruppo di controllo: i partecipanti esprimevano il proprio giudizio da soli. Nella condizione sperimentale il tasso medio di conformismo è stato quello del 32%, la metà si conformava in almeno la metà delle prove e il 5% in tutte le prove. Emozioni negative di esclusione sociale in ogni caso: Chi si conformava: paura dell’esclusione sociale: “Non volevo sentirmi diverso”, “Avevo paura di sembrare ridicolo”, “Ho pensato che il gruppo avesse ragione”. Chi non si conformava: anche in questo caso, sentimenti di esclusione sociale: “Mi sono sentito solo”, “Ho provato forte imbarazzo e ansia”, “Mi sono sentito a disagio”. La situazione non è ambigua e la realtà appare certa quindi non interviene l’influenza informativa ma l’influenza normativa e il conformismo è dato dalla pressione sociale. Esperimento di Asch (1952): Se i partecipanti, invece che rispondere ad alta voce, rispondevano per iscritto, la conformità diminuiva drasticamente verificandosi in media solo in 1,5 delle 12 prove. Conferma che la situazione non fosse percepita come ambigua e che quindi non intervenisse un’influenza informativa, ma che, nell’esperimento originario, il conformismo fosse determinato esclusivamente dalla pressione sociale.
133
Perché ci conformiamo?
Ci conformiamo per il nostro bisogno di appartenenza che ci spinge ad evitare l’esclusione sociale per motivi di sopravvivenza.
134
Conformismo
CAMBIAMENTO nel proprio MODO DI PENSARE o di COMPORTARSI determinato dall’influenza sociale. Ci conformiamo per il nostro bisogno di appartenenza che ci spinge ad evitare l’esclusione sociale per motivi di sopravvivenza. Quando percepiamo dolore fisico e sociale (esclusione) i network cerebrali, pur non essendo esattamente gli stessi, hanno una sovrapposizione abbastanza alta. L'aspetto cruciale che determina il conformismo è l'unanimità: Esperimento di Allen e Levine (1971): - C1: tutti i collaboratori rispondevano in modo unanime. - C2: uno dei collaboratori veniva istruito per dare la risposta giusta. - C3: uno dei collaboratori, veniva istruito a dare una risposta diversa, ma comunque sbagliata (addirittura occhiali strani, veniva fatto credere che avesse problemi alla vista, per conferirgli 0 attendibilità). Non è importante che il membro deviante abbia ragione o meno, si dimostri attendibile o meno, ma solo che infranga l’unanimità del gruppo, sollevando e rendendo legittima la possibilità di risposte alternative a quelle della maggioranza.
135
Principali processi responsabili del conformismo
1) Influenza informativa: in una SITUAZIONE AMBIGUA, per capire qual è il giusto comportamento da mettere in atto, OSSERVIAMO GLI ALTRI e ACCETTIAMO COME VALIDE LE INFORMAZIONI E LE VALUTAZIONI CHE PERCEPIAMO. Giudichiamo gli altri più esperti di noi, quando spesso in realtà ne sappiamo uguale. Determinata dalla presenza oggettiva (o in alcuni casi virtuale) degli altri (non immaginata o implicita). → Ambiguità e conversione: modifica l’interpretazione della realtà e quello che è stato interiorizzato: conformismo privato. Esperimento di Sherif. 2) Influenza normativa: ci conformiamo alle aspettative positive degli altri per OTTENERE APPROVAZIONE SOCIALE o per evitare disapprovazione sociale. AGISCE VERAMENTE IN MODO PERVASIVO nella nostra vita, senza che noi ce ne rendiamo conto. Entra in gioco quando percepiamo che può gratificarci o punirci. → No ambiguità e accondiscendenza: mostrare agli altri che mi sono adeguato a loro: conformismo pubblico e non necessariamente privato. Esperimento di Asch. +) Obbedienza all'autorità
136
Influenza informativa
in una SITUAZIONE AMBIGUA, per capire qual è il giusto comportamento da mettere in atto, OSSERVIAMO GLI ALTRI e ACCETTIAMO COME VALIDE LE INFORMAZIONI E LE VALUTAZIONI CHE PERCEPIAMO. Giudichiamo gli altri più esperti di noi, quando spesso in realtà ne sappiamo uguale. Determinata dalla presenza oggettiva (o in alcuni casi virtuale) degli altri (non immaginata o implicita). → Ambiguità e conversione: modifica l’interpretazione della realtà e quello che è stato interiorizzato: conformismo privato. Esperimento di Sherif.
137
Influenza normativa
ci conformiamo alle aspettative positive degli altri per OTTENERE APPROVAZIONE SOCIALE o per evitare disapprovazione sociale. AGISCE VERAMENTE IN MODO PERVASIVO nella nostra vita, senza che noi ce ne rendiamo conto. Entra in gioco quando percepiamo che può gratificarci o punirci. → No ambiguità e accondiscendenza: mostrare agli altri che mi sono adeguato a loro: conformismo pubblico e non necessariamente privato. Esperimento di Asch.
138
Chi si conforma?
Studi iniziali (Costanzo, 1970) mettevano in risalto particolari caratteristiche individuali che rendevano più probabile il conformismo: bassa autostima, forte bisogno di approvazione sociale, senso di insicurezza, sentimento di inferiorità rispetto al gruppo. Studi successivi hanno ridimensionato molto l’importanza di questi fattori ed evidenziato come il contesto giochi un ruolo predominante nel determinare o meno conformismo. I fattori situazionali e contestuali sono più importanti dei fattori individuali. In che senso il contesto influenza la conformazione? Se il contesto è il gruppo, tutto il gruppo subisce quello stesso contesto, le differenze di conformazione non possono che dipendere dalle caratteristiche individuali.
139
Qual è l'aspetto cruciale che determina conformismo?
L'unanimità Esperimento di Allen e Levine (1971): - C1: tutti i collaboratori rispondevano in modo unanime. - C2: uno dei collaboratori veniva istruito per dare la risposta giusta. - C3: uno dei collaboratori, veniva istruito a dare una risposta diversa, ma comunque sbagliata (addirittura occhiali strani, veniva fatto credere che avesse problemi alla vista, per conferirgli 0 attendibilità). Non è importante che il membro deviante abbia ragione o meno, si dimostri attendibile o meno, ma solo che infranga l’unanimità del gruppo, sollevando e rendendo legittima la possibilità di risposte alternative a quelle della maggioranza.
140
Esperimento unanimità
Esperimento di Allen e Levine (1971): - C1: tutti i collaboratori rispondevano in modo unanime. - C2: uno dei collaboratori veniva istruito per dare la risposta giusta. - C3: uno dei collaboratori, veniva istruito a dare una risposta diversa, ma comunque sbagliata (addirittura occhiali strani, veniva fatto credere che avesse problemi alla vista, per conferirgli 0 attendibilità). Non è importante che il membro deviante abbia ragione o meno, si dimostri attendibile o meno, ma solo che infranga l’unanimità del gruppo, sollevando e rendendo legittima la possibilità di risposte alternative a quelle della maggioranza.
141
Chi induce alla conformazione?
- Persone appartenenti a uno stesso gruppo e di pari status dell’individuo -> influenza informativa, influenza normativa: norme sociali tendenzialmente implicite. - Persona di status superiore che rappresenta un’autorità -> obbedienza all’autorità: adeguamento a delle norme sociali impartite da una figura autorevole: norme sociali esplicite.
142
Che funzioni ha l'obbedienza all'autorità?
→ Funzioni evolutive e adattive: - Siamo socializzati, fin da bambini, a obbedire alle figure di autorità, fondamentale per proteggere la propria esistenza. - Obbedire e rispettare le norme sociali impartite da un’autoritá consentono il buon funzionamento di un gruppo e sono spesso anche funzionali da un punto di vista evolutivo.
143
Cosa succede se l'obbedienza all'autorità riguarda la messa in atto di comportamenti immorali o aggressivi verso altri esseri viventi?
→ Ambivalenza di due influenze sociali: la norma sociale interiorizzata di non fare del male agli altri e quella che proviene dall'autorità.
144
Esperimenti di Milgram
“Cercavo di pensare a un modo per rendere più significativo in termini umani l’esperimento di Asch sul conformismo. Non mi soddisfaceva il fatto che il conformismo consistesse nel valutare tre linee rette” Obbedienza all'autorità. Esperimento presentato come studio innovativo mirato a trovare nuovi sistemi per migliorare l’apprendimento mediante l’uso di punizioni. Se il partecipante sbagliava gli veniva somministrata una scossa elettrica la cui intensità aumentava ad ogni ogni errore. ORIGINALE: La percentuale di persone obbedienti era sempre superiore al 50%, anche quando la scossa era particolarmente intensa e segnalata come estremamente pericolosa. I partecipanti attuavano dei comportamenti aggressivi e pericolosi verso un’altra persona semplicemente perché veniva loro ordinato: si adeguavano alla norma sociale dettata da una figura autorevole. Stessa procedura, stessi risultati in tante repliche. VERSIONE NO INCITAMENTO AUTORITARIO: In questa replica gli interventi dello sperimentatori erano minimali, quasi nessuno. Emerge come l’influenza dell’autorità non fosse quella esplicita del comando o della minaccia, ma consisteva semplicemente nella sua presenza che appariva indifferenze, che sembrava normalizzare quanto stava accadendo. Qui entra in gioco anche un’influenza informativa, in cui lo sperimentatore, oltre che autorità, veniva anche percepito come più esperto. Questo si vede da come il partecipante, prima di dare una scossa, ogni volta, guardasse lo sperimentatore per capire come dovesse comportarsi. VERSIONE MENO AUTOREVOLE Gibson nel 2019 ascoltò tutte le registrazioni audio delle sessioni sperimentali di Milgram e notò che coloro che portavano a termine lo studio, sembravano non essere particolarmente influenzati dagli ordini dello sperimentatore (*) e si chiese quanto l’obbedienza dipendesse dallo sperimentatore o altri fattori contestuali (situazione sperimentale, prestigio dell’Università di Yale..). In un centro di ricerca privato (meno conosciuto e meno prestigioso dell’Università di Yale il tasso di obbedienza all’autorità diminuiva (ma era comunque alto, 48%). VERSIONE VARIABILI MODIFICATE: Milgram → L’empatia nei confronti della vittima è il fattore meno influente. → L’influenza sociale (vicinanza con lo sperimentatore, legittimità dell’autorità, altri attori sociali) è il fattore più influente.
145
Forze di influenza di attivazione e disattivazione di norme sociali
Attivazione di norme sociali: Influenza informativa (McNeil & Sherif, 1976). Influenza normativa (Asch, 1952). Obbedienza all’autorità (Milgram, 1963). Disattivazione di norme sociali: Effetto spettatore, bystander effect.
146
Effetto spettatore, bystander effect
In contesti sociali talvolta le norme sociali possono contrapporsi: → la norma sociale dell’aiutare chi è in difficoltà. → la norma sociale molto più implicita e nascosta di fare quello che tutti gli altri stanno facendo (aggregato di individui, non un vero e proprio gruppo). Esiste una norma sociale a conformarsi? L'influenza informativa e/o normativa può rendere meno saliente la norma sociale di aiuto e ridurre la probabilità dell’attuazione di comportamenti prosociali. Maggiore è il numero di persone presenti (spettatori), minore è la probabilità d’aiuto. È più facile ottenere una risposta rapida e di qualità se si chiede a un singolo o a un gruppo piccolo, rispetto che un gruppo numeroso. Tra 1, 5, 10, 20 o 40 persone non c'è una curva lineare, ma logaritmica.
147
Modello di Latanè e Darley
Modello di Latanè e Darley (1968): 1) La percezione della presenza di altre persone che potrebbero intervenire può generare: → DIFFUSIONE DELLA RESPONSABILITÀ, che riduce l’assunzione di responsabilità personale e favorisce disimpegno e assoluzione morale. → IGNORANZA PLURALISTICA: errata convinzione che l’inazione altrui implichi che l’intervento non sia necessario. Influenza informativa. Cortocircuito interpretativo. Questi meccanismi possono concorrere all’INERZIA SOCIALE: calo di motivazione e impegno individuale in presenza di altri. Esperimento 1: A 97 normalissimi studenti universitari iscritti al primo anno della Columbia University di New York viene presentato come una discussione tra studenti per far emergere problematiche relative alla vita del campus. I partecipanti discutevano in anonimato tramite interfono per eliminare le variabili confondenti. Il partecipante dell’esperimento era solo uno e tutto il resto era preregistrato. Dopo pochi minuti dall’inizio della discussione, un collaboratore registrato si sente male e chiede l’aiuto degli altri partecipanti. Partecipante + collaboratore: responsabilità individuale. Partecipante + due collaboratori. Partecipante + cinque collaboratori. Più persone → maggiore diffusione di responsabilità e ignoranza pluralistica → maggiore inerzia sociale. 2) La presenza di altre persone DIMINUISCE anche la CONSAPEVOLEZZA che qualcosa di anomalo sta accadendo perché INIBISCE L’ISPEZIONE dell’ambiente circostante. Esperimento 2: Situazione di emergenza che mette a repentaglio la propria incolumità e non quella altrui. L’esperimento viene presentato come uno studio sulla qualità di vita delle grandi metropoli. I partecipanti compilavano un questionario in una stanza e, dopo pochi minuti, da una feritoia cominciava ad uscire del fumo. C1: un partecipante ignaro. C2: tre partecipanti ignari. C3: un partecipante e due complici istruiti a non intervenire. Non solo diffusione di responsabilità e ignoranza pluralistica, ma anche inibizione dell’ispezione dell’ambiente circostante.
148
Effetto spettatore online
Online il bystander effect è ancor più accentuato da diversi fattori: - Non c’è la presenza fisica degli altri. - Manca la consapevolezza di quante persone stanno o hanno osservato la “scena”. - Possibile anonimato degli attori sociali (cyberbullo, vittime e spettatori).
149
Altre dinamiche che portano a non fermarsi
Egocentrismo difensivo: protezione del sé, evitamento di situazioni scomode o rischiose. Attribuzione interna es “è un ubriacone”: errore fondamentale o ultimo di attribuzione: può essere sia un bias cognitivo spontaneo, sia una ristrutturazione cognitiva strumentale al giustificare la propria inazione. Formulazione di “scuse” es “non so come intervenire”, “non sono capace”: ristrutturazione cognitiva, bassa autoefficacia, ansia da valutazione sociale… Indifferenza autentica: disinteresse reale, mancanza di empatia o motivazione prosociale. Fattori contestuali: il contesto urbano o sociale può cambiare la percezione della situazione (es. via San Vincenzo ≠ Palmaro). Fattori culturali: le norme variano tra culture (es. in Giappone è socialmente previsto lasciare bottigliette d’acqua a un ubriaco in pubblico).
150
Interazione maggioranza minoranza
Esclusione: la minoranza, considerata come deviante, viene estromessa dal gruppo. Conformazione: la maggioranza persuade la minoranza a (ri)adottare il loro punto di vista. Mediazione: si raggiunge un compromesso. Cambiamento e innovazione: una minoranza si estremizza, accentua il conflitto e persuade la maggioranza fino a produrre cambiamento sociale.
151
Influenza sociale della minoranza
Moscovici. “I ricercatori di psicologia sociale sono vittime della tendenza sistematica al conformismo: trattare l’influenza del gruppo come unidirezionale, in cui gli individui si conformano sempre alla maggioranza (influenza inversa). Se così fosse, gruppo e società in generale sarebbe cristallizzato, senza alcuna spinta al cambiamento. Le minoranze hanno un ruolo fondamentale nel produrre cambiamento sociale.” In molti casi i gruppi presentano opinioni divergenti tra la maggioranza e una minoranza. Tale divergenza è potenzialmente il punto di partenza per produrre cambiamento sociale. Possibili risultati di interazione fra una maggioranza e una minoranza: - Esclusione: la minoranza, considerata come deviante, viene estromessa dal gruppo. - Conformazione: la maggioranza persuade la minoranza a (ri)adottare il loro punto di vista. - Mediazione: si raggiunge un compromesso. - Cambiamento e innovazione: una minoranza si estremizza, accentua il conflitto e persuade la maggioranza fino a produrre cambiamento sociale. Caratteristiche che i membri della minoranza devono avere per produrre cambiamento sociale: - Attivi. - Organizzati. - Coerenti nelle opinioni e nei comportamenti: fra di loro, anche nel tempo. Uno stile coerente attira attenzione, dimostra che esiste un’alternativa, dimostra sicurezza e coinvolgimento e può creare alla lunga incertezza e dubbio nella maggioranza. Esperimento sull’influenza della minoranza e della maggioranza, Perez e Mugny (1987) I partecipanti leggevano un messaggio a favore della legalizzazione dell’aborto (tema controverso). C1: il messaggio era attribuito ad un portavoce della maggioranza. C2: il messaggio era attribuito ad un portavoce della minoranza. Ai partecipanti era poi chiesto di esprimere una posizione relativa alla legalizzazione dell’aborto e a un tema a questo vicino (contraccezione). La maggioranza ha ottenuto più consenso rispetto al messaggio sull’aborto (influenza diretta) mentre la fonte minoritaria ha avuto scarso impatto diretto ma è riuscita a provocare un cambiamento nell’atteggiamento delle persone verso la contraccezione (influenza indiretta). -> Maggiore effetto della maggioranza sul tema controverso, maggiore effetto della minoranza sul meno controverso(attivazione del pensiero divergente). Influenza sociale della minoranza vs maggioranza: Sono due processi qualitativamente diversi: l’influenza della minoranza è un processo più complesso, che necessita più tempo o avere un effetto su temi trasposti, tuttavia l’influenza prodotta dalla minoranza può essere più profonda e duratura di quella della maggioranza: L’influenza della maggioranza può portare in molti casi a semplice conformismo pubblico (Moscovici, 1980): adeguamento all’opinione della maggioranza senza una reale interiorizzazione, ma per semplice paura di essere esclusi dal gruppo (influenza normativa). L’influenza della minoranza invece porta a un conformismo privato (Moscovici, 1980): reale interiorizzazione dell’opinione della minoranza, risultato di un processo di attenta elaborazione del messaggio e di confronto con quello della maggioranza. Il conformismo pubblico è tipicamente associato al conformismo normativo, mentre il conformismo privato è tipicamente associato al conformismo informativo. Pur esistendo una correlazione tendenziale tra i due livelli, non si tratta di una corrispondenza univoca: conformismo pubblico può in alcuni casi derivare da motivazioni informative, e conformismo privato può consolidarsi anche a partire da pressioni normative. Nemeth (1986): La maggioranza attiva processi di pensiero convergenti: le persone si focalizzano prevalentemente sul messaggio, e non considerano argomentazioni o fattori aggiuntivi. La prospettiva adottata è quella suggerita dalla fonte. La minoranza attiva processi di pensiero divergenti: le persone adottano molteplici prospettive e le confrontano tra loro, non solo quella della fonte e sono portate a pensare e agire in modo personale e originale.
152
Caratteristiche che i membri della minoranza devono avere per produrre cambiamento sociale:
- Attivi. - Organizzati. - Coerenti nelle opinioni e nei comportamenti: fra di loro, anche nel tempo. Uno stile coerente attira attenzione, dimostra che esiste un’alternativa, dimostra sicurezza e coinvolgimento e può creare alla lunga incertezza e dubbio nella maggioranza.
153
Influenza sociale della minoranza vs maggioranza:
Moscovici (1980): Sono due processi qualitativamente diversi: l’influenza della minoranza è un processo più complesso, che necessita più tempo o avere un effetto su temi trasposti, tuttavia l’influenza prodotta dalla minoranza può essere più profonda e duratura di quella della maggioranza: L’influenza della maggioranza può portare in molti casi a semplice conformismo pubblico: adeguamento all’opinione della maggioranza senza una reale interiorizzazione, ma per semplice paura di essere esclusi dal gruppo (influenza normativa). L’influenza della minoranza invece porta a un conformismo privato: reale interiorizzazione dell’opinione della minoranza, risultato di un processo di attenta elaborazione del messaggio e di confronto con quello della maggioranza. Il conformismo pubblico è tipicamente associato al conformismo normativo, mentre il conformismo privato è tipicamente associato al conformismo informativo. Pur esistendo una correlazione tendenziale tra i due livelli, non si tratta di una corrispondenza univoca: conformismo pubblico può in alcuni casi derivare da motivazioni informative, e conformismo privato può consolidarsi anche a partire da pressioni normative. Nemeth (1986): La maggioranza attiva processi di pensiero convergenti: le persone si focalizzano prevalentemente sul messaggio, e non considerano argomentazioni o fattori aggiuntivi. La prospettiva adottata è quella suggerita dalla fonte. La minoranza attiva processi di pensiero divergenti: le persone adottano molteplici prospettive e le confrontano tra loro, non solo quella della fonte e sono portate a pensare e agire in modo personale e originale.
154
Aggressività
qualsiasi comportamento intenzionale che mira a provocare dolore a livello fisico o psicologico. Non conta il risultato, ma la motivazione sottostante. È comportamento aggressivo la molestia verbale, è comportamento aggressivo il silenzio (esclusione sociale), non è comportamento aggressivo l’investire qualcuno (a meno che tu lo abbia fatto a posta).
155
Tipi di aggressività e aggressività vs violenza
Berkowitz (1993): Aggressività ostile: azione impulsiva, atto provocato da un sentimento di rabbia e mirante a infliggere dolore o un danno es. pugno come risposta ad un’offesa verbale. Aggressività strumentale: azione premeditata, razionale (costi-benefici), legata al desiderio di ottenere vantaggi a spese della vittima es. aggressione fisica a scopi di rapina. Concettualmente distinte, nella pratica spesso miste. Aggressività diretta: comportamento intenzionale finalizzato ad arrecare danno diretto alla vittima (aggressione fisica o insulto verbale) Aggressività indiretta: comportamento intenzionale finalizzato ad arrecare danno «sottile» e sociale alla vittima (parlare male, pettegolezzi o intenzionale esclusione da un gruppo). Anderson & Bushman (2002): Aggressività: comportamento intenzionalmente rivolto verso un altro individuo con l’obiettivo di provocare dolore fisico o psicologico. Violenza: forma di aggressività che ha come obiettivo quello di provocare un dolore estremo alla vittima, forma estrema di aggressività. Tutte le forme di violenza sono aggressive ma non tutte le forme di aggressività sono violente.
156
Hobbes, Freud, Lorenz su aggressività
L’aggressività è innata o appresa? Dibattito “secolare” all’interno della comunità scientifica. Homo homini lupus, Hobbes (1651): gli uomini, allo stato naturale, sono degli esseri “bruti”, e solo facendo rispettare le leggi e l’ordine sociale è possibile frenare l’istinto aggressivo. Freud (1920): fin dalla nascita gli esseri umani possiedono un istinto innato verso la morte e l’annientamento (Thanatos) che li porta a compiere azioni aggressive. L’istinto aggressivo necessita di una valvola di sfogo. La società e le norme sociali giocano un ruolo fondamentale per contenere questo istinto e nel trasformarlo in comportamenti “non distruttivi”. Teorie evoluzionistiche (Lorenz, 1966; Simpson & Kenrick, 1997) i comportamenti aggressivi sono funzionali alla sopravvivenza individuale ed al mantenimento della specie: nel mondo animale, per garantire il diritto di accoppiarsi e per la difesa della propria prole, tra gli esseri umani, per assicurarsi un vantaggio sociale ed economico. Critiche: - Empiricamente difficilmente verificabili. - Esistono dei comportamenti aggressivi da parte degli esseri umani non spiegabili da un punto di vista evoluzionistico.
157
L’aggressività è innata o appresa? Prospettiva antropologica e interpretazione psicosociale.
Prospettiva “antropologica” Berkowitz (1993): L’aggressività possiede una componente istintiva, ma non è inevitabile né invariabile: il comportamento aggressivo è il risultato dell’interazione tra tendenze innate e fattori situazionali e sociali che possono attivarlo o inibirlo. Prove: 1) Differenze culturali: la cultura e la comunità di appartenenza influisce sulla manifestazione di comportamenti aggressivi. Molte comunità “primitive” (es. pigmei dell’Africa Centrale, arapesh della Nuova Guinea) convivono in rapporti armoniosi sia al loro interno che con altre comunità. In altre comunità “civilizzate” (es. USA) la violenza e l’aggressività in diversi ambiti (es. scuola, famiglia) è un fatto comune. 2) Cambiamenti sociali possono influire sull’aggressività. Gli Indiani Irochesi erano un popolo che fino al 1600 conviveva in rapporti armoniosi sia all’interno del gruppo sia con le altre comunità. Dopo l’arrivo degli Europei e l’intensificazione dei rapporti commerciali, la rivalità e le guerre con i popoli vicini aumentarono significativamente. Interpretazione “psicosociale”: La visione dell’aggressività come pulsione istintiva e inevitabile è troppo semplicistica: esistono delle tendenze innate a rispondere in modo aggressivo a particolari stimoli, ma il fatto che queste pulsioni si traducano effettivamente in comportamenti aggressivi dipende da diversi fattori sociali.
158
Come si spiega l'aggressività? Gli antecedenti dell’aggressività
1) Fattori biologici: Amigdala (nucleo di sostanza grigia alla base del cervello): se stimolata, aumenta il livello di aggressività, se inibita, dà l'effetto contrario. È un meccanismo che viene modulato da fattori situazionali e sociali. Testosterone (ormone steroideo): una sua alta concentrazione produce maggiore aggressività. Differenze di genere: è l’ormone sessuale maschile: maggior aggressività fisica dei maschi (sia bambini che adulti) rispetto alle donne. In realtà, la relazione tra alti livelli di testosterone e una maggior aggressività è molto debole e spiega solo in minima parte le differenze di aggressività tra i generi. 2) Ambiente fisico con condizioni sfavorevoli (ad es., alta temperatura, inquinamento acustico, umidità) è associato ad un aumento dell’aggressività (ostile, non strumentale). 3) Differenze individuali: Genere: la visione secondo cui i maschi sono generalmente più aggressivi rispetto alle donne è stata recentemente messa in discussione, perché dipende dal tipo di aggressività: l’aggressività fisica è maggiormente associata agli uomini, mentre l'aggressività indiretta è maggiormente associata alle donne. Differenze di genere molto più marcate nel caso dell’aggressività diretta rispetto a quella indiretta. Autostima: l’alta autostima è associata a maggior aggressività: messa in atto di comportamenti aggressivi con minor senso di colpa. Narcisismo: tratto di personalità definito come la tendenza a considerare sé stessi e le proprie qualità come degne di ammirazione. Alti livelli di narcisismo -> più alti livelli di aggressività (diretta), quando percepiscono che qualcuno minaccia la loro immagine. 4) Ambiente: L'assunzione di alcool sembra essere fortemente associata al comportamento aggressivo, perché l’alcol favorisce la disinibizione della persona. Esperimento di Taylor e Sears (1988): C1: i partecipanti assumevano alcool prima della prova. C2: placebo. Tutti i partecipanti competevano poi con un’altra persona (complice dello sperimentatore) in un compito di velocità al computer composto di diverse prove. Per ogni prova, il vincente avrebbe dovuto somministrare una scossa elettrica al perdente. Poteva scegliere l’intensità della scarica e un complice incitava (diversamente nelle quattro fasi) a infliggere una scarica forte (pressione sociale). Prima fase: nessun incitamento. Seconda fase: lieve incitamento. Terza fase: forte incitamento. Quarta fase: nessun incitamento. -> I partecipanti che prima avevano assunto dell’alcool mostravano di media un comportamento più aggressivo. -> Interazione tra alcol e influenza dell’ambiente: i partecipanti che avevano assunto alcol erano particolarmente suscettibili agli incitamenti.
159
Teoria della frustrazione-aggressività
Dollard: un comportamento aggressivo è conseguenza di uno stato di frustrazione. Deprivazione (un proprio bisogno fondamentale o desiderio non viene soddisfatto o viene negato) → stato psicologico di frustrazione → stato di arousal (aumento dell’energia aggressiva che necessita di essere sfogata) → comportamento aggressivo. La carica aggressiva non sempre può essere sfogata verso la causa della frustrazione (posizione gerarchicamente superiore, non identificabile, non immediatamente disponibile), dunque il più delle volte tale carica aggressiva viene dislocata su un capro espiatorio, un individuo o gruppo estraneo, diverso dalla fonte di frustrazione (debole, identificabile, disponibile). Ricerca d’archivio, Hovland e Sears (Stati Uniti del Sud, anni ‘50): la continua diminuzione del prezzo del cotone (stato di frustrazione) era associata con l’aumento di aggressioni razziali da parte dei bianchi verso le persone di colore. Germania nazista: grande adesione a ideologie distruttive e aggressive verso gruppi minoritari causata da un passato di frustrazioni e umiliazioni dovute dal crollo dell’economia tedesca. È una teoria importante perché è la prima a prendere le distanze dalla concezione di aggressività come istinto innato e la considera come derivante da uno stato psicologico dell’individuo. Critiche: relazione causale frustrazione-aggressività: - La frustrazione non necessariamente porta a risposte aggressive (pianto, fuga, apatia). - Comportamenti aggressivi non sono sempre causati da frustrazione (aggressività strumentale).
160
Teoria del segnale-stimolo
Modello neoassociazionsita, Berkowitz: Rappresenta una rielaborazione della teoria della frustrazione-aggressività. Non necessariamente la frustrazione si traduce in aggressività. È più probabile che accada se nell’ambiente ci sono degli stimoli che vanno nella direzione dell’aggressività. I partecipanti svolgevano un compito che veniva valutato da un complice dello sperimentatore. La valutazione consisteva in delle scosse elettriche (bassissima intensità). C1: molte scosse elettriche -> frustrazione. C2: numero esiguo di scosse elettriche -> no frustrazione. Invertiti i ruoli tra partecipante e complice. Disegno sperimentale 2x2: C1: stimolo aggressivo. C2: no stimolo aggressivo. I partecipanti frustrati mostravano, in generale, dei comportamenti più aggressivi rispetto ai partecipanti non frustrati. I partecipanti frustrati erano più suscettibili alla presenza dello stimolo aggressivo.
161
Teoria della deprivazione relativa
Crosby Rappresenta anch’essa uno sviluppo della teoria della frustrazione-aggressività. La frustrazione non è uno stato oggettivo, non si limita a una deprivazione di bisogni più o meno primari, ma è uno stato soggettivo: la sola “idea” di essere deprivati può determinare aggressività. Ciò che conta non è lo stato oggettivo ma il termine di confronto. Il termine di confronto possono essere gli altri vicini a noi, il proprio passato, oppure il sé ideale. Il confronto sociale è relativo agli altri simili e vicini a noi (gli africani senza corrente elettrica non sono tutti frustrati, “mangia che i bambini in Africa muoiono di fame” non funziona). Teoria del confronto sociale, Festinger (1954): La conoscenza del sé si sviluppa attraverso l’INTERAZIONE e il CONFRONTO con gli altri: Attraverso il confronto con gli altri capisco meglio come sono, i tratti di personalità che mi contraddistinguono, il mio sé attuale, valuto le mie prestazioni, come sono andato o come sto andando. Non tutti i confronti sociali hanno la stessa qualità informativa: tanto più l’altro è simile, tanto più è probabile acquisire informazioni utili. - Confronto verso il basso: strategia di coping: ha uno scopo difensivo ed è funzionale al mantenimento dell’autostima e all’immagine positiva del sé. - Confronto verso l’alto: puó determinare emozioni negative, effetti negativi sulla nostra autostima e deprivazione relativa, ma fornisce informazioni utili per la nostra crescita verso il sé ideale, per l’auto-miglioramento. Deprivazione relativa: percezione di essere privati di risorse o opportunità rispetto ad altri, non necessariamente in termini assoluti, ma in relazione al confronto sociale. Questo sentimento può portare a frustrazione e risentimento, poiché l'individuo si sente svantaggiato rispetto a chi considera più privilegiato. Ricerca su vasta scala volta a stabilire gli atteggiamenti del soldato americano, Stoffeur (1949): I soldati di colore del Sud avevano un morale uguale se non più alto rispetto ai soldati di colore del Nord, eppure subivano molte più discriminazioni razziali. Gli afro del sud erano abituati a più discriminazione perchè al sud più discriminazione. Lamentele per la mancata promozione molto più veementi nell'aeronautica che nella polizia militare nonostante ci fossero molte più promozioni nell'aeronautica che nella polizia militare.
162
Teoria dell'apprendimento sociale
Bandura L’aggressività è un comportamento che, similmente ad altri, può essere appreso. L’apprendimento dell’individuo non si sviluppa soltanto attraverso il contatto diretto con il mondo circostante, ma avviene anche attraverso esperienze indirette, sviluppate attraverso l’osservazione di altre persone, dal vivo o nei mass media. L’osservazione di un comportamento aggressivo altrui aumenta la probabilità che l’individuo metta in atto comportamenti aggressivi. Questo è particolarmente rilevante dell’età dello sviluppo. Modellamento: processo di apprendimento che si attiva quando l’atteggiamento e/o il comportamento di un individuo che osserva si modifica in funzione del comportamento di un altro individuo (modello). Il pupazzo Bobo, Bandura (1961): Bandura's Bobo Doll Experiment C1: Un complice dello sperimentatore adulto si dimostrava aggressivo verso Bobo. C2: Il complice giocava con le costruzioni di legno, senza mostrare alcun comportamento aggressivo. C3: I bambini giocavano da soli e liberamente, senza alcun adulto. Nella condizione di modello aggressivo, i bambini mettevano in atto più atteggiamenti e comportamenti aggressivi verso Bobo rispetto alla condizione di modello pacifico e di modello neutro e non solo mettevano in atto gli stessi atteggiamenti e comportamenti aggressivi attuato dall’adulto ma ne sviluppavano anche di nuovi.
163
General aggression model
Anderson & Bushman. Rappresenta una cornice teorica integrata, che sintetizza le teorie viste in precedenza in un unico modello. - Fattori prossimali: individuali (genere, livelli di narcisismo, autostima, provenienza familiare) e sociali situazione/ambiente (mass media): variabili input. - Processi interni, stato interno dell’individuo, determinati dall’interazione fra i fattori disposizionali e situazionali: emozioni (rabbia), valutazioni cognitive (script cognitivi) e attivazione psicologica (arousal): sono i possibili percorsi attraverso i quali le variabili di input (fattori prossimali) influenzano la valutazione ad agire o meno successivamente: elaborazione delle variabili. - Conseguenze: variabili output. Non esiste un comportamento, un’emozione o un pensiero umano che possa essere isolato completamente dal contesto ambientale. Questo modello sembra descrivere qualunque comportamento, non solo l’aggressività.
164
Correlazione mass media violenti - aggressività
L’esposizione a contenuti mediali violenti non è di per sé una causa diretta dell’aggressività. Provoca sul breve termine effetto priming e, se ripetuta o prolungata, può provocare sul lungo termine desensibilizzazione e costruzione di schemi cognitivi che normalizzano l’aggressività. Tali effetti sono modulati da variabili individuali (come una predisposizione all’aggressività che può portare a selezionare attivamente contenuti violenti) e da fattori situazionali (come frustrazione o provocazione). Questi processi vanno compresi all’interno di un modello interattivo che integra influenze personali, ambientali e cognitive. Approcci teorici correlazione mass media violenti - aumento dei livelli di aggressività: Teoria del priming cognitivo: fenomeno psicologico secondo cui l'esposizione a uno stimolo rende più accessibili e attivi in memoria certi schemi cognitivi, influenzando la risposta a uno stimolo successivo, spesso in modo automatico e inconsapevole. → Messa in atto di comportamenti aggressivi. Teoria della desensibilizzazione: riduzione della reattività a uno stimolo a seguito di esposizioni ripetute o prolungate. → Riduzione della sensibilità verso la violenza reale, aumento della tolleranza al dolore e alla sofferenza altrui, riduzione dell’empatia e della percezione della gravità di comportamenti aggressivi. Teoria dell’apprendimento sociale (Bandura): osservazione e imitazione di modelli aggressivi. General Aggression Model (Anderson & Bushman): modello integrato che spiega l’aggressività come risultato dell’interazione tra variabili personali, situazionali, processi cognitivi-affettivi e risposte comportamentali. Esperimento di Black e Bevan (1992) Disegno sperimentale 2x2. Misurazione dei livelli di aggressività prima e dopo la visione di un film violento e di uno non violento. Le persone che sceglievano il film violento avevano un livello di aggressività iniziale (prima della visione) più alto rispetto a chi sceglieva un film non violento (correlazione attiva genotipo-ambiente, bidirezionalità dell’influenza) e l’aggressività aumentava ulteriormente dopo la visione del film violento.
165
Approcci teorici correlazione mass media violenti - aumento dei livelli di aggressività
Approcci teorici correlazione mass media violenti - aumento dei livelli di aggressività: Teoria del priming cognitivo: fenomeno psicologico secondo cui l'esposizione a uno stimolo rende più accessibili e attivi in memoria certi schemi cognitivi, influenzando la risposta a uno stimolo successivo, spesso in modo automatico e inconsapevole. → Messa in atto di comportamenti aggressivi. Teoria della desensibilizzazione: riduzione della reattività a uno stimolo a seguito di esposizioni ripetute o prolungate. → Riduzione della sensibilità verso la violenza reale, aumento della tolleranza al dolore e alla sofferenza altrui, riduzione dell’empatia e della percezione della gravità di comportamenti aggressivi. Teoria dell’apprendimento sociale (Bandura): osservazione e imitazione di modelli aggressivi. General Aggression Model (Anderson & Bushman): modello integrato che spiega l’aggressività come risultato dell’interazione tra variabili personali, situazionali, processi cognitivi-affettivi e risposte comportamentali.
166
Cosa si intende per videogame violento?
Un qualsiasi videogame in cui le possibilità d’azione disponibili comprendono uccisioni e/o altri atti violenti verso immagini di esseri umani, US Supreme Court (2010). Quindi secondo questa definizione non conterebbero i comportamenti aggressivi rivolti a cose (o animali?) e la quantità dei comportamenti aggressivi.
167
I videogames violenti aumentano solo i livelli dell'aggressività?
Studio Gabbiadini, Riva, Andrighetto et al. Non solo aggressività!!! Ma anche disimpegno morale e perdita dell'autocontrollo. Comportamento aggressivo: Noise blast task: chi preme più velocemente vince la prova e ha la possibilità di mandare in cuffia un rumore fastidioso e regolarne intensità e durata. Comportamento immorale: Cheating task: viene chiesto di comunicare i propri risultati di un test di logica. Per ogni punto si otteneva un biglietto della lotteria. Il comportamento immorale viene misurato dalla differenza tra i risultati che dichiaravano e i risultati reali. Perdita dell'autocontrollo: M&M's task: quanti M&M's vengono mangiati durante il gioco.
168
Effetti positivi di alcuni videogames:
Prestazioni cognitive (alcuni giochi progettati apposta per questo). Comportamenti prosociali es. collaborazione. Autocontrollo nello sviluppare strategie a lungo termine.
169
Quale esperienza sociale può facilitare episodi di aggressività? Perché può provocare risposte così intense?
Esclusione sociale: esperienza di essere tenuti separati dagli altri dal punto di vista fisico e/o emotivo. Comprende una varietà di fenomeni: Rifiuto sociale: esperienza di ricevere atti comunicativi che esplicano in modo diretto di non essere desiderati. Ostracismo: esperienza di essere invisibilizzati e ignorati. L’ambiguità e l’incertezza di questo tipo di esclusione sociale possono creare più irrequietezza e angoscia. Produce effetti negativi che dipendono da quali sono i fattori disposizionali (personalità, stili di attaccamento, autostima, regolazione emotiva, umore) e quelli situazionali (assunzione di sostanze psicoattive che alterano la persona; teria segnale stimolo): Risposte esternalizzate: rabbia (principalmente diretti verso la fonte di esclusione sociale), aggressività, violenza. Risposte internalizzate: chiusura in se stessi, abbassamento dell’autostima, depressione. Emozioni di questo tipo sono più intense soprattutto in fase adolescenziale quando stiamo costruendo la nostra identità personale e sociale. Percepirsi cronicamente escluso, ostracizzato dagli altri, può essere un importante antecedente di comportamenti aggressivi. L’ambiente sociale gioca un ruolo importante nella messa in atto o meno di comportamenti aggressivi. Perché l’esclusione sociale può provocare risposte intense come la rabbia? Per ragioni evolutive: l’esclusione sociale è una minaccia alla sopravvivenza e il dolore sociale è funzionale a motivare comportamenti adattivi. L’appartenenza (amicizia, affetto familiare, intimità sessuale) è il primo bisogno sociale e consente l’accesso a quelli successivi (stima, autorealizzazione). Parziale sovrapposizione delle aree cerebrali (corteccia prefrontale ventrolaterale dx e corteccia cingolata anteriore) attivate quando si prova dolore fisico e dolore sociale: entrambi i tipi di dolore servono a segnalare una minaccia alla sopravvivenza e a motivare comportamenti adattivi. Correlazione positiva tra sensibilità al dolore fisico e quello sociale: chi prova più intensamente uno, tende a provare più intensamente anche l'altro (poiché stessi circuiti). Analgesici comuni (paracetamolo) effetti lenitivi sia sul dolore fisico che sociale.