Definizioni Flashcards
(169 cards)
Psicologia sociale:
Definizione
Quali processi studia
Oggetto di studio
Quanto è micro la psicologia sociale? Livello di analisi
Definizione: la psicologia sociale è l’indagine scientifica di come pensieri, sentimenti e comportamenti degli individui siano influenzati dalla presenza oggettiva, immaginata, o implicita, e virtuale, degli altri.
La psicologia sociale è lo studio di come la differenza tra la realtà oggettiva e la percezione soggettiva delle persone è determinata dall’influenza degli altri.
Quali processi studia: come le nostre emozioni (affect), i nostri comportamenti (behavior) e il nostro modo di pensare (cognition) sono influenzati, e influenzano, l’ambiente sociale circostante.
Oggetto di studio: interazioni fra gli individui:
- i fattori che le determinano
- i processi psicologici coinvolti
- come si manifestano
- le loro conseguenze
Quanto è micro la psicologia sociale? Livello di analisi:
La forza di influenza reciproca individuo - ambiente sociale si analizza, appunto, sia a livello individuale, che sociale.
- Processi psicologici individuali: modi in cui ricordi, percezioni, pensieri, motivazioni e emozioni guidano la nostra comprensione del mondo e i conseguenti comportamenti.
- Ambiente sociale: le influenze che provengono dall’ambiente sociale.
Psicologia della personalità: studia le caratteristiche di personalità degli individui (i tratti di personalità) e i processi psicologici più interiori (looks inside). Studia a un livello ancora più micro della psicologia sociale.
Psicologia sociale: studia i fattori sociali che influenzano pensieri, emozioni e comportamenti delle persone.
Es. cause del bullismo in una certa dinamica di gruppo. Livello di analisi:
- Caratteristiche personali degli attori sociali: psicologia della personalità, psicologia clinica.
- Caratteristiche sociali del contesto (es, dinamiche psicosociali es. norme sociali del gruppo classe): psicologia sociale.
È importante considerare che focalizzarsi unicamente su uno dei due è riduttivo: per qualsiasi fenomeno sociale indagato, è necessaria l’integrazione di una prospettiva individuale (tratti individuali) e sociale (fattori sociali).
La psicologia sociale indaga processi psicologici generali e “normali” delle persone (= che possono riguardare tutti gli individui), in cui i fattori sociali giocano un ruolo predominante.
La personalità non determina questi processi psicologici generali, ma li modula in intensità.
Non è la personalità a determinare questi processi psicologici generali (es. pregiudizio), ma semmai ne modula l’intensità. Il seme è universale e ha un’origine evolutiva.
es. tutti abbiamo pregiudizi, ma chi è basso in openness ha più pregiudizi.
Presenza oggettiva, immaginata, implicita
1) Presenza oggettiva: la presenza (o assenza!!) FISICAMENTE TANGIBILE di altre persone influenza il mio comportamento.
Come ci comportiamo diversamente in presenza di altre persone in aula o al pub.
2) Presenza immaginata: IMMAGINARE di essere in presenza di altre persone, SOCIALMENTE SIGNIFICATIVE PER ME, influenza il mio comportamento. LEGATA, IN CIASCUNA SITUAZIONE, A PERSONE SPECIFICHE.
Vorrei prendere il quarto drink ma penso ai miei genitori
3) Presenza implicita: DERIVA DAL SIGNIFICATO CHE ATTRIBUIAMO ALLE COSE ATTRAVERSO L’INTERAZIONE UMANA. Le NORME SOCIALI CHE HO INTERIORIZZATO influenzano il mio comportamento.
→ Influenza più pervasiva perché non è situazionale e legata a persone specifiche, ma a norme interiorizzate, che influenzano il mio comportamento anche quando sono da solo.
La rumenta puzza. Perché non buttarla dalla finestra? Potrei. Se non ho voglia di scendere a buttare giù la spazzatura posso decidere di non farlo, ma non mi verrà mai in mente di buttarla giù dalla finestra. Questo perché abbiamo interiorizzato una norma sociale.
Presenze immaginaria e implicita e sicuramente nella realtà sono spessissimo intrecciate, ma dal punto di vista teorico sono concetti ben distinti.
4) Presenza virtuale: poiché è quantitativamente superiore e qualitativamente diversa da quella offline, è importante che la psicologia sociale cominci a studiarla bene. Condivide degli aspetti comuni con la presenza oggettiva o implicita, ma ha anche delle importanti differenze:
La presenza degli altri è fisicamente decontestualizzata.
La comunicazione è temporalmente asincrona: i tempi della presenza altrui sono spesso non coincidenti con i nostri, anche perché i tempi delle interazioni spesso controllabili dagli interagenti: si può non rispondere subito per mancanza di voglia, tempo, pensare per decidere cosa rispondere. Questo ci consente di gestire come vogliamo l’immagine che facciamo passare di noi stessi.
Il tipo e l’intensità di queste differenze dipendono dal tipo di ambiente sociale virtuale: youtube diverso da tik tok, diverso da whatsapp, diverso da teams.
Norma sociale
REGOLA DI COMPORTAMENTO condivisa all’interno di un gruppo sociale, che si costruisce attraverso l’interazione:
- INDICA quali sono i comportamenti accettati dal gruppo.
- una volta interiorizzata, INFLEUNZA profondamente il comportamento dei membri del gruppo, anche senza la presenza oggettiva o immaginata degli altri.
- ci permette di PREVEDERE i comportamenti altrui.
È norma sociale non ciò che è “moralmente” giusto, ma ciò che è socialmente accettato.
Esplicite: legge, avvisi all’entrata dei luoghi di culto, politiche dei social.
Implicite: nei gruppi di amici (in cui è norma sociale che l’arrivare in orario non sia conveniente perché prevede che tu debba aspettare almeno un quarto d’ora).
La cui violazione non viene sanzionata: in uni dovremmo arrivare in orario.
La cui violazione viene sanzionata: in uni dobbiamo arrivare vestiti.
Più rigide e restrittive: abbigliamento dei militari.
Più flessibili e meno restrittive: abbigliamento dei docenti universitari.
Effetto priming
Fenomeno psicologico attraverso cui l’esposizione a uno stimolo rende più accessibili e attivi in memoria certi schemi cognitivi, influenzando la risposta a uno stimolo successivo, spesso in modo automatico e inconsapevole.
Schemi
STRUTTURE DI CONOSCENZA COMPLESSE, derivate da esperienze passate, che organizziamo in memoria. Contengono conoscenze organizzate su sequenze di azioni tipiche, situazioni, ruoli sociali, persone, relazioni o eventi, e costituiscono rappresentazioni mentali che abbiamo di noi stessi, degli altri e del mondo. GLI SCHEMI SONO I CONTENUTI DELLE CATEGORIE.
Es.: “schema del primo appuntamento”, “schema dell’insegnante”, “schema di sé”.
- guidano la formazione delle impressioni.
- ci permettono di trarre delle inferenze sugli altri (anche in assenza di una conoscenza diretta).
- guidano il nostro comportamento
Percezione sociale
COME PERCEPIAMO gli altri e COME FORMIAMO LE PRIME IMPRESSIONI.
Prima impressione
GIUDIZIO SOCIALE sugli altri (mi piace/non mi piace) nei primi secondi di percezione o interazione con l’altro. Lo formiamo privilegiando la velocità a scapito dell’accuratezza, per ragioni evolutive (persona sicura o persona pericolosa).
È un aspetto importante della cognizione sociale.
- Lo formiamo privilegiando la velocità a scapito dell’accuratezza, per ragioni evolutive (persona sicura o persona pericolosa).
- È un aspetto importante della cognizione sociale.
Nella formazione delle prime impressioni cosa cerchiamo?
I tratti di personalità, in particolare i nostri.
Quali tratti guidano maggiormente la formazione della prima impressione?
- Andrò a cercare nell’altro i tratti di personalità che mi caratterizzano, secondo la rappresentazione che ho di me stesso, e che per me sono importanti.
es. se ritengo che un tratto mio importante sia la moralità, andrò a cercare la moralità negli altri. - Modello configurazionale, Asch, 1946: organizziamo una vera e propria configurazione di tratti che definiscono la personalità di noi stessi e dell’altro, alcuni con una posizione più centrale, altri più periferica.
Tratti centrali: hanno forte influenza sulla formazione delle impressioni finali di una persona.
Tratti periferici: hanno un’influenza poco significativa sulla formazione delle impressioni finali. - Quale tratto di personalità guida maggiormente la formazione delle nostre impressioni? La calorosità, warmth.
La spiegazione è prettamente evolutiva: la calorosità, in senso di sicurezza, è il tratto che meglio risponde ad alcuni quesiti fondamentali per la nostra sopravvivenza che si pongono quando si entra in relazione con persone sconosciute (mi posso fidare? amico o nemico? buone o cattive intenzioni?)
Anche perché è un tratto ombrello (una specie di super tratto) che include una serie di tratti che si riferiscono alla relazione sociale, alla cooperazione (amichevolezza, socievolezza, sincerità, buone intenzioni, fiducia).
Esperimento in cui si chiedeva di valutare una persona sulla base di un elenco di tratti che la contraddistingueva. Esperimento ripetuto con una variabile per volta modificata. I giudizi si polarizzavano molto solo quando la variabile che veniva modificata era quella calorosità-freddezza.
I partecipanti cui veniva presentato il tratto caloroso descrivevano la persona come saggia, generosa, di buon carattere “Una persona che crede che certe cose siano giuste, che vuole che gli altri capiscano le sue idee e sincera nelle argomentazioni”.
I partecipanti cui veniva presentato il tratto freddo descrivevano la persona come una persona antipatica, calcolatrice “Una persona piuttosto snob che crede che i propri successi e la propria intelligenza possano porla al di sopra delle persone comuni”. - Non esistono tratti universalmente e intrinsecamente centrali o tratti periferici: l’importanza dei tratti varia fortemente a seconda del contesto in cui è inserito, Zanna & Hamilton, 1972
es. il tratto competente assume molta importanza in un contesto lavorativo e poca in un contesto affettivo.
Modello configurazionale
Asch:
organizziamo una vera e propria configurazione di tratti che definiscono la personalità di noi stessi e dell’altro, alcuni con una posizione più centrale, altri più periferica.
Tratti centrali: hanno forte influenza sulla formazione delle impressioni finali di una persona.
Tratti periferici: hanno un’influenza poco significativa sulla formazione delle impressioni finali.
Indizi sui quali facciamo inferenze sulla personalità, basiamo le nostre prime impressioni (ancora in assenza di altre info)?
1) Aspetto fisico: in assenza di altri indizi, l’aspetto fisico diventa un trigger potente di inferenze sulla personalità, anche se non contiene informazioni affidabili. È il primo, e spesso l’unico, elemento a disposizione che abbiamo per formarci un’impressione sugli altri, sia in contesti reali che in quelli virtuali (in pre-interazione o se non interagiamo). Origini evolutive di inferire subito chi è affidabile e chi no.
Tutto questo ambito di ricerca è stato abbastanza dimenticato negli ultimi secoli (a partire dalle cazzate di Lombroso), ma negli ultimi decenni questi studi stanno ri-attirando l’attenzione di molti ricercatori. Questo perché molte delle nostre interazioni e delle nostre prese di decisioni (ad es., economiche, politiche, sentimentali) avvengono nel mondo virtuale, dove il viso è spesso l’unico elemento a disposizione.
- Caratteristiche facciali:
The face effect, Todorov: inferiamo affidabilità, dominanza, competenza, aggressività, simpatia…
Caratteristiche facciali che suscitano affidabilità:
Femminilità (evolutivamente? socialmente? culturalmente?… non lo sappiamo)
Bocca distesa.
Apertura occhi.
Ampia distanza occhi / sopracciglia (soprattutto le sopracciglia: l’impressione si modificava più isolando e modificando le sopracciglia).
Facial Width-to-Height (fWHR) Ratio: distanza zigomi/distanza labbra-sopracciglia. Più alto è (facce più ampie), maggiore è la percezione della persona come più aggressiva e meno amichevole.
Intenzioni di voto per un candidato politico (Todorov et al., 2005).
Investimenti finanziari online (Rezlescu et al., 2012).
Decisioni in un’aula giudiziaria (Funk et al., 2016): pene più severe. - Attrattività fisica: tendenza inconsapevole degli individui a considerare ciò che è bello* come anche buono, per effetto alone. La psicologia evolutiva ipotizza che accada questo fenomeno perché la bellezza è un vantaggio.
La bellezza fisica è il segno di una bellezza interiore, spirituale e morale, Schiller, 1882.
Insegnanti di scuola primaria giudicavano come più dotati e predisposti allo studio i bambini con un viso esteticamente più gradevole, Clifford, 1975.
Molti studi intorno agli anni ‘80, in epoca attuale molto meno.
Ci si aspetta che chi è attraente sia più interessante, estroverso e socialmente dotato delle persone meno attraenti, Feingold, 1992.
2) Comunicazione non verbale, prossemica: espressioni del volto, linguaggio corporeo, contatto oculare ecc cambiano la percezione sociale.
Impressioni iniziali più positive verso coloro che:
- si pongono direttamente di fronte a noi (Mehrabian, 1972);
- annuiscono mentre parliamo (Mehrabian, 1972);
- frequenti contatti oculari (Kleinke et al., 1974).
La prima impressione conta davvero?
Effetto primacy vs effetto recency:
La prima impressione conta davvero?
Sì, i tratti presentati per primi hanno un peso maggiore dei tratti che vengono presentati successivamente. Una persona all’inizio sembra noiosa, poi interessante. E il contrario. In quale caso si avrà un’impressione finale più positiva? Il secondo.
Effetto primacy nella formazione della prima impressione, Asch, 1946:
Intelligente, operosa, altruista, critica, ostinata, invidiosa (Condizione 1);
Critica, ostinata, invidiosa, intelligente, operosa, altruista (Condizione 2).
Impressione generale più positiva nella prima condizione.
L’effetto primacy è sicuramente il più comune:
La nostra mente è verificazionista, non confutazionista:
→ mettere in discussione le nostre idee costa fatica, tendiamo alla parsimonia cognitiva e abbiamo il bisogno di chiusura cognitiva.
→ vogliamo evitare la dissonanza cognitiva.
Per farlo, usiamo diverse strategie “verificazioniste”
Effetto alone, halo effect: tendenza a generalizzare un tratto positivo (o negativo) di una persona o situazione ad altri aspetti, riducendo la possibilità di percepire informazioni contrastanti.
Es. tendenza inconsapevole degli individui a considerare ciò che è bello come anche buono.
Bias di conferma: tendenza a cercare, interpretare, ricordare e sopravvalutare le informazioni che confermano le proprie credenze e a ignorare e a sottovalutare le informazioni falsificanti.
deformato.
Es. ho un giudizio negativo su una persona -> evito i tratti positivi o li interpreto in senso negativo per evitare la dissonanza cognitiva.
NB: L’effetto alone può innescare una valutazione positiva o negativa iniziale: origine del giudizio deformato.
NB: Il bias di conferma può poi rafforzare quella impressione, selezionando solo i dati che la confermano e ignorando il resto: mantenimento e rinforzo del giudizio
Stereotipi.
L’effetto recency è più probabile che si verifichi quando abbiamo poche risorse cognitive a disposizione, siamo distratti da altri stimoli o siamo demotivati a formarci un’impressione verso quella persona: ha una base puramente cognitiva e, nello specifico, attentiva.
Cognizione
INSIEME DI PROCESSI COGNITIVI INCONSAPEVOLI (per la maggior parte) che lavorano continuamente nello sfondo della nostra mente, attraverso cui selezioniamo, organizziamo e utilizziamo le informazioni provenienti dall’esterno. Le nostre capacità cognitive sono limitate e inferiori rispetto al numero di stimoli che si presentano davanti a noi in ogni momento. Per far fronte a questo, mettiamo in atto strategie adattive funzionali che privilegiano l’efficienza cognitiva a scapito dell’accuratezza.
Cognizione sociale
INSIEME DI PROCESSI COGNITIVI INCONSAPEVOLI (per la maggior parte), attraverso cui selezioniamo, organizziamo e utilizziamo le INFORMAZIONI SOCIALI provenienti dall’esterno e COME QUESTI INFLUENZANO I NOSTRI GIUDIZI VERSO GLI ALTRI E I NOSTRI COMPORTAMENTI.
Modo attraverso cui i nostri processi cognitivi automatici interagiscono con il contesto sociale.
Principi della cognizione sociale
Economizzare le risorse cognitive ed evitare la dissonanza cognitiva:
1) Scarsa profondità di elaborazione, siamo pigri (in assenza di motivazione): ci affidiamo a un’elaborazione superficiale e il più rapida possibile delle informazioni, a scapito dell’accuratezza, per risparmiare energie cognitive.
Principale strategia cognitiva: categorizzazione e stereotipi.
Scorciatoie cognitive: effetto alone, bias di conferma, euristiche…
2) Conservatorismo, siamo conservatori: una volta formulata una prima impressione, siamo scarsamente propensi a cambiarla per economizzare le risorse cognitive e per evitare la dissonanza cognitiva.
Effetto alone, bias di conferma.
L’elemento chiave che ci fa invertire la rotta nel nostro giudizio sugli altri è la motivazione… oppure anche semplicemente quando, ricevuta una quantità sufficiente di info disconfermanti, falsificanti, siamo costretti a riaggiornare la nostra visione. Questo accade molto poco frequentemente rispetto alle n00 di persone che incontriamo.
3) Effetto del falso consenso, siamo egocentrici: utilizziamo la conoscenza che abbiamo di noi stessi (schema del sé) per fare inferenze e interpretare atteggiamenti e comportamenti altrui, (almeno quelli appartenenti a gruppi sociali prossimi), a scapito dell’accuratezza, per risparmiare energia cognitiva.
Modelli teorici della cognizione sociale
Principi: economizzazione delle risorse cognitive e motivazione:
Individuo come economizzatore cognitivo, Taylor, 1981:
Siamo sempre pigri.
Poiché il numero e la complessità degli stimoli è superiore rispetto alle nostre risorse cognitive, non teniamo conto di tutti gli stimoli in gioco e della loro complessità, per risparmiare risorse cognitive.
Per farlo usiamo strategie e scorciatoie cognitive, che possono produrre errori e distorsioni nel ragionamento e nel giudizio sociale.
Tattico motivato, Fiske e Taylor, 1991:
Non siamo sempre pigri.
Introduce nel modello precedente della raccolta ed elaborazione delle informazioni il ruolo fondamentale della motivazione, che è in grado di modulare le risorse cognitive che intendiamo spendere in quel compito: se siamo motivati, usiamo strategie accurate, altrimenti, usiamo scorciatoie cognitive.
1) Processi automatici, di prim’ordine: si attivano più spesso, in modo non consapevole, e richiedono meno risorse cognitive. Producono inferenze con più probabilità di errore. Quasi sempre top-down.
→ poche risorse cognitive, scarsa motivazione.
Guidare verso casa.
2) Processi controllati, di secondo ordine: sono attivati consapevolmente e intenzionalmente dall’individuo e richiedono un numero di risorse cognitive maggiori. Quasi sempre bottom-up.
→ tante risorse cognitive, alta motivazione.
Guido dove non ero mai stato.
Processi top-down: deduttivo: quasi sempre automatici. Predilige la velocità rispetto all’accuratezza, spende meno risorse cognitive, e per questo conduce con più probabilità a fare inferenze sbagliate. È il processo più frequentemente utilizzato.
Nel costruire il nostro giudizio su una persona, le attribuiamo tutte le nostre conoscenze legate alla categoria sociale in cui la abbiamo collocata. Video rapinatore, madre chirurgo.
“Un padre e suo figlio furono coinvolti in un incidente stradale in cui il padre morì e il ragazzo rimase gravemente ferito. Il padre fu dichiarato morto già sul luogo dell’incidente e il suo corpo fu trasportato nell’obitorio locale. Il figlio fu portato in ambulanza all’ospedale più vicino e fu immediatamente trasferito nella sala operatoria del pronto soccorso. Venne chiamato il chirurgo di guardia, che, appena arrivato e visto il paziente, esclamò: “Oh mio dio, è mio figlio!””
Spesso viene ignorata la risposta più ovvia, cioè che il chirurgo fosse la madre del ragazzo. Perché? Si ha un’attivazione automatica top-down dell’associazione chirurgo/uomo.
Processi bottom-up: induttivo: quasi sempre controllati. Predilige l’accuratezza rispetto alla velocità e spende più risorse cognitive. È il processo che si attiva con il crescere della motivazione.
Nel costruire il nostro giudizio su una persona, ci basiamo sulle info presenti nell’ambiente nel qui ed ora, svincolate da schemi o categorie.
Non sempre i processi automatici sono top-down e i controllati sono bottom-up:
Processo bottom-up automatico: reagire a un rumore improvviso (non usi uno schema, ma è automatico).
Processo top-down controllato: cercare consapevolmente un oggetto che conosci in un ambiente nuovo.
Come si stabilisce il limite tra top-down e bottom-up? Cioè anche nel bottom-up ci sono dei preconcetti… posso arrivare fino al significato delle parole. Il confine può essere che il processo bottom-up implica qualche sforzo cognitivo per non far partire gli schemi.
→ Dunque l’utilizzo di una o l’altra strategia dipende, in primo luogo dalle risorse cognitive (stanchezza), e dalla motivazione, la quale modula le risorse cognitive che si intende dedicare a quell’attività mentale.
DEINDIVIDUAZIONE
processo tramite cui si ha una RIDUZIONE DELL’AUTOCOSCIENZA e SI PERDE IL SENSO DI IDENTITÀ INDIVIDUALE, che fa sì che gli atteggiamenti e i comportamenti dell’individuo non siano più guidati dalla propria responsabilità personale e dalle norme morali individuali interiorizzate, ma esclusivamente dalle norme instaurate dal gruppo → il gruppo domina l’individuo (anche comportamenti immorali e aggressivi, se vengono accettati dal gruppo).
Non implica necessariamente interiorizzazione → spesso è situazionale e transitoria.
Come si arriva alla deindividuazione?
Gruppo: folla numerosa, con coesione, unanimità e leadership direttiva e carismatica.
Obiettivi comuni e percezione di una minaccia esterna:
- contagio emotivo,
- aumento dell’arousal,
- anonimato percepito,
- diffusione della responsabilità,
- adozione di norme situazionali.
→ deindividuazione: azioni impulsive, trasgressive e potenzialmente violente.
Conformismo e deindividuazione?
Sono legati e occorrono con caratteristiche di gruppo simili, ma la deindividuazione è più estrema e più pervasiva.
Ha senso paragonare la deindividuazione a un conformismo che non è soltanto pubblico, ma diventa anche privato?
Si, ma no.
Il conformismo privato è interiorizzazione.
La deindividuazione non si tratta propriamente di interiorizzazione perché è basata sulla riduzione dell’autocoscienza e si tratta di un conformismo puramente situazionale. Ha altri presupposti e altre conseguenze.
Default mode network che si attivano quando diventiamo consapevoli di noi stessi, rendiamo concreto il nostro sé?
Pensiero simbolico, consapevolezza, teoria della mente.
Corteccia prefrontale mediale
Parti del sé per William James
Capostipite della psicologia americana, primo ad ipotizzare un collegamento tra il sé e gli aspetti sociali.
Parti del sé:
- Il sé corporeo.
- Il sé spirituale, legato all’introspezione e a qualcosa di “sacrale”.
- Il sé sociale: che deriva da come gli altri ci vedono.
Interazionismo simbolico Mead
IL SÉ COME COSTRUZIONE SOCIALE:
- Il sé non esiste alla nascita. Il neonato non ha consapevolezza di sé come agente, né della sua individualità Rouge test (self-recognition test).
- Il sé nasce attraverso l’interazione sociale, attraverso il linguaggio (verbale o gestuale) condiviso dai membri dei gruppi sociali cui apparteniamo. L’acquisizione del linguaggio ci permette di differenziare il sé dagli altri oggetti del mondo.
SÉ RIFLESSO: la nostra identità si forma attraverso la percezione di come gli altri ci vedono. Il modo in cui giudichiamo noi stessi è intimamente connesso al modo in cui ci giudicano gli altri. Non è solo il giudizio esterno che ci definisce, ma la nostra interpretazione di questi giudizi, la quale è influenzata dai giudizi passati, aspettative e filtri personali. Il concetto di sé, quindi, emerge in modo dinamico e interattivo, dipendendo dalle reazioni sociali che riceviamo e dal modo in cui le interpretiamo.
Il nostro concetto di sé riflette la società e la cultura a cui apparteniamo e in base al contesto (ambientale, culturale) gli individui valorizzano del proprio sé aspetti diversi.
Funzioni del sé
- AUTOCONOSCENZA: RACCOGLIE le informazioni su noi stessi e COSTRUISCE UN INSIEME DI CREDENZE SUL SÉ (tratti di personalità, aspetto fisico, ciò che ci piace/no ci piace, ciò che ci far star bene/male).
“So di essere una persona introversa, mi affatico nelle situazioni sociali intense.” - SÉ INTERPERSONALE o PUBBLICO: ATTRIBUTI che utilizziamo per DEFINIRE LA NOSTRA IDENTITÀ da presentare al PUBBLICO (i gruppi cui apparteniamo, il nostro status, la nostra occupazione, la nostra situazione sentimentale).
- AGENTICITÀ DEL SÈ: FUNZIONI ESECUTIVE che il sé esplica (processi decisionali, capacità di controllo e auto-efficacia).