Ematopoiesi e fattori di crescita Flashcards

1
Q

Cos è l’emopoiesi?

A

L’emopoiesi è il processo di produzione delle cellule del sangue. Ormai nelle routine di tutti i giorni in laboratorio si valutano i vari parametri del sangue per stabilire, tramite emocromo, la concentrazione di globuli rossi, globuli bianchi, piastrine, e valutare in questo modo lo stato di salute o patologia di un individuo. Sono numerose e di vario tipo le alterazioni che possono colpire la produzione delle cellule del sangue, determinando la comparsa di fenotipi patologici di rilevanza clinica. L’emopoiesi ha origine fin dall’età embrionale, durante la quale è ormai ampiamente accettata l’ipotesi per cui un precursore staminale comune dia origine sia agli eritrociti primordiali dell’embrione sia alle cellule endoteliali da cui originano poi tutti i vasi sanguigni e prosegue per tutta la vita dell’individuo.

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2
Q

Quali fattori regolano il destino differenziativo della cellula staminale ematopoietica?

A

L’emopoiesi è un processo finemente organizzato in cui l’espressione dei geni che regolano il destino differenziativo della cellula staminale emopoietica è favorita e controllata da più fattori:
- Fattori solubili, come citochine e fattori di crescita
- Fattori ambientali, elementi dell’ambiente che circonda le cellule staminali emopoietiche, che in qualche modo indirizzano la staminale verso la maturazione nelle varie cellule del sangue

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3
Q

Qual’è l’organizzazione generale dell’ematopoiesi?

A

L’emopoiesi ha una organizzazione gerarchica con apice nella cellula staminale pluripotente, una cellule idealmente in grado di dare origine a tutti gli elementi figurati del sangue e da cui originano il precursore linfoide comune e il precursore mieloide comune. Sotto l’influsso di specifici stimoli, fattori solubili e ambientali appunto, le cellule possono dare origine ai progenitori emopoietici, linee cellulari ormai commissionate verso il differenziamento in direzione di una specifica linea emopoietica e che a loro volta daranno origine ai precursori, cellule ormai differenziate ma che devono completare la loro maturazione prima di essere rilasciate nel sangue dove esplicano la loro funzione.

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4
Q

Come varia la capacità proliferativa delle cellule nel corso del differenziamento?

A

Passando da staminale pluripotente a elemento maturo, le cellule aumentano il loro grado di differenziamento e contestualmente diminuiscono la loro capacità proliferativa, per cui se la staminale può proliferare per automantenere il suo pull, e quindi poter garantire l’emopoiesi per tutta la vita dell’individuo, le cellule mature hanno un emivita specifica che si conclude una volta conclusa la loro funzione nel sangue.

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5
Q

Come si sviluppa nell’uomo il processo ematopoietico?

A

Nell’uomo l’emopoiesi ha inizio fin dai primissimi stadi di sviluppo embrionale; a partire dalla terza settimana di gestazione osserviamo la comparsa di una primitiva emopoiesi nel sacco vitellino. Da qui ci si sposta nella regione AGM o aorto-gonado-mesonefrica, quindi nella milza e nel fegato, nel sistema linfonodale, per attecchire definitivamente poi nel midollo osseo dove resterà per tutta la vita.

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6
Q

Cos è il sacco vitellino e qual’è il suo ruolo nell’ematopoiesi?

A

Il sacco vitellino è una struttura anatomica extra-embrionale ovoidale che si trova sulla parte ventrale dell’embrione. Al suo interno troviamo la CSE primordiale anche nota come emoangioblasto, una cellula che è in grado di differenziare sia in eritrociti primitivi nucleati, in grado di trasportare ossigeno nella piccola circolazione embrionale, che in cellule endoteliali da cui origina il primo primitivo plesso capillare, da cui poi avrà origine tutto il sistema sanguigno dell’individuo.

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7
Q

Cos è la regione AGM e qual è il suo ruolo nell’ematopoiesi?

A

La regione aorto-gonado-mesonefrica è una piccola porzione dell’embrione che ha origine durante la quarta settimana di gestazione a partire dal foglietto mesodermico; da qui origineranno aorta discendente, gonadi e nefrone con alcune strutture renali ad esso connesse. A livello dell’aorta dorsale abbiamo la comparsa, proprio nella quarta settimana di gestazione, della cosiddetta seconda onda dell’emopoiesi, quella messa in atto dalla cellula staminale emopoietica definitiva, quella CSE che dopo essere migrata nel fegato e nella milza andrà ad attecchire nel midollo osseo dove produrrà le cellule del sangue per tutta la vita dell’individuo.

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8
Q

Quali sono le altre sedi che dalla regione AGM la CSED attraversa fino allo sviluppo dell’emopoiesi definitiva?

A

La CSED (cellula staminale emopoietica definitiva) si sposta nel fegato a partire dalla sesta settimana di gestazione, da qui via via migrerà verso il midollo osseo dove si stabilizzerà definitivamente dopo la nascita.
L’emopoiesi che avviene nel midollo è definita emopoiesi definitiva, per distinguerla dall’emopoiesi che inizia nel sacco vitellino chiamata invece emopoiesi primitiva. L’emopoiesi definitiva è quella in cui vengono prodotte tutte le linee cellulari del sangue proprio come avviene nell’individuo adulto.
A partire dalla nascita il midollo diventa il tessuto emopoietico definitivo. È questo un organo dall’architettura finemente organizzata e dalla composizione cellulare estremamente specializzata, che insieme cooperano per garantire l’omeostasi della produzione delle cellule del sangue. É situato nella zona più interna di molte ossa, probabilmente per motivi di protezione.

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9
Q

Come si modificano le sedi di emopoiesi midollare nel corso dello sviluppo post-natale?

A

L’emopoiesi parte nel sacco vitellino nelle prime fasi dello sviluppo embrionale e attraversa poi diversi distretti fino alla fine della vita adulta. Risulta chiaro che durante la vita post-natale l’emopoiesi non popola tutte le ossa in egual maniera; quindi se entro la terza decade di età abbiamo che le ossa degli arti inferiori, tibia e femore presentano un’attiva emopoiesi, questa va via via esaurendosi per mantenersi nell’anziano unicamente in vertebre, sterno e in minima parte nelle costole.

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10
Q

Quali sono le caratteristiche generali dell’emopoiesi midollare?

A

In condizioni fisiologiche le cellule del sangue sono prodotte continuativamente dal midollo per tutta la vita dell’individuo e si stima che ogni giorno nel torrente circolatorio siano riversate più di 500 miliardi di cellule. Anche la funzionalità del midollo può subire delle alterazioni, in risposta a mutazioni delle cellule del midollo, determinando la comparsa di malattie ematologiche, oppure il midollo può rispondere a stimoli esterni che ne influenzano l’attività, per esempio in caso di infezioni, che determinano un aumento nella produzione di leucociti, elevate altitudini in montagna, che determinano uno stimolo a produrre più globuli rossi per apportare più ossigeno ai tessuti, ma anche gravi eventi traumatici che comportano grossi sanguinamenti e che richiedono al midollo di produrre velocemente molte piastrine.

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11
Q

Qual’è la conseguenza dell’invecchiamento della CSE?

A

Durante l’invecchiamento non si ha un vero e proprio concomitante invecchiamento della CSE. La cellula mantiene la capacità di differenziare in tutte le cellule mature del sangue, quindi nel bambino quanto nell’adulto gli eritrociti continueranno a trasportare ossigeno in modo efficiente, piuttosto che le piastrine a garantire emostasi e coagulazione del sangue. Cambia invece la cellularità del midollo e il pull di staminali che lo compongono.
È stato ampiamente dimostrato che nell’anziano il midollo contiene delle staminali indirizzate principalmente verso il differenziamento in senso mieloide, a discapito della linea linfoide, determinando anche un risvolto patologico, come dimostra il fatto che negli anziani, più che nei giovani, si ha il manifestarsi di sindromi mielodisplastiche, disordini mieloproliferativi, o maggiore tendenza a sviluppare infezioni a causa della diminuita efficienza nel differenziamento in senso linfoide.

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12
Q

Quali sono le cause delle variazioni subite durante l’invecchiamento dalla CSE?

A

Le cause sono genetiche: nell’anziano nel midollo osseo, come spesso accade anche in altri organi, vi è una maggiore predisposizione ad accumulare mutazioni, pertanto nell’invecchiamento troviamo spesso delle staminali emopoietiche che acquisiscono mutazioni genetiche somatiche e ovviamente questi cloni mutati possono prendere il sopravvento su quelli invece sani. Sicuramente vi sono anche cause dovute a mutazioni dell’ambiente: nell’invecchiamento infatti il midollo subisce il rimodellamento, influenzando in qualche modo il differenziamento della CSE.

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13
Q

Quali sono le caratteristiche principali della cellula staminale ematopoietica?

A

La CSE è una cellula in grado di automantenersi, quindi è si pluripotente, in grado di dare vita a tutte le cellule del sangue, ma anche di rinnovare se stessa e replicarsi, permettendole di mantenere sempre vivo nel midollo il pull di staminalità che consente di creare sangue per tutta la vita dell’individuo. È rarissima nel midollo, alla conta rispetto a tutte le altre cellule è infinitesimale, ma ha una elevata capacità proliferativa e ciò le consente di rinnovare costantemente quel piccolo numero di cellule e quindi mantenersi sempre presente nel midollo. Una caratteristica essenziale è che durante il differenziamento perde progressivamente la sua pluripotenza e quindi la capacità differenziativa e proliferativa; non è possibile dopo che la cellula è stata indirizzata verso un progenitore tornare indietro o che avvenga uno switch tra linee emopoietiche quando commissionate, ad esempio che un linfocita torni nuovamente una staminale, o un linfocita diventi un globulo rosso.

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14
Q

Come si caratterizza la divisione della cellula staminale ematopoietica?

A

Data la capacità di autorinnovamento della CSE è evidente che la divisione della staminale è sempre asimmetrica, cioè per ogni progenitore mieloide comune (CMP) o per ogni progenitore linfoide comune (CLP), la cellula staminale genera una copia di se stessa; quindi, per ogni cellula indirizzata al differenziamento in senso mieloide o linfoide, vi è comunque una staminale che la va a sostituire e il pull viene continuamente automantenuto.

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15
Q

Oltre che nel midollo dove possono riscontrarsi anche CSE?

A

Oltre a trovarle nel midollo, le CSE si ritrovano circolanti anche nel sangue periferico, anche in tal caso in numeri molto bassi, più elevati se in presenza di una patologia, perlopiù patologie maligne del sangue che determinano il passaggio delle staminali nella circolazione periferica; possono essere inoltre mobilizzate farmacologicamente, come nel caso di donatori di cellule staminali da utilizzare per il trapianto di midollo, e fisiologicamente sono presenti anche nel sangue di cordone ombelicale. Nella circolazione fetale troviamo una abbondante presenza di CSE che stanno migrando per andare ad attecchire nel midollo, pertanto il cordone è conservato per sfruttare le CSE in trapianti di midollo osseo. Pavia ha un centro trasfusionale con banca del cordone, dove vengono donati volontariamente e conservati per scopi clinici e di ricerca.

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16
Q

Quali marker identificano la cellula staminale ematopoietica?

A

Nell’uomo la CSE, che può dare origine a tutta l’emopoiesi, è identificata mediante un marker specifico il CD34; le cellule CD34+ sono quelle selezionate per il trapianto di midollo in quanto possono ricostituire tutta la linea emopoietica. Sono pochissime nel midollo osseo, le CD34 positive sono meno dello 0,1% del totale delle cellule del midollo, tuttavia da sole possono produrre tutto il sangue. Il CD34 non è un marker univoco delle staminali emopoietiche e può essere condiviso anche con altri tipi cellulari, ad esempio le cellule endoteliali, ma grazie a combinazioni di più marcatori i clinici possono selezionare le CSE che sono anche, oltre a CD34+, anche CD59+, CD90/Thy1+, CD38low/- e c-Kit-/low. Grazie a questo pannello di marcatori si può identificare inequivocabilmente la CSE.

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17
Q

Come si modificano i marker di superficie nel differenziamento della CSE?

A

Il CD34 identifica la staminalità della CSE e va via via perdendosi nel corso del differenziamento. Nelle cellule mature assistiamo alla comparsa di nuovi marker di superficie specifici della linea emopoietica verso cui la cellula è stata indirizzata e dei cambiamenti morfologici che identificano il progenitore, o la cellula matura, rispetto al CSE in maniera univoca.

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18
Q

Quali sono i segnali che regolano l’emopoiesi?

A

I segnali che regolano l’emopoiesi, per mantenimento di staminalità, la proliferazione, il differenziamento, la funzionalità stessa delle cellule mature del sangue, sono le citochine, piccole molecole solubili che possono legare i recettori espressi dalla cellula staminale e dai vari precursori e cellule mature, determinando quindi l’espressione di geni specifici della staminale o della cellula matura, o che sta maturando, determinandone il destino differenziativo finale.

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19
Q

Dove vengono prodotte le citochine ematopoietiche?

A

Le citochine possono essere prodotte:
- dalla stessa cellula che ne subisce gli effetti, che in maniera autocrina regola il suo stesso destino differenziativo
- da cellule vicine, agendo in maniera paracrina, ad esempio possono essere prodotte da cellule stromali del midollo osseo che regolano l’emopoiesi
- da organi differenti e lontani, viaggiando nel torrente circolatorio per arrivare quindi al midollo dove ne attivano la segnalazione in maniera endocrina
L’eritropoietina prodotta dal rene ha un effetto endocrino, viaggia nel torrente circolatorio per arrivare nel midollo, dove stimola la produzione di globuli rossi; altro esempio è il fattore stimolante colonie granulocita-macrofagiche, GM-CSF, prodotto da diversi organi e tipi cellulari, che quindi ha un effetto endocrino ma anche paracrino e autocrino; ancora l’M-CSF, il fattore stimolante colonie macrofagiche, prodotto da cellule stromali del midollo con effetto paracrino sull’emopoiesi.

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20
Q

Come agisce la segnalazione ematopoietica mediante le citochine?

A

Esiste una moltitudine differente di citochine, ognuna con caratteristiche proprie, la cui combinazione consente la regolazione dell’intera emopoiesi. Vi sono citochine specifiche per una singola linea cellulare e che indirizzano di fatto il destino della staminale in un unica direzione, ma anche altre citochine che possono agire su tipi cellulari diversi, per cui una stessa citochina verso una linea cellulare induce l’espressione di certi geni e, quindi, una certa funzionalità della cellula, mentre su un tipo cellulare diverso determina l’espressione di altri geni che influenzeranno il destino di quella cellula; allo stesso modo citochine diverse possono agire cooperativamente su una stessa cellula per dare un unico segnale, determinandone il destino differenziativo.

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21
Q

Come agisce la segnalazione mediata dalle interleuchine nell’emopoiesi?

A

Le interleuchine, per esempio, sono citochine che possono avere vari effetti:
- effetto pleiotropico, come nel caso dell’Il-4 che può agire su tipi cellulari diversi e su ognuno determina un effetto specifico a seconda del tipo cellulare
- effetto della ridondanza, per cui più citochine agiscono su una stessa cellula, ma il loro effetto è il medesimo, come per esempio nel caso di Il-4, Il-2 o Il-5, che, indipendentemente da quale di essa agisca sui linfociti B, inducono tutte la medesima risposta cellulare (proliferazione)
- effetto sinergico, per avere una specifica risposta cellulare le due citochine (in questo caso e esempio specifico Il-4 e Il-5) devono essere presenti entrambe; se presente solo Il-4 o Il-5 non si otterrebbe la stessa risposta determinata dalla loro azione combinata
- effetto antagonista, citochine differenti competono per il legame ad uno stesso recettore e quindi determinano segnali differenti nella cellula, per cui se è più concentrata una citochina piuttosto che altre, la risposta cellulare sarà indirizzata verso la citochina più abbondante, piuttosto che verso quella che cerca di antagonizzarla
Quindi, vi è una possibilità di combinazioni infinite che dà, sfruttando tutte le citochine a disposizione, una serie di diversi effetti sulle varie cellule del sangue e quindi può garantire la funzionalità dell’emopoiesi.

22
Q

Quali sono altri esempi dei diversi effetti mediati dalle citochine emopoietiche?

A

Ulteriori esempi di citochine con effetto pleiotropico, che possono agire su più tipi cellulari differenti e a seconda del tipo cellulare dare uno specifico stimolo, sono lo stem cell factor (SCF), l’Il-3, il GM-CSF; altre citochine che agiscono su un solo tipo cellulare e sono quindi specifiche di una certa linea emopoietica sono per esempio G-CSF, CSF-1, l’eritropoietina, che prodotta dal rene determina la produzione dei globuli rossi, o la trombopoietina, specifica per la linea megacariocitaria che infine induce la produzione le piastrine; citochine che agiscono in sinergia e che consentono di avere il massimo risultato di differenziamento proprio di quella linea emopoietica sono per esempio di Il-3, GM-CSF e G-CSF, la cui combinazione aumenta la produzione di neutrofili. I primi due agiscono sui progenitori precoci, quindi su quelli che iniziano ad essere indirizzati verso la linea granulocitaria; in seguito, il G-CSF recluta la cellula e le dà lo stimolo maturativo finale.

23
Q

Come si sviluppa l’eritropoiesi?

A

Dalla staminale emopoietica si origina il precursore mieloide comune (CMP), che darà origine al precursore della linea megacariocito-eritrocitaria (MEP), che sotto l’influsso di diverse citochine, in particolar eritropoietina e trombopoietina, differenzierà nei diversi elementi cellulari maturi.
Dal precursore della linea megacariocito-eritrocitaria, sotto l’influsso dell’eritropoietina, si ha la comparsa di pro-eritroblasto, che darà origine all’eritroblasto, cellula ancora con elevata capacità proliferativa, quindi che può dare origine a più globuli rossi; dagli eritroblasti origina il reticolocita, il cui nucleo condensato comincia ad essere inattivo, per essere poi eliminato e dare origine all’eritrocita maturo. A questo punto l’eritrocita passa in circolo come cellula che non si dividerà più, quindi non andrà più incontro a mitosi, e dal momento in cui è in circolo inizia la sua emivita che è di circa 120 giorni, al termine della quale sarà eliminato a livello della milza.

24
Q

Qual è l’azione dell’eritropoietina nell’eritropoiesi?

A

L’eritropoietina è prodotta dai reni e può stimolare in modo specifico e univoco l’eritropoiesi; in genere la sua concentrazione aumenta in stati di ipossia, in quanto l’organismo prova a rispondere alla carenza di ossigeno aumentando il numero dei trasportatori, e, quindi, producendo globuli rossi. Viene legata dagli eritrociti che ne regolano la biodisponibilità, quindi, in caso forti emorragie o di anemia, aumenta la biodisponibilità di eritropoietina in circolo dando ulteriore stimolo all’eritropoiesi.

25
Q

Quali altre cellule derivate dall’eritropoiesi si trovano in circolo?

A

Anche i reticolociti possono passare in circolo, e in particolare il loro numero aumenta notevolmente in condizioni patologiche in cui vi è uno stimolo estremo all’eritropoiesi e in cui quindi le cellule sono spinte nella circolazione più frequentemente del normale.

26
Q

Come avviene la trombopoiesi?

A

Da MEP ha origine anche il megacariocita, il precursore delle piastrine del sangue. Il meccanismo in cui differenziano in piastrine è definito trombopoiesi ed e governato dalla trombopoietina, una citochina prodotta dal fegato, ma in parte anche da cellule stromali del midollo osseo, con effetto endocrino e paracrino. La TPO lega il recettore MPL espresso da staminali dei megacariociti, determinandone il destino differenziativo; agisce anche in sinergia con altre citochine, quali Il-3, Il-6, Il-11.
I livelli di TPO circolanti sono regolati dalle stesse piastrine che posseggono i recettori per la TPO, MPL, e quindi legando la TPO circolante ne regolano la concentrazione; quindi, in condizioni di trombocitopenia, carenza di piastrine, aumentano i livelli di TPO circolante, poiché non viene sequestrata dalle piastrine, con aumento della sua biodisponibilità e costituendo uno stimolo per il midollo a produrle in maggior numero.
I megacariociti non abbandonano mai il microambiente midollare, ma allungano pseudopodi all’interno della circolazione da cui si staccano le piastrine che poi viaggiano nella circolazione sistemica. Il prodotto finale della megacariopoiesi sono le piastrine, piccoli frammenti cellulari enucleati, di piccole dimensioni, 2-3 μm, che viaggiano in circolo per garantire i fenomeni di emostasi e trombosi. Una volta rilasciate viaggiano in circolo per circa 10 giorni, dopo cui possono essere eliminate a livello del fegato e della milza.

27
Q

Come si sviluppa la granulopoiesi?

A

Il precursore comune della linea mieloide (CMP) dà origine anche al precursore della linea granulocita-macrofagica (GMP) e quindi ai granulociti, tra cui basofili, neutrofili, eosinofili, mastociti, ma anche monociti e macrofagi, che condividono tutti tale progenitore comune.
La formazione del GMP è favorita dalla presenza del fattore di crescita GM-CSF, una glicoproteina monomerica che stimola il differenziamento in senso granulocita-macrofagico. In seguito, il differenziamento nei vari sottotipi cellulari è stimolato sia da citochine prodotte costitutivamente nel nostro organismo, che da citochine prodotte in caso di bisogno, come ad esempio durante l’infiammazione. Quindi, dal precursore comune granulocita-macrofagico, sotto l’influsso del G-CSF possono essere generati i neutrofili; lo stem cell factor è coinvolto maggiormente nell’indirizzamento verso i basofili; Il-5 è una delle citochine coinvolte nel differenziamento verso gli eosinofili; l’M-CSF verso i monociti. In sintesi, una citochina comune induce il differenziamento verso il progenitore, poi citochine singole determinano l’indirizzamento verso le linee specifiche. Le cellule generate dalla granulopoiesi, quelle della linea granulocita-macrofagica, hanno emivita relativamente breve e dopo pochi giorni sono fagocitati a livello della milza ed eliminati.

28
Q

Come è strutturata la linfopoiesi?

A

Per i linfociti vi sono due pathway differenti che portano ai linfociti T e B. Entrambi derivano dal progenitore linfoide comune (PLC) che a sua volta è stato generato dalla CSE. Lo sviluppo iniziale di entrambi i tipi cellulari avviene nel midollo osseo, però, mentre la cellula B completa la maturazione nel microambiente midollare, per la cellula T è necessario il passaggio nel timo, dove matura definitivamente. La principale interleuchina coinvolta nella linfopoiesi è l’Il-7, prodotta dalle cellule stromali del midollo e dal timo, che traghetta il progenitore linfoide verso le cellule mature.

29
Q

Quali sono i due differenti pathway della linfopoiesi?

A

Dal PLC si hanno i precursori del linfocita B, pro-B e pre-B che maturano nel midollo; esprimono entrambi i recettori dell’Il-7, la principale interleuchina che ne regola il differenziamento. In fase precoce nel midollo avviene il riarrangiamento delle catene pesanti degli anticorpi, mentre quello delle catene leggere è più tardivo e si completa quando la cellula è già stata rilasciata nel torrente circolatorio.
La linfopoiesi T parte dal PLC, per avere una prima maturazione nel midollo, che continua poi nel timo, sotto l’influsso dell’Il-7; di qui, la cellula matura viene rilasciata, per completare il differenziamento in circolo. È nel timo che inizia lo switch tra i linfociti T CD4+ e T CD8+. Le catene α e β del T-cell receptor hanno un diverso timing di riarrangiamento, quindi, mentre le catene β riarrangiano quando il precursore è nel midollo osseo, le α invece riarrangiano una volta che la cellula ha colonizzato il timo.

30
Q

Come viene decodificato dalle cellule il messaggio portato dalle differenti citochine?

A

Le citochine sono il messaggio che l’organismo dà alla cellula per specificare come e cosa diventare, e la biochimica intracellulare che decodifica questo messaggio è costituita dai fattori di trascrizione. Le citochine cioè avviano una serie di segnali biochimici intracellulari che alterano l’espressione genica nella cellula, indirizzandola verso le varie linee cellulari.
I progenitori più precoci esprimono bassi livelli di fattori di trascrizione, poiché devono essere in grado di indirizzarsi verso più linee, quindi ne hanno tanti, ma tutti espressi a basso livello per essere pronti in ogni momento a rispondere a qualsiasi stimolo esterno. Durante il differenziamento le cellule esprimono fattori trascrizionali più specifici di quel tipo cellulare e, quindi, in grado di codificare in modo veloce e immediato il messaggio dall’esterno che induce quello specifico differenziamento.

31
Q

Quali sono alcuni dei più importanti fattori di trascrizione coinvolti nel processo emopoietico?

A

Esistono molti tipi i fattori di trascrizione intracellulari, ad esempio:
- PU.1, coinvolto nel decodificare messaggi che inducono il differenziamento verso la linea mieloide
- GATA-1, coinvolto nell’indirizzare il differenziamento in senso eritrocita-megacariocitario; sia TPO che EPO possono, quindi, reclutare nella cellula l’attività di GATA-1
- Ikaros, Aiolos e Helios sono dei fattori di trascrizione che giocano un ruolo preponderante nel differenziamento della linea linfoide

32
Q

Come il segnale delle citochine passa dall’esterno all’interno delle cellule?

A

Le citochine rappresentano il messaggio extracellulare che definisce cosa la staminale e i vari precursori debbano diventare; i fattori di trascrizione invece sono gli elementi intracellulari che, a seguito dello stimolo della citochina, traslocano nel nucleo e regolano l’espressione dei geni deputati al differenziamento verso una specifica linea. Il messaggio passa dall’esterno all’interno della cellula grazie ai recettori delle citochine, che costituiscono l’anello di congiunzione tra segnale extracellulare e risposta intracellulare; la citochina arriva in superficie cellulare, lega il recettore specifico, che tramanda all’interno il messaggio.

33
Q

Quali sono i tipi di recettori per le citochine?

A

I recettori delle citochine sono di due tipi:
- recettori con attività tirosin chinasica intrinseca
- recettori che non hanno attività tirosin chinasica, per cui si associano a proteine con attività tirosin chinasica, che si attivano solo quando il recettore lega effettivamente la citochina
L’attività tirosin chinasica è la capacità di specifiche porzioni del recettore, o delle proteine ad esso associate, di fosforilare specifici residui di Tyr presenti sul recettore stesso, o appunto sulle proteine ad esse associate, determinando un cambio conformazionale di queste proteine, che determina un avvio di segnalazioni, una cascata di trasduzioni del segnale, che culmina nella regolazione dell’espressione genica.

34
Q

Quali sono i recettori ad attività tirosina chinasici e qual è il meccanismo alla base della loro funzione?

A

Tra i recettori ad attività tirosin chinasica intrinseca vi sono quelli che possono legare il CSF-1 e lo SCF (stem cell factor); il meccanismo attraverso cui la citochina, che costituisce il ligando, attiva il recettore è quello comune a questi tipi di recettore.
Consideriamo, per esempio il recettore per lo SCF. A livello della membrana cellulare, all’arrivo del ligando, lo SCF, si ha l’avvicinamento delle subunità recettoriali, con dimerizzazione del recettore, che favorisce la possibilità di ciascuna subunità di fosforilare cataliticamente residui di Tyr della subunità adiacente. La fosforilazione è riconosciuta da porzioni specifiche di proteine adiacenti tramite un dominio SH2, che lega le Tyr fosforilate e favorisce l’ulteriore attivazione di queste stesse proteine, spesso tramite fosforilazione. Queste proteine sono in genere enzimi, tirosin chinasi, fosfolipasi, e solitamente a seguito della loro attivazione si ha una risposta intracellulare in termini di attivazione di cascate di fosforilazione di proteine a valle del recettore, rilascio di Ca2+ dagli store intracellulari, quindi dal RE, che culmina nella regolazione dell’espressione genica e quindi nella risposta cellulare.

35
Q

Quali sono le caratteristiche dei recettori emopoietici che mancano di attività tirosina chinasica?

A

La maggior parte delle citochine emopoietiche legano tuttavia recettori che non posseggono attività tirosin chinasica intrinseca.
I recettori che non posseggono attività tirosin chinasica intrinseca devono associarsi a proteine che hanno questa attività. Esistono vari tipi di queste proteine, di diverse famiglie. Se ogni citochina possiede un suo specifico recettore, lo stesso non vale per queste proteine associate al recettore. Nell’evoluzione si è cioè ottimizzato un meccanismo tale per cui ogni citochina ha un suo recettore, ma recettori diversi utilizzano stesse famiglie di proteine con attività tirosin chinasica per trasdurre il segnale all’interno della cellula.
Una caratteristica dei recettori per le citochine è l’uso di una subunità comune per la trasmissione del segnale, in combinazione con una subunità unica che conferisce specificità di legame per uni specifico ligando.

36
Q

Come vengono classificati i recettori che mancano di attività tirosina chinasica in relazione alle subunità condivise?

A

Tra i vari sottotipi di recettore, classificati in base alle subunità condivise, vi sono diverse categorie:
recettori associati a subunità gp130, come quelli per LIF (Leukemia inhibitory factor), Il-6, Il-11
recettore associato a subunità βc, come quelli per GM-CSF, Il-3, Il-5
recettori che si associano a una comune subunità γ, il caso di recettori per Il-2,Il-4,Il-7,Il-9,Il-15
recettori a singola subunità, come il caso del recettore per EPO, TPO e G-CSF; in questo caso nonostante siano a singola subunità vi è comunque bisogno di una dimerizzazione del recettore per attivare la risposta cellulare.

37
Q

Quali sono le proteine a cui si associano i recettori che mancano di attività tirosina chinasica?

A

Essendo recettori che mancano di attività tirosin chinasica è assolutamente fondamentale che si associno a proteine che siano in grado di cogliere il segnale della citochina e trasdurre poi il segnale a valle. Tali proteine, di varie famiglie, sono ad attività tirosin chinasica e associate ai recettori per le citochine emopoietiche. Le famiglie principali sono:
- Jak, famiglia tra le più diffuse e importanti
- Src
- Fps/Fes
- Tec/Btk
- syk/ZAP70
Hanno tutte delle caratteristiche strutturali differenti, ma sono accumunate dall’avere attività chinasica, che è poi quella che trasduce il segnale portato della citochina al recettore.

38
Q

Quali sono le proteine Jak e qual’è la loro conformazione strutturale?

A

Jak è una delle famiglie di proteine più diffuse ed è anche quella spesso mutata nelle neoplasie mieloproliferative o in generale nei disordini ematologici.
La famiglia delle chinasi Jak (Janus kinase) include diversi sottotipi, quali Jak1, Jak2, Jak3,e Tyk2. Hanno elevato peso molecolare, circa 130 kDa, e sono caratterizzate dalla presenza di domini di omologia (Jak Homology domains), che sembrano avere un ruolo importante nel mediare il legame di Jak al recettore. L’attività catalitica vera e propria è al dominio C-terminale, preceduto da un dominio pseudo-chinasico simile a quello C-terminale, ma mancante di alcuni amminoacidi e quindi non in grado di esplicare una vera attività catalitica; è possibile che il suo ruolo sia meramente strutturale, ma la sua funzione effettiva non è mai stata definita. Differentemente dalla maggior parte delle altre famiglie di proteine ad attività catalitica che si associano ai recettori ad attività non tirosina chinasica, Jak manca dei domini SH2 che sono importanti per l’associazione con le subunità del recettore. Probabilmente questa funzione è assolta dai Jak homology domains.

39
Q

Come avviene l’attivazione e la segnalazione mediata dalle proteine Jak?

A

Il recettore, costituito da subunità α e β, ognuna associata a Jak, all’arrivo della citochina oligomerizza, con avvicinamento delle subunità, determinando un avvicinamento anche delle proteine ad essi associate, le Jak. Ne conseguente l’autofosforilazione delle Jak, che a loro volta si possono associare ad altre proteine di segnalazione, di cui una delle più comuni è la famiglia delle STAT, che presentano domini SH2 con cui legano Jak; alla fosforilazione di Jak, anche le STAT vengono fosforilate su specifici residui di Tyr con conseguente attivazione a loro volta, che può determinare l’attivazione di un’ulteriore risposta cellulare, cioè attivazione di segnalazione biochimica, ma anche una dimerizzazione delle STAT, che possono comportarsi da fattori di trascrizione, in grado di traslocare nel nucleo dove attivano l’espressione di geni specifici e quindi la risposta cellulare.

40
Q

Quali sono le proteine STAT e qual è la loro conformazione strutturale?

A

La famiglia delle STAT comprende 7 proteine con elevata omologia di sequenza. Possiedono un dominio N-terminale, a cui fa seguito il dominio di legame con il DNA, importante per favorirne il comportamento come fattore di trascrizione, un dominio SH2, che gli consente l’associazione alle Jak e residui di Tyr che possono essere fosforilati determinando l’attivazione delle molecole.

41
Q

Qual è un esempio di via di segnalazione che coinvolge le proteine Jak nell’emopoiesi?

A

La TPO è una citochina prodotta dal fegato che, una volta arrivata nel midollo, è in grado di stimolare la megacariopoiesi. È una glicoproteina acida che lega il recettore c-MPL, costituito da un unica subunità transmembrana, che al legame con la TPO omodimerizza, quindi due subunità si avvicinano tra loro, favorendo l’autofosforilazione dei residui di Tyr di Jak associate alle subunità del recettore. In particolare, vengono fosforilate le tirosine in posizione 625 e 630; ciò attiva una cascata di trasduzione del segnale, che vede innanzitutto la fosforilazione di residui di Tyr delle STAT, principalmente STAT5, STAT3, e STAT1, ma anche l’attivazione della PI3K (fosfatidilinositolo-3-chinasi) e delle MAP-chinasi (MAPKs). Quindi, grazie all’attivazione del recettore e alla fosforilazione delle Jak si avviano una serie di risposte cellulari, che determinano, infine, il differenziamento in senso megacariocitario.
La fosforilazione di Jak2, con l’avvio delle varie cascate di trasduzione del segale che coinvolgono sicurante la famiglia delle STAT, ma anche la PI3K e quindi i suoi effettori a valle Akt ed mTOR, così come anche la via delle MAP chinasi, costituiscono tutti segnali che sinergizzano un unico scopo, cioè indurre il differenziamento megacariocitario e infine la produzione delle piastrine.

42
Q

Perché è importante conoscere la segnalazione mediata dalla famiglia di proteine Jak?

A

Conoscere a fondo questa via di segnalazione e tutti gli elementi chiave coinvolti, ha importanti implicazioni cliniche, in quanto errori nei punti chiave determinano un fenotipo patologico; la conoscenza delle vie di segnalazione, quindi, aiuta evidentemente lo studio della patologia.

43
Q

In che modo difetti di segnalazione comportano la comparsa della trombocitopenia amegacariocitica congenita e che tipo di patologia è?

A

A difetti di segnalazione è per esempio riconducibile la trombocitopenia amegacariocitica congenita, una patologia ereditaria che si manifesta subito dopo la nascita, in cui si osservano pazienti con sanguinamenti spontanei, midollo scarsamente popolato da megacariociti e conta piastrinica estremamente bassa. Nella maggior parte di questi pazienti si hanno mutazioni dei recettori della TPO, con elevati livelli di citochina nel siero, in quanto il recettore è incapace di legarla, non essendo quindi in grado di indurre il differenziamento in senso megacariocitario, con conseguente manifestazione clinica della malattia. Recentemente un gruppo della clinica medica del San Matteo di Pavia ha dimostrato che non solo mutazioni di MPL determinano la comparsa della patologia, ma anche mutazioni del gene della TPO. In pazienti con queste mutazioni, pur essendo il recettore normalmente funzionante, non si ha produzione e rilascio di TPO dal fegato, con conseguente manifestazione patologica. Sono due diversi livelli della via, rispettivamente risposta del recettore e produzione della citochine, ma, in entrambi i casi, non potendo la cellula rispondere alla segnalazione, si ha la scomparsa di megacariociti nel midollo. Inoltre, poiché l’MPL è espresso anche sulla CSE con il tempo si sviluppa una pancitopenia, in quanto la TPO ha anche ruolo nel mantenimento del pull delle staminali, che col tempo vanno esaurendosi in questa patologia.

44
Q

In che modo difetti di segnalazione comportano la comparsa di mielofibrosi primaria e come si caratterizza la patologia?

A

Ma si ritrovano anche patologie in cui il recettore della TPO o gli effettori risultano costitutivamente attivi. Ad esempio, nella mielofibrosi primaria, parte del gruppo delle neoplasie mieloproliferative cromosoma Philadelphia negative, si ha una proliferazione clonale della linea mieloide, con interessamento particolare a livello megacariocitario. Alla biopsia del midollo si osservano numerosi megacariociti, proliferanti, quindi più piccoli del normale, e, durante la progressione della malattia, si assiste alla deposizione di proteine della matrice extracellulare nel midollo, compromettendo l’omeostasi generale dell’emopoiesi e costringendo le CSE CD34+ a migrare nella milza; in questi pazienti, infatti, la concentrazione di CSE CD34+ nella circolazione periferica aumenta notevolmente, perché stanno migrando nella milza, che diventa un organo emopoietico (in genere la milza è un organo emopoietico solo durante la vita embrionale, ma in questo caso lo diventa anche nell’uomo adulto). Questa patologia si manifesta solitamente a seguito della sesta decade di vita; al contrario della CAMT, in cui abbiamo sostanzialmente delle mutazioni germinali ereditarie, in questa patologia si manifestano mutazioni somatiche che la CSE acquisisce nel corso della vita dell’individuo, che comportano la comparsa di un clone malato che prende il sopravvento su quello sano, determinando così la manifestazione patologica.

45
Q

Quali sono le mutazioni associate alla comparsa di mielofibrosi primaria?

A

Vi sono diverse mutazioni che determinano la patologia:
- mutazioni attivanti di Jak2, la proteina che legata al recettore della TPO ne garantisce l’attività
- mutazioni attivanti di MPL, mutazioni in cui quindi il recettore si attiva indipendentemente dalla TPO
- mutazioni della calreticulina, proteina del RE il cui ruolo fisiologico è mantenere il Ca2+ nel reticolo, che nella mielofibrosi primaria, mutando, impatta sull’attività del recettore e dei pathway a valle del recettore, determinando lo stesso fenotipo delle prime mutazioni
- vi è anche una percentuale di casi (10%) in cui non sono state descritte mutazioni che determinino lo sviluppo della patologia, ma anche in questi casi in cui non si conosce il motivo genetico è ovvio che i pathway a valle del recettore sono attivati
Quindi, nella mielofibrosi il coinvolgimento del recettore o delle molecole a valle di esso sono responsabili della patologia.

46
Q

Come mutazioni della calreticulina sono in grado di determinare la comparsa di mielofibrosi primaria?

A

Focus particolare merita la mutazione della calreticulina, poiché, se è ovvio che mutazioni attivanti di Jak2 e MPL determinano evidentemente l’avvio delle vie di segnalazione intracellulare indipendentemente dalla TPO, capire come la mutazione di una proteina del RE determinasse lo stesso fenotipo è stato più complesso. Oggi, grazie all’utilizzo di modelli murini e tecniche di studi in vitro (cui ha contribuito anche il laboratorio della prof.), è stato possibile comprendere e osservare come la calreticulina mutata acquisisce una nuova capacità, divenendo una citochina, che in maniera autocrina lascia il RE, si porta a livello del Golgi e, da qui all’esterno della cellula dove lega il recettore della TPO, attivandolo. Di fatto, una mutazione che era difficilmente immaginabile che impattasse sul recettore della TPO, ne influenza l’attività. Alcune molecole, dunque, in condizioni patologiche possono acquisire la funzione di citochina. Nel caso della calreticulina ciò comporta anche una modificazione nel RE. La calreticulina infatti è una proteina che lega il calcio e lo mantiene nel RE; il suo spostamento all’esterno della cellula, divenendo una citochina, compromette anche il RE che diventa più prono a rilasciare il calcio non trattenuto dalla calreticulina, favorendo ulteriormente, con l’aumento di calcio citoplasmatico, l’attivazione dei pathway a valle del recettore. È una sorta di loop che si auto-mantiene, per cui la calreticulina riesce contemporaneamente ad attivare il recettore e ad amplificarne gli effetti sulla segnalazione intracellulare, con conseguente sviluppo della malattia e proliferazione di megacariociti piccoli che pian piano invadono tutto l’ambiente midollare.

47
Q

Come viene effettuata la valutazione clinica di mutazioni che determinano mielofibrosi?

A

Dal punto di vista fenotipico, per valutare cosa accade nel paziente è necessaria una biopsia midollare, indagine molto specialistica.
Dal punto di vista molecolare, per comprendere se presente la mutazione è necessario il sequenziamento genico e quindi una valutazione dei geni che codificano per Jak2, MPL e calreticulina per determinare se presenti o meno le mutazioni.
Dal punto di vista biochimico, è necessaria un’indagine in Western blotting, come fatto anche nel laboratorio della prof. Si procede facendo differenziare le CSE del paziente per ottenerne i megacariociti, o prelevando direttamente i megacariociti dal midollo; quindi si produce un lisato cellulare, cioè rompendo le membrane cellulari si recuperano tutte le proteine nel campione, per sottoporlo a elettroforesi, che consente la distribuzione delle proteine nel gel elettroforetico in base al peso molecolare. Successivamente le proteine vengono identificate con anticorpi specifici in grado di riconoscere quelle proteine, in modo da valutare se sono o meno iperattivate nel paziente rispetto al controllo.

48
Q

Quali sarebbero i risultati di indagini di Western blotting in pazienti affetti da PMF per l’attivazione delle proteine a valle del recettore?

A

Consideriamo i risultati di un’indagine in Western Blotting di un controllo (CTRL) rispetto al campione di un paziente affetto da mielofibrosi primaria (PMF). Nell’indagine vengono effettuate incubazioni con anticorpi diretti contro le principali proteine coinvolte a valle dell’attivazione del recettore. Il paziente in questo caso presenta un’attivazione di Jak2, determinata da una mutazione attivante indipendentemente dalla TPO. Nel controllo, in assenza di TPO non si ha segnale, come viene dimostrato dall’assenza di bande nere per la fosforilazione di STAT5 (primo box rosso); la banda nera evidenziabile in PMF indica invece che nel paziente questo è attivo senza la TPO. Viene anche valutato il lisato totale (box verde) per valutare che nel lisato prodotto dal controllo e dal paziente la quantità di STAT5 totale fosse uguale. Effettivamente sono paragonabili. Ciò indica che a parità di STAT5, le cellule del paziente hanno una capacità di fosforilare la molecola maggiore rispetto al controllo in assenza di TPO. Lo stesso vale per Akt ed Erk, che presentano delle bande e quindi una segnalazione nel paziente, praticamente assente nel controllo. Quindi, dal punto di vista biochimico abbiamo la possibilità di valutare come le molecole di segnalazione a valle del recettore sono attivate in presenza della mutazione.

49
Q

Quali sarebbero i risultati di indagini di Western blotting in pazienti affetti da PMF che valutano la capacità delle cellule di produrre proteine della matrice?

A

Sempre dal punto di vista biochimico, sugli stessi lisati cellulari è stata anche verificata la capacità delle cellule mutate, in cui Jak2 è sempre attivo, di produrre una quantità aumentata di proteine della matrice extracellulare, quali laminina, fibronectina e diversi tipi di collagene, a dimostrazione del fatto che le cellule mutate, indipendentemente dalla presenza di TPO, acquisiscono un fenotipo patologico, che probabilmente le induce a partecipare alla comparsa della fibrosi rilasciando proteine della matrice extracellulare. È interessante come il trattamento con inibitori di Jak2 , come Ruxolitinib, determini una diminuita capacità di produrre proteine della matrice. Quindi, se si conoscono le molecole di segnalazione dell’emopoiesi, gli elementi chiave che intervengono nella generazione degli elementi figurati del sangue, i pathway di segnalazione biochimica, e si riescono a studiare per comprendere il problema all’interno della cellula, è possibile anche individuare il il bersaglio terapeutico per agire farmacologicamente e cercare di invertire l’andamento della malattia. L’inibitore Ruxolitinib è ormai un inibitore ampiamente studiato e può essere utilizzato in numerose patologie in cui Jak è coinvolto, non solo nella mielofibrosi primaria.

50
Q

Perché vi è l’esigenza di fabbricare farmaci simulano gli effetti delle citochine emopoietiche e dove è giunta la ricerca nel caso della TPO?

A

È ormai un esigenza dei clinici, coadiuvati anche dalle industrie farmaceutiche, trovare e validare molecole in grado di stimolare l’emopoiesi mimando le citochine in modo farmacologico. Nel caso della TPO, dopo la scoperta e la clonazione del gene per la TPO, grosse aspettative erano state poste in molecole ricombinanti che mimassero esattamente la molecola. Tuttavia si è osservato che i pazienti trattati sviluppavano anticorpi anti-TPO che riconoscevano non solo la molecola ricombinante esogena, ma anche la TPO prodotta in maniera endogena dal fegato, con conseguente peggioramento della condizione di trombocitopenia. Si hanno grosse aspettative per l’utilizzo di questi farmaci per il trattamento di trombocitopenie di varia natura, trombocitopenie autoimmuni, da infezioni virali o anche dovute a cause genetiche. Pertanto, ad oggi, si cerca di validare l’utilizzo di farmaci TPO mimetici, che mimano l’effetto della TPO ma che non determinano lo sviluppo di autoanticorpi.

51
Q

Quali sono i TPO mimetici più promettenti?

A

I più promettenti sono due in particolare, Romiplostim, un peptibody, cioè una molecola costituita da una parte peptidica, la porzione che mima la parte di TPO che effettivamente lega il recettore e dal frammento cristallizzabile di un anticorpo. Legati insieme costituiscono una molecola che stimola il recettore ad attivare le vie di segnalazione intracellulari e quindi a produrre megacariociti.
Altra molecola è l’Eltrombopag, una piccolissima molecola lipofila, che è in grado di attraversare la membrana cellulare, portarsi a livello della porzione transmembrana del recettore e attivarlo, tuttavia in una sede diversa rispetto a TPO.

52
Q

Quali sono i differenti effetti dei due principali TPO mimetici?

A

Gli effetti in termini di differenziamento megacariocitario sono gli stessi, ma in vitro è stato possibile apprezzare la differenza tra queste molecole. Rispetto alla TPO, l’Eltrombopag attiva le vie di segnalazione di Erk ed Akt in maniera esattamente proporzionale e ciò determina una proliferazione di megacariociti e un aumentata capacità di produrre piastrine.
Romiplostim, invece, per motivi ancora non completamente chiariti, determina un aumento della via di segnalazione di Akt, con estrema proliferazione di megacariociti, mentre la produzione di piastrine non sembra particolarmente aumentata.