Libro - I momenti di cura - Gli Orientamenti Flashcards

1
Q

Qualche idea intorno alla cura

A

Nella lingua italiana utilizziamo il termine cura per descrivere diverse pratiche di cura che hanno significati e finalità differenti. I due più rilevanti sono: la cura in senso medico con il significato di terapia e di guarigione, e la cura inteso come la preoccupazione per un’altra persone e l’interesse per lei.
La RELAZIONE è indispensabile, per ciò che si tratti di cura devono esserci due soggetti: uno che cura e l’altro che riceve le cure.
Una prima importante distinzione riguarda appunto le FINALITÀ della cura:
- la cura in senso RIPARATIVO: l’intenzione è quella di ripristinare uno stato di salute, di guarire
- la cura in senso PROMOTIVO: l’intenzione è quella di promuovere il benessere e lo sviluppo dell’altro
Un’ulteriore distinzione da fare riguarda la differenza tra:
- PRENDERSI CURA e AVER CURA
- OCCUPARSI e PREOCCUPARSI
Prendersi cura e occuparsi riguardano la dimensione materiale della cura (aver cura della casa); aver cura e preoccuparsi invece significa prendere a cuore l’altro, la usa crescita e si vuole promuovere il suo benessere e la sua autonomia.

RELAZIONI SIMMETRICHE - ASIMMETRICHE
Un’altra grande differenza è la qualità della relazione nella cura. La relazione è simmetrica quando c’è reciprocità nella cura, come ad esempio può essere tra due coniugi; l’asimmetria invece c’è quando la responsabilità della cura è affidata soltanto alla persona che si prende cura del soggetto più debole. Non c’è in questo caso reciprocità.

POTERE
Nelle relazioni di cura asimmetriche, chi ha la responsabilità di cura ha anche maggior potere nei confronti dell’altra persona. Questo non deve essere visto come elemento negativo, però deve essere monitorato affinchè l’altro sia sempre rispettato e abbia spazio nella relazione.

PROBLEMATICA DELLA SOGGETTIVITÀ DI CHI SI PRENDE CURA
Un ulteriore problema emerge nel momento in cui chi si prende cura prende decisioni per l’altro. Chiaramente non saranno mai completamente oggettive, per questo è necessario cogliere i segnali dell’altro per accertarsi che le scelte che si stanno compiendo siano giuste. Es. un bambino si esprime con pianto, sorrisi ed espressioni. L’educatrice deve essere in grado di cogliere questi segnali. Quindi, anche sé asimmetrica c’è un elemento di reciprocità

La dimensione fisica e materiale

Si tratta di quei gesti concreti che per esempio vengono rivolti al corpo del bambino (imboccare, lavare le manine, cambiare il pannolino). Sono gesti che devono essere compiuti con estrema delicatezza, perché fondamentali alla crescita, al benessere e allo sviluppo del bambino. Infatti, ogni gesto deve essere intenzionale, valorizzato da un pensiero progettuale affinché i gesti dell’educatrice non diventino abitudinari.

La dimensione organizzativa della cura

AMBIENTE + SOGGETTI
Quando si parla di dimensione organizzativa della cura si fa riferimento all’ambiente, al contesto nel quale la cura viene offerta ma anche ai diversi soggetti che insieme la progettano in base ai loro ruoli. (Es. pranzo: educatori + cuoca + ausiliarie + coordinatrice).
È quindi fondamentale la COLLABORAZIONE tra tutti i soggetti coinvolti all’interno del serivzio.

DIMENSIONE PROFESSIONALE E NON PERSONALE
È fondamentale agire attraverso la dimensione professionale e non personale. Il servizio educativo ha degli obiettivi da conseguire e quindi non c’è spazio per decisioni personali come: “questo non lo faccio perchè non mi piace”. Tutti all’interno del servizio educativo e ogni azione devono essere in linea con gli scopi e obiettivi che il servizio si è dato verso i bambini e le famiglie.

La dimensione emotiva della cura

È una dimensione che riguarda principalmente l’educatrice.

IMPOSSIBILE NON PROVARE EMOZIONI
È impossibile non provare emozioni, sia nel lavoro con bambini sia con i stessi colleghi. È quindi necessario essere CONSAPEVOLE dei propri vissuti emotivi, anche per orientarli in modo costruttivo.

DIMENSIONE EMOTIVA FONDAMENTALE PER LO SVILUPPO DEL BABMINO
La dimensione emotiva è necessaria in quanto predispone l’adulto con un atteggiamento di ascolto, sensibilità e attenzione nei confronti del bambino, qualità fondamentali per promuovere il suo benessere e sviluppo.

SUPERVISIONE e PROGETTUALITA’
La difficoltà del lavoro di educatrice, e dei vissuti emotivi che comporta, necessita di una costante e periodica supervisione. L’adulto per lo sforzo che compie a volte risulta svuotato delle sue energie, ed è quindi un lavoro che necessita un’adeguata progettualità.

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Q

Partire dal sapere dell’esperienza

A

RIFLETTERE SULLA PROPRIA ESPERIENZA
È importante riflettere sulla propria esperienza di cura (prestata e ricevuta) affinchè si possano evidenziare quegli elementi cruciali che possono essere una guida per le azioni di cura rivolte verso i bambini.

La cura è un FARE ORIENTATO, ciò significa che è possibile progettarla e controllarla. L’affettività è immancabile essendo che la cura è relazione. Si tratta di collocare l’affettività in un’intenzionalità esplicità.

PARTIRE DAL SAPERE DELL’ESPERIENZA ha sostanzialmente due significati:
- Valorizzare la CONOSCENZA ESPERIENZIALE, che è diversa dalla conoscenza scientifica; non produce teorie generali o concetti intellettuali, ma deriva dalle domande che ci si pone dalla vita quotidiana;
- INTELLIGENZA EMOTIVA: la letteratura conferma l’importanza delle emozioni nello sviluppo dell’individuo. Le emozioni influenzano le capacità intellettuali e creano il senso sé. Es caldo/freddo —> la relazione con l’educatrice suscita emozioni, quindi le attenzioni che l’educatrice pone nei confronti del bambino (attenzione alla temperatura del biberon, delicatezza nei momenti del cambio) influenzano le percezioni dell’altro e di sé.

Secondo Piaget e Chomsky lo sviluppo delle emozioni è separato allo sviluppo di abilità cognitive. Mentre per Greenspan le emozioni contribuiscono allo sviluppo del linguaggio. L’acquisizione del linguaggio, l’attribuire un senso alle parole che i bambini sentono può avvenire solo se è inserito in un ambiente relazionale emotivamente significativo.

MODELLO RELAZIONALE MADRE-BAMBINO

Il rapporto madre bambino è fondamentale per lo sviluppo dell’identità del bambino. Descrivere le competenze e attitudini naturali della madre, è utile per distinguere questa figura dal ruolo dell’educatrice ma anche per delineare quelle funzioni fondamentali che fanno dell’educatrice un’educatrice sufficientemente buona.

Differenza tra madre ed educatrice
- Madre: il suo ruolo la porta naturalmente ad essere in relazione con il bambino, percepire i suoi bisogni e agire per rispondervi in modo adeguato. La madre parte dal piano dell’essere, poi del sentire e infine del fare.
- Educatrice: si relaziona con un bambino che non conosce, e per poter essere in relazione con deve necessariamente partire dal fare, affinché il bambino possa esprimersi e lei possa cogliere i suoi bisogni e soltanto allora può iniziare ad instaurare una relazione con il bambino. L’educatrice parte dal piano del fare, poi del sentire e infine dell’essere.

Funzioni fondamentali della madre
- Contenimento fisico e mentale: il bambino vive un’intensità di emozioni nella sua esperienza nel servizio educativo, l’educatrice dovrebbe accogliere il bambino ed essere capace di contenerlo; il contenimento mentale è il tenere a memoria il bambino, il suo sviluppo e la sua evoluzione;
- Manipolazione del corpo: il bambino piccolo non sa ancora distinguere tra il mondo esterno e il mondo esterno. Preso da un senso di onnipotenza, le risposte che riceve ai suoi bisogni vengono da lui vissute come sue capacità di rispondervi, e non da qualcuno di esterno. Il corpo del bambino fa sempre esperienza all’interno della relazione con l’adulto, per questo è fondamentale che la qualità nei gesti di cura nei suoi confronti;
- Presentazione dell’oggetto: è il modo in cui l’adulto accompagna il bambino nel conoscere la realtà circostante che può favorire o ostacolare la sua curiosità e esplorazione. Anticipare i tempi nella conoscenza di un oggetto o attendere pazientemente rispettando i tempi del bambino, sono comportamenti che rientrano nello STILE DELLA RELAZIONE che è fondamentale nella formazione del bambino

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Q

Un bambino, tanti bambini

A

È molto complesso calibrare per l’educatrice l’intervento nei confronti del singolo e nei confronti del gruppo. Se da una parte ci sono VINCOLI DI CONTESTO (mancanza di personale, spazi ristretti, carenza di materiali, formazione non sempre garantita con continuità…), dall’altra ci sono anche CONDIZIONAMENTI CULTURALI “VECCHIO STAMPO” secondo cui certe attenzioni al singolo potrebbero suscitare gli stessi bisogni negli altri bambini e per questo si evita di prendere in braccio un bambino, di permettergli di portare un gioco da casa ecc… l’IDEA DI FONDO è che per garantire equità e pari opportunità sia necessaria un’OMOLOGAZIONE DI INTERVENTI EDUCATIVI.
Il problema è che nonostante tutti i bambini si ritrovano nel corso dello sviluppo a vivere gli stessi nodi evolutivi, ormai è chiaro che ogni bambino ha differenti modi di manifestare i propri bisogni.
Ecco allora che, se l’educatrice considera importante l’attenzione al singolo, un abbraccio, una carezza e uno sguardo, possono fare la differenza e rendere la pratica di cura qualitativamente alta.

IMPORTANZA ATTENZIONE INDIVIDUALIZZATA
Ogni bambino è unico, e questo lo possiamo notare fin dalla nascita. Ogni bambino ha diversi modi di RAGIONARE, diversi modi di iMPARARE, diverse influenze da parte del CONTESTO da cui proviene, diverse STORIE FAMIGLIARI nel quale è inserito, diverso TEMPERAMENTO e differenze CULTURALI —> differenze che producono modelli educativi specifici basati sui valori della cultura stessa e che possono presentare profonde differenze che meriterebbero una lettura molto più approfondita.

Risulta quindi fondamentale dedicare TEMPO ad ogni bambino per poterlo conoscere nella sua UNICITA’ (evitare quindi di agire fin da subito applicando strategie educative standard); si parte dal bambino per poter costruire RELAZIONI SIGNIFICATIVE orientate al SINGOLO.

Ogni intervento educativo produce due tipi di apprendimenti nel bambino:
- Conosce il significato che un determinato evento o situazione ha per l’adulto di riferimento e, in senso più ampio, per la cultura di riferimento;
- Conosce sé stesso rispetto a quella determinata situaizone o evento.
Per esempio, nel caso del momento del SONNO, il bambino apprende diversi signficati:
- Impara a regolizzare il ritmo SONNO-VEGLIA;
- impara a utilizzare il lettino con COMPETENZA (salire, scendere, coprirsi…)
- Impara ad abituarsi alle abitudini culturali (legate al sonno), del contesto nel quale vive;
- Impara a conoscere sé stesso rispetto a questo momento della giornata (paure, angosce, difficoltà, ritmi)

Rispetto alla CONOSCENZA DI Sé, l’adulto riveste un ruolo fondamentale in quanto deve accompagnare il bambino in questo processo delicato di conoscenza di sé. Per poterlo fare è necessaria l’ATTENZIONE INDIVIDUALIZZATA che è possibile prestando attenzione a diversi elementi come: caratteristiche del bambino, caratteristiche del contesto e infine va tenuta conto la relazione con il corpo. A questo proposito l’educatrice deve prestare attenzione ai segnali che il bambino manifesta, gesti, tono della voce…. Questo garantisce quella RECIPROCITÀ nella relazione che permette all’educatore di muoversi con un orientamento verso il bambino.
È consigliata una CONTINUITÀ nella relazione con il bambino e per questo si suggerisce la presenza costante della stessa persona di riferimento.

AUTONOMIA

Fondamentale è sostenere l’acquisizione dell’AUTONOMIA del bambino. In questo testo si sottolinea fortemente l’autonomia basata su AZIONI MOTIVATE dal PIACERE (e non azioni fatte per compiacere l’adulto).
Lo sviluppo del bambino è scandito da tappe evolutive che presentano dei limiti che il bambino, grazie alle esperienze che vive. Ma questi limiti che possono diventare VINCOLI se l’adulto non agisce promuovendo l’autonomia e di conseguenza non alimentando adeguatamente le sue POTENZIALITÀ.

Nella vita di un individuo, continua ad essere presente la problematica tra DIPENDENZA e AUTONOMIA. Nel bambino questa problematica è molto più evidente ed è importante riflettere in che modo i bambini piccoli sperimentano il loro collocarsi all’interno di questa problematica. A questo proposito infatti acquista notevole importanza la relazione che si instaura tra adulto e bambino, infatti le MODALITA DI RELAZIONE, rispetto ai vincoli e alle possibilità di fare, sono SCHEMI COMPORTAMENTALI che i bambini utilizzeranno anche da adulti.

WINNICOTT: Riflessione sulla CREATIVITÀ
L’autore ritiene che la creatività in un bambino si manifesti quando egli agisce di propria iniziativa. In questo caso è diverso dalla reazione ad uno stimolo. Infatti, quando è l’adulto a proporre uno stimolo al bambino, questo produce o un’OPPOSIZIONE, o l’OBBEDIENZA da parte del bambino. Secondo Winnicott quindi, lo stimolo non è utile alla costruzione dell’autonomia.

DOLTO
Secondo Dolto, il LIMITE nei bambini può essere costruttivo quando la RINUNCIA è accompagnata da un’ALTERNATIVA PIU’ COMPLESSA, PIU’ EVOLUTA. L’esempio è nel caso dello svezzamento. Quando il bambino inizia questa delicata fase, deve iniziare a rinunciare al seno. Questa rinuncia, che non è facile per il bambino, se viene accompagnata da qualcosa di più interessante e complesso, come per esempio il CUCCHIAINO, rappresenta quello che Dolto definisce alternativa più complessa e motiva il bambino a sperimentare anche altro (inizialmente battendolo sul tavolo, poi portando il cibo alla bocca). La RINUNCIA in questo caso, apre la strada a sperimentazioni di AZIONI PIU’ AUTONOME.

PROBLEMATICA DELLA PEDAGOGIA ATTIVA
In campo educativo, la pedagogia attiva sostiene l’importanza del bambino attivo, libero di sperimentare, protagonista del suo sviluppo. Il problema che emerge però è il sottile confine tra L’EDUCABILITA’ (quindi l’intervento da parte dell’educatore) e la LIBERTÀ’ (la possibilità per il bambino di scoprire e conoscere il mondo più liberamente possibile. Il problema si risolve trovando il giusto EQUILIBRIO che può essere raggiunto da parte dell’educatore proponendo interventi che orientano verso EVOLUZIONI POSITIVE, e questo significa saper PREDISPORRE L’AMBIENTE affinche il bambino possa muoversi in AUTONOMIA per il PIACERE DI FARE. Questo permette al bambino di agire, sperimentare, conoscere se stesso e i propri limiti e provare a superarli. Il fatto di agire di sua iniziativa e poi correggere la sua azione sempre di sua iniziativa, fa si che è un bambino che impara ad imparare. Si può quindi parlare di METÀ APPRENDIMENTO, una qualità di apprendimento superiore a quello generato da suggerimenti dell’adulto.
Se viene a mancare questa autonomia per il piacere di fare, manca anche tutto l’aspetto del SAPERSI DARE REGOLE e questo con la crescita fa si che nel bambino rimanga la DIPENDENZA dall’esterno.

Il processo di acquisizione di autonomia avviene lungo una serie di TAPPE CONDIVISE, ma devono essere considerati i RITMI DIVERSI di ogni bambino.

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