Libro - Pedagogia dell'infanzia - I contesti Flashcards

1
Q

4 - Prospettive pedagogiche e categorie della formazione in età infantile

A

In questo capitolo si affronta il pensiero di John Dewey e Guardini. Infine si affrontano le categorie pedagogiche che organizzano pedagogicamente la formazione come percorso nell’età infantile.

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Q
  1. L’esperienza come educazione attiva: il bambino nella prospettiva di JOHN DEWEY
A

Dewey è stato un filosofo contemporaneo che si è interessato attivamente al tema dell’educazione. Uno dei suoi concetti fondamentali è l’educazione attiva. Prima di esporre questo concetto è utile affrontare alcuni concetti base del suo pensiero.
Secondo Dewey, l’età dell’infanzia è caratterizzata da due elementi principali: l’immaturità e le azioni intraprese da chi si prende cura del bambino che devono rispondere ai suoi reali bisogni.

IMMATURITA’
L’immaturità non è vista come un aspetto negativo, anzi. Questa condizione caratteristica del bambino fa si che egli sia dalla nascita in una condizione di dipendenza dall’adulto di riferimento o da chi si prende cura di lui. Questa dipendenza implica un’interdipendenza. Dewey sottolinea come i bambini siano già in possesso di meravigliose abilità sociali, il che significa che non è solo l’abilità dell’adulto a considerare i suoi bisogni che permette questa relazione.

PLASTICITA’
La palsticità, altra caratteristica dei bambini, permette loro di adattarsi a contesti, esperienze e relazioni. Inoltre permettono di modificare atteggiamenti anche sulla base di disposizioni da parte di chi si occupa del bambino in quel momento.

Lo sviluppo armonico psico-fisico del bambino deve essere il focus, sempre. Sia che si tratti di un contesto famigliare, sia nel contesto scolastico.

ISTRUZIONE E APPRENDIMENTO
Dewey, riguardo l’istruzione e l’apprendimento, sottolinea come sia importante che il bambino possa crescere in modo sereno e armonico e per questo motivo sia più importante concentrarsi sulla sua personalità e il suo carattere, piuttosto che riempirlo di conoscenze e informazioni.
Proprio per questo motivo, propone il concetto di educazione attiva, ovvero basato sul LEARNING BY DOING, apprendere facendo.
Il bambino deve essere stimolato e incuriosito a conoscere, per questo nozioni e consocenze non devono partire dall’esterno, ma dal suo naturale interesse a scoprire nuove cose. Dewey sostiene e promuove UN’EDUCAZIONE BASATA SUL FARE, quindi la proposta educativa si basa su situaizoni in cui il bambino può sperimentare come la cucina, l’orto, creare manufatti. Per quanto riguarda materie come geografia, storia, scienze, suggerisce di collegarle a esperienze concrete del bambino, magari partendo da un’attività svolta in pratica.

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3
Q
  1. L’età infantile nella visione personalista e fenomenologica di Romano Guardini
A

TRE PILASTRI FONDAMENTALI
Le riflessioni di Guardini si basano su tre pilastri fondamentali: cristianesimo, fenomenologia e personalismo.
Il cristianesimo in quanto è il paradigma entro cui uomo e mondo prendono forma; fenomenologia in quanto attraverso questa corrente di pensiero l’autore osserva la realtà concreta e fattuale dell’individuo e il suo essere in relazione agli altri; infine la soggettività della persona che agisce in situazione in rapporto con se e gli altri.

PROCESSO DI SCISSIONE
La nascita è un evento molto importante per il bambino, in quanto deve rappresentare la scissione non solo fisica dalla madre, ma anche interiore e psicologica dopo aver passato 9 mesi di simbiosi con la madre.
Questo è possibile soltanto se la madre riconosce il bambino come una persona separata da sé e agisce intenzionalmente cercando di aiutare il bambino a diventare via via più autonomo. Il rischio è altrimenti di creare insicurezza nel bambino, oltre che la dipendenza dalla figura materna.
Un aspetto centrale che caratterizza il primo anno di vita del bambino, è l’incapacità di differenziare ciò che avviene fuori da ciò che avviene dentro. Infatti, un bambino può non riconscere la differenza tra un pupazzo e una persona. Per questo motivo è compito dei genitori proporre la realtà esterna in modo adeguato e quindi essere mediatori tra il bambino e il mondo esterno.

REALTA’ BINARIA
La mente del bambino è dominata dal piacere, e questo lo porta a muoversi nel mondo in termini opposti buono/cattivo individuando come buono chi soddisfa i suoi bisogni e come cattivo chi non lo fa. Si definisce realtà binaria.
Queste nette opposizioni che spesso lo fanno prendere posizione, derivano dal fatto che i bambini vivono completamente il presente, non sono in grado di guardare al passato o al futuro.
Soltanto dopo il primo anno di vita, grazie all’emergere della capacita di simbolizzare il bambino inizia ad essere in grado di distinguere interno e esterno, e prevalentemente grazie al gioco e al disegno, inizia a distinguere e far emergere vissuti interni.

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4
Q
  1. Crescita, educazione, maturazione e sviluppo. Le categorie della formazione in età infantile
A

La relazione con l’altro si rivela fondamentale per lo sviluppo del bambino, in particolare grazie alla relazione con gli altri il bambino ha la possibilità di conoscere l’altro e quindi se stesso.
Soprattutto il primo anno di vita, come ci spiega bene Guardini, il bambino fatica a distinguere il mondo esterno dal mondo interno, e tutto quello che accade e sperimenta, egli lo vive come una propagazione di sé; la sua mente è dominata dal principio del piacere, e tutto quello che non soddisfa questo suo bisogno, viene vissuto come ostile e provoca in lui reazioni di ribellione.
Anche l’incontro con l’altro, in quanto diverso da lui, genera questo conflitto, che si rivela però fondamentale e formativo nel processo di costruzione della propria identità, in quanto si rivela una prima forma di principio di realtà, dove la relazione con l’altro permette al bambino di iniziare a percepirsi nella sua soggettività differenziandosi dall’altro.

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5
Q

3.1 La formazione come processualità evolutiva

A

La formazione è un processo che l’individuo vive per tutto il periodo della propria esistenza. Si tratta del prender forma in diversi ambiti: psichico, sociale, fisico… la forma avviene in seguito a uno svolgimento di evoluzione e accrescimento dell’interiorità della persona che si esplica nell’esistenza stessa della persona.

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6
Q

3.2 Le categorie della formazione nell’infanzia

A

Come detto in precedenza, la formazione è un processo che si svolge lungo l’intero arco di vita ed avviene grazie a delle categorie di formazione: apprendimento, motivazione, scelta, coltivazione, cura (riguardano il soggetto, il suo rapporto con se stesso e con gli altri) ed eventi e utopia (inseriscono fatti ed eventi imprevedibili nella vita dell’individuo e non sono legate alle sue azioni).

  • L’apprendimento: in pedagogia l’apprendimento è il processo mediante il quale l’individuo acquisisce un nuovo comportamento o modifica uno preesistente. Sono emerse diverse teorie sull’apprendimento, e il dibattito si dipana principalmente tra gli autori che sostengono che l’apprendimento sia una dote innata, ovvero la capacità di riflettere sugli eventi e acquisire sapere e tra coloro che definiscono l’apprendimento come frutto dell’interazione sensibile con i fenomeni. Tra i diversi autori citati nel libro abbiamo: Bruner, che nella sua visone costruttivista sostiene che l’individuo costruisce la sua realtà. Interpretando le esperienze vissute, ne attribuisce un significato, quindi l’esperienza è l’esito di un processo interpretativo. Hilgard e Bower considerano l’apprendimento un processo mediante il quale si origina un’attività o un’attività preesistente viene modificata in risposta ad una determinata situazione. L’esperienza non è un qualcosa che accade e che l’individuo vive passivamente o attivamente, bensì è il personale modo di reagire ad un determinato fenomeno. Secondo Dewey l’apprendimento deriva dall’esperienza è il toccare con mano, sperimentare la realtà nella pratica ma non solo, è incluso anche il risultato di questa interazione, le persone e le relazioni che ne emergono. L’apprendimento è quindi una categoria che concorre a costituire la complessa dinamica della formazione. Permette al bambino di iniziare a consocere il mondo che inizia ad acquisire significato. Non si tratta più di informazioni e stimoli che arrivano soltanto in ingresso, ma è il momento in cui il bambino impara a gestire questi stimoli del mondo, senza perdersi tra essi.
  • La motivazione: si può sinentizzare definendo la motivazione come quella spinta dell’individuo ad agire verso qualcosa, per raggiungere un obiettivo, per pianificare delle scelte. In psicologia dell’apprendimento viene fatta una distinzione tra: motivazione ESTRINSECA (quando la spinta ad agire è determinato da un fattore esterno. Questa prospettiva ha avuto successo in ambito scolastico negli anni ‘60, con la teoria comportamentista. Attraverso un rinforzo il bambino veniva motivato a portare a termina un compito) e la motivazione INTRINSECA (la naturale propensione dell’individuo verso la scoperta e la conoscenza del mondo che lo porta a mettere in campo le sue capacità e competenze in modo da raggiugnere gli obiettivi). Questa propensione deriva dal desiderio innato di azione ed evoluzione. La motivazione intrinseca spinge l’individuo ad affrontare qualsiasi prova pur di raggiungere un determinato obiettivo, che non gli fa sentire la fatica perchè raggiungere la meta lo fa sentire pienamente soddisfatto e orgoglioso di sé. La motivazione è quindi un elemento fondamentale nella deliberazione delle scelte: avviene in modo consapevole (ragionamento, condizionamento esterno ecc) o inconsapevole (impulsi e pulsioni).
  • La scelta: il bambino nella primissima infanzia non può scegliere in quanto è immerso completamente avviluppato nella sua dimensione interiore e non riesce ancora a distinguere tra sé e gli altri. La scelta è una conquista che avviene in maniera progressiva verso il primo anno di età, in cui il bambino inizia ad essere maggiormente consapevole di sé e del mondo esterno. Via via che l’individuo matura, acquisisce li strumenti per osservare in modo sempre più critico ciò che lo circonda e compie scelte sempre più consapevoli e responsabili, tenendo conto non solo dei propri interessi, ma anche quelli della collettività. Non è il caso del bambino o del giovane, che sono ancora orientati dal principio del piacere è tendono a compiere scelte sulla base del soddisfacimento dei propri bisogni. Quando si sceglie, stiamo dando voce al nostro proprium, all’unicum, ovvero ci esprimiamo con la nostra identità e mostriamo quei caratteri istitutivi che ci rendono esseri umani. Scegliere è espressione di libertà, autonomia ed emancipazione , ma anche sinonimo di responsabilità, cognizione e consapevolezza. Il bambino come detto non è in grado di scegliere, ma la scelta progressivamente viene percepita dal bambino che ha come modello, i propri genitori e gli adulti con cui interagisce. È il modo che ha per iniziare ad selezionare e riconoscere le figure sullo sfondo.
  • La coltivazione: ogni individuo ha dei sogni, dei desideri, degli obiettivi da realizzare. La coltivazione è il percorso, la fatica, l’impegno che una persona è disposta a fare per realizzare le sue aspirazioni. Per raggiungere i propri obiettivi, l’uomo attraverso la coltivazione esercita tutte le sue capacità, competenze e durante il cammino che lo separa dalla meta, scopre se stesso, i propri limiti, i propri punti di forza, e può attribuire valore e significato a ciò che desidera misurandolo con il gradiente del sacrificio che è disposto ad assumersi per ottenerlo. Spesso è la fatica della scalata che rende eccezionale la conquista della vetta. La coltivazione è la capacità di perseguire i propri sogni, nonostante le difficoltà che si possono incontrare durante il percorso. Anche l’infanzia è una stagione della vita colma di desideri, speranze e sogni che il bambino, attraverso la coltivazione si impegna affinché tali aspirazioni possano prendere forma. Dalla prima età il bambino ha una spinta interiore che lo anima verso il fare.
  • La cura: la cura può essere considerata quella naturale tensione a relazionarsi con l’altro, quell’attitudine umana che rende autentica l’esistenza. Socrate voleva condurre i suoi discepoli a dare maggior attenzione alla dimensione interiore piuttosto che a quella esteriore (come beni materiali), in quanto era il modo per conoscere sé stessi, la parte più autentica di noi, il nostro animo e quindi rendere l’esistenza più autentica.
    Tomasello si è occupato di indagare la socievolezza e la naturale predisposizione del bambino ad aiutare chi si trova in difficoltà, anche l’adulto, ed è emerso che questa naturale predisposizione è favorita da collaborazione ed empatia. Inoltre, la relazione con il tu, con gli oggetti, favorisce il processo di individuazione nel bambino che inizia a percepirsi come persona in un contesto di altre persone, e questa relazione favorisce l’emergere della creatività. L’interiorizzazione dei vissuti fa si che il bambino possa elaborare soluzioni personali ai vari stimoli che l’ambiente propone.
  • Gli eventi: sono considerati i fatti della vita che accadono durante l’esistenza di una persona. Nel libro si fa distanzione tra eventi educativi intenzionale e eventi di qualisasi altro genere. I primi hanno l’obiettivo di trasferire conoscenze e saperi utili per l’individuo per l’ingresso in comunità e sono proposti dalla famiglia e dalla scuola. Gli eventi sono imprevedibili, non sono programmabili e naturalmente incidono sul percorso formativo della persona. Situazioni di malattia, sofferenza, morte o anche di gioia, o di un innamoramento improvviso, sono eventi che irrompono nella vita di una persona, al punto da modificare le traiettorie inizialmente previste sconvolgendo e scombussolando i progetti iniziali. Questo per definire la vita come una continua provvisorietà: non è mai possibile raggiungere una compiutezza, un limite e questo rende la vita e la persona unica e irripetibile. Anche nel caso degli eventi educativi non si possono prevedere gli esiti, che possono essere positivi e negativi. A questo proposito è fondamentale i primi momenti di vita, lo sguardo attento della madre Che riconosce e nel quale il bambino si sente riconosciuto. Nel caso ciò non avvenisse, il bambino si ritroverebbe a gestire situaizoni complesse e di cui non sarebbe in grado di affrontare. Es. della mamma che rimprovera il bambino con il verme, non riconoscendolo.
  • L’utopia: Deriva da ou+topos e significa LUOGO CHE NON ESISTE. Si tratta della capacità di immaginare mondi diversi, qualsiasi forma essi possano avere, piuttosto che limitarsi a vivere la realtà che si ha di fronte per passare in modo automatico a ciò che immediatamente segue. Questa capacità infonde all’individuo SPERANZA e POSSIBILITA’.
    Compito della pedagogia è aiutare la persona a misurare le proprie utopie con il cosiddetto principio di realtà, in modo da evitare fantasticherie irrealizzabili che portano solo a insoddisfazione e frustrazione.
    L’utopia riveste un ruolo fondamentale nell’individuo. Si nutre della speranza che infonde e da essa attinge la forza e le energie necessarie per affrontare le fatiche del presente.
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7
Q

5 - Le forme dell’educazione nei servizi dedicati all’infanzia. Uno sguardo attento alle declinazioni professionali

A

In questo capitolo viene fatta un’analisi di alcuni servizi per l’infanzia, non solo quelli presenti nel sistema 0-6, che accolgono i bambini e che vedono quindi la necessità di educatori che declinano di volta in volta la loro profesionalità in base all’intenzionalità educativa del contesto preso in esame.
Si tratta di servizi che accolgono la persona bambino in tutte le sue dimensioni, sia nelle situazioni di agio, sia in situazioni di disagio e si cerca di riflettere sulla postura professionale, piuttosto che proporre una descrizione dei servizi. Il lavoro educativo prevede certamente conoscenze generali sullo sviluppo, ma ogni realtà educativa in base all’intenzionalità educativa, prevede che l’educatore metta in campo determinate competenze nella quotidianità.

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8
Q
  1. Dentro un servizio educativo
A

Dare una definizione di servizio educativo è complesso, in quanto dipende molto dall’intenzionalità educativa, dalle esigenze delle persone a cui si rivolge ma anche alla legislazione regionale specifica (politiche educative).
Gli elementi che caratterizzano un servizio educativo sono:
1. Si tratta di un servizio pubblico o privato che offre attività educative che possono realizzarsi in una struttura deputata, in un centro diurno, in un residenziale o a livello domiciliare;
2. In alcune situazioni, l’intervento educativo fa parte di un progetto più ampio di intervento sanitario e/o sociale.
3. Il cuore dell’intervento è la relazione educativa, singola o di gruppo, che prevede la presenza di almeno una figura professionale
4. L’attenzione non è soltanto rivolta agli educandi, ma anche alle famiglie. Il grado di presa in carico varia in base al servizio e alle esigenze
5. Le attività educative vengono proposte in base all’età dell’educando e alla situazione specifica personale; l’intento è quello di promuovere la cura e la crescita
6. La documentazione è parte integrante del servizio educativo, che garantisce l’intenzionalità e la qualità del servizio offerto

Il servizio educativo è quindi un luogo in cui vengono proposte attività diverse sulla base della fascia di età e sullo specifico grado di sviluppo dell’educando, mira a fornire un ambiente accogliente, sereno nel quale instaurare relazioni educative significative (non solo con le figure di riferimento, anche con gli altri attori presenti nel contesto).
La crescita si misura non in termini di risultati, ma in base agli obiettivi educativi raggiunti.

È importante farà un’ulteriore distinzione, ovvero il ruolo dell’educatore è sia diretto, sia indiretto. Diretto: le azioni quotidiane all’interno del servizio educativo; indiretto: tutta l’attività di documentazione, progettazione, relazione con soggetti esterni.
Sono entrambe fondamentali, nessuna delle due deve essere sacrificata all’altra.

Nei paragrafi successivi si analizzeranno le diverse realtà educative da un punto di vista della dimensione pedagogica e della professionalità educativa

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9
Q
  1. Nido e micronido: saperi delicati e sottili
A

2.1 Dimensione pedagogica

Servizi di nido e micronido sono normati dal decreto 65/2017 nel quale viene specificato che questi servizi accolgono bambini dai 3 ai 36 mesi e concorrono assieme alle famiglie alla cura, alla promozione del benessere, allo sviluppo dell’autonomia e delle competenze. L’organizzazione varia in base alla capacità ricettiva e in base ai tempi di apertura del servizio. Assicurano pasto e riposo e operano in continuità con le scuole dell’infanzia.

Nel testo viene fatta una panoramica sui servizi educativi dalla seconda metà dell’Ottocento fino ad oggi. Inizialmente nacquero i presepi, successivamente un ricovero per bambini lattanti, e nel 1925 viene istituita l’OMNI che inizialmente accoglieva bambini abbandonati, e successivamente divenne un supporto per donne lavoratrici.
Solo nel 1975 gli asili OMNI vengono sciolti, e i nidi iniziano ad avere un carattere educativo.

Nidi e micronido sono luoghi educativi di crescita e cura, in cui in continuità con la famiglia, si offre un servizio di accoglienza, di promozione del benessere e dello sviluppo dell’autonomia e delle competenze. Le routine giornaliere assecondano i tempi di sviluppo dei bambini, dall’accoglienza al pasto e al riposo, fino al ricongiungimento con le famiglie. Le attività posso essere libere o strutturate e variano a seconda del bambino e dell’età. Particolare attenzione viene data alla dimensione emotiva e relazionale.

2.2 Professionalità educativa
Come detto, i servizi acquisiscono carattere educativo a metà degli anni ‘70 ma soltanto nel 2017 vengono normati dal decreto 65, secondo cui soltanto la Laura L-19 permette di lavorare all’interno di questi servizi (oppure SFP + 60 cfu).
Il lavoro nell’infanzia è un lavoro delicato, che necessita competenze specifiche ma anche particolari attitudini. Non può trattarsi di semplice passione. Le tre dimensioni importanti sono:
- SAPERE: riguarda le consocenze generali di pedagogia, psicologia e sociologia ma anche maggiormente specifiche sul bambino e sulla famiglia, nonchè conoscenze inerenti l’attualità e la società
- SAPER FARE: non si tratta di eseguire semplicemente delle azioni (cambio, pasto, gioco ecc…). Si tratta di un agire riflessivo, che prevede sempre un pensiero, un’intenzionalità.
- SAPER ESSERE: essere consapevoli dell’onore che ha un educatore nell’accompagnare un bambino in questo particolare, delicato e importantissimo momento della sua crescita. Inoltre è importante saper essere anche con le famiglie, con il sistema che il bambino porta con sé; oltre alla capacità di lavoro di equipe fondamentale in quanto siamo professionisti al servizio dei bambini ed è necessaria la cooperazione e collaborazione.

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10
Q
  1. Sezioni primavera: la cerniera tra nido e scuola
A

3.1 Dimensione pedagogica

Nascono durante l’anno scolastico 2006/2007 in seguito alla soppressione degli anticipi alla scuola dell’infanzia dei bimbi che non hanno ancora compiuto 36 mesi entro il 30 aprile.
Il decreto 65/2017 li definisce servizi con funzionalità di cura, educazione e istruzione nel rispetto dei tempi e degli stili di sviluppo e apprendimento del bambino.
Particolare attenzione viene posta alla disposizione degli spazi, fornendo luoghi di riposo e relax, e strutturati affinchè rispondano alle esigenze delle età dei bambini accolti.
Le sezioni primavera non possono essere improvvisate, soprattutto per la loro particolare funzione transitoria. Gli elementi piu significativi sono:
- contrastare gli anticipi alla scuola dell’infanzia
- essere un completamento con la scuola dell’infanzia
- accompagnare in modo strutturato bambini in questa delicata fase evolutiva.

3.2 Professionalità educativa

Per lavorare nelle sezioni primavera è necessaria la Laurea l-19, indirizzo prima infanzia. Trattandosi di un periodo molto delicato quello transitorio tra la prima e la seconda infanzia, l’educatore deve esser in grado di avere un occhio attento per entrambe. Non sono sufficienti solo conoscenze specifiche sullo sviluppo del bambino dalla nascita in poi, ma è necessario avere uno sguardo più ampio che consideri l’intero percorso del bambino e che sia in grado di immaginare il percorso di sviluppo nel suo futuro.
Anche solo osservando come è strutturato un nido e una scuola dell’infanzia, si notano grosse differenze. Nel primo il bambino ha un rapporto privilegiato con l’adulto, mentre nella scuola dell’infanzia, il bambino è molto più autonomo e orientato alla vita di comunità.
La continuità con la scuola dell’infanzia è fondamentale, soprattutto nel caso dei poli di infanzia (accolgono bambini da 0-6) che prevedono attività congiunte proprio per aiutare il bambino in questa fase transitoria.

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11
Q
  1. Scuole dell’infanzia: una lunga storia tra educazione e didattica
A

Il decreto 65/2017 definisce la scuola dell’infanzia come strategica nel sistema integrato, giacchè funge da cerniera tra servizi educativi per infanzia e la scuola primaria.
Anche la scuola dell’infanzia è stata oggetto di revisioni nel corso del tempo. Originariamente era chiamata scuola scuola materna e nel 1968 diventa statale, gratuita e non obbligatoria.
Soltanto nel 1991 diviene scuola dell’infanzia e dopo gli anni 2000 le indicazioni ne definiscono il curriculo, promuovendo l’educazione della persona e l’autonomia di pensiero.
È organizzata in sezioni omogenee o eterogenee, può essere pubblica o privata e non obbligatoria.

Le indicazioni sono il riferimento normativo per la scuola, e sulla base di queste indicazioni, la scuola propone un curriculum che tenga conto dei cinque campi di esperienza: il sé e l’altro, il corpo e il movimento, immagini suoni e colori, il discorso e la parola, la conoscenza del mondo.

4.2 Professionalità educativa
Per lavorare all’interno della scuola dell’infanzia, è necessaria la laurea a ciclo unico LM-85 bis. A differenza dell’educatore, l’insegnante deve sviluppare competenza anche nella didattica, in modo da aiutare i bambini ad avvicinarsi alle pre-competenze necessarie alla scuola primaria.
Oltre a questo, l’insegnante deve essere in grado di elaborare il PTOF, deve essere un punto di riferimento sia per bambini che per le famiglie, e infine deve sapersi integrare all’interno del Collegio Docenti

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12
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  1. Spazi gioco: dalla sperimentazione all’identità pedagogica
A

5.1 Dimensione pedagogica

Gli spazi giochi fanno parte dei servizi integrativi per l’infanzia e sono normati dal decreto 65/2017.
Accolgono bambini dai 12 ai 36 mesi, vengono proposti servizi educativi, di cura e di socializzazione. Non è previsto il servizio mensa, la frequenza è flessibile con un massimo di 5 ore giornaliere.
Gli spazi gioco nascono da precedenti sperimentazioni nei nidi o servizi per l’infanzia, e nel tempo hanno acquisito una loro identità pedagogica.
L’intento prinicpale è quello di far uscire dall’ambiente domestico i bambini affinché possano socializzare (generalmente questi bambini non frequentano altri tipi di servizi educativi) e questo si rivela l’unico spazio in cui possono sperimentarlo.
Inoltre, è un luogo in cui anche i genitori possono conoscere altre famiglie, in cui ci possono essere scambi di opinioni e pensiero sull’educazione; i genitori o possono anche apprendere nuovi modi di giocare da proporre a loro volta ai propri figli.
Per garantire una qualità educativa, gli spazi gioco devono avere educatori qualificati (l-19 indirizzo infanzia) e deve esserci un progetto formativo. Questo permette di realizzare l’obiettivo di questi spazi giochi: sostenere lo sviluppo del bambino con attività ludiche (libere o strutturate) pensate per le diverse fasce di età; sostenere le famiglie rispettando i tempi di crescita dl rapporto con il bambino.

5.2 - Professionalità educativa

L’attività ludica è molto importante in questo tipo di servizio educativo. L’educatore coinvolge i bambini proponendo attività che includano dimensioni di creatività, immaginazione, arte, socializzazione.
L’importanza del gioco è sottolineata da Gray che sostiene che esso sia un “metodo di apprendimento” in quanto premette al bambino di sperimentare diverse dinamiche tra cui: senso di responsaiblità, condivisione, aspetti di regolazione…
Di Pietro sottolinea l’importanza che viene data anche al gioco spontaneo (diverso da gioco libero). Attività che nasce dal nulla, apparentemente inutile ma emotivamente coinvolgente. L’intenzionalità educativa non è solo per i bambini, ma anche con i bambini, infatti egli non è solo il regista dei giochi ma anche l’interprete, è coinvolgente e coinvolge. È aperto quindi al gioco spontaneo, a giocare con “niente” con gli oggetti del quotidiano.

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13
Q
  1. Centri per bambini e famiglie; genitori e bambini crescono insieme
A

6.1 - Dimensione pedagogica
Normato dal decreto 65/2017 specifica che i CBF accolgono bambini dai 0 ai 36 mesi accompagnati da un adulto. Propongono attività di socializzazione, gioco e apprendimento, non è prevista la mensa, la frequenza è flessibile e incentiva l’aggregazione famigliare spontanea.
Un ruolo importante lo svolge l’ambiente, che ha una vera e propria funzione educativa e per questo motivo deve essere strutturato in modo adeguato. È un luogo senza vincoli di accesso e per il quale si chiede però di garantire la continuità dell’adulto (genitore, nonno, zio).
I principali obiettivi sono:
- fornire uno spazio in cui è possibile supportare le famiglie
- proporre attività in cui sia presente i gioco, la socializzazione ma anche la possibilità di aggregazione spontanea famigliare
- dare la possibilità al bambino di socializzare sia con altri bambini ma anche con adulti di riferimento
- presenza di personale formato in grado di gestire questo particolare tipo di servizio.

6.2 - Professionalità educativa
Un aspetto particolare di questa realtà educativa, è la triangolazione educativa, ovvero la costante presenza di tre attori: educatore, adulto e bambino. Questa dinamica richiede specifiche competenze e capacità da parte dell’educatore, che deve essere in grado di regolare la sua presenza o assenza, quindi deve essere discreto. L’educatore si pone anche esempio, in quanto da la possibilità all’adulto di osservare nuovi modi di relazionarsi con il bambino e l’adulto può, inconsapevolmente, apprendere osservando e vivendo determinate situaizoni. Inoltre, l’educatore spesso supporta l’adulto, intervenendo qualora lo ritenga necessario aiutandolo a trovare le parole, i gesti o la postura più adeguata nella gestione del bambino.
Come già detto, l’ambiente è importante in quanto svolge una funzione educativa. L’educatore, dopo una prima fase di inserimento in cui agevola l’esplorazione da parte dell’educatore e bambino, si ritira affinchè l’adulto poi prosegua e favorisca lo sviluppo dell’autonomia del bambino.
Inoltre, in questi servizi educativi vengono proposti incontri formativi (con educatore o altra figura professionale) in cui si affrontano temi specifici su educazione, genitorialità ecc… utili come spunto di riflessione per l’adulto.
Infine, questi luoghi sono delle possibilità di aggregazione per gli adulti che possono condividere, scambiare opinioni e appunto aggregarsi. L’educatore deve essere in grado di incentivare questo tipo di scambio proprio per l’importanza che riveste la creazione di rete sociale.

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  1. Servizi educativi in contesto domiciliare: educare nella casa
A

7.1 Dimensione pedagogica
Normato dal decreto 65/2017 è un servizio che accoglie bambini dai 3 ai 36 mesi. Concorre con la famiglia all’educazione e cura dei bambini. Il numero dei bambini è ridotto e sono seguiti da uno o più educatori.
Fondamentale l’ALLEANZA EDUCATIVA:le famiglie scelgono qeusto servizio in quanto condividono gli stessi prinicipi e valori in termini educativi, e condividono il progetto pedagogico proposto.
I bambini accolti seguono una routine nel rispetto dei tempi e dei loro bisogni. In queste realtà educative i tempi sono più distesi e vengono maggiormente personalizzati.

7.2 Professionalità educativa

L’educatore deve possedere la laurea l-19 indirizzo infanzia. È richiesto abbia sviluppato competenze teoriche e pratiche in ambito psicologico, pedagogico e sociologico ma anche capacità specifiche in ambito della progettazione, programmazione, attuazione e verifica delle attività educativa. Inoltre, essendo solitamente lavoratore autonomo, sono richieste capacità di gestione e di organizzazione.
L’ambiente deve essere predisposto affinchè sia accogliente per i piccoli ospiti, oltre che messo in sicurezza, pur mantenendo le caratteristiche personalizzate che la identificano come casa dell’educatore.
Due sono gli aspetti importanti da tenere presenti:
- supervisione continuativa: è un lavoro faticoso, gestire tutto da soli può essere difficile ed è quindi consigliata la supervisione costante
- contatti con altre realtà educative simili affinchè si sviluppi una rete che possa fornire confronto, supporto, scambio. Inoltre i bambini possono socializzare con altri bambini e altri adulti

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15
Q
  1. Comunità mamma-bambino e comunità familiare: una relazione educativamente familiare
A

8.1 Dimensione pedagogica
Entrambe queste realtà non sono sovrapponibili, ma hanno caratteristiche in comune.
La comunità mamma-bambino accolgono diadi di madre-figlio che necessitano di un concreto sostegno, supporto della loro quotidianità e che si trovano in stato di disagio, di marginalità o di violenza.
In seguito al primo colloquio, viene redatto il progetto individuale che mira al reinserimento e all’autonomia della diade. La vita in comunità segue i ritmi della vita famigliare, compresi gli aspetti condivisi come i pasti, la pulizia, i momenti di svago.
La comunità familiare accoglie soltanto il minore che è stato allontanato dalla famiglia naturale che in questo momento non può occuparsi in modo adeguato di lui. L’obiettivo è il ricongiungimento, ma non sempre è possibile. Durante l’allontanamento ì famigliare i dovrebbero seguire percorsi educativi o psicologici. Eventualmente viene considerato l’affido o l’adozione.

8.2 professionalità educativa
L’educatore deve essere laureato in scienze delll’educazione. Il suo lavoro è molto delicato, non si tratta di erogare un servizio, ma di condividere un tratto del percorso di vita di persone con estrema difficoltà. Questo significa che la postura educativa si svolge in equilibrio sul versante partecipazione distacco. Fondamentale è instaurare una relazione educativamente familiare, questo significa avvicinarsi in modo empatico, accogliente, di condivisione quotidiana ma allo stesso tempo essere in grado di non varcare il limite della professionalità.
Giordano parla di un’irrinunciabile “implicazione”, ovvero l’educatore naturalmente deve piegarsi alle vite degli educandi ma allo stesso tempo deve uscire dalle pieghe di quelle vite affinchè possa accompagnarle per raggiungere i traguardi di sviluppo necessari.
In ultimo, l’eudcatore lavora lal’interno della comunità, ma deve altrettanto tenere in considerazione i contesti naturali di vita delle famiglie (hobby, lavoro, scuola) e promuovere le relazioni che si instaurano all’interno di questi contesti e intervenire laddove manchino. Questo perchè quando si uscirà dalla comunità, ci sarà già una rete solida pronta a supportare.

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  1. Servizi di educativa territoriale-domiciliare: il ruolo di guida, cornice e completamento
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9.1 - Dimensione pedagogica
Questo tipo di servizio prende forma nell’home visiting, ovvero l’educatore interviene all’interno del contesto naturale della famiglia. Generalmente si tratta di bambini dai 0 ai 6 anni, ma possono capitare anche bambini di 10 e oltre. Le tempistiche variano a seconda del progetto e degli obiettivi da raggiungere, può trattarsi di mesi oppure anni.
Questo tipo di interventi avvengono in seguito a segnalazioni di disagio, marginalità, difficoltà gestione educativa.
L’intervento educativo si compie nella casa naturale ma anche considera il parco, il rione, la scuola.
ITER: segnalazione ai servizi sociali che prendono contatti con educatore e famiglia. Segue una fase di osservazione e in seguito avviene la stesura del progetto. All’interno del progetto si indicano obiettivi da raggiugnere, tempistiche, azioni previste, indicatori di monitoraggio e verifica. È una fase importantissima che orienta l’azione educativa.

9.2 Professionalità educativa
L’educatore in punta di piedi: la situazione è molto delicata, per questo l’espressione citata. L’educatore entra nella vita della famiglia, il suo ruolo educativo è triangolato:interviene sia sul bambino sia sul genitore. .
L’obiettivo è quello di fare emergere e rinforzare le risorse positive affinchè la relazione affettiva tra genitore e figlio diventi significativa.
È assolutamente fondamentale la sospensione del giudizio (difficile in caso di maltrattamento, ma necessario per un intervento efficace).
Il genitore deve sentire che l’educatore è dalla sua parte, che fa il tifo per lui, non si sente giudicato. L’educatore deve comprendere il naturale timore e la resistenza che potrebbe avere il genitore, soprattutto inizialmente.
SIELI individua tre ruoli diversi dell’educatore:
- ruolo di GUIDA: L’educatore fa si che emergano le risorse positive all’interno del nucleo familiare e che qeuste siano spendibili all’interno del contesto famigliare;
- ruolo di CORNICE: l’educatore Crea un contenitore che promuova il cambiamento è allo stesso tempo favorisca il naturale sviluppo della relazione familiare
- ruolo di COMPLETAMENTO: l’educatore non si sostituisce alla famiglia, ma ha fiducia nelle capacita dei genitori e le rinforza attraverso piccoli gesti quotidiani, con una presenza discreta e silenziosa