Libro - I Momenti Di Cura - Le Prospettive Flashcards

1
Q

Formarsi al lavoro di cura

A

SVALORIZZAZIONE DELLA CURA e CONCETTO DI MATERNAGE
Da sempre la cura è stata svalorizzata, considerata come qualcosa di meno importante e associata al mondo femminile. Se pensiamo al nido d’infanzia o alla scuola materna, la cura è spesso soggetta ad essere considerata un elemento trascurabile, che non ha valore come possono averlo per esempio altre attività didattiche che sono considerate maggiormente favorevoli all’apprendimento.
Negli ultimi decenni, studi e ricerche hanno iniziato a considerare la cura come un lavoro in CONTINUITA’ con il lavoro della madre e questo non significa che ad agirla sia per forza una donna. A questo si fa riferimento al concetto di MATERNAGE, come un ‘insieme di atteggiamenti quali la capacità di ascolto, di sensibilità di recepire i segnali dell’altro e rispondervi in modo adeguato. Nello specifico questi atteggiamenti possono essere distinti in due tipi di azioni: MATERIALI (azioni concrete rivolte verso il bambino: cambio, vestire, pulire il nasino ecc…); azioni del CONOSCERE L’ALTRO, ovvero osservare attentamente l’altro affinchè si possano scoprire quei tratti individuali che lo rendono unico nel suo genere.
—> Mentre mi occupo del bambino e agisco azioni di cura concrete, imparo a conoscerlo e a scoprire le sue caratteristiche individuali

DIMENSIONE COGNITIVA DEL MATERNAGE
Queste riflessioni portano a considerare il concetto di maternage come un qualcosa che non può essere spontaneo o improvvisato. La dimensione cognitiva del maternage comprende tre importanti elementi:
- OSSERVAZIONE DEGLI AGITI
- PENSARE RIFLESSIVO
- PROGETTAZIONE DEGLI INTERVENTI

DIFFERENZA TRA MADRE ED EDUCATRICE
Uno degli aspetti che differenzia la relazione tra la madre e il suo bambino e l’educatrice e un bambino, è sicuramente il tipo di legame che si instaura tra i due (il tempo condiviso assieme per esempio è limitato nel caso dell’educatrice e si vive nell’esperienza presente). Un altro aspetto importante da non sottovalutare è il fatto che tra la madre e il suo bambino, è la relazione importante tra i due che fonda le cure; invece nel caso dell’educatrice, sono le cure nei confronti del bambino che porteranno ad instaurare una relazione. Ne consegue quindi che per instaurare una relazione POSITIVA è RECIPROCAMENTE SODDISFACENTE è assolutamente necessario che le azioni di cura siano azioni di QUALITA’.

GESTIONE DELL’EMOTIVITÀ IN AMBITO EDUCATIVO

La relazione di cura soprattutto in ambito educativo, è una relazione complessa intrisa di emotività che deve essere gestita dall’educatore. La relazione con i bambini piccoli può far emergere nell’adulto i vissuti emotivi della sua infanzia; il rischio è quello di agire sulla base dei propri vissuti perdendo di vista i reali bisogni del bambino.

FORMAZIONE E SUPERVISIONE
Più genericamente si possono considerare la formazione e la supervisione come quelle “sedi di pensierino” in cui l’educatore può elaborare i propri vissuti e dedicarsi alla manutenzione del suo sé professionale.

La formazione, oltre a quella di base universitaria, dovrebbe essere PERMANENTE. L’educatrice dovrebbe considerare la formazione come una traiettoria professionale permanente.
La supervisione invece, dovrebbe essere costante e sistematica proprio per i delicati equilibri emotivi che un’educatrice vive quotidianamente nei contesti educativi.

Il lavoro di cura si compone quindi di due elementi fondamentali:
- Conoscere i bisogni dell’altro: osservare attentamente il bambino, i suoi gesti, le sue espressioni (soprattutto quando non è ancora molto abile nel linguaggio) in modo da comprendere i suoi bisogni fondamentali e potervi rispondere adeguatamente
- Riflettere sulle proprie azioni: l’educatore deve essere in grado di osservarsi mentre agisce e riflettere su quello che sta facendo e in che modo lo sta facendo. È indispensabile individuare quelle azioni che potrebbero essere ad esempio un freno per l’autonomia del bambino.

EDUCAZIONE INVISIBILE OGGETTO DI OSSERVAZIONE
Va quindi distinta l’EDUCAZIONE INVISIBILE da quella visibile. L’adulto, oltre ad agire con azioni concrete e progettare interventi educativi, mette in atto inconsapevolmente schemi di comunicazione senza avere la consapevolezza della loro valenza educativa (non sempre costruttiva per i bambini piccoli). Questi schemi comunicativi generalmente hanno più a che fare con l’adulto stesso, con i suoi vissuti emotivi e con le aspettative non dichiarate, piuttosto che con concetti o teorie pedagogiche.
Diventa quindi necessario elevare ad oggetto di indagine l’educazione invisibile in modo da divenire consapevoli di questi scambi comunicativi e poter agire concretamente progettando anche il NON DETTO.
L’OSSERVAZIONE è in questo caso lo strumento per eccellenza che permette di porre uno sguardo MIRATO sia sul bambino, sia sulle proprie azioni (sull’osservazione c’è un paragrafo a parte).

DIFFERENZA TRA FARE ESPERIENZA E AVERE ESPERIENZA
Tutti possono fare esperienza senza acquisirla mai. Ciò che permette di acquisire esperienza, che fa si che si possa dire di AVERE ESPERIENZA, è la traduzione in parole di quanto si è esperito. Tradurre in parole significa RIFLETTERE, elemento fondante del lavoro di cura.

How well did you know this?
1
Not at all
2
3
4
5
Perfectly
2
Q

Osservazione e cura

A

La professione dell’educatore fa riferimento a due modelli:
- Modello SOCIALE: è orientato a trasmettere norme sociali e di comportamento al bambino, affinché possa inserirsi all’interno di una comunità e vivere la quotidinaità. Questo modello però tende a non promuovere le potenzialità del bambino
- Modello PRE-SOCIALE: considera l’unicità del bambino, le sue potenzialità, il suo percorso di crescita personale e anche le fragilità che questo periodo evolutivo porta con se.

BAMBINO REALE VS BAMBINO IMMAGINATO
L’educatore dovrebbe quindi calarsi all’interno di questo modello PRE-SOCIALE, ma il primo passo per riuscirci è abbandonare il bambino immaginato che si è formato nella sua mente e lasciare spazio al bambino REALE, con i suoi bisogni essenziali, con le sue caratteristiche, con le sue potenzialità e fragilità.

METODO OSSERVATIVO
Diventa fondamentale adottare un approccio osservativo che abbia uno sguardo RELAZIONALE. La relazione deve essere considerata il campo di indagine più appropriato conoscere il bambino, il suo mondo interiore e comprenderlo.

BREVE STORIA SUL METODO OSSERVATIVO
Inizialmente la psicologia infantile utilizzava il metodo osservativo sotto forma di monografie biografiche. Era l’adulto che si occupava di redigere questo documento descrivendo caratteristiche e comportamenti del bambino.
Dagli inizi del ‘900 però si è iniziato a dare importanza all’osservazione in condizioni naturali, come nel caso della psicanalisi e dell’etologia. (Contesti naturali: famiglia, scuola, qualsiasi contesto significativo per il bambino).

PROBLEMA DELLA SOGGETTIVITA’ NELL’OSSERVAZIONE
Emerse quindi il problema della soggettività, ovvero la difficoltà di essere totalmente oggettivi durante l’osservazione e riportare fedelmente i dati senza incorrere in distorsioni da parte dell’osservatore.

SOGGETTIVITA’: CRITICITA’ O RISORSA?
Secondo l’etologia, la soggettività rappresentava una criticità. La psicoanalisi invece la considerava una risorsa in quanto attraverso il “sentire” dell’osservatore è possibile cogliere dettagli significativi per la comprensione del bambino. Questo punto di vista viene considerato anche per l’educazione: l’educatrice attenta osservatrice, può avvalersi della sua soggettività come risorsa per approfondire e conoscere meglio il bambino che ha davanti.

SOGGETTIVITA’, RISORSA DA GESTIRE!
Come già detto, l’educatrice è portatrice di una storia, di un passato e di vissuti emotivi che derivano dalla sua infanzia. Quando si avvicina ad un bambino porta con se la sua personalità, il suo mondo interiore, e tutto questo bagaglio emotivo derivante dal suo passato. È quindi importante IMPARARE AD OSSERVARE. Per imparare ad osservare bisogna quindi per prima cosa essere in grado di distinguere:
- l’oggetto osservato, ovvero il bambino con le sue caratteristiche, le sue qualità, le sue fragilità
- la percezione di sé: il proprio sentire, i propri vissuti emotivi, le proprie azioni all’interno della relazione.

La soggettività è quindi una risorsa che non deve essere eliminata, ma deve essere controllata. Impariamo innanzitutto a distinguere tra FATTI e IMPRESSIONI PERSONALI.

INTEROSSERVAZIONE
Una pratica molto utile per controllare la propria soggettività, è l’interosservazione. Prevede la discussione con il proprio team di quanto si è osservato, affinché dalla soggettività si passi all’intersoggettività.
È una pratica molto utile perchè questo tipo di confronto può far emergere punti di vista molto diversi su uno stesso elemento osservato. Ciò che emerge è infatti l’idea di bambino che ha guidato l’interpretazione in quel momento. Si pensi ad esempio un bambino che gioca da solo alle costruzioni; sulla base dell’idea di bambino che si possiede, un educatore potrebbe pensare che il bambino non sia tanto socievole, ma un altro invece potrebbe sottolineare come positivo l’aspetto dell’autonomia.

TRE PRINCIPI METODOLOGICI CHE DERIVANO DALLA PSICANALISI
È utile considerare questi tre principi su cui si basa l’osservazione
1. E’ importante considerare il contesto allargato e non concentrarsi unicamente sul bambino. Famiglia, relazioni, dimensione sociale ed emotiva
2. Prestare attenzione ai dettagli, siano essi reali e visibili, siano essi aspetti che fanno parte dell’interiorità del bambino
3. Studio della continuità genetica: dobbiamo sempre considerare che ogni comportamento o processo mentale è una tappa in una serie in evoluzione.

COSA, COME È QUANDO OSSERVARE?

COSA
Quando ci chiediamo COSA osservare, ci riferiamo allo SGUARDO MIRATO che dobbiamo rivolgere al bambino che stiamo osservando. Lo sguardo mirato ci permette di conoscere meglio il bambino, le sue caratteristiche, quei tratti individuali che lo rendono unico e speciale. Lo sguardo mirato si attiva anche in seguito ad una preoccupazione, ad un comportamento che ci impensierisce e su cui vogliamo maggior chiarezza affinchè si possa capire meglio il bambino e i suoi bisogni.
Lo sguardo mirato significa quindi un’ATTENTA OSSERVAZIONE alla gestualità, al comportamento non verbale, all’espressività del bambino. Non dimentichiamo di considerare anche le SEQUENZE DI AZIONI che devono essere contestualizzate in modo da comprendere meglio il bambino.
Indipendentemente dal tipo di strumento osservativo che viene utilizzato, è L’OSSERVAZIONE SISTEMATICA che favorisce l’emergere di quei dettagli indispensabili alla comprensione del bambino e quindi ORIENTA l’educatrice nella progettazione di interventi adeguati.

COME
Ci riferiamo alle diverse tecniche che si possono utilizzare per riuscire a controllare la soggettività. Due strumenti vengono descritti:
- Il protocollo osservativo, per il quale si dovrebbe porre attenzione ai termini che si decidono di utilizzare. Non devono essere né VALUTATIVI (significa che l’educatore non è riuscito a distinguere fatti da interpretazioni), né troppo GENERICI (es. gioca, salta…. Non descrivono dettagliatamente un’azione).
- Videoregistrazione: permette di osservare in un secondo momento, confrontando il video con un collega dell’equipe.

QUANDO OSSERVARE
Con questa domanda ci si riferisce a quale momento della giornata osservare, per quanto tempo e con che frequenza.

NUOVI ORIENTAMENTI SCUOLA DELL’INFANZIA
Questo documento del 1991, già in quegli anni sottolineava come importante l’osservazione per poter cogliere l’unicità del bambino e quindi la relativa importanza nel progettare interventi adeguati.
Nel testo vengono specificate le tre funzioni dell’osservazione:
- FUNZIONE FORMATIVA: un’attenzione selettiva e mirata permette di cogliere dettagli che favoriscono la comprensione. È un atteggiamento correlato alla necessità di comprendere PRIMA di intervenire
- FUNZIONE PROGETTUALE: l’osservazione favorisce una progettazione adeguata che rispecchi i valori e i fini che si prefigge il servizio educativo
- FUNZIONE VERIFICA E VALUTAZIONE: l’osservazione permette di verificare gli interventi proposti e di valutarne l’adeguatezza.

Per concludere, L’OSSERVAZIONE OCCASIONALE (intendendo comunque un guardare mirato, anche se non progettato) e l’OSSERVAZIONE SISTEMICA, promuovono:
- Una maggiore conoscenza specifica del bambino
- L’acquisizione di un’abitudine nell’oggettivare le proprie rifelssioni
- il ricorso al confronto intersoggettivo.

How well did you know this?
1
Not at all
2
3
4
5
Perfectly
3
Q

Quando possiamo parlare di buona cura in ambito educativo?

A

Questo capitoletto inizia con il porre attenzione sul concetto di fare un mestiere e avere del mestiere. Il mestiere dell’educatore, non è “solo un mestiere” per il quale uno “deve essere portato”. È un mestiere alto e nobile, che porta con se una grande responsabilità nei confronti dei bambini che vengono accompagnati nella loro crescita.
AVERE DEL MESTIERE significa prima di tutto possedere CONOSCENZE, ABILITA’ E COMPETENZE, frutto di una formazione di base e di una formazione PERMANENTE. Gli studi non possono esaurirsi con la conclusione dell’università. È bene fare molta attenzione, perchè il rischio che si corre è quello di renderlo “solo un mestiere”, scivolando nella mera esecutività delle azioni.

QUANDO POSSIAMO PARLARE DI UNA BUONA CURA?
Ci riferiamo a tre parametri: Le finalità della cura, l’atteggiamento di cura, i comportamenti di una buona pratica di cura

LE FINALITÀ DELLA CURA
I compiti dell’educatore dovrebbero essere:
- Promuovere le potenzialità del bambino, partendo dalle sue caratteristiche e dai suoi bisogni irrinunciabili ai quali l’educatore è tenuto a rispondere adeguatamente;
- Promuovere il suo naturale bisogno di diventare autonomo considerando il bambino unico e distinto da ogni altro bambino. Significa quindi considerare il suo personale percorso verso l’autonomia;
- Aver cura delle relazioni: la relazione con il bambino, le relazioni che si instaurano tra i bambini;
- Aver cura di creare un buon clima di gruppo.

Qualità delle relazioni
Come già detto molte volte, ciò che garantisce il BENESSERE DELLA CRESCITA e LA SIGNIFICATIVITA’ DELLE ESPERIENZE è la qualità delle relazioni.

La professionalità educativa ha subito un grande cambiamento a livello di cultura pedagogica, soprattutto nei nidi di infanzia. Il cambiamento è dovuto principalmente a due fattori:
- Non ci sono più le perplessità di un tempo legate al lasciare bambini piccoli senza la propria mamma;
- Si è ridimensionato il timore del contagio derivante da contesti molto affollati (timore legato al fatto che questi contesti erano più a carattere assistenziale e sanitario).
Soprattutto negli ultimi decenni, si è iniziato a porre attenzione alla DIMENSIONE EDUCATIVA. L’educatrice però, ancora oggi purtroppo, tende a ricoprire un duplice ruolo distinto:
- ciò che riguarda l’educare, lo sviluppo motorio e cognitivo (tutte quelle azioni mirate riguardanti aspetti didattici)
- le azioni di cura, o spesso ancora considerate momenti di routine, quali il cambio, il lavaggio mani, i pasti ecc….
Questa distinzione ormai è chiaro sia FALSA. Non si tratta di routine (Abbiamo già spiegato che questo termine rimanda ad atteggiamenti meccanici ed automatismi), ma di momenti di cura che hanno LA STESSA VALENZA EDUCATIVA di tutte le altre attività. Qualsiasi esperienza (gioco, attività di didattica, momento di cura) è intrisa di relazioni e di emozioni che favoriscono in ogni momento l’apprendimento e che sono importanti per lo sviluppo e il benessere del bambino.

L’ATTE
GGIAMENTO DI CURA

La competenza professionale si può quindi considerare un intreccio tra:
- il bagaglio teorico ed esperienziale dell’educatrice

  • la conoscenza specifica del bambino

Elementi dell’ESSENZA DELLA CURA
- Declinare la propria presenza: non deve essere intrusiva, l’educatore deve stare in posizione seconda in modo da essere discreto ma sintonizzato sui bisogni del bambino;
- Riflessività: il proprio agire deve divenire oggetto di indagine affinchè si possa divenire consapevoli del “cosa” e “come si fa” all’interno della relazione
- Fiducia: l’educatore deve avere fiducia nel bambino (gestire la propria ansia quando il bambino incontra delle difficoltà per es. nel mangiare o dormire), nelle sue capacità e nel suo personale modo di voler divenire autonomo. Allo stesso tempo la relazione che instauriamo deve favorire fiducia da parte del bambino, nell’ educatore. Deve sentire di essere rispettato nelle sue fragilità e nel suo particolare modo di essere
- Disponibilità emotiva e cognitiva: l’educatore deve mettere a disposizione tutte le sue capacità e risorse all’interno della relazione
- Ricettività: significa fare posto all’altro, e quindi significa avere uno spazio “vuoto”, libero da preoccupazioni e pregiudizi
- L’empatia: permette di sentire dentro di sé l’esperienza dell’altro, senza rischiare di fondersi con l’altro. L’empatia permette di adottare risposte più adeguate per ogni singolo bambino
- Attenzione: attenzione mirata permette di cogliere informazioni per un intervento opportuno e quindi favorisce uno sviluppo emotivo positivo
- Ascolto: ascoltare l’altro significa fare posto per l’altro dentro di sé. Tutti abbiamo bisogno di sentirci ascoltati e accolti.
- Responsività: Rispondere in modo adeguato ai bisogni dell’altro. Significa adottare azioni che riflettono l’intenzione dell’educatore di agire per il benessere del bambino

I COMPORTAMENTI DI UNA BUONA PRATICA DI CURA
Ci sono dei gesti che favoriscono il rafforzamento delle STRATEGIE e dell’AUTONOMIA del bamino:

  • Qualità degli ambienti: gli educatori devono allestire e organizzare l’ambiente in modo da favorire l’esplorazione del bambino. Bisogna quindi prestare attenzione sia alla POSIZIONE DEGLI OGGETTI (che siano a portata di bambino in modo che possano utilizzarli qualora siano interessati e possano farlo in base ai propri ritmi) e ai MATERIALI A DISPOSIZIONE (favoriscono il rafforzamento dell’identità, aumentano le capacità del bambino, gli permetto di conoscere sé stesso…)
  • Non sostituirsi al bambino: favorire sempre l’azione del bambino, evitare di intervenire soprattutto se c’è un tentativo del bambino di fare da solo. Questo lo fa sentire considerato capace e lo stimola a fare da solo. Sostituirsi al bambino invece mantiene una condizione di dipendenza influenzando negativamente sulla sua autostima;
  • Posizione seconda: come scritto sopra, è una presenza non intrusiva quella dell’educatore che in questo modo può osservare e ascoltare il bambino riuscendo a conoscere sempre meglio le sue caratteristiche e il suo personale modo di stare al mondo
  • Evitare la fretta nei gesti di cura: squalifica ogni gesto e manda il messaggio all’altro che la relazione non ha importanza. La fretta generalmente è dovuta a più fattori: organizzativi (tempi e orari da rispettare con il personale ausiliario); atteggiamento dell’educatrice (che trasmette l’idea di fondo che la cura è solo un momento di routine senza alcuna valenza educativa)
How well did you know this?
1
Not at all
2
3
4
5
Perfectly