Microscopi Flashcards

1
Q

Limite di risoluzione

A

Esistono diversi tipi di microscopi che ci consentono di osservare oggetti di dimensioni che variano dal millimetro all’Angstrom (0,1nm). Introduciamo quindi il limite di risoluzione: la possibilità di distinguere come separati punti sempre più vicini tra loro. Il limite di risoluzione dell’occhio umano è 0,2-0,3 mm; quella del microscopio ottico 0,2-0,3 µm; quella del microscopio elettronico 0,1-0,2 nm. Questi valori vengono calcolati tramite diversi parametri λ/(2n senα) dove n è l’indice di rifrazione del mezzo che separa l’oggetto dall’obiettivo - aria (obiettivi a secco), acqua o olio (obiettivi a immersione). Una cellula è di norma sufficientemente grande da poter essere visibile al microscopio ottico (dove si potranno distinguere membrane e nucleo). Mentre per osservare le microstrutture è necessario il microscopio elettronico. Le cellule che si osservano al microscopio ottico possono essere osservate direttamente ponendole sotto il microscopio (quindi anche cellule vive); mentre per il microscopio elettronico è necessaria la preparazione del campione ovvero bisogna “sacrificare” e attuare una serie di manipolazioni del campione da osservare (colorazione, taglio).
Per aumentare il potere di risoluzione quindi si possono usare gli accorgimenti, ad esempio, utilizzare delle lenti ad immersione che aumentano l’apertura numerica della lente, oppure usare come fonte di luce una luce ultravioletta (quindi diminuire lunghezza d’onda della luce).

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2
Q

Apertura angolare

A

L’apertura angolare di una lente è l’emi-angolo α del cono di luce che dal campione penetra nell’obiettivo del microscopio. Quindi: il campione viene irradiato dalla luce, questa luce viene deviata dal campione che genera un angolo, la metà di questo angolo vendicata con α; a seconda che quest’angolo sia piccolo o grande avremo delle lenti che hanno una bassa o alta apertura. Più grande l’apertura angolare e maggiori sono le informazioni che la lente può trasmettere (di solito le migliori lenti per i microscopi hanno un’apertura angolare di circa 70°). L’unità di misura dell’apertura angolare è l’apertura numerica NA, una grandezza strettamente legata al poter risolutivo; infatti, la NA viene definita come il prodotto dell’indice di rifrazione n per il seno del semiangolo di apertura dell’obiettivo: NA = n senα. Ad un’alta apertura numerica corrisponde un buon potere risolutivo. Per un obiettivo a secco la più alta NA è circa 0,95; mentre per l’obiettivo a immersione in olio è circa 1,5. Gli obiettivi a secco quindi ci permettono di osservare delle immagini meno nitide rispetto ad obiettivi ad immersione.

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3
Q

Microscopio ottico

A

I microscopi ottici sfruttano la luce per illuminare il campione.
Il microscopio, solitamente presente nel laboratorio di un biologo cellulare, è il microscopio ottico che ci consente di osservare i preparati biologici e la morfologia della cellula. Le varie parti che costituiscono il microscopio sono: gli oculari che possono essere uno o due e sono delle lenti dove si poggiano gli occhi per osservare l’immagine; questi sono collegati tramite un sistema tubolare agli obiettivi (sul revolver sono caricati più obiettivi, ruotando il revolver si può cambiare obiettivo - sull’obiettivo inoltre possiamo trovare incise alcune informazioni come apertura numerica o dimensione) attraverso cui passa la luce; un tavolino dove viene posizionato il campione da osservare - solitamente posto su un vetrino - e poi c’è un condensatore che serve a far convergere i raggi luminosi verso il il campione.
A seconda delle informazioni che vogliamo ottenere, osserviamo il campione con un microscopio differente – ogni microscopio dà infatti informazioni diverse sulla struttura della cellula.

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4
Q

Microscopio in campo chiaro/scuro

A

Nella microscopia in campo chiaro l’immagine si forma grazie alla trasmissione della luce attraverso una cellula (o altro campione). Poiché c’è poco contrasto, i dettagli della struttura cellulare non sono visibili. Nella microscopia in campo oscuro i raggi di luce sono diretti lateralmente e soltanto la luce diffusa dal campione attraversa le lenti. La cellula appare come un oggetto luminoso su di uno sfondo scuro. Non è necessaria la colorazione del campione.

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5
Q

Microscopio a fluorescenza/confocale

A

Il microscopio a fluorescenza è impiegato per individuare molecole specifiche all’interno delle cellule. Il microscopio a fluorescenza è in sostanza un microscopio ottico in cui la luce (vapori di mercurio oppure LED di elevata potenza) ha lo scopo di fornire una quantità di energia sufficiente ad innescare l’emissione di radiazioni luminose da parte di particolari molecole fluorescenti (molecole che riescono ad assorbire la luce e ad emettere esse stesse luce). Il fenomeno della fluorescenza viene sfruttato molto in biologia perché consente di colorare strutture all’interno delle cellule.
Il microscopio confocale è sostanzialmente un microscopio ottico in epifluorescenza che utilizza una sorgente di luce laser. È un’evoluzione del microscopio a fluorescenza che ci consente di avere immagini più nitide e dettagliate.

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6
Q

Microscopio a contrasto di fase e a interferenza differenziale

A

La microscopia a contrasto di fase e la microscopia a contrasto di interferenza differenziale (Nomarski) sfruttano le differenze di densità all’interno della cellula. Tali differenze di densità all’interno della cellula fanno sì che le varie regioni del citoplasma rifrangano la luce in maniera diversa. Il microscopio a contrasto di fase viene usato per osservare preparati a fresco o colture in vitro. Il principio su cui si basa il microscopio a contrasto di fase è il concetto di rifrazione della luce: quando la luce attraversa le cellule, queste rifrangono la luce che viene captata e raccolta dalle lenti per generare un’immagine basata sulle differenze di indice di rifrazione dei vari compartimenti cellulari. Le immagini risultanti ci permettono di osservare grossolanamente la morfologia della cellula. Con il microscopio a contrasto di interferenza si riescono ad osservare anche delle variazioni dell’indice di rifrazione. Questo avviene perché il raggio della sorgente luminosa viene separato in due raggi: il primo, viene inviato direttamente al preparato e lo attraversa, quindi si legge il raggio di rifrazione, il secondo invece segue un altro percorso; e infine si riuniscono. L’interferenza tra questi due raggi dà come risultato maggiori informazioni riguardo la struttura cellulare.

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7
Q

Microscopi elettronici

A

Se vogliamo scendere ancor di più nel dettaglio e osservare l’ultrastruttura della cellula dovremmo utilizzare microscopi elettronici. Esistono due tipi di microscopio elettronico: microscopio elettronico a trasmissione (TEM) e microscopio elettronico a scansione (SEM). Il TEM è utilizzato primariamente per esaminare le strutture all’interno delle cellule in quanto fornisce immagini ad altissima risoluzione e fortemente ingrandite. Il SEM invece fornisce un’immagine tridimensionale dell’oggetto osservato.

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8
Q

Microscopio a luce polarizzata

A

Il microscopio a luce polarizzata è caratterizzato da due prismi: il polarizzatore e l’analizzatore che consentono di osservare preparati birifrangenti (ad esempio i capelli).

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9
Q

Punto focale

A

All’interno di un microscopio i raggi paralleli raggiungono la lente - che ha una certa curvatura - e vengono deviati in modo da convergere tutti in un punto: punto focale. In questo punto si ha la massima luminosità che il campione può avere. La distanza tra la lente e il punto focale prende il nome di lunghezza focale; è un parametro importante che esprime le caratteristiche di una lente e aiuta a capire a quale distanza bisogna porre il campione da osservare rispetto alla lente per poter avere un’immagine visibile.

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10
Q

Elementi necessari per la formazione dell’immagine

A

Indipendentemente dal tipo di microscopio usato, per la formazione di un’immagine sono necessari tre elementi: campione (oggetto da osservare), sorgente di luce e sistema di lenti che focalizza la luce sul campione e forma l’immagine. Quando un campione è posto sul percorso di un fascio di luce o di elettroni, le caratteristiche fisiche del fascio cambiano in modo da creare un’immagine che può essere interpretata dall’occhio umano o registrata su una lastra fotografica.

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