dc Flashcards

1
Q

Capitolo 7

Aspetti teorici sulla distribuzione del reddito

A

Tutte le questioni politiche importanti vertono sulla distribuzione del reddito: questo rientra nella sfera di
analisi o di economisti, o deve vertere nelle mani dei politici? Impossibile risulta trovare un accordo in base a
un metodo scientifico poiché le questioni in questo ambito non possono essere discusse sulla base di criteri di
oggettività che caratterizzano l’economia come scienza. L’economista ha il compito di contribuire a far si
che i politici decidano tenendo conto sia dell’efficienza, sia dell’impatto distributivo.
La distribuzione del reddito
Definiamo:
• linea della povertà, il livello di reddito sufficiente a garantire i mezzi per soddisfare bisogni
essenziali,
• divario di povertà, quanto reddito si dovrebbe trasferire alla popolazione povera per elevare il
reddito di ciascuna famiglia fino a raggiungere la linea di povertà.
Il problema riguardante le notevoli disuguaglianze nei paesi occidentali è da ricondurre alle differenze
salariali dei capi famiglia che secondo molti economisti sarebbe da ricollegare all’incremento del rendimento
economico dell’istruzione.
Da tener di conto è la natura dei dati raccolti:

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2
Q

Da tener di conto è la natura dei dati raccolti:

A

Da tener di conto è la natura dei dati raccolti:
• In genere il reddito censito consiste solo nelle entrate in denaro delle famiglie. È possibile definire il
reddito di un individuo in un dato periodo come la somma di quanto consumato e risparmiato in quel
periodo. Tuttavia i dati sottostimano o non contano il reddito che non è registrato come flusso di
denaro, ma in natura, ossia il consumo di beni e servizi(rappresentato dal tempo libero, ad es il
tempo speso in famiglia, dai beni durevoli, ad es. la casa…ecc).
Le cifre ufficiali ignorano le imposte: i dati sul reddito sono al netto, e nei paesi occidentali i
programmi di redistribuzioni avvengano principalmente sulle imposte.
• Il reddito viene misurato in base annua: le misurazioni sul reddito hanno significato solo se riferite a
un certo arco di tempo. Solitamente si prende in condizione l’anno, anche se questa non è una misura
che riflette la condizione di un individuo poiché da una parte è troppo ristretta in quanto andrebbe
preso in considerazione un arco spazio temporale che tenga conto dell’intera vita (da giovani si
guadagna meno, durante la mezza età di più e da vecchi nuovamente meno), dall’altro nell’arco di un
anno si possono avere grandi cambiamenti.
• Esistono problemi nella definizione dell’unità da utilizzare: acceso è il dibatto se misurare il reddito
in base ai singoli individui o alle famiglie.

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3
Q

Le ragioni della ridistribuzione del reddito

A

Il benessere della società determinato in termini di utilità
e rappresentato dai livelli di utilità di tutti gli individui:
W=F(U 1 ,U 2 , U 3 …U n ). Questa funzione prende il nome di funzione del benessere sociale utilitaristica, per qualsiasi variazione di U i W↑.
Possiamo considerare un caso particolare che prende il nome di funzione di benessere sociale additiva o Benthamiana, dove W=U 1 +U 2 +U 3 …+U n .
In questo caso se l’obiettivo dello stato è quello di massimizzare il valore di W l’aumento si può avere aumentando le risorse di uno qualsiasi dei soggetti coinvolti. Teorizzando che siano presenti solamente due soggetti la funzione graficamente si rappresenta con curve lineari decrescenti inclinate a 45°.
Ciò determina che tutti gli individui hanno lo stesso peso.
Se quindi il benessere sociale è la somma di funzioni di utilità identiche che dipendono solo dal reddito; se man mano che il reddito di un individuo aumenta il suo benessere cresce, ma in misura sempre minore; se la
quantità totale di reddito è fissa, il reddito dovrebbe essere distribuito in maniera egualitaria.
Fino a quando i livelli di reddito di due individui sono diversi, anche l’utilità marginale sarà diversa e sarà
possibile accrescere la somma delle loro utilità incrementando il reddito dell’individuo più povero a spese di quello più ricco. Il benessere sociale raggiungerà il valore massimo solo nel punto l* dove i livelli di reddito e l’utilità marginale dei due individui sono uguali: l’obbiettivo dell’intervento pubblico dovrebbe essere allora l’assoluta uguaglianza tra i cittadini. Prima di trarre queste conclusioni è opportuno scomporre le
ipotesi su cui queste si basano:

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4
Q

Prima di trarre queste conclusioni è opportuno scomporre le

ipotesi su cui queste si basano:

A
  1. il benessere sociale è la somma di funzioni di utilità identiche che dipendono solo dal reddito: è
    impossibile stabilire se persone diverse hanno funzioni di utilità uguali perché non è possibile
    misurare oggettivamente l’utilità e perché le persone presentano differenze. Tuttavia quest’ipotesi è
    stata posta sia per una condizione etica, sia perché le persone possono avere a un medesimo livello di
    reddito la stessa utilità.
  2. man mano che il reddito di un individuo aumenta il suo benessere cresce, ma in misura sempre
    minore: se è vero che le curve di utilità di un singolo bene sono decrescenti, non è detto che ciò
    avvenga con il reddito. Se questo fosse vero la dimostrazione appena fatta perderebbe di significato.
  3. la quantità totale di reddito è fissa: questa ipotesi suppone che l’importo totale del reddito della
    società sia fisso, tuttavia l’utilità degli individui non dipende solo dal reddito, ma da altri fatt ori
    come il tempo libero. Quindi le imposte e i sussidi influiscono fortemente sulle scelte dei cittadini,
    tanto che distribuendo uniformemente il reddito potrebbero ridursi le risorse disponibili
    complessivamente.
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5
Q

Rawls

A

La ripartizione ottimale del reddito dipende quindi anche dai sistemi utilizzati per ridistribuirlo e dagli effetti
che questi hanno sul comportamento dei cittadini.
Un criterio adottabile è il criterio del max-min, dove il benessere della società dipende unicamente
dall’utilità dell’individuo che sta peggio di tutti:
W= minimo (U 1 , U 2 , U 3 …U n )
Il miglioramento della società si ha quindi con un passaggio dall’allocazione A all’allocazione D, in questo
caso infatti l’utilità del soggetto1(quello povero) diminuisce, mentre aumenta quella del soggetto2 (povero).
L’adozione di tale criterio implica che bisogna perseguire la perfetta uguaglianza nella distribuzione del
reddito accettando le disparità che servono ad accrescere
l’utilità delle persone che stanno peggio.
Il filosofo Rawls, che ideò questo criterio (tanto che questa
curva prende il nome di Rawlsiana) supporta la sua tesi grazie
al criterio di condizione iniziale, ovvero un criterio che
afferma, partendo da una condizione immaginaria nella quale
i cittadini non sanno ancora quale sarà il loro status
economico nella società, temendo di finire a far parte del ceto
più povero preferiscono un intervento pubblico volto ad
assicurare ai più poveri un reddito che sia il più alto possibile

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6
Q

distrib. reddito

A

La distribuzione del reddito non può mai portare un miglioramento paretiano, secondo l’ipotesi che l’utilità
di un individuo dipenda dal suo livello di reddito. Se supponessimo invece che le persone ricche siano
altruiste e quindi la loro utilità dipenda anche dal reddito dei più poveri si potrebbe avere un miglioramento
paretiano. Tuttavia per questi soggetti è difficile effettuare personalmente il trasferimento di reddito per un
problema di esternalità dato da asimmetria informativa, nel quale interverrà lo stato.
La distribuzione del reddito quindi potrebbe essere considerata un bene pubblico perché il livello di
disuguaglianza all’interno della società influisce sull’utilità di tutti i cittadini, infatti è possibile considerare
questa politica come una sorta di assicurazione contro la povertà.
Non tutti i punti di vista seguono una teoria utilitarista, come quella analizzata fino a questo momento:
alcuni, come nel caso dell’egualitarismo dei beni (idea secondo la quale tutti devono avere una certa
disponibilità di alcuni specifici beni come i generi alimentari, un’istruzione minima…), ritengono
imprescindibile che alcuni beni siano distribuiti a tutti; mentre altri sostengono che non conta come viene
distribuito il reddito a condizione che sia il risultato di un processo equo di acquisizione delle risorse.

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7
Q

L’incidenza della spesa pubblica sulla distribuzione

A

Un programma di intervento pubblico può modificare tutti i prezzi relativi determinando perdite e guadagni
anche per individui non coinvolti. Poiché è difficile individuare tutte le variazioni dei prezzi che si verificano
per effetto di un intervento pubblico, gli economisti in genere ipotizzano che una data politica vada soltanto a
beneficio di coloro a cui è rivolta e che gli effetti di altre variazioni di prezzo sulla distribuzione del reddito
siano di portata minore. In molti casi è probabile che questa assunzione sia corretta.
Molti programmi pubblici prevedono la fornitura di beni e servizi, ovvero di trasferimenti in natura, invece
che di trasferimenti in denaro. Questo è verificabile costruendo un grafico “servizio-beni Y”:
• effettuando un trasferimento in natura di un servizio pari a OB, un soggetto (con Vincolo di
Bilancio iniziale CF) si sposta sul VdB PZ, consumando esattamente la quantità OB del bene fornito
dallo stato e impiegando la totalità del reddito nell’acquisto di tutti gli altri beni (punto H).
• effettuando invece un trasferimento in denaro pari al consumo
del servizio in misura pari a OB, può accadere che un soggetto
(con VdB iniziale CF) si sposti sul VdB PZ, non consumando
più esattamente la quantità OB del bene fornito dallo stato, ma
una quantità minore per impiegando la totalità del reddito e il
sussidio non speso nell’acquisto del servizio per acquistare una
quantità tutti gli altri beni in M>H.

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8
Q

denaro o natura

A

Possiamo affermare che un trasferimento in denaro migliora in maniera più incisiva le condizioni di questo
soggetto, tuttavia nei paesi occidentali si ricorre molto spesso al trasferimento in natura per due motivi:
• il primo è che esistono dei problemi nell’individuazione di chi ha e di chi non ha diritto a ricevere il
trasferimento, tanto che in realtà persone che non hanno diritto al sussidio lo ottengono: i
trasferimenti in natura possono scoraggiare la presentazione di domande da parte di chi non ne ha
necessità in quanto in soggetti sono più difficilmente disposti a mentire per ricevere la fornitura di
beni o servizi non cedibili che possiedono già.
• in secondo luogo i trasferimenti in natura possono essere politicamente interessanti perché non
servono solo al destinatario, ma anche al produttore del bene il cui consumo si intende assicurare a
tutti

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9
Q

Capitolo 8
La governance europea delle politiche
fiscali e l’adozione del bilancio dello Stato

A

Dimensione quantitativa del settore pubblico nelle principali economie occidentali
Il grado di intervento del settore pubblico nell’economia varia da paese a paese, soprattutto in caso di
recessione caso in cui è presente un peggioramento dei conti pubblici con dimensioni diverse. Analizzando
un quadro generale possiamo dire che tra il 2005 e il 2010 in molti Paesi si è verificata:
• una crescita più o meno sostenuta della spesa pubblica,
una diminuzione delle entrate sul PIL,
• un’estensione dei debiti.
In caso di crisi infatti la spesa pubblica tende a crescere e le entrate pubbliche a diminuire, in quanto alcune
componenti della spesa pubblica e delle imposte risentono dell’andamento del PIL (se il PIL si riduce la
spesa aumenta e le imposte diminuiscono).
Il patto di stabilità, crescita e la nuova governance europea
È importante in questo contesto analizzare le riforme di governance europea riguardo le politiche fiscali e
monetarie. In seguito al Trattato di Maastricht del 1999 e al Patto di Stabilità e Crescita, i Paesi aderenti
all’Unione Monetaria hanno dovuto rivedere le proprie regole di bilancio e fiscali seguendo queste
disposizioni:
Tasso di inflazione < 1,5% rispetto al tasso medio dei paesi con minor tasso di inflazione
• Tassi di interesse a lungo termine < 2% rispetto al paese con inflazione più bassa
Tasso di cambio con oscillazioni < a quelle previste per lo SME
Debito della PA < 3% del PIL
Rapporto debito pubblico/PIL <60%

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10
Q

Il Patto di Stabilità e Crescita

A

Il Patto di Stabilità e Crescita è stato modificato nel 2005 e nel 2010. Nel 2010 è stata attuata una revisione
del Patto (chiamata Six-pack), sia della componente correttiva, che prevede che i Paesi con un rapporto
debito/PIL >60% riducano progressivamente la parte eccedente di 1/20 l’anno, sia della parte preventiva, che
prevede che i Paesi che tendono all’azzeramento del deficit diminuiscano del 0,5% su PIL all’anno del
deficit strutturale. Le sanzioni conseguenti al mancato rispetto di tale norma sono semi-automatiche e
prevedono il trasferimento dello 0,1% del PIL annuo in un deposito infruttifero.
18
Scaricato da francesca cantelmi (francesca041099@gmail.com)lOMoARcPSD|7781396
lOMoAR cPSD| 1312009
Da un punto di vista legislativo i regolamenti del Six-pack, del Patto euro plus e il Fiscal Compact
prevedono requisiti comuni per tutti gli stati UE su sistemi contabili e procedure di bilancio, ma soprattutto
l’introduzione delle regole sull’equilibrio di bilancio nei testi costituzionali, e ciò ha comportato la modifica
dell’articolo 81 della Costituzione italiana.
Inoltre nel 2010 è stato introdotto il semestre europeo, ovvero un periodo in cui la Commissione predispone
un rapporto al Paese sugli obiettivi stabiliti dal Consiglio Europeo e sulle linee guida delle riforme per
attuarli, dopodiché ogni paese presenta il proprio Programma di Stabilità e i Piani Nazionali di Riforma che
devono essere approvati dal Consiglio per essere attuati.

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11
Q

Le ragioni economiche dei vincoli

A

Le ragioni economiche dei vincoli
Questa perdita di potere sulla politica fiscale ed economica dei Paesi membri non riscontra consenso
unanime. Secondo la teoria delle Aree Valutarie Ottime, infatti, è necessario in caso di shock negativi
asimmetrici (che riguardano un solo Paese) lasciare libere le politiche fiscali (e quindi avere un disav anzo)
per attenuare tali effetti negativi. Ciò potrebbe comportare però il mantenimento da parte di questi Paesi di
un debito elevato, di un crescente ricorso al mercato di capitali e quindi di un aumento dei tassi di interesse.
L’alto debito inoltre potrebbe rendere il Paese a rischio di inadempimento, e di conseguenza seguirebbero
pressioni da parte degli altri Paesi verso la Banca centrale affinché questa allenti la politica monetaria o salvi
il Paese inadempiente comprandone i titoli. Di conseguenza l’aumento dell’offerta di moneta e
dell’inflazione è a carico di tutti i Paesi membri. Per tale motivo il Patto di Stabilità e Crescita richiede
maggiori vincoli alle politiche di bilancio nazionali.
La definizione di operatore pubblico
Il settore pubblico raggruppa tutte le unità istituzionali le cui funzioni principali consistono nel produrre
servizi non destinabili alla vendita, ed è suddiviso in tre sotto-settori:
1. Le Amministrazioni Centrali (Stato, organi costituzionali, ANAS…);
2. Le Amministrazioni locali (enti territoriali come regioni/province/comuni, enti economici locali
come camere di commercio, enti per il turismo, industria…, enti assistenziali locali come università,
istituzioni di beneficenza…);
3. Gli Enti di previdenza, la cui attività consiste nell’erogare prestazioni sociali finanziate attraverso
contributi obbligatori (INPS, INAIL e altri).
Tutti gli enti sopracitati non solo interagiscono con i cittadini per fornire servizi e riscuotere entrate, ma
anche tra loro andando a creare un complesso intreccio di relazioni economiche e finanziarie, che è
necessario rappresentare sinteticamente se si vuole analizzare l’impatto del settore pubblico nell’economia.
Proprio per questo l’ISTAT elabora il Conto Economico Consolidato delle Pubbliche Amministrazioni allo
scopo di capire quante sono le risorse prelevate al settore privato dal settore pubblico. Tuttavia questo conto
non è la semplice somma dei flussi finanziari che hanno la stessa natura, poiché spesso i singoli enti sono
legati da rapporti interni. È quindi necessario eliminare dal computo i flussi interni, cioè le entrate dell’ente
di livello inferiore che questo riceve da enti di livello superiore.
Ciò che risulta Conto Economico Consolidato delle Pubbliche Amministrazioni è l’indebitamento netto
(deficit), ovvero la differenza tra entrate e uscite totali, il quale rappresenta il parametro di riferimento del
Patto di Stabilità e Crescita Europeo.

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12
Q

Il bilancio dello stato

A

Il bilancio dello stato
All’interno delle Pubbliche amministrazioni, lo Stato costituisce il soggetto più importante per la rilevanza
del suo bilancio, la cui struttura (definita dall’art 81 della Cost.) è stata modificata con il Fiscal Compact.
Nell’originaria formulazione della Costituzione, il bilancio dello Stato era una legge meramente formale
poiché in sede di bilancio non era possibile poter attuare una manovra finanziaria, tanto che per far ciò il
Parlamento in separata sede approva la legge Finanziaria, che poteva anche modificare le leggi tributarie e di
spesa vigenti.
In base al nuovo art. 81, invece, il bilancio dello Stato è una legge sostanziale, la quale introduce la regola
del pareggio di bilancio:
1. Comma 1“lo Stato assicura l’equilibrio tra le entrate e le spese del proprio bilancio, tenendo conto
delle fasi avverse e favorevoli del ciclo economico”. Esso definisce così il saldo strutturale, cioè un
saldo associato alla crescita di lungo periodo, al netto delle fluttuazioni cicliche.
2. Comma 2: il ricorso all’indebitamento non è possibile durante le fasi favorevoli del ciclo, nemmeno
per finanziare la spesa per investimenti, e deve essere autorizzato dalle Camere con maggioranza
assoluta.
3. Comma 3: Ogni legge che importi nuovi oneri deve provvedere ai mezzi per farvi fronte
4. Comma 4: ogni anno le Camere devono approvare la legge di bilancio presentata dal Governo.
5. Comma 5: riguarda l’ipotesi in cui il disegno di legge di bilancio non giunga al voto finale entro il
31 dicembre
6. Comma 6: riguarda la maggioranza qualificata necessaria per attuare questa legge.
Secondo l’articolo 81, la legge di bilancio si dovrà articolare in due distinte sezioni:
• la prime riguarda i contenuti della legge di stabilità (ovvero legge che contiene le modifiche alla
legislazione vigente e le conseguenti disposizioni per la formazione del bilancio di previsioni
annuale: è la legge che contiene la così detta manovra di finanza pubblica);
la seconda contiene le previsioni di bilancio a legislazione vigente con le variazioni determinate
dalle prima sezione.

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13
Q

principio del pareggio di bilancio

A

Tramite il principio del pareggio di bilancio lo Stato assicura l’equilibrio tra le entrate e le spese del proprio bilancio, tenendo conto delle fasi avverse e favorevoli del ciclo economico: si parla così di saldo
strutturale, cioè un saldo associato alla crescita di lungo periodo, al netto delle fluttuazioni cicliche.
Il saldo di bilancio strutturale è quindi definito come:
d t (deficit corrente) + α (output gap) =0
Dove:
d t = debito;
α = elasticità deficit/PIL;
Outputgap = g t – g 0 = Δg è la differenza tra il tasso di crescita effettivo e il tasso di crescita lungo la
linea del trend.
L’articolo 81 è in contrasto con la cosiddetta Golden Rule: secondo questa regola il debito può essere impiegato per finanziare la spesa in conto capitale (investimenti pubblici), almeno nel lungo periodo, in
quanto il peso del debito è poi ridistribuito negli anni durante i quali le infrastrutture sono produttive, tanto
che quindi il debito risulta essere coperto dal valore degli assets pubblici. Tuttavia questa non garantisce la
sostenibilità ed inoltre solo un investimento netto risulta favorire le future generazioni.
Con la Golden Rule è il saldo corrente (ovvero del breve periodo) che si aggiusta al ciclo: il saldo corrente è
definito in maniera differente dal saldo strutturale:
c 0 = d t + α (outpugap) →→ c 0 = dc t + e gt + α Δg
Dove:
d t = indebitamento netto = deficit corrente + investimenti pubblici = dc t + e gt
C 0 si muove correntemente al ciclo e gt (c 0 →→ e gt ), percio’ dc t = - α Δg

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14
Q

La formazione del bilancio dello Stato

A
  1. Il bilancio di previsione annuale contiene le previsioni di spesa formulate dalle direzioni generali dei
    singoli Ministeri, i quali poi presentano tali previsioni al Ministro dell’Economia e vanno a costituire la
    base per la scrittura del bilancio.
  2. Il bilancio di previsione pluriennale contiene invece la spesa e le entrate che si riferiscono a periodi non
    inferiori a tre anni e viene aggiornato ogni anno (il governo lo deve presentare alla camera per poi
    inviarlo a Bruxel entro la fine del mese). Esso deve essere coerente con il Documento di Economia e
    Finanza (DEF), il quale è un documento che contiene un quadro macro economico, gli obiettivi di
    finanza pubblica e gli strumenti per raggiungerli. È un atto di indirizzo politico (ovvero non ha valore di
    legge) ed è articolato in tre parti:
    • il Programma di Stabilità,
    • l’analisi dei conti pubblici,
    il Piano Nazionale di Riforme.
    Quindi le previsioni di entrata e di spesa considerate non sono sole quelle del settore statale, ma anche
    dell’intero settore pubblico (ottenute come risultante del conto consolidato della PA). Rispetto a entrate
    e spese il documento deve quantificare gli obbiettivi per il disavanzo corrente, ovvero la differenza tra
    entrate e spese correnti, e l’indebitamento netto e quindi l’ammontare del fabbisogno complessivo per
    ciascuno degli anni del bilancio pluriennale.
    Questo, dopo essere stato approvato dal Parlamento entro i primi di aprile, deve essere approvato dalla
    Commissione Europea entro la fine dello stesso mese.
  3. La sessione di bilancio italiana è stata modificata in seguito all’introduzione del semestre europeo, anche
    se le prime modifiche iniziano dal 2009, anno in cui è stata introdotta la legge di Stabilità in sostituzione
    della legge Finanziaria. La legge di stabilità ha lo scopo di ricondurre le finanze pubbliche del Paese in
    linea con gli obiettivi europei, e indica:
    il livello massimo del ricorso al mercato e del saldo netto da finanziare coerentemente con quanto
    stabilito dal DEF;

    gli effetti derivanti dalla manovra sul saldo netto da finanziare, sull’indebitamento netto e sul
    fabbisogno della PA;

    l’importo complessivo destinato al rinnovo dei contratti del pubblico impiego
    gli accantonamenti per la copertura di nuove leggi di spesa;
    gli stanziamenti annuali destinati al finanziamento delle leggi che dispongono spese in conto capitale
    a carattere pluriennale;
    le riduzioni delle autorizzazioni legislative di spesa superflue.
    Norme di delega e norme a carattere ordinamentale e organizzativo che abbiano un collegamento con la
    legge di stabilità possono essere contenuti in appositi disegni di legge collegati discussi fuori sessione.
    Il DEF e il Disegno di legge di Stabilità e Bilancio rappresentano i documenti principali di finanza
    pubblica.
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15
Q

Il bilancio di previsione annuale

A

Analizzando il bilancio da un punto di vista contabile, esso si presenta come un elenco di entrate e di spese scritte secondo precise regole al fine di favorirne trasparenza e leggibilità .
Il bilancio viene compilato oggi è un bilancio misto, ovvero che ha una doppia configurazione:

il bilancio di competenza, registra le entrate/spese nella fase in cui si prevede che sorgerà per lo
Stato il diritto a riscuotere/l’obbligo a pagare;

il bilancio di cassa, registra entrate/spese nella fase in cui si prevede la riscossione/il pagamento.
Le entrate accertate non riscosse nell’esercizio e le spese impegnate non pagate formano poi rispettivamente
i residui attivi e i residui passivi.
La struttura del bilancio e il modo di ripartire le entrate e le spese è cambiato nel tempo: inizialmente le
singole voci erano elencate in modo analitico al fine di costituire un capitolo (unità elementare del bilancio),
in un secondo momento poi i capitoli sono stati raggruppati con omogenee aree di attività in Unita’
Previsionali di Base (UPB). Secondo una classificazione economica e funzionale, le entrate e le spese sono
divise in Titoli (ogni Titolo comprende diverse UPB):
1. Entrate
• Titolo 1: Entrate tributarie (previsioni di entrate correnti);
• Titolo 2: Entrate extra-tributarie (previsioni di entrate correnti);
• Titolo 3: Alienazione e ammortamento di beni patrimoniali e riscossione dei crediti (previsioni
di entrate di parte capitale);
• Titolo 4: Accensione di prestiti (previsioni di entrate derivanti dalla vendita dei titoli di debito
pubblico).
2. Spese
• Titolo 1: Spese correnti (previsioni di spesa per il funzionamento della PA, per la produzione di
servizi e per la ridistribuzione del reddito);
• Titolo 2: Spese in conto capitale (previsioni di spesa per investimenti diretti e indiretti);
• Titolo 3: Rimborso passività finanziarie (previsioni di spesa per il rimborso dei debiti).
Tuttavia negli ultimi cinque anni la struttura è cambiata, in quanto non è più basata sulla struttura
organizzativa dell’Amministrazione ma è basata sulle funzioni da svolgere: le entrate e le spese sono
suddivise per Missioni (obiettivi da perseguire). Ciascuna Missione è articolata in Programmi ovvero
aggregati di attività svolte all’interno di ogni singolo Ministero. Infine ciascun Programma è suddiviso in
Unità di Previsione di Base.

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16
Q

saldi di bilancio

A

I quadri riassuntivi nei quali vengono esposti i risultati differenziali sono detti saldi di bilancio sono quattro:
1. Risparmio pubblico: è il risultato tra il totale delle entrate correnti (tributarie e extra-tributarie) e il
totale delle spese correnti
Entrate Correnti + Spese Correnti = Risparmio Pubblico
2. Indebitamento/accreditamento netto: è il risultato tra le entrate nette e le spese nette.
Entrate nette + Spese nette = Indebitamento/accreditamento netto
3. Saldo netto da finanziare: è il risultato tra entrate finali e spese finali escluse le operazioni di
accensione e rimborso prestiti.
Entrate finali + Spese finali = Saldo netto da finanziare (Fabbisogno)
Entrate nette + Rimborso crediti + Spese nette + Partecipazioni e conferimenti = Fabbisogno
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4. Ricorso al mercato: esprime l’entità dell’indebitamento a medio e lungo termine effettuabile
nell’anno, è determinato dalla legge finanziaria ed è il risultato fra il totale delle entrate finali e il
totale delle spese complessive.
Entrate finali + Spese complessive = Ricorso al mercato
5. Disavanzo complessivo
Entrate complessive + Spese complessive = Disavanzo complessivo
La gestione del bilancio è competenza del Ministero dell’Economia; la gestione è inoltre sottoposta a
controlli, sia di carattere politico da parte del Parlamento, che esercita il suo controllo approvando il
rendiconto dello Stato, sia di carattere giurisdizionale da parte della Corte dei Conti, che giudica la
legittimità degli atti di spesa e di entrata. La Corte dei Conti esercita anche un controllo successivo, sul
rendiconto generale, verificandone la rispondenza al bilancio preventivo: questa operazione prende il nome
di pianificazione del rendiconto

17
Q

Capitolo 9

Il finanziamento in disavanzo

A

Il finanziamento con ricorso all’indebitamento (in disavanzo) è un tema al confine tra la finanza pubblica e la politica economica: è infatti una delle possibili politiche di bilancio che hanno importanti implicazioni macroeconomiche, perché può implicare un trasferimento di oneri da una generazione all’altra, ma contemporaneamente può essere uno strumento adeguato per finanziare la spesa pubblica.
L’entità del debito dipende dalle convenzioni contabili utilizzate, ovvero da quali attività o passività sono
incluse nel calcolo. In genere le voci di attività/passività trascurate sono:
• Debito delle amministrazioni locali: anche i disavanzi delle Amministrazioni locali richiedono emissioni di titoli del debito pubblico per essere coperti (in Italia il debito si è formato nel corso degli anni 80/90 ed è in gran parte imputabile ai disavanzi locali e delle amministrazioni previdenziali);
• Effetti dell’inflazione: se il livello dei prezzi aumenta, la variazione del valore reale del debito può
essere considerata una vera e propria fonte di entrata (in seguito all’inflazione si riduce il valore
reale del debito: il reddito del debitore aumenta mentre il reddito del creditore diminuisce in misura
uguale);
• Capitale e contabilità pubblica: l’acquisizione di un bene durevole non contribuisce al disavanzo per
un’entità pari al costo della sua acquisizione, in quanto il suo acquisto non è una perdita ma uno scambio di un’attività con un’altra (denaro vs bene durevole); le procedure contabili dovrebbero quindi includere nel bilancio solo l’ammortamento annuale dei beni durevoli ma ciò nella realtà
risulta molto difficile da valutare;
• Immobilizzazioni materiali: le immobilizzazioni materiali della PA, come edifici residenziali, le riserve auree, i diritti di sfruttamento, ecc… , se omesse, portano ad un quadro fuorviante della finanza pubblica;
• Obblighi impliciti: sono gli obblighi impliciti dell’operatore pubblico, imposti per legge, come la
previdenza sociale, attraverso la quale l’operatore promette trasferimenti ai futuri pensionati che dovranno essere pagati con il gettito contributivo futuro. Il valore preciso di questo debito è difficile da calcolare, tanto che gli obblighi impliciti in genere non sono considerati debito.
L’entità del debito pubblico dipende quindi da quali attività e passività sono incluse nel calcolo e da come vengono valutate, ovvero dipende dagli obiettivi di analisi.

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Q

L’onere del debito

A

Il debito pubblico può svolgere quattro funzioni:
1. funzione di stabilizzazione (macroeconomia keynesiana): influenza l’attività economica e i prezzi.
Quando il livello di disoccupazione è elevato, si può stimolare la domanda mediante disavanzo,
attuando una serie di politiche fiscali che mantengano la domanda aggregata al livello desiderato
senza preoccupazione per l’obiettivo del pareggio di bilancio;
2. funzione di redistribuzione degli oneri di spese pubbliche tra diverse generazioni;
3. funzione di “tax smoothing”: permette di ottenere una distribuzione delle aliquote fiscali costante
nel tempo;
4. funzione di eliminazione dei fallimenti del mercato, dovuti a incompletezza dei mercati finanziari.
Analizzando il punto 2, se il debito è elevato, pone un onere a carico delle generazioni future. Riguardo
aquesta tesi esistono diverse teorie e modelli. Innanzitutto definiamo il concetto di “generazione”:
• un gruppo di individui che vivono nello stesso periodo;
• un gruppo di individui nati in uno stesso arco temporale.
1. Il modello di Lerner utilizza la prima definizione, e prende in esame due casi distinti:
a. lo Stato prende in prestito denaro dai cittadini per finanziare la spesa pubblica. In tal caso
l’obbligo è un debito interno, che non crea alcun onere per la generazione futura;
b. lo Stato contrae prestiti con l’estero per finanziare la spesa, quindi si parla di debito esterno:
i. se è utilizzato per finanziare i consumi correnti, la generazione futura sopporta un
onere perché dovrà restituire ai prestatori stranieri l’importo del prestito più gli
interessi, e potrò farlo solo riducendo i propri consumi;
ii. se è utilizzato per finanziare gli investimenti e il rendimento marginale
dell’investimento è maggiore del costo marginale dei fondi ottenuti, allora il debito
migliora le condizioni della generazione futura.

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Q

Il modello a generazioni sovrapposte

A
  1. Il modello a generazioni sovrapposte invece prende in considerazione la seconda definizione di
    generazione, così che la società in ogni momento è composta da generazioni diverse che convivono.
    Per misurare gli effetti di una politica fiscale che tiene conto del valore attuale degli oneri e dei
    benefici ricevuti da ciascuna generazione, si utilizza il metodo dei conti intergenerazionali.
    IPOTESI: la popolazione consiste in un numero uguale di persone giovani, persone di mezza età e
    persone anziane, le quali consumano tutto il reddito per intero, così che non esiste risparmio privato.
    Se lo Stato decide di contrarre un prestito per finanziare il consumo pubblico (nella tabella da
    restituire nel 2030): metà prestito sarà concessa dai giovani e metà dalle persone di mezza età,
    mentre gli anziani non lo concedono per motivi anagrafici.
    24
    Scaricato da francesca cantelmi (francesca041099@gmail.com)lOMoARcPSD|7781396
    lOMoAR cPSD| 1312009
    Tuttavia lo Stato fornisce una quantità di consumo uguale per tutti, così che:
    • la generazione degli anziani ha un livello di consumo superiore (non ha esborsi perché non
    concede il prestito ma vede un aumento dei consumi grazie allo Stato),
    • i giovani e le persone di mezza età non si trovano né in condizioni peggiori né migliori
    (perché a questi vengono applicate le imposte dal Governo, ed in seguito questo gli
    restituisce il debito),
    • la generazione dei giovani del 2030 ha un consumo inferiore perché su di loro ricadono le
    imposte che il Governo applica per restituire il debito (è come se le imposte degli anziani di
    oggi fossero state trasferite ai giovani del 2030) il giovane deve contribuire a restituire un
    debito che ha finanziato una spesa di cui non ha mai beneficiato.
20
Q

modello neoclassico e di barro-ricardo

A
  1. Il modello neoclassico: questo ipotizza che il debito (o in caso opposto prestito) dello Stato possa influenzare le decisioni del settore privato, perché il debito determina delle imposte che distorcono le decisioni di consumo e di risparmio individuali, secondo quello che viene definito “effetto spiazzamento”. Ciò fa si che lo Stato, quando avvia un progetto (sia finanziato da imposte sia finanziato da prestiti), sottrae risorse al settore privato.
    a. se il debito è usato per finanziare spesa corrente: diminuisce lo stock di capitale privato a parità di stock di capitale pubblico, quindi il benessere della generazione futura diminuisce;
    b. se il debito è usato per finanziare spesa in conto capitale e il rendimento dei progetti
    pubblici è maggiore di quello dei progetti privati, allora il benessere della generazione futura aumenta.
  2. Il teorema di Barro-Ricardo ipotizza la presenza di individui che trasferiscono risorse da una
    generazione all’altra. Attraverso i lasciti i giovani della generazione futura copriranno le imposte
    aggiuntive. Così l’onere del debito sarebbe sopportato solo dalla generazione presente e i livelli di consumo per entrambe le generazioni sarebbero immutati. Questa però risulta essere solo un’illusione finanziaria, perché le cose cambiano a seconda se lo Stato decida di finanziare la spesa mediante imposte o mediante indebitamento.
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Q

Applicare imposte o contrarre prestiti

A

Lo Stato può finanziare la spesa mediante l’imposizione fiscale oppure mediante l’indebitamento.
Le due alternative differiscono solo per la collocazione temporale delle imposte:
• tramite imposte viene effettuato un pagamento (elevato) nel momento in cui si effettua la spesa,
• tramite indebitamento vengono effettuati tanti piccoli pagamenti (minori) nel corso del tempo.
I loro valori attuali però sono gli stessi:
VA di un’imposta una tantum = VA di un’imposta ordinaria perpetua
Si ha però che un’imposta una tantum elevata indurrebbe un aumento del risparmio da parte degli individui
maggiore rispetto a quanto si avverrebbe se le imposte fossero tante e in successione. Ciò provocherebbe un
rallentamento dell’accumulazione di capitale, determinando un debito più oneroso.
Il finanziamento mediante indebitamento quindi risulta preferibile in termini di efficienza rispetto al
finanziamento mediante imposizione fiscale, perché determina una serie di aliquote relativamente basse e un
eccesso di pressione minore.
Supponiamo per semplicità che tutte le entrate per il finanziamento del debito siano finanziate attraverso
imposte sul reddito di lavoro: tale imposta distorce la decisione di offerta di lavoro determinando un eccesso
di pressione pari a EP = 1⁄2 ɛ s L t 2 , dove:
• t = aliquota;
• L = ore di lavoro;
• s = retribuzione prima dell’imposta;
• ɛ = elasticità delle ore di lavoro in relazione alla retribuzione
Quando l’aliquota raddoppia, l’eccesso di pressione quadruplica: perciò
sono preferibili due imposte con aliquota ridotta rispetto a un’imposta
consistente. Va notato però che se l’aumento del debito riduce lo stock
di capitale (fenomeno denominato effetto spiazzamento), si crea un
eccesso di pressione aggiuntivo.
Pertanto, anche se il finanziamento mediante indebitamento è più
efficiente dal punto di vista delle scelte in termini di offerta di lavoro,
sarà meno efficiente sotto il profilo delle decisioni di allocazione del
capitale.

22
Q

Capitolo 10 -­‐ La spesa sanitaria

A
Una delle voci più importanti della spesa pubblica in Europa è la spesa per la protezione sociale.
In Italia il rapporto spesa sociale-PIL è il linea con la media europea (28,6%), e la differenza principale con gli altri Paesi è il peso della spesa previdenziale (protezione della vecchiaia), che costituisce più del 50%
della spesa sociale. Con il termine spesa sociale o welfare state si intende non solo la spesa per le pensioni e per le invalidità, ma anche gli interventi in caso di  isoccupazione e la spesa sanitaria.
Le ragioni di efficienza per l’intervento pubblico in sanità. L’assistenza sanitaria comprende tutti quei beni e servizi il cui obiettivo è migliorare la salute o prevenire il
suo deterioramento (cure mediche di base, servizi diagnostici, farmaci, ecc...), perciò la domanda di prestazioni sanitarie è derivata della domanda di salute degli individui.
L’intervento pubblico nella sanità è giustificato se questo ha lo scopo di raggiungere l’efficienza e il principio dell’equità. La tutela della salute infatti deve essere universale e il diritto all’assicurazione contro la malattia, ad esempio, appartiene alla sfera dei diritti primari. Per equità s’intende un “uguale trattamento
degli uguali e un diverso trattamento dei diversi”, sia nel finanziamento (individui con uguale reddito pagano lo stesso ammontare per le prestazioni sanitare, mentre un individuo con reddito maggiore paga un
ammontare maggiore) sia nell’allocazione delle prestazioni sanitarie (risorse maggiori per coloro che hanno bisogni maggiori).
Lo Stato quindi deve intervenire per allocare le risorse in modo da assicurare uguaglianza all’accesso delle prestazioni e per eguagliare la distribuzione di salute.
L’intervento pubblico è giustificato anche nel caso in cui le risorse non siano allocate in maniera efficiente, a causa di fallimenti del mercato. Ciò avviene in caso di:
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Q

fallimenti del mercato

A
  1. Esternalità. Un libero mercato per la sanità può comportare delle inefficienze, in quanto l’acquisto di servizi medici può creare delle esternalità positive o negative. Ad esempio facendosi un vaccino contro l’influenza si crea un’esternalità positiva in quanto si riduce la probabilità che anche altri vengano infettati dalla malattia. In presenza di esternalità l’intervento pubblico può migliorare l’efficienza.
  2. Asimmetria informativa sulle prestazioni sanitarie. Una delle parti coinvolte in una transazione
    dispone di informazioni sul bene/servizio oggetto della transazione che l’altra non possiede.
    Ad esempio, il medico ha più informazioni riguardo la migliore assistenza sanitaria per il paziente;
    mentre il paziente conosce l’utilità marginale del proprio stato di salute, la quale è soggettiva e nota solo a lui. Per risolvere questo fallimento del mercato è necessario attuare delle politiche dal lato
    della domanda (pazienti) e dell’offerta (medici):
    • dal lato della domanda è necessario cercare di fornire più informazioni ai pazienti che richiedono cure mediche;
    • dal lato dell’offerta è necessario creare una cultura professionale tale che il medico agisca nell’interesse del paziente e cercare di ridurre le forze della concorrenza (ad esempio ponendo limiti all’entrata o richiedendo l’iscrizione all’albo). Ciò garantirebbe livelli minimi
    di qualità, sebbene favorirebbe la creazione di monopoli.
    Lo scopo dello Stato è quello di attuare una regolamentazione per bilanciare questi due effetti.
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Q

fallimenti del mercato 2

A
  1. Asimmetria nei mercati assicurativi. Deriva da fenomeni di selezione avversa e azzardo morale.
    Nell’assicurazione sanitaria l’acquirente/assicurato versa una somma di denaro (premio assicurativo)
    alla compagnia di assicurazione, la quale erogherà una somma di denaro (risarcimento) all’assicurato
    qualora dovesse verificarsi un evento sfavorevole per la sua salute. L’evento rischioso è quindi la
    variabile casuale (incerta), e l’acquirente per valutare se acquistare l’assicurazione o meno deve
    tenere di conto del valore atteso, ovvero la somma ponderata degli esiti incerti. L’acquirente ha
    quindi due opzioni:
  2. Non acquistare l’assicurazione. In questa opzione gli esiti possibili sono due:
    a. non si verifica l’evento rischioso, quindi il suo reddito rimane lo stesso perché’
    non deve sostenere le spese per le cure (probabilità 9 su 10);
    b. l’evento si verifica ed egli subisce una perdita di reddito pari alla spesa per la
    cure (probabilità 1 su 10).
  3. Acquistarla: versa all’assicuratore un premio annuo che egli paga sia se si verifica
    l’evento rischioso sia se non si verifica. Supponiamo che si tratti di un “premio equo”,
    ovvero che l’assicurato paghi una somma esattamente sufficiente a coprire il rimborso
    atteso delle spese, così che la compagnia assicurativa non perde né guadagna denaro.
    Gli esiti sono due:
    a. non si verifica l’evento, quindi il reddito del soggetto il suo reddito diminuisce
    in misura pari al premio;
    b. l‘evento si verifica, ed il reddito del soggetto diminuisce solo in misura pari al
    premio, perché le spese per le cure mediche sono coperte dalla compagnia
    assicurativa. Questa opzione si presenta come l’opzione certa, perché da lo
    stesso reddito sia che il soggetto si ammali sia che non si ammali.
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Q

dilemmi

A

Se l’acquirente sceglie di non acquistare l’assicurazione sanitaria, si colloca nel punto C, con utilità U c ;
se sceglie di acquistare l’assicurazione sanitaria
si colloca nel punto D, con utilità U d . Nei due
punti il reddito atteso è lo stesso, ma l’utilità
dell’opzione con assicurazione è maggiore.
La domanda di assicurazione dipende dalla
curvatura della funzione di utilità:
• se la funzione è più piatta il soggetto è
amante del rischio
• se la funzione più curva il soggetto è
avverso al rischio (in questo caso la
curvatura è maggiore perché si ha una
maggiore perdita di utilità connessa alla
perdita di reddito, quindi il soggetto è
disposto a pagare un premio per il
rischio maggiore).
Gli individui in genere sono avversi al rischio,
per questo le compagnie assicurative applicano
una quota di carico, ovvero la differenza tra il
premio pagato e il premio equo

26
Q

Problema di asimmetria informativa

A

In caso di perfetta informazione, l’assicuratore potrebbe stabilire premi bassi per i soggetti con una probabilità bassa di ammalarsi e premi alti per i soggetti con un’alta probabilità. Il problema di asimmetria
informativa nasce perché i soggetti che si assicurano possono conoscere le probabilità degli esiti (se il rischio che l’evento si verifichi sia alto o basso), ma la compagnia assicurativa non può.
Per questo si verifica il fenomeno della selezione avversa, che porta al fallimento del mercato in seguito al fatto che la parte meno informata non riesce a selezionare i propri clienti. Proprio per prevenire tale situazione non possono esserci polizze su misura, perché nessuno dichiarerebbe di essere ad alto rischio per non pagare un premio più alto, quindi tutti pagano un premio basso. Così facendo i premi pagati non copriranno i risarcimenti attesi (risarcimenti > premi pagati): è proprio questa situazione che comporta il fallimento dell’assicuratore.
Tuttavia è possibile cercare di risolvere il problema della selezione avversa attraverso:
1. Equilibrio pooling: si stabilisce un unico contratto sottoscritto da tutti gli assicurati. Si può avere:
• un contratto unico con premio alto, per cui solo i soggetti ad alto rischio sono disposti a
pagarlo per assicurarsi, mentre quelli a basso rischio rimarrebbero scoperti
• un contratto unico con premio basso, per cui sia i soggetti ad alto rischio sia quelli a basso rischio si assicurerebbero
• un contratto unico con premio medio, per cui solo i soggetti ad alto rischio si assicurano.
La prima soluzione porta al fallimento del mercato; le altre due soluzioni non sono efficienti e portano al fallimento dell’assicuratore.
2. Equilibrio separating: si stabilisce un contratto diverso per ogni tipo di assicurato (nel caso in cui la
percentuale dei soggetti a basso rischio sia piccola). L’assicuratore può offrire due tipi di contratto:
• Premio alto a copertura completa;
• Premio basso a copertura parziale;
In questo modo si ha un’autoselezione, perché gli individui scelgono il contratto predisposto per la
propria categoria di rischio. Tuttavia anche in questo caso il mercato fallisce, in quanto i soggetti a basso rischio non sono in grado di acquistare polizze a copertura completa.

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Q

Problema del moral hazard

A

Un altro problema che deriva dall’asimmetria informativa è il fenomeno dell’azzardo morale, che provoca il fallimento del mercato in seguito al fatto che la parte meno informata non è in grado di controllare i comportamenti della parte più informata.
Infatti se gli individui sanno di poter contare su una copertura assicurativa, possono non prendere le precauzioni necessarie a evitare i rischi (comportamento sleale), causando eccessivi risarcimenti per l’assicuratore
o consumare una quantità eccessiva di cure sanitarie.
Possiamo analizzare l’azzardo morale utilizzando un modello domanda offerta dove:
• D = curva di domanda di mercato per i servizi sanitari
• P = costo marginale di produzione costante
• S = curva di offerta di mercato per i servizi sanitari, orizzontale conseguentemente al costo
marginale costante.
• F = punto di equilibrio (intersezione tra D e S);
• P = prezzo di equilibrio;
• x = quantità offerta.
• Ox 0 FP = spesa totale per l’acquisto di cure sanitarie.
Supponiamo ora che la spesa, invece di ricadere tutta sul malato, si coperta all’80% da assicurazione.
Di conseguenza pagando 0,2P il malato domanderà una quantità maggiore corrispondente a Ox. Ciò
determina che la spesa coperta dall’assicurazione è pari a GACE, mentre quella coperta dal malato è CAx
0.
abbiamo quindi un aumento della spesa sanitaria, che dipende dalla forma della domanda.
Per prevenire tale rischio e risolvere il problema dell’azzardo morale la compagnia assicuratrice può:
• Offrire contratti con premi alti, per compensare l’effetto di comportamento sleale. Così però i
soggetti “leali” non saranno disposti a pagare un premio più alto, quindi non si assicureranno
→→ tuttavia questa soluzione porta al fallimento dell’assicuratore.
• Offrire contratti a copertura parziale, così che anche chi si comporta in maniera sleale è indotto a tenere un comportamento leale. In tal caso però l’equilibrio raggiunto non è Pareto-ottimale, perché il grado di copertura è solo parziale.
In questo quadro un possibile ruolo dello Stato è quello di cercare un equilibrio fra la riduzione delle inefficienze prodotte dalla selezione avversa e la risoluzione dei problemi di equità che sorgono quando a
individui con diversi rischi vengono fatti pagare premi diversi.

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Q

I modelli di organizzazione sanitaria e i sistemi assicurativi

A

I sistemi sanitari si distinguono a seconda di:
1. come assicurazione e fornitori di prestazioni sanitarie, sono integrati/separati: se questi sono
integrati si parla di sistema pubblico puro, mentre se sono separati si parla di un quasi mercato.
Il quasi mercato in sanità ha l’obiettivo di limitare il ruolo produttivo dello Stato, il quale è solo finanziatore
o acquirente di servizi a tariffa per i cittadini iscritti ad un sistema sanitario pubblico. Inoltre questo aumenta
la concorrenza tra istituzioni pubbliche e private sulla qualità, in quanto il prezzo è generalmente fisso.
I quasi mercati però potrebbero anche portare a:
• una discriminazione degli utenti in base al rischio,
• un’offerta non adeguata su tutto il territorio,
• un’organizzazione complessa che richiederebbe costi di transazione e amministrativi che farebbero
aumentare la spesa pubblica.
2. come il paziente finanzia lo Stato: questi può farlo attraverso:
o assicurazione privata facoltativa (con premi assicurativi);
o assicurazione community rating (assicurazione per categorie);
o assicurazione pubblica obbligatoria (con contributi sanitari);
o fiscalità generale, con la mediazione del Governo

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Q

Trade-off Efficienza / Equità

A

Trade-off Efficienza / Equità
Esistono diversi modelli di organizzazione sanitaria, e tutti cercano di attuare un trade-off fra equità
(universalità) ed efficienza (libertà di scelta).
• Il modello pubblico prevede:
o Finanziamento pubblico con fiscalità generale e
produzione in prevalenza pubblica;
o Assicurazioni obbligatorie finanziate con
contributi sanitari;
o Uniformità di prestazioni ma rischi di
inefficienze e limitazioni alla libertà di scelta del
cittadino.
• Il modello assicurativo privato (ad esempio quello deli Stati Uniti) invece prevede:
o Programmi con polizze private & programmi pubblici;
o Libertà di scelta del cittadino, ma con forti rischi di iniquità.
• Il modello misto infine prevede:
o Programmi pubblici, che riguardano le prestazioni base (livelli essenziali);
o Programmi privati, che prevedono assicurazioni obbligatorie per le prestazioni integrative;
o Strutture integrate e metodo a rimborso prospettico.
All’interno del modello misto è possibile una ulteriore distinzione in altre tre forme:

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Q

All’interno del modello misto è possibile una ulteriore distinzione in altre tre forme:

A

Modello a rimborso: prevede un’assicurazione
obbligatoria, finanziata con contributi sociali. Gli
organismi coinvolti sono senza finalità di lucro e
stipulano convenzioni con strutture pubbliche o private
che offrono servizi. In questo modello il cittadino ha
larga possibilità di scelta, paga i servizi e viene
rimborsato dall’assicurazione sulla base di tariffe
standard.
• Modello integrato: prevede che il cittadino usufruisca di prestazioni gratuite offerte da strutture
pubbliche e private convenzionate, così che questi ha una possibilità di scelta limitata tra le strutture
accreditate. La remunerazione dell’attività ospedaliera quindi avviene per giornata di degenza, per
servizio erogato e per caso trattato.
• Modello contrattuale prevede un’offerta di
servizi da parte di istituti pubblici e privati
convenzionati, il cui pagamento è regolato da
contratti con assicurazioni o con il settore
pubblico. Il cittadino ha quindi diritto a
prestazioni uniformi con margini di scelta delle
strutture a cui rivolgersi.

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Q

Il sistema sanitario in Italia

A

Nel 1978 è stato introdotto in Italia il Servizio Sanitario Nazionale (SSN) il quale rappresentava un modello
pubblico puro per le sue caratteristiche:
• Aveva caratteri di equità e universalità e garantiva prestazioni gratuite, veniva finanziato attraverso
la fiscalità generale e la produzione era pubblica tramite USL; la gestione avveniva in convenzione
della medicina di base e prevedeva rimborsi retrospettivi;
• Lo Stato era il finanziatore, attraverso il Fondo Sanitario Nazionale (FSN), i cui fondi venivano
ripartiti tra le Regioni. Queste programmavano gli interventi sul territorio, mentre i servizi venivano
gestiti localmente dalle USL.
Questo sistema però presentava varie problematiche, tra cui il mancato controllo della spesa da parte dei
funzionari delle USL e la mal distribuzione degli stanziamenti del FSN decisi dagli amministratori centrali.
Per tali motivi viene riformato il finanziamento del sistema sanitario, attraverso le riforme del
1992/1993/1999 e 2000, portando ad un modello misto: viene costituito un federalismo fiscale, con cui si ha
l’abolizione del FSN. Le regioni vengono quindi finanziate attraverso tributi propri (IRAP, Imposta
Regionale sulle Attività Produttive, e IRPEF, Imposta sul Reddito delle Persone Fisiche) e
compartecipazioni al gettito dell’IVA (a seconda della stima del fabbisogno finanziario per le funzioni
sanitarie di ogni singola Regione a partite dai Livelli Essenziali di Assistenza, LEA).
Il metodo a rimborso prospettico.
Infine si ha la separazione tra acquirente & fornitore di servizi: si ha l’aziendalizzazione delle USL, che
diventano ASL, le quali forniscono direttamente il servizio o lo acquistano da privati convenzionati.
I LEA (Livelli Essenziali di Assistenza) rappresentano gli obblighi minimi di ogni Regione nei confronti dei
cittadini, le quali si impegnano a garantire assistenza collettiva sanitaria in ambiente di lavoro, assistenza
distrettuale (di base, farmaceutica, ambulatoriale) e assistenza ospedaliera, in quanto questi sono diritti
riconosciuti a tutti gli individui a livello nazionale.