3) Giovanni Boccaccio Flashcards

1
Q

infanzia:

A

Giovanni Boccaccio nasce in Toscana (ancora non sappiamo con certezza se a Certaldo o a Firenze) nel 1313.
Frutto di una relazione illegittima tra il padre, il mercante Boccaccino di Chelino, e una donna di estrazione sociale inferiore, viene riconosciuto e cresciuto dal genitore a Firenze. Nel 1327 parte giovanissimo per Napoli, al seguito del genitore, per imparare il mestiere mercantile e bancario, seguendo il desiderio paterno di vederlo sistemato in una professione stabile e remunerativa.

How well did you know this?
1
Not at all
2
3
4
5
Perfectly
2
Q

le prime opere: esperienza napoletana:

A

Qui, grazie agli stimoli della vivace vita culturale che anima la nobiltà napoletana, Boccaccio inizia ad interessarsi ai classici latini e ai grandi capolavori in volgare, Dante su tutti. Così, dopo un periodo di formazione da autodidatta, Boccaccio compone la Caccia di Diana (1333-1334), un poemetto in terzine in lode di alcune nobildonne napoletane.

È poi la volta del Filostrato (1335, anche se spesso la datazione delle opere di Boccaccio ha sollevato molti dubbi), poema in ottave che narra le vicende amorose di Troilo, figlio del re troiano Priamo. Il Filocolo (1336-1337) è invece un romanzo in prosa già più maturo, dedicato a descrivere l’amore tormentato di Florio e Biancofiore.

Caratteristica comune a tutte queste opere (e poi centrale in quasi tutta la produzione boccaccesca) è il sentimento amoroso, non di rado di natura autobiografica. Boccaccio, ad esempio, maschera spesso dietro il nome di Fiammetta una certa Maria d’Aquino, presunta figlia di Roberto d’Angiò (re di Napoli) e musa d’amore per il giovane scrittore.

Se le prime opere di Giovanni Boccaccio mostrano una chiara influenza della cultura cortese di provenienza francese, esse mostrano al tempo stesso la sua spiccata tendenza allo sperimentalismo.
Non solo, nel giro di un decennio, Boccaccio passo dalla prosa al verso e dalle terzine all’ottava, ma compone opere che spesso non hanno precedenti nella letteratura occidentale.

Il filostrato è il primo poema italiano in ottava rima (ottava = è una strofa di otto endecasillabi rimati, di cui i primi sei a rima alternata e gli ultimi due a rima baciata), la Fiammetta è il primo romanzo in prima persona e Teseida è il primo poema epico in volgare.

Lo sperimentalismo di Boccaccio probabilmente deriva anche dal suo ispirarsi a quello di Dante, di cui fu anche copista e di cui volle organizzare delle letture della commedia, che tuttavia non poté proseguire oltre il 13° canto dell’Inferno.

Ultimo tassello dell’influenza napoletana sull’arte letteraria boccacciana è la cosiddetta ‘Epistola Napoletana’ un’epistola in cui Boccaccio si firma Janetta di Parisse e dialoga in volgare napoletano con l’amico Franceschino dei Bardi, facendo riferimento a se stesso in terza persona.

How well did you know this?
1
Not at all
2
3
4
5
Perfectly
3
Q

ritorno a Firenze:

A

Nel 1340 Boccaccio, a causa di problemi economici che affliggono il padre, deve rientrare a Firenze, lasciando l’amata Napoli. Qui la vita si rivela subito molto diversa dai continui svaghi partenopei, e Boccaccio, spinto anche dalle ristrettezze finanziarie, si concentra sulla propria produzione letteraria.

Scrive un prosimetro, la Comedia delle ninfe fiorentine (prosimetro), e conclude nel 1343 un voluminoso poema allegorico-didattico, intitolato l’Amorosa visione

Si dedica ad un componimento in cui domina nuovamente il ricordo di Napoli, l’Elegia di Madonna Fiammetta, una specie di lunga lettera in nove capitoli, in cui la protagonista femminile, allontanandosi dalla tradizione letteraria dell’epoca, racconta le proprie sofferenze d’amore, occupando un ruolo decisamente attivo ed originale per il tempo.

Successivamente Boccaccio, mentre porta avanti la raccolta delle Rime, si applica al ‘Ninfale Fiesolano’, poemetto pastorale in ottave dedicato alle mitiche origini di Firenze.

L’opera ruota intorno all’amore fra il pastore Africo e la ninfa Mesola, fino ad arrivare alla distruzione di Fiesole operata dal re goto e alla rinascita per mano di Carlo Magno.
Questo aspetto è importante poiché, raccontando il passaggio dall’epoca della decadenza dovuta ai Goti alla ripresa della cultura antica in età carolingia, Boccaccio pone le basi per il mito del Rinascimento.

In questo periodo opera anche sul ‘Buccolicum Carmen’, una corrispondenza poetica in esametri latini esemplata sul modello delle egloghe dantesche e successivamente di Petrarca.
Interpreta l’antico modello delle Bucoliche di Virgilio in chiave politica.

How well did you know this?
1
Not at all
2
3
4
5
Perfectly
4
Q

sul Decameron:

A

Dopo la peste del 1348, inizia il suo capolavoro, il Decameron, che concluderà nel 1351: l’opera, una raccolta di cento novelle raccontate da dieci giovani narratori in dieci giorni, non è solo il testo più celebre dello scrittore fiorentino, ma una vera e propria sintesi di tutto il mondo comunale e mercantile del tempo.

La raccolta di novelle è tenuta insieme da una cornice: dieci ragazzi decidono di fuggire da Firenze, nella quale imperversa la peste, per rifugiarsi in una villa in campagna. Per passare il tempo decidono di raccontare una storia ciascuno ogni giorno per dieci giorni.
Alla devastazione del contagio Boccaccio contrappone l’organizzazione civile, lieta e condivisa della vita in comune.
Infatti l’obiettivo non è tanto sfuggire all’epidemia, ma alle sue conseguenze morali e sociali (sgretolamento dei legami familiari, delle regole della convivenza civile, etc).

Ogni giorno viene eletto un re o una regina che decide il tema della novella.

La struttura narrativa è particolare: esiste un narratore di primo livello (Boccaccio), un narratore di secondo livello (uno dei ragazzi che racconta la propria novella) e un narratore di terzo livello (il personaggio di una novella).

Le due giornate a tema libero sono la 1 e la 9; quest’ultima permette ai giovani di raccontare novelle più brevi e leggere rispetto a quelle eticamente più complesse della 10° giornata.

Ogni novella ha la stessa struttura: un riassunto iniziale dell’intera novella, un riferimento alla cornice e la narrazione della novella vera e propria.

modello del Decameron è l’‘historia longobardorum’ di Paolo Diacono, intorno al 8° secolo nel cui secondo libro è raccontata la peste giustinianea.
Nonostante la somiglianza di tematiche, l’opera di Boccaccio è quella di Paolo Diacono appartengono però a due mondi assai diversi. La società a cui guarda il secondo è agraria e pastorale, l’ottica di Boccaccio è invece urbana con epicentro Firenze.

I temi delle giornate sono la fortuna (2), l’ingegno, (3, 6, 7, 8), l’amore (4,5) e la virtù (10).
La lite fra i servi Licisca e Tindaro (sulla verginità delle donne) nell’introduzione della 6° giornata segna il passaggio del tema dell’amore a quello dell’ingegno.

How well did you know this?
1
Not at all
2
3
4
5
Perfectly
5
Q

opere finali:

A

il Corbaccio (1354-1356), un’aspra invettiva contro il genere femminile, che muta profondamente l’atteggiamento dell’autore rispetto alla tematica amorosa.
L’ultimo periodo di vita, caratterizzato anche da difficoltà economiche e personali, è insomma per Boccaccio quella della meditazione esistenziale ed intellettuale: alla riscoperta dei classici corrisponde il sempre vivo interesse per Dante, cui Boccaccio dedica un Trattatello in laude (1365, ma la prima redazione è precedente di qualche anno) e una serie di pubbliche letture della Commedia a Firenze. Lo scrittore, ormai anziano e malato, si spegne a Certaldo nel 1375.

How well did you know this?
1
Not at all
2
3
4
5
Perfectly
6
Q

Boccaccio: autore a due teste:

A

Ai nostri occhi moderni, Giovanni Boccaccio può apparire uno scrittore con due teste:
* le opere giovanili, scritte in volgare e ispirate al codice cortese che valorizza la figura e il ruolo delle donne
* le opere senili, per lo più redatte in latino e non prime non prive di accenni misogeni e rivolte alla ristretta cerchia dei dotti.

Il passaggio dalle prime alla seconda sarebbe dovuto secondo alcuni studiosi all’incontro con Petrarca e all’ingresso nello stato clericale del 1360.

Probabilmente è dovuto però al fatto che nella formazione di Giovanni Boccaccio agiscono congiuntamente due diversi ambienti:
1. da una parte il mondo fiorentino in lingua volgare
2. dall’altra quello napoletano, in cui sono compresenti il codice cortese e il livello erudito degli studi universitari e dell’alta cultura latina.

Il Decameron, che si trova un po’ nel mezzo, rappresenta due tipi di donne: sia quelle nobili di spirito a cui dedica l’opera, che quelle meritevoli di rimprovero.

How well did you know this?
1
Not at all
2
3
4
5
Perfectly
7
Q

rapporto fra Boccaccio e Petrarca:

A

Boccaccio si sentiva il “discipulus” di Petrarca, che lo invita a seguire la scrittura erudita in latino e non seguire la tendenza del volgare.
In realtà Boccaccio fa entrambe le cose (scrive liriche sul modello di Petrarca e fu un copista, ma pubblica anche il suo libro di novelle).

Inoltre, a differenza di Petrarca, Boccaccio non sistemava mai le sue rime (ad oggi nelle edizioni moderne noi leggiamo delle ipotesi di edizioni delle rime, ma Boccaccio non ne dà in realtà un’edizione finita come fece per il Decameron. Questo perché sapeva già che la supremazia di Petrarca per quanto riguarda le liriche o le lettere latine era indiscussa.
Quindi decide di cimentarsi nel genere delle novelle.)

Boccaccio è infatti un autore duttile, poichè si cimenta in moltissimi generi diversi, come sono diversi i luoghi in cui studiò.

Boccaccio conobbe Petrarca leggendo il discorso che Petrarca fece l’8 aprile 1341, giorno della sua “laurea poetica”. (collatio laurationis).
Inoltre lesse le sue rime prima del loro effettivo incontro.

Gli incontri effettivi fra Boccaccio e Petrarca:
* Firenze: autunno 1350 (Petrarca si trovava lì per incontrare i suoi ammiratori, tra cui Boccaccio. In quell’occasione Boccaccio decise di regalargli un anello simbolo della sua stima).
* Padova: 1351 (a casa di Petrarca, come tutti i successivi).
* Milano: marzo-aprile 1359
* Venezia: marzo-luglio 1363
* Padova: luglio-settembre 1368

Il legame induce Giovanni a seguire Francesco sulla via della riscoperta degli auctores classici spesso chinandosi insieme all’amico sui medesimi codice antichi, su cui ancora oggi si possono leggere le loro annotazioni.

Prova dell’amicizia fra i due è anche una delle lettere senili di Petrarca, contenente la traduzione latina di Griselda, cioè l’ultima novella dell’ultima giornata del Decameron.
Per Petrarca Griselda è la figura di Cristo, poiché entrambi soffrono immensamente. Tuttavia Boccaccio non leggerà mai la riscrittura che Petrarca aveva pensato per l’ultima novella del suo libro poiché Petrarca non gliela fece mai arrivare.

La Griselda di Petrarca, essendo scritta in latino, verrà letta anche da molti intellettuali europei (che non sapevano invece il volgare fiorentino).

Mentre il testo in volgare del Decameron circolò grazie principalmente ai copisti per passione (spesso mercanti in partenza per i loro affari) che cambiavano i nomi e talvolta i luoghi geografici.

alfa: ultima redazione
beta e gamma: redazioni precedenti, come in questo caso (gamma)

Y= “Franciscus Petrarcha laureatus suo lohanni Boccaccio de Certaldo
» titolo originale
In un primo tempo la lettera “Ad Iohannem de Certaldo, de vaticinio morientum” (titolo dell’edizione alfa) era stata destinata alla raccolta delle Familiari ma poi inserita nelle senili.
Petrarca parla della profezia ricevuta da un santone di una morte imminente che sarebbe avvenuta ai danni degli uomini di l’ a poco, e li aveva invitati a liberarsi di tutti i beni terreni.
Per questo motivo Boccaccio decide di liberarsi dei suoi libri offrendoli a Petrarca, che di contro gli risponde che prima di valutare la veridicità di quanto detto dall’uomo vuole vederlo e valutarne la serietà.
Petrarca gli risponde quindi con questa lettera, in cui cerca di dissuaderlo dalla sua decisione di dare via i suoi libri ed abbandonare i suoi studi.
Nel caso in cui fosse convinto, Petrarca lo assicura che avrebbe tenuto con cura i libri di Boccaccio insieme ai suoi.

Alla fine Boccaccio cambia effettivamente idea, e la sua biblioteca dopo la sua morte passa alla biblioteca della chiesa di Santo Spirito a Firenze.

How well did you know this?
1
Not at all
2
3
4
5
Perfectly
8
Q

rapporto fra Boccaccio e Dante:

A

Boccaccio fu un grande ammiratore di Dante, tanto che:
* scrisse il cosiddetto “Trattatello” in laude di Dante (biografia su Dante scritta in volgare, mentre la biografia su Petrarca la scrive in latino, obbedendo alla sua volontà)
* copiò di propria mano le sue opere su dei manoscritti, come 3 epistole, le Egloghe nel suo Zibaldone Laurenziano (infatti nella sua edizione della “Vita Nova”, Boccaccio decide di introdurre degli elementi prima assenti affermando che “Dante ha voluto così”).
* tentò di interpretarle a voce.
E’ proprio Boccaccio a creare il mito delle “Tre Corone” (Dante, Petrarca e Boccaccio).

How well did you know this?
1
Not at all
2
3
4
5
Perfectly
9
Q

proemio:

A

Nel proemio che precede la 1° giornata, Boccaccio spiega il motivo della stesura dell’opera; dice che poichè egli stesso ha provato sulla pelle le pene dell’amore, dalle quali si è liberato solo grazie all’aiuto di amici fidati, ora lui vuole aiutare i lettori dell’opera (soprattutto le donne, che sono destinate a provare sentimenti più intensi e a non potersi distrarre) a capire cosa è lecito fare e cosa no in situazioni amorose.

How well did you know this?
1
Not at all
2
3
4
5
Perfectly
10
Q

giornata 1: introduzione

A

Nell’introduzione della 1° giornata, Boccaccio innanzitutto si scusa con le donne lettrici dell’opera per il dover riportare alla memoria i tristi ricordi della peste appena passata (necessari però alla storia), poi passa a descrivere Firenze in periodo di peste.

Infine, descrive l’incontro delle 7 donne con i 3 giovani nella chiesa di Santa Maria Novella, che si accordano di ritirarsi in campagna insieme ai loro servi.

Alla fine dell’introduzione, dopo divertimenti e aver pranzato e riposato, Pampinea viene incoronata regina e propone di raccontarsi novelle fino a quando farà meno caldo (fino a sera).
In direzione antioraria, lei incita Panfilo a cominciare.

How well did you know this?
1
Not at all
2
3
4
5
Perfectly
11
Q

giornata 1, novella 1:

A

Il narratore è Panfilo e il tema è libero.

Panfilo comincia la novella spiegando che gli uomini spesso pregano ai santi, non sapendo che molti dei santi in realtà probabilmente non vissero dedicandosi a Dio e anzi da egli sono ripudiati.
Ciò si vede alla fine della novella.
Il protagonista, Ser Ciappelletto, è stato incaricato dal suo protettore il messere Musciatto Franzesi di occuparsi dei suoi affari mentre lui era dal papa Bonifacio 8°.

In una delle sue visite per affari del suo protettore, da due frati usurai, Ser Ciappelletto si ammala gravemente.
Qui i frati sono preoccupati, perchè se lo avessero fatto morire fuori da casa loro sarebbero stati accusati dai fedeli, se fosse morto senza confessarsi nessuna Chiesa avrebbe accettato di far seppellire il suo corpo in modo degno (ma anche confessando tutti i suoi peccati, nessun prete potrebbe assolverlo e sarebbe quindi gettato nei fossi).
Il popolo li avrebbe quindi in ogni caso accusati di fare affari con gente indegna.
Ciappelletto dice che troverà una soluzione per tutti, e chiede di potersi confessare a un frate.
A questo lui si presenta come un uomo buonissimo e non peccatore. ed è così convincente che viene problamato beato e anche santificato. Il prete dice che San Ciappelletto visse quindi da santo, non in modo spregevole come si diceva in giro.

How well did you know this?
1
Not at all
2
3
4
5
Perfectly
12
Q

giornata 1, novella 2:

A

narratrice: Neifile

Protagonista della novella è il giudeo Abraam, che viene spinto dall’amico Giangiotto a convertirsi al cristianesimo.
Abraam alla fine cede e dice che si recherà a Roma per osservare il comportamento dei chierichi. Se lo riterrà davvero degno, si convertirà.
Abraam si rica quindi a Roma e osserva quanto siano corrotti e simoniaci i cristiani.
Una volta tornato a Parigi, dice al suo amico che effettivamente i cristiani si comportano in modo spregevole verso la loro religione, che per questo perde fiducia.
Quindi, nonostante tutto, decide di convertirsi al cristianesimo per espanderla. Si fa battezzare a Notre Dame e Giangiotto è il suo padrino.

How well did you know this?
1
Not at all
2
3
4
5
Perfectly
13
Q

giornata 1, novella 3:

A

Narratrice: Filomena

La novella si apre con il sultano saraceno/musulmano Saladino bisognoso di denaro, che va a far chiamare l’usuraio giudeo Melchisedech.
Saladino pensava che Melchisedech non lo avrebbe mai aiutato di sua sponte e volle trarlo in inganno, ponendogli una domanda che lo avrebbe portato a una discussione religiosa e a tradirsi: ‘quale delle 3 religioni monoteiste, giudaica, cristiana o saracena, è la migliore?’
Melchisedech però capisce il tranello e risponde con la parabola dei 3 anelli (un padre che amava i suoi 3 figli ugualmente, decide di far creare 2 anelli identici a quello preziosissimo di famiglia. Al momento di dover richiedere l’eredità, ciascuno dei figli tira fuori l’anello per rivendicare la maggiore importanza’.

Alla fine, Melchisedech decide ugualmente di prestare il denaro a Saladino.

How well did you know this?
1
Not at all
2
3
4
5
Perfectly
14
Q

giornata 1, novella 4:

A

narratore : Dioneo

Il protagonista è un giovane monaco della Lunigiana che si diverte con una giovinetta. L’abate però sente strani rumori dalla stanza del monaco e capisce che c’è una donna.
Anche il monaco capisce che l’abate ha scoperto tutto, ma fa finta di nulla. Poche ore dopo mette in atto il suo piano.

Va dall’abate a chiedere di poter prendere della legna, e mentre il giovane è via l’abate desidera capire chi fosse la fanciulla.
L’abate si reca così nella cella del monaco e, vedendo lì la giovane, non resiste ai piaceri della carne e si unisce a lei.
Il monaco non era in realtà andato a prendere la legna, ma osservava tutto da un buco.
Quando l’abate volle punire il giovane, il giovane gli fece capire che seguirà il suo esempio.
Così l’abate si vergogna, e decide di non punirlo.
Si pensa poi che i due faranno venire la donna più volte nella stanza.

How well did you know this?
1
Not at all
2
3
4
5
Perfectly
15
Q

giornata 1, novella 5:

A

narratrice: Fiammetta

La protagonista è la marchesa di Monferrato, di cui si invaghisce il re di Francia, che decide di imbarcarsi per la crociata da Genova, in modo da poter passare da Monferrato e poter provarci con la marchesa mentre il marito è assente.
Lei è sospettosa della sua visita improvvisa, e organizza un banchetto di sole galline.
Vedendo le galline, il re chiede allusivamente alla marchesa se in quella regione nascessero solo galline, senza galli.

Lei risponde che le donne, come le galline, sono le stesse ovunque a prescindere dai titoli.
Il re capisce quindi che lei è una donna di valore, e non si piegherà a tradire il marito.

How well did you know this?
1
Not at all
2
3
4
5
Perfectly
16
Q

giornata 1, novella 6:

A

narratrice: Emilia

Il protagonista è un uomo ricco ma poco sveglio, che all’assaggiare un vino dice che ‘anche Cristo le berrebbe’.
Ciò venne riferito a un inquisitore, avido, che lo fece condannare al rogo per aver insinuato che Cristo fosse un ubriacone.
A sentire queste parole, l’uomo si spaventò e decise di fornire all’inquisitore beni di ogni tipo per farsi perdonare. (il fuoco/rogo che era stato minacciato si trasforma in una croce d’oro/gialla da portare sulla veste nera dell’inquisitore).
Per essere perdonato l’uomo dovrà inoltre assistere ongi giorno alla messa e a presentarsi dall’inquisitore.
Un giorno alla messa l’uomo sentirà ‘in Paradiso per ogni cosa che darete ne riceverete cento’ e ne rimase turbato.
Quando a ora di pranzo si recò all’inquisitore e questo gli chiederà se c’è stata una frase della messa che l’ha colpito, l’uomo risponderà di sì, poichè i frati che danno ogni giorno una o due pentole di cibo ai poveri, nell’aldilà ne riceveranno così tanto da affogarci dentro (insulto velato ai frati inquisitori).
La battuta fece ridere tutti i commensali e l’inquisitore non potè punirlo, poichè già per l’altro processo venne molto criticato. Così dirà all’uomo di non farsi più vedere, e questo sarò libero dagli obblighi verso l’inquisitore.

How well did you know this?
1
Not at all
2
3
4
5
Perfectly
17
Q

giorno 1, novella 7:

A

narratore: Filostrato

Il protagonista è il signore Cangrande della Scala, famoso in tutta italia e sempre generoso, ma che non si sa per quale motivo è colto da un’improvvisa avarizia e decide di smettere di finanziare la festa che stava organizzando, mandando a casa i cortigiani invitati.
Uno di loro però, Bergamino, è stranito e decide di aspettare di consumare le 3 vesti che si era portato nel viaggio.
Mentre stava per consumare la terza, si ritrova davanti a Cangrande che mangiava.
Questo chiede a Bergamino perchè è triste, e lui risponde raccontanto la novella del cortigiano Primasso e dell’abate di Cluny.

Primasso era infatti un famoso verseggiatore che aveva sentito parlare di questo abate di Cluny famoso per la sua generosità, il quale offriva a tutti da mangiare nella sua abbazia.
Dopo un lungo viaggio Primasso arriva alla tavola dell’abate; si può mangiare solo dopo che l’abate esce dalla sua stanza. Quando questo esce e vide in che condizioni è ridotto Primasso è colto anche lui da un’improvvisa avarizia e si richiude in camera impedendogli di mangiare dalla tavola.
Primasso prende i 3 panini che si era portato per il viaggio e inizia a mangiare quelli.
Prima che finisse l’ultimo pane l’abate decide di informarsi su chi fosse il giovane, e non appena scopre chi è e perchè è lì ritorna in sè. Gli concede di mangiare e gli dà molti doni, più il permesso di andare e venire quando vuole.

Cangrande comprende ciò che vuole dire Bergamino.

How well did you know this?
1
Not at all
2
3
4
5
Perfectly
18
Q

giornata 1, novella 8:

A

narratrice: Lauretta

Il protagonista è tale messere Erminio detto ‘Avarizia’, poichè era il signore più ricco e allo stesso tempo avaro di Genova.
Le cose cambieranno quando in città arriverà l’onesto cortigiano Guglielmo Borsieri.
Egli verrà ricevuto da Erminio, che vorrà mostrargli una delle sue bellissime case.
Quando Erminio chiederà a Borsieri di consigliargli un soggetto mai visto prima da dipingere su una parete spoglia della casa, Borsieri risponderà che non puà consigliargli un soggetto mai visto da nessuno, ma uno mai visto da Erminio, cioè la Cortesia.
Erminio fu così imbarazzato e turbato da queste parole, che da quel momento divenne il signore più cortese e generoso di Genova.

How well did you know this?
1
Not at all
2
3
4
5
Perfectly
19
Q

giornata 1, novella 9:

A

narratrice: Ellissa

Il protagonista è il re di Cipro ai tempi delle crociate.
Egli era un re famoso per essere insofferente verso le ingiustizie subite dai suoi sudditi, ma anche verso quelle che subiva lui stesso, sopportandole e non reagendo.
Un giorno, una donna proveniente dalla Guascogna, di ritorno dal pellegrinaggio in terra santa, venne assalita da degli uomini a Cipro.
Lei volle riferirlo al re nonostante le avessero detto che lui non avrebbe fatto nulla contro l’ingiustizia.
Recatasi dal re, la donna gli chiede come fa lui a sopportare così bene le offese.
Il re sembra risvegliarsi da un sonno grazie a queste parole, e da quel momento difenderà tutte le offese subite dalla corona e dai cittadini.

How well did you know this?
1
Not at all
2
3
4
5
Perfectly
20
Q

giornata 1, novella 10:

A

narratrice: Pampinea

La novella si apre con una spiegazione sul fatto che spesso le donne guardano molto a come appaiono, ma poco a ciò che dicono e peccano di stupidità.
Pampinea narra la novella alle altre donne proprio per far si che esse si distinguano da quelle donne, e provino falso il motto che le donne, di ogni cosa, prendano sempre quella peggiore.
Infatti la novella parla di Maestro Alberto, un medico, e la vedova Margherita.
Maestro Alberto si era follemente innamorato di Margherita ad una festa, tanto da voler vedere il suo viso ogni sera.
Una sera la donna e le sue amiche lo videro arrivare e lo invitarono in cortile per deriderlo (‘credevamo che le passioni d’amore appartenessero ai giovani, non ai vecchi’).
Il Maestro le schernisce, dicendo che se del porro l’unica cosa buona è la testa, le donne invece ne mangiano le foglie, e quindi se sono capaci di ciò sono capaci anche di amare un uomo anziano (=di scegliere l’opzione meno invitante).
Le donne si scusano, così il vecchio e i suoi compagni scoppiano a ridere e vanno via.
Così Pampinea chiude la novella con un motto per le donne (‘voi, se savie sarete,
ottimamente vi guarderete’).

How well did you know this?
1
Not at all
2
3
4
5
Perfectly
21
Q

giornata 1, conclusione:

A
  • Filomena viene incoronata da Pampinea nuova regina
  • sceglie il tema del giorno dopo: il caso, che porta però a un lieto fine superiore alle aspettative dei personaggi della novella.
  • Dioneo, essendo il narratore più svantaggiato poichè ultimo e anche i più scherzoso, chiede di poter non sottostare alla legge del tema.
  • Filomena intona una ballata sulla bellezza, composta da strofe di 3 versi (endecasillabo, settenario e endecasillabo, ABA) e strofe di 7 versi (6 endecasillabi e 1 settenario, ABABBYZ).
How well did you know this?
1
Not at all
2
3
4
5
Perfectly
22
Q

giornata 4, introduzione:

A
  • Filostrato viene incoronato Re
  • il tema è quello degli ‘amori infelici
  • La quarta giornata ha come introduzione la difesa che il Boccaccio fa della sua opera. Infatti quando sono state pubblicate le prime novelle, senza che l’opera fosse stata ancora compiuta, si è sollevato un vero vespaio di critiche.

Boccaccio afferma che venne accusato di essere troppo vecchio (a quarant’anni) per dedicarsi a opere con il fine di rallegrare le donne, e che esse gli piacevano troppo.
Così Boccaccio narra la vicenda di Filippo Balducci, che dopo la morte della moglie decise di vivere da eremita con il figlio.
Un giorno, poichè il figlio lo pregava di portarlo con sè a Firenze, Balducci accettò.
A Firenze il figlio vide le donne, e chiese al padre cosa fossero. Il padre risponde ‘sono papere!’.
Così il figlio chiede di poterle avere, promettendo di prendersene cura.

Boccaccio racconta questo pezzo di novella per sottolineare il fatto che, se l’amore per le donne aveva colpito anche un eremita, come poteva risparmiare lui, che era stato a contatto con esse sin dalla giovinezza.
Dice poi che anche gli anziani, con i capelli bianchi, sentono ancora gli impulsi amorosi. Ne sono testimoni Guido Cavalcanti, Dante Alighieri, Cino da Pistoia, che, anche da vecchi, desiderarono essere graditi alle donne.

Un’altra critica che venne fatta a Boccaccio fu quella di alterare la realtà, alla quale Boccaccio risponde dicendo di fornire delle prove di questa cosa.

Termina questa difesa dicendo che la calunnia è un vento che non smuove nemmeno la polvere, e che se ci riesce, questa si posa sul capo del calunniato, che acquisisce quindi ancora più fama.

How well did you know this?
1
Not at all
2
3
4
5
Perfectly
23
Q

giornata 4, novella 1:

A

Narratrice: Fiammetta

La novella parla della figlia del principe di Salerno Tancredi, Ghismonda, che era così amata dal padre che questo si rifiutò sempre di allontanarla da sè.
La fece sposare solo in età avanzata, ma il marito morì presto lasciandola vedova.
La donna si invaghì di uno degli uomini di corte del padre, tale Guiscardo, che ricambiò.
I due si amavano nella camera di lei, a cui lui arrivava tramite una grotta collegata.
Un giorno però, Tancredi volle entrare in camera della figlia per discutere con lei di alcuni argomenti, ma non trovandola decise di aspettare al buio.
Quando arrivò Ghismonda, non accorgendosi del padre, portò dentro Guiscardo e consumarono il loro amore sul letto.
Il padre assistette e decise di far catturare il giovane.
Quando si confrontò con la figlia, lei confessò e disse di preferire morire che vivere senza lui.
Così il padre le fece portare in una coppa il cuore di Guiscardo, e lei ci versò dentro un intruglio di erbe velenose.
Così lo bevve, e mentre il padre le era accanto nel letto piangendo, lei gli disse di non volere le sue lacrime, ma di essere seppellita a fianco all’amato in un luogo visibile a tutti.
Così accadde.

How well did you know this?
1
Not at all
2
3
4
5
Perfectly
24
Q

giornata 4, novella 2:

A

narratrice: Pampinea

La novella parla del frate Alberto, che da Imola si trasferisce a Venezia per lasciarsi alle spalle le voci di imbroglione e malfattore. A Venezia si fa frate si dedica alla vita ecclesiastica.
Un giorno va a confessarsi da lui tale madonna Lisetta, una donna tanto bella quanto stupida. Lui si rende presto conto della sua stupidità e decide di ingannarla per poter andare a letto con lei.
Le dice che l’Arcangelo Gabriele gli ha confessato che amava madonna Lisetta e che desiderava poter dormire con lei nel corpo di qualcuno.
Così madonna Lisetta dice a frate Alberto che l’angelo potrà venire da lei con la sembianza che più gli piace.
I due si vedono spesso, fino a quando non si sparge la voce che l’arcangelo Gabriele faccia visita alla donna. Così tutti i veneziani si appostano sotto casa di lei per vederlo, e frate Alberto (che andava da lei travestito da angelo e con l’aiuto di un amico e di un amica) scappa.
Chiede rifugio a un uomo. L’uomo però viene presto a scorpire della notizia e inganna il frate, convincendolo a mascherarsi per essere portato alla sagra del cinghiale.
Una volta travestito e con una corda al collo, alla sagra il buonuomo lo presenta come l’arcangelo Gabriele.
La notizia giunse alle orecchie di un gruppo di frati minori, che giunsero a Venezia e lo catturarono, tenendolo in prigione fino alla fine dei suoi giorni.

How well did you know this?
1
Not at all
2
3
4
5
Perfectly
25
Q

giornata 4, novella 3:

A

narratrice: Lauretta

Protagoniste di questa novella sono 3 sorelle, Ninetta, Magdalena e Beretta.
Ninetta si era innamorata di un povero uomo, Restaglione, mentre delle altre due sorelle Magdalena e Beretta si innamorarono due ricchi giovani, Folco e Ughetto.
Restaglione propose così ai due giovani di dare a lui un terzo delle loro ricchezze, così da poter partire verso Creta insieme e vivere con le sorelle.
I due accettarono e partirono.
Tuttavia, presto a Creta Restaglione si innamorò di un’altra donna, e Ninetta era diventata gelosissima. Così tanto che un giorno avvelenò Restaglione.
Il duca di Creta dovette arrestarla, e per liberare la sorella, Magdalena si offrì a lui.
Il duca accettò e come ricompensa per la notte d’amore le consegnò la sorella.
Ninetta fu così mandata via per insabbiare il crimine.
Folco però sospettava che Ninetta fosse viva e cos’ costrinse Magdalena a farsi raccontare tutto. Lei confessò e per questo lui la uccise.
Poi però, temendo l’ira del duca, Fosco trovò Ninetta e la indusse a partire con lui. Non si seppe mai dove furono andati.

Non appena il duca seppe della morte dell’amata Magdalena, incolpò Beretta e Ughettoo, che neanche sapevano nulla della fuga dei due. Vennero costretti a confessare di aver ucciso Magdalena.
Per evitare la morte, i due decisero di partire in fretta verso Rodi, dove vissero in miseria e non a lungo.
A ciò portò l’amore scellerato di Ninetta e Restaglione.

How well did you know this?
1
Not at all
2
3
4
5
Perfectly
26
Q

giornata 4, novella 4:

A

narratrice: Ellissa

I protagonisti sono Gerbino, nipote del re di Sicilia Guglielmo, e la figlia del re di Tunisi.
I due si innamorarono senza neanche essersi visti, lui per la decantata bellezza di lei, lei per le decantate imprese di lui.
I due si scambiano doni attraverso un messaggero.
Tuttavia, presto il re di Tunisi promette in sposa la figlia al re di Granata, e sapendo che lei era però innamorata di Gerbino, manda in Sicilia degli ambasciatori per chiedere a re Guglielmo di non interferire con il viaggio di lei, ma anzi, di proteggerla.
Re Guglielmo, che non conosceva i sentimenti del figlio, accettò e mandò un suo guanto come segno di promessa.
La ragazza manda però a Gerbino il messaggio di ciò che stava accadendo, così lui decide di partire da Messina alla Sardegna, da dove doveva passare la nave di lei per dirigersi a Granata.
Arrivata lì Gerbino la assale con i suoi soldati, ma i soldati saraceni di Tunisi uccidono la ragazza e la gettano in mare.
Gerbino così sbaraglia i saraceni e recupera il corpo di lei.
Quando il re Guglielmo verrà a sapere dell’accaduto, deciderà di condannare il nipote a morte e farlo decapitare davanti a lui, preferendo perdere un nipote che essere considerato sleale per non aver mantenuto la parola data.

How well did you know this?
1
Not at all
2
3
4
5
Perfectly
27
Q

giornata 4, novella 5:

A

narratrice: Filomena

I protagonisti sono la giovane Lisabetta da Messina e il garzone Lorenzo.
I due erano innamorati e si vedevano spesso, ma a causa della bassa estrazione sociale di lui, i fratelli di Lisabetta (sopratutto il maggiore) pensarono di farlo fuori con l’inganno.
Lei continuava a chiedere dove fosse Lorenzo, ma i fratelli facevano finta di niente.
Una notte le apparse in sogno, dicendole ciò che era accaduto e dove fosse seppellito.
Lisabetta si recò sul posto e dissotterrò il cadavere, e non potendo portarselo tutto a casa, gli tagliò la testa con un coltello.
Arrivata a casa pianse e baciò la testa, che mise poi in un vaso e che coprì con una pianta di basilico salernitano.
Lisabetta piangeva sempre sulla pianta, che divenne presto rigogliosa e profumata.
La pianta rese sospettosi i vicini, che ne parlarono con i fratelli di lei.
Essi di nascosto le portarono via la pianta, e notando l’insistenza di Lisabetta per riaverla, decisero di capire cosa ci fosse dentro.
La svuotarono e trovarono la testa e il drappo con cui era coperta.
Per paura di venire accusati di omicidio, partirono con tutti i loro averi a Napoli.
Lisabetta rimase a Messina disperata e presto morì di pianto.
La sua storia venne tramandata adai cantastorie.

How well did you know this?
1
Not at all
2
3
4
5
Perfectly
28
Q

giornata 4, novella 6:

A

Narratore: Panfilo

I due protagonisti sono Andreuola, figlia di messer Negro da monte Carraro, e Gabriotto, giovane di bassa estrazione sociale.
I due erano soliti vedersi, con l’aiuto della fantesca, nel giardino di lei, e si erano anche sposati in segreto.
Un giorno però, lei sognò che mentre era col suo amato, wualcosa usciva dal corpo di lui e moriva improvvisamente.
Fu così turbata che per un giorno non volle vederlo.
Dopo due giorni i due si rividero, e quando lui scoprì che Andreuola non aveva voluto vederlo per un sogno, lui si mise a ridere e disse che anche lui aveva sognato, ma che non gli aveva dato ascolto.
Gabriotto aveva sognato che catturava una bella capriola, che però presto veniva sbranata da una cagna randagia.

Mentre i due si abbracciavano, lui stramazzò a terra e morì.
Lei era disperata, e poichè non voleva seppellirlo senza le lacrime dei genitori di lui, decise di ornarlo insieme alla sua serva e vollero trasportarlo a casa di lui.
Mentre andavano vennero catturate dalle guardie della signoria. Lei raccontò alle guardie ciò che era successo e chiese di venire portata al Signore.
Il Signore/Podestà ascoltò Andreuola e, vedendo che era innocente poichè il corpo di Gabriotto non mostrava segni di omicidio, disse che per liberarla lei avrebbe dovuto concedersi a lui.
Lei si rifiutò e così lui cercò di violentarla.
Lei si difese con maestria e lo cacciò via.
Quando il giorno dopo la notizia giunse a messer Negro, egli andò dal potestà per riavere sua figlia.
Per evitare di essere accusato dalla donna, il potestà le fece molte lodi e volle chiederla in moglie al padre di lei.
Messer Nigro sapeva già cosa era successo con Gabriotto, quindi quando trovò Andreuola i due si scusano a vicenda.
Andreuola dirà che piuttosto che sposarsi con il Podestà avrebbe preferito farsi monaca, e così fece, con la sua fantesca/serva.

How well did you know this?
1
Not at all
2
3
4
5
Perfectly
29
Q

giornata 4, novella 7:

A

Narratrice: Emilia

I protagonisti sono una filatrice di lana, Simona, e Pasquino, un giovane che le portava la lana per conto del suo signore.
I due presto si innamorarono e si vedevano spesso. Un giorno decisero di vedersi in un giardino, lei accompagnata dalla sua amica Lagina, lui dal suo amico Puccino (detto ‘lo Stramba’).
I quattro si appartarono a coppie; Pasquino volle fare merenda e poi, per pulirsi i denti, prese una foglia di salvia che si strofinò sui denti.
Presto morì.
Simona chiamò lo Stramba, che insieme ai vicini la accusò di aver ucciso Pasquino. Venne portata al cospetto del podestà, e per dimostrare che era innocente, lei si strofinò una foglia di quella pianta di salvia sulle gengive, e così morì anche lei.

Simona venne così dichiarata innocente e la pianta di salvia sradicata; si scoprì che era velenosa poichè sotto di essa vi era un rospo velenoso.
Così intorno al rospo venne ammucchiata della legna e venne fatto ardere.
Simona e Pasquino vennero seppelliti insieme.

How well did you know this?
1
Not at all
2
3
4
5
Perfectly
30
Q

giornata 4, novella 8:

A

Narratrice: Neifile

I protagonisti sono un giovane benestante, Girolamo, e una sartina, Selvastra.
I due erano innamorati, ma la madre di lui non accettava la bassa condizione sociale di lei, e decise insieme ai tutori di mandare il figlio a lavorare a Parigi, sperando che la dimenticasse.
Girolamo restò in Francia 2 anni.
Ritornato a Firenze, venn però a sapere che Selvestra si era sposata.
Un giorno, decise di entrare in casa di lei, e vedendo che il marito era addormentato,Girolamo mise una mano sul petto di lei, chiedendole se era sveglia.
Lei gli intimò di andarsene, ma lui le chiese di potersi coricare per un po’ di fianco a lei, e poi se ne sarebbe andato.
Lei acconsentì, e mentre lui giaceva di fianco a lei, pensava al loro amore giovanile, e morì.
Quando lei si accorse di ciò, svegliò il marito e gli raccontò tutto.
Selvastra e il marito decisero di portarlo davanti a casa di lui.
Il giorno dopo, quando vennero celebrati i funerali, Selvastra andò per vedere se qualcuno dicesse qualcosa contro di lei e suo marito.
Vedendo Girolamo morto, le venne in mente l’amore che aveva provato per lui, e corse. Prima che potesse toccarlo morì anch’essa.
Il marito raccontò l’accaduto e Girolamo e Selvestra vennero seppelliti insieme.

How well did you know this?
1
Not at all
2
3
4
5
Perfectly
31
Q

giornata 4, novella 9:

A

Narratore: Filostrato

I protagonisti sono due messeri della Provenza, messer Guglielmo Rossiglione e messer Guglielmo Guardastagno.
I due sono grandi amici, ma le cose cambiano quando Guardastagno si innamora della moglie di Rossiglione, e da lei è ricambiato.
I due iniziano a vedersi spesso, fino a quando Rossiglione non scopre la cosa. Così gioca d’astuzia. Nasconde il suo odio fino a quando non deciderà di dare un agguato nel bosco dove doveva passare Guardastagno.
Così lo uccise e gli aprì il petto, prendendogli il cuore.
Tornato a casa ordinò al cuoco di cucinarlo come un cuore di cinghiale, e così, a cena, la moglie lo gustò.
Quando lei disse che le era piaciuto molto, il marito le dice che era il cuore di Guardastagno.
Così lei, disperata, si butta dalla finestra e si sfracella al suolo.
Per evitare di venire accusato di omicidio dal conte di Provenza Rossiglione scappò con i cavalli.
I due verranno sepolti insieme.

How well did you know this?
1
Not at all
2
3
4
5
Perfectly
32
Q

giornata 4, novella 10:

A

Narratore: Dioneo

Dioneo non rispetta il tema degli amori infelici, ma ne dscrive uno con un lieto fine, anticipando il tema della giornata successiva.

I protagonisti sono la moglie di un medico di Salerno, tale Mazzeo, e un giovane ladruncolo, Ruggieri.
I due si innamorano e si vedono spesso. Un giorno, Ruggieri verrà fatto entrare in camera di lei e mentre è solo berrà un intruglio lasciato dal marito, creato con l’oppio per far addormentare un paziente di Mazzeo.
Quando la donna entrerà in camera e troverà Ruggieri addormentato, lo crederà morto e insieme alla sua serva deciderà di metterlo in una cassa trovata vicino alla bottega del falegname e di lasciarlo fuori casa.
Così fecero.
Quel giorno però due usurai, in cerca di mobili per la loro casa, vedendo quella cassa vollero portarla a casa loro.

Una volta a casa dei due usurai, mentre anche le loro mogli dormivano, Ruggieri si sveglia, suscitando la paura di esse.
Così verrà scambiato per un ladro e condannato a morte.

Per salvarlo, la donna e la serva, che nel frattempo avevano scoperto dell’intruglio, escogitarono un piano. Finsero che in realtà era la serva a vedersi con Ruggieri, e così raccontarono questa storia a Mazzeo.

Davanti al giudice, testimoniarono per questa versione della storia i due usurai, il falegname, la serva, Ruggieri e Mazzeo.
Così Ruggieri venne giudicato innocente.

How well did you know this?
1
Not at all
2
3
4
5
Perfectly
33
Q

conclusione 4° giornata:

A
  • Filostrato si scusa per aver scelto un tema triste
  • Fiammetta viene incoronata regina
  • viene scelto il tema della 5° giornata: gli amori felici
  • Filostrato canta una canzone sull’amore infelice (verso Fiammetta): composta da strofe di 9 versi (3 settenari e 6 endecasillabi) e da strofe di 3 (1 settenario e 2 endecasillabi)
How well did you know this?
1
Not at all
2
3
4
5
Perfectly
34
Q

giornata 10, introduzione:

A
  • re: Panfilo
  • tema: si narra di chi, con cortesia e magnanimità ha avuto avventure d’amore o di altro genere.
  • La decima e ultima Giornata è collocata di martedì, ossia precisamente 2 settimane /
    14 giorni dopo la partenza da Firenze (di mercoledì) (poichè di venerdì e di sabato non si novella. Il venerdì è riservato alla preghiera mentre il sabato al riposo.).
How well did you know this?
1
Not at all
2
3
4
5
Perfectly
35
Q

giornata 10, novella 1:

A

Narratrice: Neifile

Il protagonista è il cavaliere fiorentino Ruggieri, che decide di mettersi al servizio del re di Spagna sperando in maggiori riconoscimenti.
Tuttavia, nonostante le sue qualità, Ruggieri notava che esse non venivano premiate, mentre il re premiava chi non se lo meritava quanto lui.
Così Ruggieri chiese il congedo e partì per l’Italia, ma il re chiese a un suo servo di seguirlo e di riferirgli tutto ciò che Ruggieri avesse detto sul re.
La mula donata a Ruggieri per il viaggio dal re non defecò quando dovette, ma defecò nel fiume, dove non doveva.
Così Ruggieri disse che la mula era proprio simile a chi gliel’aveva donata.
La mattina dopo il servitore del re disse a Ruggieri che il re gli aveva ordinato di tornare, e così fece.
Tornato a palazzo il re gli chiese come mai l’aveva paragonato alla mula, e Ruggieri rispose che come la mula defeca dove non deve e non defeca dove deve, così il re premia di non deve e non premia chi deve.
Il re gli risponde che se non lo ha premiato è solo per la sfortuna del cavaliere, e gli mise davanti due forzieri: uno pieno di tesori, l’altro pieno di terra.
Il cavaliere ne scelse uno e aprendolo vide che era quello con la terra.
Avendo il re provato che la fortuna del cavaliere era cattiva, per premiarlo comunque gli donò l’altro forziere, quello pieno di ricchezze.

36
Q

giornata 10, novella 2:

A

Narratrice: Elissa

Dopo aver perso tutti i suoi averi per ragioni politiche, essere stato espulso da Siena ed essersi ritirato a Radicofani, Ghino si dà al brigantaggio
Ladro dunque solo per esigenza, ma gentiluomo nell’animo, Ghino è solito derubare i ricchi che incontra sul suo cammino senza usare violenza e, dopo un periodo di reclusione molto ospitale nel suo castello, lasciarli in libertà con il minimo necessario per poter sopravvivere. Accade così un giorno che Ghino rapisca l’abate di Clignìe, come da prassi, lo porti nel suo castello.
Dopo aver scoperto che l’abate si stava dirigendo alle terme di San Casciano a causa di un forte mal di stomaco, decide di curarlo seguendo un suo rimedio personale: ogni giorno gli concede solo razioni molto limitate di pane, fave e vino, favorendo in tal modo la guarigione completa dell’abate.

Così, durante il periodo di prigionia del religioso e del suo seguito, i due uomini hanno l’occasione di confrontarsi e apprezzarsi vicendevolmente, e Ghino racconta all’abate la sua vera storia. Quando l’abate capisce di essere al cospetto di un uomo di saldi principi etici, costretto a quella condotta disdicevole da cause estranee al suo volere, ribalta completamente la propria opinione su di lui, tanto più che, al momento della liberazione, il brigante restituisce al benedettino tutti i suoi beni. Quest’ultimo, una volta tornato a Roma, rivela a Papa Bonifacio VIII la vera indole di Ghino, e convince il pontefice a concedergli la grazia, perdonandolo di tutti i peccati commessi, ma soprattutto a concedere a Ghino il titolo di cavaliere

37
Q

giornata 10, novella 3:

A

Narratore: Filostrato

Viveva in Oriente un vecchio nobile e ricco di nome Natan che, desideroso di essere conosciuto per le sue opere, aveva edificato uno sfarzoso palazzo dove ricevere e ospitare coloro che per viaggio passavano nei luoghi vicini.
Grazie a quest’immensa opera, la fama di Natan si sparse in tutto Oriente, suscitando l’invidia di un certo Mitridanes, un giovane altrettanto ricco. Questi sebbene avesse costruito un palazzo simile a quello di Natan, diventando anche lui molto famoso, comprende l’impossibilità di superarlo e intuisce che l’unico modo possibile era ucciderlo.
Così, deciso di assassinare Natan, dirigendosi verso il suo palazzo, lo incontra casualmente sul cammino. Ignorando chi realmente fosse, gli chiede informazioni e Natan, saputa la destinazione del forestiero, nascondendo la sua identità, finge di essere un servo di lui stesso e si offre di accompagnarlo a palazzo. Qui, interrogato Mitridanes, conosce lo scopo cui lui ambiva e, senza dimostrarsi spaventato né tanto meno rivelando chi fosse, decide addirittura di aiutarlo nell’impresa, rivelandogli che Natan era solito, ogni mattina, passeggiare da solo in un bosco vicino. La mattina seguente, Natan, segnato ormai il suo destino, si dirige nel bosco e aspetta che Mitridanes lo trovi e lo uccida.

Questi non tarda ad arrivare, ma quando vede Natan e capisce che colui che la notte prima lo aveva ospitato, servito e aiutato era proprio quello che stava per uccidere, il rimorso e la vergogna lo fermano dall’impresa. Natan si dimostra comunque deciso e esorta Mitridanes a ucciderlo, perché infondo lui era ormai vecchio e poco gli rimaneva da vivere, ed era onorato che la sua morte potesse rendere migliore qualcun altro; propone anche di scambiarsi identità, così che la sua fama passasse al giovane.
Mitridanes, commosso dalle parole di Natan, decide di non ucciderlo e, riconosciuta la sua magnanimità, ritorna a palazzo insieme a lui, si congeda e ritorna alla propria dimora.

38
Q

giornata 10, novella 4:

A

Narratrice: Lauretta

A Bologna viveva un certo Gentil de’ Carisendi, il quale era innamorato di donna Catalina, moglie di Niccoluccio Caccianimico, e non era ricambiato.
La donna, a quel tempo gravida, fu colpita da una grave malattia, e in breve tempo in lei scomparse ogni segno di vita e, poiché il bambino che portava in grembo era stato concepito da poco, i parenti decisero di seppellirla.
Gentile, saputa questa notizia, come segno estremo del suo amore, decide di profanare la tomba di Catalina per porgerle un bacio, non avendo potuto farlo mentre lei era in vita. Facendo ciò, si accorge miracolosamente che Catalina, sebbene molto debole, era ancora in vita e decide di trasportarla a casa sua per curarla.

Qui Catalina e il bambino nel suo grembo guariscono completamente e la fanciulla partorisce un bel figlio maschio. Gentile decide allora di invitare a pranzo alcuni amici per mostrare loro Catalina, la cosa più cara che aveva, perché aveva saputo che questa fosse un’usanza dei Persi per onorare gli amici cari (chiedendo quindi a Catalina il sacrificio di non mostrarsi prima del tempo ai suoi parenti e al marito).

Il giorno del pranzo, dopo il viaggio a Modena di Gentile prima di chiamare Catalina, Gentile chiede un parere agli amici, domanda loro se fosse giusto che un uomo richiedesse indietro un suo servo, che aveva abbandonato perché malato, all’uomo che l’aveva trovato e curato. Caccianimico risponde per tutti che non era legittimo perché, abbandonando il suo servo, il primo uomo non aveva più nessun diritto su di lui.
Quando Catalina viene mostrata agli invitati e avendo Gentile sottolineato che il servo della domanda precedente rappresentava la fanciulla, capisce che rispondendo aveva perso tutti i diritti sulla moglie e sul figlio. Ma Gentile, notando il dispiacere e le lacrime sul viso di Niccoluccio, decide di rinunciare a Catalina, porgendola al marito, guadagnandosi l’amicizia della coppia e dei loro parenti.

39
Q

giornata 10, novella 5:

A

Narratrice: Emilia

Nella città di Udine viveva insieme al marito Gilberto, donna Dianora, la quale era desiderata ardentemente da messer Ansaldo Gradense. La donna, stanca delle incessanti proposte e regali fatti da Ansaldo, decide di porre fine a questo tormento: riferisce ad Ansaldo che, se fosse riuscito, nel mese di gennaio in cui erano, a far fiorire il giardino di lui come nel mese di maggio, lei lo avrebbe amato, mentre se non riusciva nell’intento, avrebbe dovuto per sempre dimenticarla. Il povero innamorato, dopo infinite ricerche, riesce a trovare un negromante capace di tale magia e così vedendo il giardino in fiore, Dianora si rassegna e racconta la promessa al marito.

Gilberto, sebbene avesse reagito con l’ira, capisce che Dianora aveva fatto la promessa innocentemente e, conoscendo la purezza dell’animo della moglie, la invita a recarsi da Ansaldo per scogliere la promessa con le parole, ma se questo non fosse accaduto, l’avrebbe lasciata andare a letto con lui.
Recatasi Dianora da Ansaldo e riferitegli le parole del marito, questi comprendendo la magnanimità di Gilberto e non volendo privare la sua amata dell’amore del marito, scoglie la promessa e la lascia andare. L’episodio sembra coinvolgere anche il negromante lì presente che, di fronte a tanta liberalità, segue l’esempio e rifiuta la ricompensa pattuita per far fiorire il giardino.
Emilia conclude la novella dicendo che l’esempio di liberalità di Ansaldo era di molto superiore a quella dei racconti precedenti.

40
Q

giornata 10, novella 6:

A

Narratrice: Fiammetta

Questa novella parla di una vicenda capitata a messer Neri degli Uberti (ghibellino) con il re Carlo 1° D’ Angiò (guelfo; grazie alla sconfitta di Manfredi ritornano i guelfi a Firenze).
Messer Neri decise di ritirarsi in un luogo solitario per finire nella calma i suoi giorni, così comprò un appezzamento di terra dove costruirvi una casa e un bellissimo giardino con un laghetto con dei pesci nel mezzo. Le voci sulla bellezza di questo giardino arrivarono al re che, incuriosito, decise di andarlo a vedere. Messer Neri ospitò umilmente il re e i suoi quattro compagni con una tavola ricca di bevande apparecchiata nel giardino. Ad un certo punto due giovani e belle fanciulle uscirono dalla casa e con delle reti entrarono nel laghetto e ne uscirono poco dopo con dell’ottimo pesce da mettere sul fuoco. Uscirono dall’acqua con i loro bianchi vestiti così bagnati da lasciar intravedere quanto di più bello avevano, e il re, osservandole, ne rimase colpito. Durante il viaggio verso casa e nei giorni seguenti il re non riuscì a pensare ad altro che a Ginevra la bella e ad Isotta la bionda (questi i nomi delle fanciulle, figlie di Neri), innamorandosi perdutamente della prima.
Facendosi sempre più strada l’ idea di sposare la fanciulla, parlandone con uno dei suoi consiglieri, questo disse al re che rapire le figlie di messer Neri sarebbe stato un grave errore, e che doveva vincere la “guerra” contro se stesso e le sue passioni; così, alla fine il re fece sposare le due con grandi baroni a cui donò anche delle province.

41
Q

giornata 10, novella 7:

A

Narratrice: Pampinea

Prima di raccontare la settima novella, Boccaccio fa riferimento al fatto che solo una della brigata, non è specificato chi, era contraria al comportamento di Carlo d’Angiò della novella precedente, perchè ghibellina.

La novella narra di una giovane fanciulla, Lisa, che nel giorno in cui il vittorioso re Pietro d’Aragona dà una festa in paese in Sicilia, affacciandosi dalla finestra della sua casa, vede e si innamora pazzamente del re, non sapendo che quello fosse tale. Venutolo a sapere cade in malattia peggiorando periodicamente.
Quando la sua situazione si sta facendo critica, pensa che non vuol morire senza aver prima fatto sapere al re del suo amore, e così chiede di vedere un cantore che possa riferire a corte quanto detto: così va a trovarla Minuccio e dopo appena tre giorni che era andato dalla fanciulla, aveva creato una canzone da presentare al re. Così la canta al re che, colpito dalla volontà della fanciulla, chiede di vederla e dopo averci parlato, preso dalla compassione, si impegna a farla sposare con un giovane barone così da farla felice, e di restare per sempre suo cavaliere.

42
Q

giornata 10, novella 8:

A

Narratrice: Filomena

Questa è la storia di due amici molto cari, Gisippo (Greco) e Tito (Romano, mandato dal padre di Gisippo ad Atene per studiare) ,cresciuti insieme e molto legati.
A Gisippo viene promessa in sposa la bella Sofronia. I due un giorno vanno a trovare la ragazza mai vista, e avviene che Tito si innamora della futura sposa dell’ amico, ma non lo dice a Gisippo.
Dopo alcuni giorni in cui Gisippo vede che Tito è in condizioni pessime decide di parlarci e scopre che Tito è molto innamorato, e decide di cedergli la donna, ma non può farla sposare direttamente a lui altrimenti i genitori di lei e i suoi si sarebbero opposti. Decide, la notte di nozze, di farle consumare il suo amore con Tito, credendo fosse Gisippo.
Quando arriverà per Tito il momento di ritornare a Roma, egli, volendo portare Sofronia con sè, le confessò tutto. Lei dracconterà tutto ai suoi genitori e a quelli di Gisippo, molto arrabbiati. Comunque Tito parla con i genitori di Sofronia, dicendò che ciò che era avvenuto era ormai fatto e voluto quindi dagli dei, e che non importa come siano andate le cose, ma il risultato finale, cioè che Sofronia era comunque sposata a un giovane nobile e acculturato, e anche più ricco di Gisippo. La porta con sé a Roma.

Intanto Gisippo diventa molto povero e va anche lui a Roma, dove deciderà però di morire confessando falsamente di aver ucciso un uomo. Quando Tito lo vedrà e lo riconoscerà, per salvargli la vita si autoaccuserà. Alla fine entrambi verranno assolti perchè il vero assassino si farà avanti . Tito accoglie alla fine Gisippo dandogli poi in moglie la sorella di Sofronia e condividendo i suoi beni con lui.

43
Q

giornata 10, novella 9:

A

Narratore: Panfilo

Il re di Babilonia, Saladino, era venuto in Europa travestito da mercante per controllare in che modo i cristiani si stavano preparando per la crociata , in modo da poter organizzare adeguatamente le proprie difese.
Arrivato nei pressi di Pavia, Saladino chiede indicazioni per raggiungere la città a messer Torello, il quale però, con la sua solita cortesia, lo invita a casa propria. Saladino accetta l’invito e durante la cena fa amicizia con Torello che gli risulta subito molto simpatico.

Messer Torello fa avvisare la moglie di preparare una degna accoglienza per i suoi ospiti nel palazzo di Pavia per il mattino e, il giorno seguente, accompagna Saladino in città.
Lo riempie di doni fino alla sua partenza.

Saladino, dopo aver finito il giro dell’Europa, torna nel suo Regno dove organizza le difese per l’imminente guerra.

Messer Torello parte anch’egli per la crociata e si fa promettere dalla moglie che lo avrebbe aspettato per un anno un mese e un giorno almeno. Poi lei avrebbe dovuto risposarsi.
Messer Torello viene catturato dai saraceni, e, vista la sua abilità di addestratore di falconi, viene portato al palazzo di Saladino come uccellatore, senza venire riconosciuto.

Dal palzzo, grazie ad alcuni ambasciatori genovesi, Torello riesce a spedire una lettera alla moglie per comunicarle di essere ancora in vita e di aspettarlo, ma la nave naufraga.

Dopo un po’ di tempo Saladino riconosce messer Torello grazie ad una sua particolare espressione della bocca, gli organizza una grande festa e lo riempie di doni per ricambiare la sua ospitalità.
Messer Torello è molto felice, ma viene a sapere del naufragio della nave su cui c’era la sua lettera e si rende conto che il periodo di attese per la moglie era quasi finito, quindi, probabilmente, lei stava per risposarsi.

Torello confida questa sua pena a Saladino che, seppur dispiaciuto della perdita dell’amico, lo aiuta a tornare a casa in tempo grazie ad un incantesimo di uno dei suoi maghi (lo teletrasporta su un letto nella chiesa di San Pietro in Ciel d’Oro.)

Messer Torello arriva poi nella chiesa dove si stava per celebrare il nuovo matrimonio quindi riesce ad impedire che questo avvenga (facendo bere alla moglie dalla sua coppa, n cui lui aveva posto un anello che lei gli aveva donato prima della sua partenza per le crociate) e torna a casa felice con la moglie.

44
Q

giornata 10, novella 10:

A

Narratore: Dioneo

Il marchese Gualtieri di Saluzzo non si decideva a sposarsi, ma un giorno, stanco delle insistenze dei suoi consiglieri, decide di sposare una contadina molto bella.

Gualtieri si accorda col padre delle ragazza, che si chiamava Griselda, e dà inizio ai preparativi per le nozze.
La mattina della cerimonia Gualtieri si reca a casa della sposa e si fa promettere da lei obbedienza eterna. Griselda accetta e Gualtieri la veste riccamente e la sposa; Griselda si dimostra una buona padrona di casa e, nonostante le umili origini, si adatta facilmente alla vita da nobildonna.

Dopo un po’ di tempo Griselda dà alla luce una bambina, ma Gualtieri, per mettere alla prova l’ubbidienza di lei, manda un suo servo a prendere al bimba facendo credere alla madre che l’avrebbe uccisa; in realtà la bimba viene mandata a Bologna presso dei parenti che l’avrebbero allevata.
Nonostante l’ubbidienza dimostratagli dalla moglie in quell’occasione, Gualtieri ripete l’operazione anche con il secondo figlio dato alla luce da Griselda che, anche questa volta, accetta tutto senza fiatare.

Per mettere definitivamente alla prova Griselda, Gualtieri le comunica di volerla ripudiare e lei, dopo tredici anni di matrimonio, torna a casa dal padre solo con una camicia, perché lei di suo non aveva nulla.

Al colmo della crudeltà Gualtieri ordina a Griselda di venire a lavorare per lui per organizzare il banchetto delle sue nuove nozze e le chiede la sua opinione sulla nuova fidanzata (in realtà loro figlia).
Griselda ammette la bellezza di lei, ma avverte Gualtieri di non mettere alla prova la ragazza come aveva fatto con lei, perché, a causa delle sua educazione nobile, non avrebbe potuto sopportare quello che aveva sopportato lei.
A questo punto Gualtieri rivela a Griselda che i paggetti delle nozze erano in realtà i loro figli, che lui l’amava veramente e che l’aveva solo sottoposta a delle prove per testare la sua ubbidienza.

Dopo la riconciliazione la famiglia viene riunita e allargata anche al padre di Griselda. Guatieri e Griselda vissero a lungo insieme e lei fu sempre pienamente rispettata dal marito per il coraggio e la pazienza dimostrati.

45
Q

sull’ultima novella del Decameron:

A

Anche dell’ultima novella del Decameron abbiamo rappresentazioni artistiche:
* Francesco di Stefano, detto Pesellino (1450 circa)
* Incontro e nozze di Gualtieri e Griselda e Gualtieri e i cittadini di Saluzzo, esposti a Bergamo nella Galleria dell’Accademia Carrara, narra l’inizio della storia.
* Apollonio di Giovanni (1460 circa) con un grande pannello frontale esposto alla Galleria Estense di Modena, descrive le scene iniziali della novella.

La Griselda ottiene una grande fortuna letteraria principalmente grazie alla traduzione latina di Petrarca, che però cambia alcuni aspetti. Ad esempio il finale, che Boccaccio non riuscì mai a leggere poichè Petrarca non gli mandò mai la sua versione.

Finale novella di Petrarca:
Petrarca pone l’accento sulla fermezza della donna, augurandosi non che le donne prendano esempio da lei, ma che si dedichino a Dio con la stessa fermezza e passione con cui Griselda sopporta ciò che il marito le ha fatto.

Finale novella di Boccaccio:
Boccaccio invece pone l’accento sulle umili condizioni di Griselda, che quindi non determinano una squallidità o rozzezza d’animo, poiché le hanno invece permesso di compiere grandi gesta. occaccio prende quindi le parti di Griselda e sminuisce Gualtieri (notiamo il cambio di tono di Boccaccio, che dalla drammaticità della novella passa alla sfera comica ed anche erotica).

Boccaccio rifiuta di identificare la vera nobiltà con quella di sangue (poiché le virtù morali e intellettuali possono trovarsi anche gli uomini e donne divise le condizioni), come dimostra Griselda e il marito Gualtieri.

La sinfonia delle virtù che caratterizza questa giornata si dipana secondo un calcolato crescendo.
A partire dalla novella 4 ,la liberalità e la magnanimità continuano a caratterizzare personaggi e le loro gesta, ma l’oggetto di queste virtù si sposta dai beni materiali alla vita e alle persone amate, dei beni di fortuna all’amicizia e all’amore, riproducendo ancora lo schema 3 + 7 che governa la struttura del Decameron.

L’ultima Novella infatti la magnanimità viene a coincidere con la pazienza, la perseveranza e l’umiltà, tanto che è lo stesso Boccaccio afferma che Griselda non sia un modello possibile da imitare poiché di natura divina.
Infatti Dioneo non vuole allontanarsi troppo dal tema dell’ultima giornata: in realtà fornisce un esempio non di magnificenza ma di matta bestialità, e pertanto non offre, come avviene nelle precedenti novelle, un esempio positivo da imitare ma un esempio negativo da fuggire (Gualtieri).
Negare l’imitabilità di Griselda significa trasgredire alla finalità di chiaramente esemplare della 10° giornata ma anche di mettere in dubbio l’effettiva esemplarità dei magnanimi protagonisti delle novelle precedenti.

Petrarca, riscrivendo in latino la storia di Griselda, omise del tutto le considerazioni di Dioneo e le sue battute

Per Boccaccio tuttavia queste virtù hanno lasciato ormai il mondo presente, infatti nessuno dei personaggi più virtuosi delle novelle appartiene all’età contemporanea, e dal libro sembra trasudare un pessimismo morale e politico.

Per questo i dieci giovani prendono la decisione di tornare a Firenze, dove, se Il morbo non li ucciderà, potranno essere esempio e guida ai loro concittadini nel costruire una società migliore.
La peste prima o poi finirà e un mondo nuovo potrà nascere; Il Decameron si chiude con una nota di ottimismo.

Si è proposta anche una lettura politica della novella, immaginando di scorgere dietro il tirannico marchese Gualtieri l’ombra di Gualtieri 6° duca d’Atene, che resse dispoticamente Firenze per dieci mesi nel 1343 e di cui Boccaccio tratteggiò un fosco profilo nel ‘de casibus virorum illustrium’.

46
Q

giornata 10, conclusione:

A
  • il re Panfilo propone, poichè si era sparsa la voce dell’esistenza della brigata e quindi per evitare che si aggiungessero altri componenti e rovinassero l’armonia, di mantenere la corona fino alla mattina seguente, momento in cui si congederanno.
  • Fiammetta canta una canzone (componimento con un numero indeterminato di strofe (in genere, tra 5 e 7); la strofa è di un numero indeterminato di endecasillabi o endecasillabi e settenari, variamente disposti e rimati tra loro) sulla gelosia (composta da quattro endecasillabi e cinque settenari) con ripresa di tre versi (due endecasillabi e un settenario), con questo schema metrico: ZyZ ; aBcaBcCyZ)
  • la mattina dopo i tre ragazzi lasciano le donne a Santa Maria Novella, dove le avevano incontrate, per dedicarsi ad altre attività
  • le donne, dopo qualche ora, se ne tornarono ognuna a casa sua.

Nella conclusione dell’opera Boccaccio si difende dalle accuse che potrebbe ricevere la sua opera.

In modo simmetrico al Proemio e con la stessa invocazione usata nell’Introduzione alla 4° giornata (Nobilissime giovani), Boccaccio conclude la sua opera ribattendo a chi potrebbe accusarlo di avere usato troppa licenza nello scrivere le novelle; forse (per avventura) sarà proprio qualche donna bigotta (spigolistra) a sporgere i rimproveri, quelle che si preoccupano di sembrare buone più che di esserlo veramentesi sofferma sulla responsabilità dell’interpretazione.
Tutto può essere usato a scopi buoni o cattivi: il fuoco è utile, ma può bruciare le città, le armi difendono dai nemici ma uccidono anche gli innocenti.
Nessuna mente corrotta può ascoltare in modo puro (sanamente) qualsiasi parola. Perciò chi vorrà trarre cattivi insegnamenti dalle mie novelle, elle nol vieteranno a alcuno, chi invece utilità e frutto ne vorrà, elle nol negheranno.

Le donne, cui l’opera è dedicata, devono mostrare di sapersi abbandonare al piacere dell’ascolto narrativo, ma al tempo stesso devono saper comprendere le coordinate etiche, culturali e sociologiche che innervano le novelle.

47
Q

sulle novelle della 10° giornata:

A

Le novelle della 10° giornata non sono un’appendice posticcia, un finale forzatamente trionfalistico e moralistico che mal si concilia con la laica spregiudicatezza che dominerebbe nelle giornate precedenti.
E’ sbagliato credere che nel Decameron vi siano sezioni nelle quali Boccaccio ha pagato il debito alla mentalità e alla cultura dell’epoca sua, in modo da poter poi dare libera espressione, in altre parti, al suo autentico pensiero.
E’ infatti una presunzione dell’interprete, che si attribuisce la capacità di distinguere le psrti sincere e le parti non sincere.

Ilsuggerimento fornito dalla conclusione a tralasciare le novelle più spinte e a leggere solo quelle che dilettano è rivolto esclusivamente alle donne che sentissero disagio.
Per il resto, Boccaccio al contrario moltiplica segnali di organicità e compattezza del libro racchiudendolo novelle in un organismo ferreo e ingegnandosi a stabilire fra di esse e collegamenti.

Quindi i componenti della Brigata costituiscono per l’autore il modello da seguire e le 100 novelle (o 101 se si considera quella inserita nelle introduzione della quarta giornata) devono essere valutate nel loro complesso (diletto).

48
Q

i manoscritti di Boccaccio:

A

Boccaccio è l’autore di cui si conservano più materiali autografi grazie anche alla sua attività da copista. Tali materiali si collocano in un ampio arco cronologico dai primi anni ‘30 agli anni ‘70 del Trecento (ma non tutte le opere di Boccaccio presentano un autografo, ex. “elegia a Madonna Fiammetta”, “la caccia di Diana”).
I manoscritti direttamente esemplati dal Boccaccio o che recano suoi Interventi autografi a oggi individuati sono in tutto 29: 17 codici da lui copiati integralmente o parzialmente (contenenti suoi scritti e opere di altri autori), una sua lettera privata e 11 manoscritti con suoi marginalia.

AUTOGRAFI DI OPERE BOCCACCIANE:
1. Decameron: Berlin, Sb, Hamilton 90 (presenta numerosi problemi: era in parte mutilo ed errori commessi dai copisti che hanno provato a copiare e ricopiare in punti in cui era svanito l’inchiostro).

  1. Teseida: Firenze, BML (Biblioteca Medicea Laurenziana), Acquisti e doni 325, 4
    “Teseida” è un poema eroico scritto in ottave di endecasillabi (ottava lirica). Sappiamo che tale manoscritto non è l’edizione definitiva dalle note a margine.
  2. Buccolicum carmen: Firenze, BRic (Biblioteca Riccardiana), 1232
    Lo scrive usando come modello il Bucolicum Carmen di Petrarca, usando la stessa struttura. E’ un libro di piccolo formato, quasi come un breviario, questo poichè le egloghe che compongono il Bucolicum ed il Buccolicum Carmen hanno bisogno di una chiave d’accesso per capire chi ad esempio si cela dietro Silvanus, dietro Danae etc.
  3. Genealogie deorum gentilium: Firenze, BML, Plut. 52 9 (raccolta ordinata delle genealogie degli dei e dei vari miti classici).
    Genealogia/e deorum gentilium è un’opera scritta in latino in 15 libri, in cui sono interpretati allegoricamente molti miti delle divinità pagane. Nel trattato si cerca di mettere ordine sugli aggrovigliati rapporti di parentela tra le divinità del classico pantheon dell’antica Grecia e di Roma.
    Nella Prefazione l’autore asserisce di aver intrapreso il progetto su richiesta di Ugo IV.
    La prima redazione è stata completata nel 1360, ma successivamente Boccaccio ha continuamente corretto e rivisto l’opera fino alla sua morte nel 1375
  4. De mulieribus claris: Firenze, BML, 90 sup. 98 (galleria di 106 donne illustri dell’antichità, mentre Petrarca aveva scritto “de viris illustribus”).
    in questo testo, come anche nell’Hamilton 90, Boccaccio usa disegnare delle maschere/figurine alla fine di un fascicolo, che usa come indicazione a se stesso per proseguire l’opera su un altro fascicolo.
  5. Trattatello in laude di Dante, prima redazione: Toledo, Biblioteca Capitular, 104 6, e seconda redazione: Città del Vaticano, Chig, LV 176 (biografia di Dante)
    Testi di primaria importanza sono gli Zibaldoni (i Laurenziani Plut. 29 8 e 33 31, e il Banco Rari 50, insieme al ms. 2566 della Biblioteca Czartoryskich di Cracovia) in cui Boccaccio radunò nel corso di decenni diverse opere ed excerpta in lingua latina di autori antichi (classici e medievali) o contemporanei ed anche vicende storiche.
  6. Trascrisse poi di suo pugno in codici autonomi (cioè codice interamente autografi):
    * Le commedie di Terenzio: Firenze, BML, Plut. 2.38 17 (dalle note di questo manoscritto abbiamo la prova che Boccaccio avesse imparato il greco)
    * Le opere narrative e filosofiche di Apuleio: Firenze, BML, Plut. 54 32
    * Gli Epigrammi di Marziale: Milano, Bibl. Ambrosiana, C 67 sup.
    * I’lllade di Giuseppe di Exeter (autore inglese, opera del 1190 circa): Firenze, BML, Ashb. App. 1856

Interventi su codici non copiati da lui, ma entrati a far parte della sua biblioteca:
Sanò lacune, corredò di nuovi testi e apparati esegetici, codici non vergati direttamente da lui in:
* un codice della Tebaide di Stazio (integrò i versi mancanti) : Firenze, BML, Plut. 38 6.
* manoscritto dell’Etica di Aristotele (aggiunse il commento tomistico nei margini): Milano, Bibl. Ambr, A 204 inf.
* completò le Historiae adversus paganos di Orosio, cui fece seguire testi di Paolo Diacono e Pasqua Romano (Firenze, BRic 627, London, BL, Harley 5383 e Firenze, BRic, 2795

49
Q

Diversa sorte dei libri e delle opere di Boccaccio:

A
  • I libri/la biblioteca: a Martino da Signa e da lì nella biblioteca di S. Spirito, divisi tra Parva libraria e Magna libraria
  • Opere: dispersione e strade diverse tra biblioteche fiorentine e altri luoghi di conservazione
50
Q

Boccaccio autore e copista:

A

Mentre copiava la Commedia in ben tre manoscritti (il codice Zelada 104.6 dell’Archivo y Biblioteca Capitulares di Toledo, il manoscritto Riccardiano 1035, e il manoscritto Chigiano L. V. 176 della Biblioteca Vaticana), e traeva esemplari dal Canzoniere del Petrarca (ancora nel Chigiano L.V. 176) e da altre opere latine del Petrarca, non minor attenzione dedicava all’opus maximum, il Decameron.

51
Q

l’autografo del Decameron:

A
  • L’ultima stesura dell’opera ci è pervenuta nell’autografo della maturità rimasto nel manoscritto appartenuto nell’Ottocento all’inglese Alexander Douglas, duca di Hamilton, oggi noto come Hamilton 90 (siglato B) e conservato nella Staatsbibliothek di Berlino.
  • si crede che inizialmente fosse concepito come bella copia, ma poi si trasformò in coppia da lavoro come dimostrano le numerose correzioni.
  • Qui il Boccaccio cinquantasettenne, nel 1370, copiò la sua opera in due colonne di testo per carta, su una pergamena non molto raffinata e imperfetta che spesso rendeva difficile la scrittura.
  • Il volume (mm. 371 x 266) si presenta di grande formato (il maggiore di tutti i libri allestiti e trascritti dal Boccaccio) con ampi margini e una scrittura semigotica, tutte caratteristiche finalizzate a conferire al volume l’importanza e lo status del libro da banco di tipo universitario, con cui l’autore consapevolmente suggellava la dignità scientifica della letteratura e dell’operazione culturale racchiusa nella sua opera.
    Il codice ci è giunto privo di tre fascicoli e della carta iniziale, lacune integrate con il ricorso ad esemplari attendibili come il manoscritto Laurenziano (sigrato Mn) 42 (non autografo), 1 degli anni Ottanta del Trecento (L’Ottimo).
  • in realtà l’Hamilton 90 ha attraversato secoli nell’anonimato, rivelando solo una sessantina di anni fa l’identità del suo autore.
  • non sono scritte da Boccaccio il primo foglio di pergamena, aggiunto nel ‘400 per colmare la perdita del fascicolo iniziale del codice. Chi lo ha aggiunto ha cercato di simulare la scrittura del resto del volume, copiando il testo su due colonne come aveva fatto Boccaccio, ma la differenza con la scrittura di Boccaccio è netta. La parte autografa comincia solo nel mezzo della descrizione della peste.
  • Il manoscritto risale al 1370, un periodo molto difficile per la vita di Boccaccio, sia per l’età che avanzava, sia per i tentativi andati a vuoto di riscattare la propria condizione attraverso i contatti con la corte angioina di Napoli, per l’aggravararsi delle sue condizioni economiche.
  • Oltre all’Hamilton 90 (1370), abbiamo anche un altro manoscritto del Decameron, cioè il Parigino italiano 482 (siglato B) , redatto dalla mano di un copista sotto la stretta sorveglianza di Boccaccio ; è quindi un idiografo. Tuttavia esso è precedente all’Hamilton, quindi ha delle differenze.
  • Non sappiamo cosa abbia spinto Boccaccio a ricopiare l’opera sull’Hamilton, dato che una prima stesura dell’opera dovrebbe essere stata ultimata nel 1351 e nel 1360 il libro godeva già di un’ampia circolazione (una lettera di Francesco vVondelmonti a Giovanni Acciaioli del 1360 ci informa di ciò).
    Infatti nell’Hamilton non modifica il testo e non continua a comporre, se si esclude qualche parola segnata nel margine su cui ancora incerto.
  • la pergamena (pelle) dell’Hamilton è attraversata da piccole imperfezioni, come nodi, pieghe, squamature. Simbolo evidente della povertà in cui viveva Boccaccio in quel periodo. La carta era già in circolazione in quel periodo ma veniva utilizzata per ciò che era destinato a perire. Boccaccio la usa solo per lo zibaldone e per una lettera privata.
  • Nell’autografo le novelle non sono ben separate graficamente, ma Boccaccio utilizza un sistema di maiuscole di diversa grandezza che indicano i vari livello della narrazione.
    Per il passaggio da una giornata e un’altra abbiamo una grande G turchese; poche righe più sotto vi è la lettera che segna il punto in cui uno dei narratori prende parola per cominciare la sua novella. Essa è rossa e alta la metà della G.
    Successivamente, quando il racconto inzia veramente, abbiamo un’altra lettera iniziale turchese ancora più piccola.
    Non è comunque una cosa che Boccaccio progetta appositamente per questo manoscritto: il sistema di maiuscole si trova già nel Parigino italiano 482.
  • i sommari che troviamo prima delle novelle erano rossi e (non sempre) aggiunge ‘rubrica’; era così che si chiamavano al tempo le parti di un manoscritto che recavano informazioni sui testi.
    Boccaccio stesso spiega alla fine del libro che i sommari servono per i lettori, in modo che possano leggere le novelle solo che più ritengono adatte alla loro morale e curiostià. L’importante è avere la mente pura per accoglierle. Le rubriche non sono comunque un’innovazione di Boccaccio, ma erano normali.
  • in alcune occasioni Boccaccio utilizza la ‘k’, mentre nelle altre preferisce la ‘c’ (kare, karissime). il segno ‘k’ è uno dei lasciti inerziali della scrittura del volgare italiano dei secoli precedenti.
    Questa variabilità di forme era normale nel Medioevo, infatti si potevano scrivere le parole in modi diversi, poichè l’italiano non si era ancora stabilizzato. Ci vorrà oltre un secolo.
  • non ci sono accenti, apostrofi, ricorrono abbreviazioni, i segni di punteggiatura sono diversi (le virgole si usano anche prima di una maiuscola).
  • spesso Boccaccio scrive ‘basciare’ per ‘baciare’, o ‘camiscia’ per ‘camicia’ etc. questo rende la pronuncia tipica del fiorentino. Infatti la grafia di Boccaccio riflette una pronuncia reale.
  • il fiorentino era una lingua molto dinamica nel 14° secolo, sia perchè la peste svuota la città dai suoi abitanti e attrae gente dal contado, sia per il commercio con Pisa e Lucca. L’analisi di documenti come contratti, lettere etc. ci dicono che alcune forme usate da Boccaccio era probabilmente un po’ retrò in quell’epoca (ex. diece per dieci, domane per domani). Oppure utilizza forme più recenti al posto di quelle conservative (scrive prego per priego).
    Alla novella di Andreuccio da Perugia, svolta a Napoli, alterna le forme ‘boce’ e ‘voce’. Non si è certi se ciò sia voluto per esprimere la rozzezza del personaggio, oppure se usate in modo inconsapevole.
  • Gli altri due manoscritti trecenteschi completi sono l’italiano 482 (P) e il Laurenziano (Mn). ma vi è il dubbio se l’Mn sia copia di B o suo collaterale.
52
Q

Hamilton: Redazione definitiva o in attesa di revisione?

A

Probabilmente l’autore avrebbe dovuto rivedere ancora l’opera (non è quindi la versione definitiva secondo la volontà dell’autore), come mostrano sia la presenza di alcune varianti “aperte” o alternative, espressione di una scelta ancora non definitivamente operata su vari luoghi del testo, sia le numerose sviste, cancellature e correzioni.

53
Q

sulla descrizione della peste:

A

La descrizione della peste non era necessaria in realtà, poichè ogni lettore sapeva benissimo di che cosa si trattava.
Avrebbe potuto raccontare semplicemente l’allontanamento della brigata da Firenze, senza descrivere così realisticamente il mondo da cui fuggivano. Avrebbe potuto fare come Dante che inizia la Commedia fuggendo da una situazione di difficoltà che non descrive.
Tuttavia Boccaccio vuole che il lettore sia costretto ad attraversarlo. Come un detonatore così forte da rendere indispensabile la fuga, la distrazione fornita da delle storie (come si sentiva la brigata).

Diversa è la descrizione fornita da Manzoni nei Promessi Sposi, che descrive la peste a lettori che non la conoscono personalmente.

La cornice trasforma in un libro vero e proprio ciò che altrimenti sarebbe stato solo una raccolta di novelle.

La peste nella vita di Boccaccio e nella sua opera rappresenta ciò che l’esilio rappresentò nella vita e nell’opera di Dante: un punto di svolta a tutti i livelli, dopo il quale nulla fu più uguale a prima.
La peste porta Boccaccio a guardare con occhio critico e disincantato se stesso e la società in cui viveva.
infatti il male è mandato da Dio in vista di un bene, secondo un disegno che all’uomo è oscuro ma che l’uomo deve seguire e assecondare: ‘ex malo bonum’.

54
Q

l’importanza delle relazioni grafiche e visive nel testo dell’autografo:

A

Il Decameron, nell’intenzione dell’autore, era stato concepito per una lettura lenta e ponderata, a dispetto della mera volontà di delectare, pur così rilevante e connaturata alla scrittura delle «favole, parabole e istorie» (parole che si trovano nel proemio del Decameron).
L’importanza e il significato che il Boccaccio attribuisce alla mise en page (il modo in cui Boccaccio mette su carta l’opera) del volume emergono dalle diverse relazioni grafiche che si creano fra i molteplici livelli del testo (la cornice, le rubriche delle singole novelle, le Conclusioni delle giornate, i testi poetici delle ballate intervallate alla prosa).
Tale importanza si è progressivamente persa nelle edizioni stampa e ancor di più nella fluidità incontrollata del testo digitale.
Solo negli ultimi anni gli studi sull’importanza dell’aspetto grafico, visivo e materiale dell’autografo hanno restituito a tale dimensione il giusto rilievo sul piano critico e interpretativo.

Anche l’uso degli inchiostri (che scompare fatalmente nella bicromiabianco-nero delle edizioni moderne) aveva per l’autore un senso preciso:
* le rubriche delle novelle nell’autografo sono scritte in rosso per consentire una consultazione rapida e antologica dell’opera, mentre le diverse sezioni del testo sono distinte da lettere miniate con tre tipi di iniziali diverse, finalizzate a distinguere i diversi livelli della narrazione.
* L’iniziale più grande (in colore turchese con linee interne e bordi rossi) di altezza corrispondente a quattro righe del testo viene utilizzata per l’inizio di una nuova giornata; * una lettera di colore rosso con ombreggiature turchesi di dimensioni circa dimezzate rispetto alla precedente indica la presa della parola da parte di uno dei narratori,
* mentre il vero e proprio inizio del racconto è contrassegnato da una lettera minuscola turchese di corpo ancora più piccolo.
In tal modo il lettore poteva cogliere con un colpo d’occhio l’architettura complessiva e la funzionalità delle singole parti del testo.
* Nella pagina in cui si ha il passaggio dalla 3° alla 4° giornata Boccaccio disega un uomo barbuto con una veste. Non è un semplice abbellimento, ma un modo per dare grazia a un’esigenza: segnare alla fine di ogni fascicolo, un richiamo per la giusta sistemazione del successivo.
Infatti ogni manoscritto era formato da quaderni, composti da fogli ripiegati e che venivano cuciti insieme in ogni momento.
Nella veste dell’uomo vi sono infatti le parole del fascicolo che segue ‘et Filippo’.

55
Q

il parigino italiano 482: una redazione precedente del testo:

A

Tale attenzione all’aspetto materiale e visivo del testo appare del resto perseguita dall’autore anche in un manoscritto che conserva una redazione precedente dell’opera, tramandata da un manoscritto oggi a Parigi, nella Biblioteca Nazionale di Francia: il codice Parigino italiano 482 contiene una redazione del testo precedente a quella dell’Hamilton 90, che risale agli anni 1349-1353 (data di scrittura di Boccaccio).

Il testo del Parigino presenta diverse ‘varianti’ di tipo linguistico, stilistico e narrativo rispetto alla redazione ultima consegnata all’autografo hamiltoniano (Boccaccio chiede poi al copista di lasciare ampi margini al fine di ospitare raffigurazioni e disegni.)

Il testo del Parigino fu trascritto negli anni sessanta (data di copia del copista) del Trecento dalla mano di un copista sotto la sorveglianza del Boccaccio e per tali ragioni classificato, nel linguaggio della filologia, un ‘idiografo’.

Sappiamo che tutti i codici trecenteschi siano stati controllati da Boccaccio poiché tutti i codici oggi noti furono copiati a Firenze o a Napoli.

56
Q

l’importanza delle immagini nei manoscritti del Decameron:

A

Boccaccio “vede” e raffigura alcuni personaggi delle sue novelle e li tratteggia con suggestiva espressività bozzettistica in calce alle carte del suo autografo per ben 9 volte (mentre altre 4 sono immagini meno rilevanti).
Il disegno, tuttavia, ha anche una funzione precisa, legata alla composizione materiale del libro formato da quaderni di fogli ripiegati che componevano fascicoli inizialmente sciolti che venivano cuciti insieme in una secondo tempo.
La figurina del personaggio aveva dunque anche la finalità di contenere la parola guida che segnava l’attacco del fascicolo successivo, garantendo la correttezza della rilegatura.

57
Q

gli studi di Vittore Branca:

A

Lo studio filologico e critico di Vittore Branca inaugurava già dalla fine degli anni Cinquanta del Novecento un importante e innovativo approccio metodologico al testo decameroniano, in cui segno verbale e segno iconico, parola e immagine, fossero colti indissolubilmente insieme nell’atto interpretativo.

58
Q

gli studi di Maurizio Fiorilla:

A

Maurizio Fiorilla ha giudicato eccessiva la fiducia di Branca nell’autografo, per cui propone di concedere un credito maggiore alla testimonianza degli altri due manoscritti antichi completi e in particolare del Parigino, e dunque di ricorrere alle sue lezioni ogni volta che quelle dell’ Hamilton si fossero rivelate peggiori sotto il profilo della lingua e del senso.
Per cui sta lavorando a una nuova edizione critica.

59
Q

aggiuntive: Novella X Giornata II

A

Bartolomea, la libertà del femminile, le ragioni del corpo e del cuore
Tale novella parla di Bartolomea, giovane che è costretta a sposare Riccardo, un uomo vecchio e perso nei suoi studi. Bartolomea vive questa situazione con angoscia, poichè si sente trascurata.
Un giorno arriva in città il pirata Paganino, che decide di rapirla e sposarla. Inizialmente lei si dispera, ma presto capisce di essere felice con Paganino poichè finalmente si sente appagata (sia a parole che con il soddisfacimento sessuale). Tuttavia, Riccardo propone un riscatto per riavere Bartolomea, che tuttavia finge di non conoscerlo poiché si era ormai innamorata del pirata.
Alla fine, Bartolomea scoppia in una risata, risata in cui sottolinea l’ipocrisia di Riccardo, che non l’ha mai considerata ed ora la rivuole indietro.

Una fonte nascosta: l’epistolario di Abelardo ed Eloisa
Sorprende l’estrema modernità spregiudicata di una donna consapevole che il proprio status non si lega alle norme della convenienza sociale, ma al rispetto verso le giuste esigenze della sua stessa natura.
Ma a quale voce femminile poteva essersi ispirato Boccaccio per una riflessione cosi analitica e ardita a un tempo?

Nell’epistolario tra Abelardo ed Eloisa, che il suo amico e maestro Petrarca leggeva e annotava nel codice Par. lat. 2923, c’è un luogo che forse può venirci in soccorso (fin qui non segnalato, mi sembra, nei commenti)

60
Q

aggiuntive: Novella 8 Giornata V

A

Ebbe un successo enorme principalmente per il suo valore morale/didattico.

La novella di Boccaccio Nastagio degli Onesti, inserita nella quinta giornata del Decameron, esprime in modo emblematico alcuni temi caratteristici dell’opera: anche questo testo narra infatti di un amore tormentato e di difficile realizzazione, che si conclude però in modo lieto, grazie all’ingegno del protagonista e alla forza trainante del sentimento amoroso.

La novella è ambientata nella Ravenna duecentesca è ha come protagonista principale Nastagio, un nobile molto ricco e innamorato pazzamente di una giovane donna dell’importante famiglia Traversari, molto più ricca e nobile di lui. Nastagio, pur di conquistarla, farebbe di tutto anche a costo di dilapidare il suo patrimonio, cosa che del resto fa, spendendo le sue ricchezze in feste e balli.
L’uomo però soffre terribilmente perché, nonostante i suoi sforzi, la giovane non lo corrisponde e: “quantunque grandissime, belle e laudevoli fossero, non solamente non gli giovavano, anzi pareva che gli nocessero, tanto cruda e dura e salvatica gli si mostrava la giovinetta amata, forse per la sua singular bellezza, o per la sua nobiltà sì altiera e disdegnosa divenuta, che né egli né cosa che gli piacesse le piaceva”.
Così, distrutto e sofferente, Nastagio viene convito dagli amici, preoccupati per lui, a lasciare Ravenna per cercare di dimenticare la donna, tanto bella quanto crudele. Nastagio così si trasferisce in campagna e un giorno assiste ad una scena a dir poco strana e atroce e che si ripete più volte: una ragazza corre nuda inseguita da un cavaliere nero che, una volta raggiunta, la fa a brandelli.

Ogni venerdì in quel preciso luogo infatti, la giovane nuda viene inseguita da due mastini e da un cavaliere armato di pugnale che una volta raggiunta la uccide e ne dà da mangiare il cuore ai cani. Poi il corpo della donna si ricompone, riprende la fuga ed è nuovamente inseguita e uccisa. Nastagio cerca di fermare lo scempio ma il cavaliere, che si presenta come Guido degli Anastagi, gli spiega cosa sta succedendo: racconta che quella scena si ripete ogni venerdì in quel luogo e altrove negli altri giorni perché lui, innamorato e rifiutato, si era ucciso meritando la condanna all’inferno; la donna da lui amata, dopo la morte, punita per non aver ricambiato l’amore, doveva scontare quella pena per tanti anni quanti erano stati i mesi della sua crudeltà verso di lui.
Il giorno in cui il cavaliere uccide la donna è il venerdì alla stessa ora; Boccaccio utilizza il venerdì sia per il riferimento alla passione di Cristo e sia perchè era il giorno simbolico di Petrarca. Lo strazio avviene nel luogo in cui la donna ha pensato/operato male nei confronti del cavaliere.
L’incontro con questo personaggio dannato fa venire un’idea a Nastagio che vede il prestesto per riuscire a sfruttare la situazione a suo piacimento: manda a chiamare amici e parenti, e anche la famiglia dei Traversari per il venerdì successivo, quando offrirà loro un lauto banchetto. Nel giorno stabilito Nastagio fa preparare un pranzo sotto i pini nei pressi del posto dove aveva assistito alla scena.
Arrivati all’ultima portata, i commensali iniziano ad udire grida di terrore: è la donna che corre inseguita dal cavaliere. Si ripete quindi la macabra scena e la spiegazione del cavaliere. Tutti sono spaventatissimi e in particolare la giovane Traversari che si rivede nella scena e ricorda la crudeltà che aveva sempre avuto nei confronti di Nastagio.
La donna, ormai persuasa, cambia idea e la domenica dopo acconsente a sposare Nastagio. Inoltre tutte le donne di Ravenna presero una tale paura che in seguito furono molto più arrendevoli ai desideri degli uomini, per non fare la fine della giovane donna uccisa ripetutamente.
È chiaro che la novella del Boccaccio si articola attraverso lo svolgimento di due vicende parallele: una reale e l’altra narrata da Guido degli Anastagi.
Ma l’amore, inizialmente non corrisposto, si risolve con un lieto fine.

61
Q

aggiuntive: Novella 1 Giornata 5:

A

Cimone ed Ifigenia
Il giovane Cimone era rozzo e incolto, pur appartenendo a una famiglia nobile originaria di Cipro. Innamoratosi improvvisamente della bella e giovane Ifigenia (o Efigenia), che vide per la prima volta addormentata vicino a una fontana, cominciò a trasformare e a ingentilire il proprio animo. Le fatiche per conquistare Ifigenia fecero di Cimone un nobiluomo raffinato e di buone maniere. Quest’allegoria morale divenne molto popolare nel Seicento.

fonte nascosta:
Colpisce il lettore il particolare (insolito per un giovane gagliardo e vigoroso) del bastone di Cimone, che diviene poi, nella narrazione, il supporto della sua prolungata e impudica contemplazione della bellezza acerba di Ifigenia, grazie a cui si compirà la prodigiosa metamorfosi spirituale:

La mediazione ovidiana, non segnalata nei commenti esistenti, può aiutarci a comprendere i particolari narrativi (e simbolici) del bastone a cui si affida la contemplazione di Cimone. Il luogo in questione è uno dei più celebri delle fabulae ovidiane, il volo di Icaro seguito con trepidazione dallo sguardo del padre Dedalo

62
Q

i lettori del Decameron:

A

Gli interventi dei copisti sul testo restarono isolati e non sistematici, nonostante la buona percentuale di ‘copisti per passione’, cioè gli antichi lettori del Decameron, principalmente diffusi nell’ambiente mercantesco, che avrebbero trascritto l’opera per il proprio piacere personale inserendovi note e osservazioni non pertinenti rispetto al resto.

Molti pensano che il Decameron raffiguri l’inizio di una nuova stagione italiana, il Rinascimento, frutto dell’energia di uno gruppo sociale omogeneo, cioè i mercanti.

Tuttavia bisogna procedere con cautela quando si giudica il trattamento che un’opera letteraria fa di un certo gruppo o una certa classe sociale; se Il Decameron fosse davvero un’epopea dei mercatanti esso dovrebbe aderire pienamente al sistema di idee e comportamenti del ceto mercantile. Ma non è sempre così, poiché Boccaccio mostra la sua instabilità e debolezza morale, come la loro aggressività, la loro mancanza di scrupolil ‘invidia e avidità.

63
Q

sulla scelta di scrivere novelle:

A

La scelta è rivoluzionaria perchè la narrativa d’autore aveva di solito dimensioni maggiori; la brevità era riservata alle necessità della comunicazione ordinaria ed era rivolta a scopi ludici o didattici di fatto il lemma ‘Novella’ indicava il racconto di un evento caratterizzato dalla ‘novitas’, cioè un fatto inaudito, e funzionalizzato a un progetto educativo.

La novella boccacciana innova svincolandosi dall’assoggettamento al discorso morale.

64
Q

modelli del Decameron:

A

modelli della opera sono indiani e arabi come Vàrvaro e Picone soprattutto per due elementi principali:
* il collegamento di schemi narrativi attraverso il dialogo
* il collegamento tematico di diversi episodi all’interno di un racconto-peripezia.

65
Q

categoria più criticata da Boccaccio nel Decameron:

A

La categoria più frequentemente descritta in termini negativi è quella dei religiosi, criticati per la loro ipocrisia e lussuria.

66
Q

la ‘cortesia problematica’ di Griselda:

A

La 10° giornata ha portato spesso a riflessioni sull’idea di cortesia come modello problematico.

Ad esempio la protagonista dell’ultimo novella è Griselda, una donna povera ma dall’animo forte capace di sopportare le umiliazioni del bestiale marito Gualtieri.

Alla conclusione del racconto il sistema cortese all’interno della novella viene ristabilito ma il commento del narratore è duro.
Griselda ha sì mostrato grandezza d’animo rispetto a Gualtieri, ma avrebbe fatto meglio dopo essere stata cacciata di casa a rivolgersi a un altro uomo piuttosto che restare fedele a un personaggio del genere.

Ciò lascia intravedere un giudizio incerto e ambiguo sul codice cortese. Infatti il Decameron sembra prendere le distanze dai suoi capisaldi, come dall’idea dell’inevitabilità ed ineluttabilità dell’amore, inteso come forza superiore, In determinate condizioni, alla capacità di resistenza dell’uomo è della donna.

67
Q

le opere latine di Boccaccio:

A

Le opere in latino di Boccaccio possono essere divise in due parti:
* le opere erudite, di cui fa parte le ‘genealogia deorum gentilium’, un trattato di mitologia formato da 15 libri, più un dizionario geografico basato su fonti sia classiche e sia medievali.
* le raccolte narrative di impianto storico, che comprende il ‘de casibus virorum illustrium’, che raccoglie in 9 libri una serie di exempla morali tratti da biografie di uomini illustri, e il ‘de mulieribus claris’. Per il primo molto importante è l’ispirazione di Dante, poiché le ombre dei personaggi illustri appaiono all’autore chiedendogli di essere tramandati alla memoria dei posteri.

68
Q

sul Corbaccio:

A

Il Corbaccio è un operetta allegorica risalente al 1366 e narrata in prima persona in volgare, il cui protagonista, disperato per amore non corrisposto di una vedova, invoca la morte.

Addormentandosi il narratore protagonista riceve in sogno l’apparizione del defunto marito della donna, che al fine di salvarlo si è manifestato a lui.

L’invettiva contro l’amore risponde a precisi modelli medievali, e poiché gli ambienti colti erano quasi esclusivamente maschili non deve sorprendere la misoginia.

In particolare nel Corbaccio Boccaccio condanna senza appello l’amore degli uomini non più giovani e dei letterati.
Rimproveri che Boccaccio nell’introduzione della 4° giornata del Decameron dichiara di avere effettivamente ricevuto, ma dai quali si difende con vigore.

Bisogna ricordare che Boccaccio non è un filosofo e non c’è da stupirsi delle sue oscillazioni su questo e su altri argomenti.
Infatti il Corbaccio potrebbe essere stato scritto anche con l’intento di prendere almeno in qualche misura le distanze dalle sezioni più spregiudicate del Decameron, che, come dimostra la lettera a Mainardo Cavalcanti, continuarono per lungo tempo a creare non pochi imbarazzi all’autore.

69
Q

lettera a Mainardo Cavalcanti:

A

Nell’epistola inviata dall’autore al fiorentino Mainardo Cavalcanti, Boccaccio sconsiglia di far leggere Il Decameron alle donne di casa Cavalcanti.

Con queste dichiarazioni l’autore sembrerebbe smentire in maniera clamorosa il proemio dell’opera dove Boccaccio scrive una dedica alle donne innamorate.

70
Q

sui nomi nel Decameron:

A

Un dettaglio da non trascurare è l rilievo dato ai nomi propri.
Infatti su 100 novelle, poco meno di 80 contengono i nomi dei personaggi. Gente comune e personaggi storici si mischiano, come si mischiano nomi comuni come Giovanni, Filippo etc. e nomi letterari/di fantasia (Fiammetta, Filostrato).

71
Q

i dubbi e gli errori di Boccaccio:

A

L’Hamilton 90 ci offre il materiale più prezioso delle incertezze di Boccaccio nel fissare il testo del suo capolavoro.
Copiando il testo della 10° novella della 5° giornata per esempio Boccaccio annota nel margine confortar, che in italiano antico poteva avere il significato di esortare.
La storia della novella è quella della moglie adultera di Pietro di Vinciolo: il marito è tornato prima del previsto e lei, sentendolo rientrare, nasconde di gran fretta l’amante dentro una cesta da polli.
Dopo cena, per lasciare via libera all’amante, insiste perché il marito vada a dormire.
Ossia cominciò a pregare. Boccaccio indica che pregar può essere sostituito da confortar.
Non una sostituzione, una cancellazione della parola, ma la testimonianza di una incertezza. In totale sono cinque punti in cui Boccaccio è ancora incerto e preferisce scrivere nel margine una differente possibilità espressiva.

Per quanto riguarda gli errori, come ogni copista, Boccaccio ogni tanto si distrae: dimentica una parola, commette sviste, si confonde nella lettura di una riga ed è costretto a inserirla nel margine. Molte sono le volte in cui non si è accorto di sbagliare.
Le volte in cui Boccaccio ha omesso o duplicato parole e sillabe al momento di cambiare colonna oppure scrivendo di seguito, oppure le volte in cui ha anticipato una lettera avendo nella mente il suono del resto della parola o di una seguente, oppure salti di porzioni di testo fra parole uguali. In alcuni punti addirittura confonde i nomi dei personaggi.

Per questo è molto difficile valutare la lingua del Decameron: ogni volta bisogna fare attenzione a distinguere quelli che sono semplici errori di trascrizione da forme che possono essere usate consapevolmente.
Ad esempio quando Boccaccio scrive in un paio di volte figliulo al posto di figliuolo, si sta sbagliando oppure vuole usare una forma eccezionale a Firenze ma comune in altri parti toscane?

72
Q

lettori:

A

Un manoscritto medievale reca con sé molte volte anche le tracce dei suoi lettori. L’Hamilton 90 non fa eccezione.
Una parola scritta nel margine in caratteri maiuscoli si deve al più importante drammatico del Rinascimento, Pietro Bembo.
La parola è “calzari”, cioè una semplice messa in rilievo di una parola.
Uno dei personaggi del suo dialogo ‘prose della volgar lingua’, Giuliano de’ medici, possedeva il codice di Boccaccio della propria biblioteca e probabilmente è da lui che Bembo doveva averlo avuto in prestito.
Altri lettori hanno una presenza più difficile da individuare a colpo d’occhio.
Alcuni in particolare si sono sforzati di ricalcare porzioni del testo in cui la scrittura originale aveva cominciato a sbiadire.
Proprio questi sono stati uno degli ostacoli per il riconoscimento dell’autografia di questo codice: invece di ripristinare il testo avevano introdotto errori e fraintendimenti

73
Q

come si è capito che l’Hamilton era un autografo?

A

Nel 1933 Alberto Chiari, uno studioso privo di cattedra e ancora poco noto, intuì che l’Hamilton 90 non si trattava di una semplice copia bensì dell’originale di mano dello stesso Boccaccio.

Ne parla con il proprio maestro (Barbi) che, un giorno, lo segue in biblioteca per esaminare con lui il manoscritto.

Anche il maestro se ne convince, tuttavia nessuno condivide l’ipotesi di Chiari, poiché tutti analizzavano Il codice da fotografie e non dal vivo come Chiari.

Nel 1962 Chiari viene contattato da un famoso studioso di letteratura italiana Vittorio Branca, che al tempo (anni 40/50) si era schierato con coloro che negavano l’autografia del codice.
Infatti Branca era stato incaricato dall’Accademia della Crusca di fare un’edizione critica del capolavoro di Boccaccio.
Così quando Branca si trova davanti all’Hamilton 90 di persona insieme allo studioso Pier Giorgio Ricci, Branca lo esamina convincendosi dell’autografia.
Anche questa volta, era bastato vedere il codice dal vivo senza mediazioni fotografiche: i colori, i dettagli, le riscritture li avevano convinti al primo sguardo di essere dinanzi all’originale di Boccaccio.

Nessuno ha più dubbi. Anche perché Ricci può affiancare la scrittura dell’ Hamilton con quella di un altro manoscritto autografo di Boccaccio che ha da poco rintracciato nella biblioteca laurenziana: un manoscritto di una tarda opera latina di Boccaccio, il “de mulieribus claris”, in cui la scrittura è molto simile a quella dell’Hamilton.

Tra le maggiori resistenze per l’attribuzione a Boccaccio del manoscritto proposta da Chiari C’erano anche errori che venivano considerati inspiegabili per un autore, per quanto distratto.
E’ stato Branca ad accorgersi che molti errori erano l’effetto di restauri maldestri del testo compiuti da lettore successivi per sanare guasti della scrittura di Boccaccio, scoperta che fu possibile solo grazie a una lampada a raggi ultravioletti.

Gli altri errori presenti nel testo sono stati via via attribuiti alla fatica di copiare, per giunta in età avanzata, un testo così lungo oppure interpretati come vere e proprie scelte d’autore. Tuttavia il dibattito scientifico è ancora aperto.
Senza contare che il codice è comunque mancante di alcune parti: oltre al fascicolo iniziale, anche due fascicoli che erano in punti diversi del manoscritto”, corrispondenti a parte della 7° giornata, della 9° e della 10°.

74
Q

il nome e il cognome del Decameron:

A

L’ultima pagina del manoscritto contiene anche l’unica attestazione autografa che abbiamo del titolo completo del libro. “!ui finisce la decima e ultima giornata del libro chiamato Decameron con nominato prencipe Galeotto”.

Lo stesso titolo compariva certamente in testa al manoscritto, nella carta iniziale perduta.
È probabile che Boccaccio pronunciasse il nome Decameron con l’accento sull’ultima sillaba, secondo l’etimologia ( deca- emeròn = dieci giorni).
La conoscenza del greco al tempo era rarissima: Dante lo ignorava e Petrarca ne conosceva a malapena l’alfabeto; Boccaccio sembra l’unico dei tre ad aver avuto una parziale competenza di questa lingua.
Di certo il significato della parola dovrà essere opaco per il pubblico al cuore era destinata, cioè le donne, ma anche per il ceto mercantile.
E’ possibile che Boccaccio avesse modellato il suo titolo su quello dell’opera latina di Sant’Ambrogio Exameron, in cui si narrava la creazione del mondo in sei giorni.
Un testo che Boccaccio conosceva certamente poiché il titolo comparne l’elenco dei suoi libri latini finiti nel convento di Santo Spirito dopo la sua morte.

Per quanto riguarda il cognome Galeotto, la teoria più accreditata è che si riferisca al libro che fa innamorare Paolo e Francesca nel 5° canto dell’Inferno, a sua volta indicante il cavaliere Galeotto della tavola Rotonda che favorisce l’amore fra Lancillotto e Ginevra (sposa di Artù).

Ovviamente Boccaccio non vuole dire al lettore che il suo libro gli insegnerà i segreti dell’amore adulterino come il mediatore galeotto, poiché i 10 giovani della Brigata tengono sempre ben separate le novelle e la vita reale.
Le novelle sono Infatti semplici occasioni di diletto.
Ai dieci giovani, insomma, non basta un libro galeotto per corrompersi, e non deve bastare ai lettori, perché chi è onesto non si farà mai corrompere dalle cose non oneste.

Si è pensato inoltre che il titolo Decameron, riguardante la cultura cristiana, e il sottotitolo Galeotto, riguardante quella romanza-cortese, indicherebbe le due finalità dell’opera: insegnare e dilettare.

Altri invece hanno supposto che Galeotto rimandi alla materia amorosa che prevale il libro.

75
Q

sui narratori:

A
  • Pampinea (la più anziana e saggia)
  • Emilia (la lusinghera)
  • Filomena (l’amante del canto)
  • Fiammetta (reca la fiamma della passione)
  • Lauretta (la donna amata da Petrarca)
  • Neifile (la nuova amante)
  • Ellissa (porta il nome fenicio della Didone di Virgilio)
  • Panfilo (tutto amore)
  • Filostrato (l’abattuto dall’amore)
  • Dioneo (il venereo/lussurioso).

Panfilo narra alcune delle novelle più eticamente impegnate del libro.
Ad esempio Panfilo presenta la storia di Ciappelletto come un esempio del fatto che Dio accoglie le nostre preghiere, se sincere, anche se scegliamo come intermediario un santo fasullo e indegno, perché guarda soltanto alla purezza del nostro cuore.

76
Q

gli spostamenti della brigata:

A

i 3 loci amoeni sono:
* introduzione 1° giornata: 1° villa
* introduzione 3° giornata: una 2° villa per impedire l’arrivo di gente nuova che potrebbe portare il contagio e turbare la vita regolata del gruppo (questa villa ha un giardino molto più ricco e bello del primo, simbolo del progresso morale dei giovani)
* fine della 6° giornata: spostamento nella Valle delle donne. La 6° giornata è la giornata di minore estensione in quanto è costituita da novelle, insieme ad alcune della 1°, che sono le più brevi dell’opera.

77
Q

l’importanza della cornice:

A

La cornice trasforma in un libro vero e proprio ciò che altrimenti sarebbe stato solo una raccolta di novelle.

Essa costituisce infatti la chiave interpretativa dell’opera.

78
Q

sull’ingegno:

A

L’ingegno è il tema della 3°, 6°, 7° e 8° novella, ma in realtà i suoi capisaldi sono presenti in molte altre novelle del libro.

Motto e beffa sono le due supreme manifestazioni dell’ingegno:
1. Il primo è la quintessenza del logos e della ragione, che trova la sua espressione nella risposta pronta. Il motto per eseguire il proprio scopo richiede dal ricevente un ingegno non inferiore a quello dell’emittente.
2. la seconda è aggressiva e violenta ed è inteso soprattutto a punire vizi e difetti o a vendicare un torto subito. Nella beffa l’ingegno sta solo nella parte del mittente.

Esempi di motto solo quelli di Guglielmo Borsiere verso il genovese Erminio oppure per la donna della Guascogna di fronte alla Re di Cipro.

79
Q

sul saper parlare:

A

Per Boccaccio il saper parlare è come ogni altra facoltà umana capace di essere sia buona e sia cattiva, può essere cioè usata bene o male.
Lo dice chiaramente nella conclusione, in cui lo paragona al vino che è buono per i viventi ma è nocivo a chi ha la febbre.

Ciò è rappresentato da ser Ciappelletto che attraverso la parola riesce a farsi passare per Santo.

Inoltre chi parla più a lungo e con maggiore eloquenza è in genere un tuffatore che approfitta dei suoi capacità per abbindolare il prossimo o per mascherare le proprie colpe.
Ai due estremi del libro abbiamo infatti Ciappelletto e Griselda: quest’ultima parla poco e con frasi brevi e semplici e non prende mai la parola per prima, non ricorre a elaborati discorsi, ma cita la sacra scrittura per ribadire le ragioni della sua pazienza e della sua umiltà.

80
Q

sul Decameron come libro esemplare:

A

Il Decameron, pur possedendo tradizionalmente una dimensione esemplare, è anche per sua natura disimpegnato e concede largo spazio e grande importanza alla componente ludica e dilettevole, e non di rado a quella scansionata e lubrica.

81
Q

il Decameron nelle altre opere di Boccaccio:

A

Il filocolo e la commedia delle ninfe fiorentine possono sembrare due mini Decameron:
* il Filocolo si accosta maggiormente al Decameron per la cornice
* mentre la commedia anticipa più da vicino l’ambientazione sulle colline tra Firenze e Fiesole, per l’impianto didattico morale, per l’idea dell’amore è per i nomi simbolici ( nomi come Fiammetta è dioneo torneranno nel Decameron).

82
Q

la lingua e lo stile del Decameron:

A

Per quanto riguarda la lingua e lo stile Boccaccio si distacca considerevolmente dalle sue opere in prosa precedenti.

Infatti Boccaccio passa da una prosa fiorita e ricercata, magniloquente e ricca di latinismi a una prosa generalmente più scorrevole e piana, caratterizzata da una lingua più vicina all’uso moderno.
Infatti Boccaccio si rivela più vicino al Petrarca del ‘Canzoniere’ che al Dante della ‘Divina Commedia’.

La scelta monolinguistica del Decameron si spiega poiché essa insegue l’equilibrio, la misura e l’armonica conciliazione degli opposti.

Vi è invece una continua alternanza degli stili, soprattutto quello elegiaco e quello tragico.

83
Q

le genesi retorica:

A

Per molte novelle del Decameron si può parlare di una genesi retorica: ovvero quando Boccaccio costruisce una storia intorno a una parola, un nome o un proverbio.
* novelle in cui Boccaccio sviluppa il senso letterale e narrativo un’espressione metaforica
* novelle eziologiche, che sembrano scritte per spiegare, in modo fantasioso e fittizio, l’origine di un proverbio o di una poesia popolare. Esempio è la storia di Elisabetta da Messina che secondo il Boccaccio sarebbe all’origine di una canzone diffusa nell’Italia meridionale.
* Novelle costruite su meccanismi retorici che sembrano guidare l’ideazione dell’intreccio.

84
Q

il Decameron nell’Umanesimo:

A

Il primo grande lettore del Decameron è Francesco Petrarca, nonostante affermi nella Senile 17 che quando ricevette il Decameron non lo degnò di grande attenzione, trattandosi di un libro in volgare e in prosa.
Solo quando si applicò alla riscrittura latina dell’ultima novella e collocandola alla fine del senili riservò all’autore e al suo capolavoro un altissimo onore.

Grazie alla latinizzazione della Griselda Il Decameron si aprì a uno straordinario successo europeo e introdusse il libro nell’ empireo della cultura umanistica, nonostante il travisamento dell’opera a molo di Petrarca.

  1. durante l’umanesimo vi è l’indebolimento della struttura libro del, vi è ad esempio la proliferazione delle novelle singole o spicciolate, come le 300 Novelle di Franco Sacchetti.
  2. vi sono poi traduzioni latine, sia in prosa che in versi, di singole novelle di Boccaccio.
  3. accentuazione ed esasperazione dei registri, che invece Boccaccio evita.
  4. largo ricorso al Decameron come un repertorio di situazioni narrative, utilizzabili e combinabili in varie sedi, come novelle, commedie e tragedie.
85
Q

Perchè leggere il Decameron oggi:

A
  • Il Decameron andrebbe letto ancora oggi perché è ancora capace di procurare “diletto e utile consiglio”.
  • Inoltre il Medioevo descritto è ben diverso da quello sconosciuto, un Medioevo in cui si può comporre un libro dedicato alle donne e in cui non si dà troppo peso alle piccole trasgressioni della vita privata e quotidiana.
  • Inoltre Boccaccio affronta molte decisive questioni ancora oggi vive e aperte.
86
Q

quando l’autore parla in 1° persona nel Decameron:

A
  1. nel proemio e
  2. nell’introduzione alla 4° giornata (per difendersi dalle accuse rivolte alla sua opera)
  3. nella conclusione.