10) Vittorio Alfieri Flashcards

1
Q

vita:

A

Vittorio Alfieri nacque ad Asti da una famiglia di ricca nobiltà terriera, il 16 gennaio 1749.
La particolare situazione familiare (dopo la morte del padre, la madre aveva sposato in terze nozze Giacinto Alfieri di Magliano), la severa educazione militare dell’accademia e gli obblighi imposti ai giovani nobili del Regno di Sardegna, lo resero intollerante verso le convenzioni sociali, le gerarchie militari e l’assolutismo monarchico.

Uscito dall’Accademia, tra il 1766 e il ‘67 Alfieri iniziò una serie di viaggi in Italia e in Europa, ispirati più da un’«insofferenza dello stare» che dal desiderio di istruirsi.
Lontano dall’attività politica e militare, nel 1772 decise di interessarsi al mondo teatrale e letterario. Formatosi secondo i codici culturali del Regno di Sardegna, utilizzò il francese per scrivere le sue prime opere: l’Esquisse du jugement universel (1773) e il Journal (1775). Nel 1775 scrisse e mise in scena la tragedia Antonio e Cleopatra.

Mel 1777 scrisse d’un fiato il trattato Della tirannide, decise di liberarsi della lingua francese e di «spiemontizzarsi», tanto che nel 1778 donò alla sorella tutto il suo patrimonio in cambio di un vitalizio.

Cominciò a intraprendere uno studio serrato dei classici italiani e latini e si trasferì a Firenze dove si legò alla contessa d’Albany. In questo periodo lavorò alle tragedie Filippo, Antigone, Polinice, Agamennone Mirra e Oreste. Nel 1780 si trasferì a Roma dove cominciò a comporre il Saul.
Dal 1785 si stabilì in Francia. Da qui fino al 1792 svolse un intenso lavoro, curando la stesura e l’edizione di varie opere: il trattato Del principe e delle lettere (1789), il poema l’Etruria vendicata (1786), le Rime (1789). Tra il 1787 e il 1789 pubblicò la nuova edizione delle Tragedie e nel 1790 ultimò la Vita di Vittorio Alfieri da Asti scritta da esso, pubblicata postuma nel 1804.

Dopo aver dedicato a Luigi 16 il Panegirico di Plinio a Traiano, fu presente durante le prime fasi della Rivoluzione francese e scrisse l’ode Parigi sbastigliato.
Gli ultimi anni della sua vita soggiornò a Firenze studiando il greco e portando a termine la stesura di opere minori come il Misogallo e le Commedie. Morì l’8 ottobre 1803.

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Q

Vita: introduzione:

A
  • spiega le ragioni dell’opera: è scritta per amor proprio ovviamente, ma anche per ‘i pochi estimatori della sua opera’, poichè probabilmente le sue opere verranno un giorno precedute da una biografia.
  • non parlerà di altri se non se stesso, cioè la persona che lui conosce meglio. Se citerà altte persone, saranno solo quelle positive.
  • la sua biografia sarà divisa in ‘infanzia’, ‘adolescenza’, ‘giovinezza’, ‘età adulta’, ‘vecchiaia’. Mentre scrive l’introduzione dice di starsi dedicando alla 4° sezione, ma con meno voglia rispetto a prima. Quindi si scusa coi lettori per dilungarsi molto e chiede loro di punire questo suo errore non leggendo, eventualmente, l’ultima parte (la vecchiaia = non verrà mai realizzata).
  • L’introduzione è chiusa da una dichiarazione stilistica: la scrittura sarà semplice in quanto l’argomento è personale ed istintivo, al contrario di altre opere.
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3
Q

prima puerizia:

A

capitolo 1:
* descrizione della sua famiglia (padre, nobile astigiano, Antonio Alfieri, e madre, nobile di origine francese)
* resta orfano presto, e la madre (ora due volte vedova) sposa tale Giacinto Alfieri, matrimonio di cui Vittorio è felice.
* Alfieri riflette sulla fortuna di essere nato da genitori nobili (perché così può conoscere davvero e dunque criticare la nobiltà), agiati (perché così può servire solo la verità e non avere padroni) e onesti (perché così non deve vergognarsi di essere nobile).
* dichiara di avere 41 anni.

capitolo 2:
* aneddoto: il rivedere delle scarpe simili a quelle dello zio gli fa venire in mente quando quello zio gli regalava i confetti, e gli sembra di ricordarne il sapore.
* aneddoto: Il secondo ricordo della prima infanzia è legato a una forte malattia che lo ha fatto quasi morire.
* riflessione sulla sorella Giulia, la sorella prediletta, con la quale Alfieri vive in casa del patrigno. Uno dei ricordi più brutti dell’infanzia e quindi la loro separazione. Giulia viene mandata a studiare in un convento astigiano.
* C’è poi una digressione sul fatto che la separazione da tutte le persone amate, siano esse amici, parenti, o amanti, dà sempre lo stesso tipo di sofferenza in quanto l’amore è sempre uguale.
* Alfieri, invece, riceve la sua istruzione in casa, da un sacerdote, Don Ivaldi, che lui stesso giudicherà poi come piuttosto ignorante.
* L’autore riconosce addirittura che i suoi stessi genitori non
sono persone colte
, in quanto secondo loro ”un nobile non deve diventare dottore”.

capitolo 3:
* a poco a poco si dimentica della sorella Giulia, in quanto la vede sempre meno spesso.
* visita spesso la vicina chiesa del Carmine e in lui nasce un affetto per i novizi, giovani frati che sono in fondo gli unici coetanei che vede. Si tratta di un’infatuazione platonica e infantile: Alfieri sostituisce alla voce frati la voce padri, in quanto ha sempre sentito parlare bene dei padri e spesso male dei frati.
* tentativo di suicidio. Alfieri va in giardino e comincia a mangiare erba sperando di trovarvi della cicuta, ma ammette lui stesso di non avere neanche idea di cosa voglia dire la morte. Poco dopo vomita l’erba ingerita, la madre a pranzo si accorge delle sue labbra verdi. Secondo Alfieri fatto di essere lasciato solo per punizione ha favorito lo svilupparsi del suo carattere malinconico.

capitolo 4:
* ricorda di essere sempre stato terrorizzato dalle punizioni
* Vi è in particolare un castigo che ricorda con terrore: l’essere costretto a recarsi in chiesa con la reticella da notte in capo. La prima volta il tutore lo porta nella vicina chiesa dei carmelitani, dove però lui si vergogna di essere visto dai novizi. La seconda volta Alfieri viene trascinato fino alla chiesa di San Martino, molto più affollata di gente. Infatti, l’autore racconta di essere stato inginocchiato ad occhi chiusi per tutta la durata della funzione. In entrambi i casi Alfieri non ricorda il motivo del castigo, ma solo la profonda sofferenza che la punizione gli aveva causato.
* Vi sono poi altri due episodi molto significativi: il primo è un incontro con la nonna materna, venuta da Torino, la quale insiste per farsi dire dal nipote quale regalo di desideri. Alfieri ripete più volte di non volere niente, ma si scopre poi che aveva rubato alla nonna un ventaglio per regalarlo alla sorella. Alfieri non viene punito perché, come dice la madre e come conviene lui: chi ha delle proprietà come lui (in quanto nobile), si correggerà automaticamente al rispetto della proprietà altrui e non ruberà più.
* C’è poi il racconto della prima confessione, fatta con il confessore della madre, padre Angelo. Alfieri dice che è il sacerdote a guidarlo nella confessione e a dirgli che per essere assolto deve pentirsi pubblicamente davanti alla madre, cosa che lui, nonostante le insistenze di lei a pranzo, non riesce a fare. Alfieri spiega poi che solo più avanti negli anni capirà che il prete aveva tradito il segreto confessionale, progettando l’idea della penitenza con sua madre. Da questo momento, secondo Alfieri, nasce la ritrosia verso la confessione.

capitolo 5:
* Vi si racconta l’ultimo avvenimento legato all’infanzia. Si tratta di un fatto avvenuto mentre in casa sua si trova anche il fratello maggiore, figlio di primo letto di sua madre. Alfieri racconta inizialmente di avere sentimenti discordanti verso il fratellastro: da una parte prova invidia verso le sue capacità, dall’altra un sentimento di competizione che lo spinge a migliorare. C’è quindi una prima riflessione sul fatto che spesso due sentimenti umani, l’uno negativo e l’altro positivo, possano partire dalla stessa situazione iniziale.
* Un pomeriggio i due fratelli stanno giocando a fare i soldati prussiani. Alfieri cade contro un ferro del caminetto, procurandosi una ferita vicino all’occhio. Costretto per alcuni giorni a portare una fasciatura, Alfieri ricorda di aver sempre precisato di essersela procurata facendo degli esercizi militari: questo è per lui il primo esempio di vanità nella sua vita. L’anno dopo il fratello maggiore si ammala e muore.
* Nello stesso tempo Alfieri, per decisione dello zio paterno che è anche suo tutore economico, viene mandato a Torino in accademia. Egli ricorda di essere in parte entusiasta di questa partenza, ma di aver molto sofferto separandosi dalla madre. Racconta poi che durante la prima sosta del viaggio verso Torino da Asti, ha bevuto direttamente dall’abbeveratoio delle bestie, credendo infatti di essere ora senza mezzi e di doversi arrangiare.
* La sezione del libro dedicata all’infanzia si chiude con una riflessione: chiunque trovi questa parte inutile, dovrebbe ricordarsi che ogni adulto non è niente se non la continuazione di un bambino.

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4
Q

seconda adolescenza:

A

capitolo 1:
* descrizione dell’accademia. L’ Accademia è posta in un grande palazzo con quattro ali, al centro delle quali vi è un cortile. Tre ali sono dedicate agli studenti e agli ospiti dell’Accademia, mentre l’altra ospita il teatro reale. Alfieri spiega che non a tutti gli ospiti dell’Accademia è riservato lo stesso trattamento: vi sono infatti quelli come lui che devono seguire un rigido codice, ma anche ospiti più grandi che per esempio studiano all’università o fanno già parte dell’esercito e hanno quindi maggiori libertà. Alfieri riflette sul fatto che per coloro che, come lui, devono imparare una rigida disciplina non è certo d’aiuto vedere al loro fianco dei ragazzi che al contrario possono uscire andare a teatro tutte le volte che vogliono.

capitolo 2:
* Qui, Alfieri racconta dei suoi primi due anni all’Accademia. Appena arrivato viene assegnato alla quartana, ovvero la classe dei ragazzi di quarta che però sono quasi pronti per andare alla classe successiva, la terza (si usava numerazione decrescente) (1° anno).
* L’anno di scuola fatto in terza è, per Alfieri, un anno sprecato, in quanto si rende conto che sia lui, sia i compagni, sia l’insegnante (che ancora una volta è un sacerdote) sono ignoranti.
* L’anno successivo viene promosso alla cosiddetta Umanità (2° anno), ovvero l’anno dedicato agli studi umanistici. Alfieri racconta di aver passato lunghe ore nella traduzione di Virgilio e di altre opere latine. Quello che lo sprona negli studi è, ancora una volta, la competitività con gli altri studenti.
* In particolare c’è uno studente bravo come o forse più di lui, con il quale si sente fortemente in gara. Tuttavia, questa ragazzo è bello e intelligente: Alfieri, in quanto amante del bello, non può odiarlo veramente. Il ragazzo diventa suo complice in alcune avventure giovanili. Per esempio Alfieri racconta di essersi procurato un’opera di Ariosto divisa in tre volumi. È certo di non averla né comprata, né rubata, bensì di aver barattato i libri con le sue porzioni di pollo della domenica. Il pollo è infatti la moneta con cui nel collegio i ragazzi si scambiano la merce “scottante”: l’opera stessa dell’Ariosto è per i due giovinetti un libro quasi proibito. Una volta ritrovato dagli inservienti viene sequestrato e consegnato al rettore della scuola.

capitolo 3:
* In questa parte vengono descritti i parenti che Alfieri ha a Torino. Si tratta di un ramo della famiglia dello zio che lo aveva accolto, governatore di Cuneo
* Dall’altra parte c’è un architetto Alfieri, cugino del padre, che è l’unico parente con cui Vittorio ha davvero dei rapporti durante la sua permanenza a Torino. Lo zio viene ricordato come una persona di buon cuore e anche come un ottimo architetto, che ha fatto nascere nel nipote la passione per gli edifici ben fatti. Lo zio Alfieri è autore di alcune strutture importanti della città, quali il primo Teatro Regio e il salone di Stupinigi. Alfieri ricorda però come molte delle sue opere siano rimaste solo dei progetti su carta. Dello zio viene ricordato inoltre il vezzo di parlare toscano, ovvero l’italiano reale, abitudine acquisita durante un viaggio a Roma. Al contrario il resto dei nobili torinesi parla spesso francese o dialetto, perché l’italiano viene ancora considerato troppo distante.

capitolo 4:
* Alfieri racconta che il terzo anno è dedicato alla retorica: tanto gli insegnanti quanto il programma però sono insufficienti e l’autore ribadisce ancora una volta che gli studi qui sono stati quasi inutili per la sua formazione. Per spiegare ciò, racconta che era riuscito a riottenere l’opera di Ariosto, ma che non avendo ricevuto un’ istruzione sufficiente non riusciva ancora a comprenderlo.
* Vi è poi una critica alla tecnica narrativa dell’Ariosto, che lascia spesso storie in sospeso per riprendere con i capitoli più avanti. Secondo Alfieri, questa tecnica non accende l’interesse del lettore ma spezza la sua suspense impedendogli poi di ritrovarla.
* descrizione degli altri libri letti nella gioventù: non Tasso, che pensa avrebbe amato molto di più, bensì alcune storie dell’Eneide, alcune opere di Goldoni, e altri brevi testi.
* Alfieri descrive poi il suo fisico durante gli anni della scuola: era un ragazzino emaciato, magro, tanto che i compagni lo chiamano carogna fradicia.
* Ad un certo punto un compagno prepotente si fa fare i compiti da lui ripagandolo con dei giocattoli, ma minacciando di picchiarlo se si fosse rifiutato. Alfieri inizialmente accetta, poi si stufa e invece di denunciare il compagno esegue male il compito. Da questo Alfieri ricava un insegnamento importante: molte volte i rapporti umani sono governati dalla paura reciproca.
* il capitolo si chiude con la descrizione della scuola di geometria e filosofia (4° anno), quella che si fa all’università. Come nei casi precedenti, anche questo è visto come totalmente inutile e Alfieri racconta di avere spesso dormito durante le lezioni.

capitolo 5:
* questo punto ha tredici anni e racconta che la sorella Giulia viene finalmente portata via dal convento di Asti e trasferita in un convento di Torino. La decisione viene presa perché la ragazza si era invaghita di un coetaneo mentre era nell’astigiano; con la lontananza gli Alfieri sperano di farglielo dimenticare. Alfieri racconta di aver consolato molte volte la sorella durante le sue pene d’amore.
* Vi è poi la descrizione delle prime esperienze di Alfieri con il teatro comico e con la poesia. A portare Vittorio a vedere un’opera comica per la prima volta è il cugino di suo padre, lo zio architetto.
* Nel frattempo Alfieri sta crescendo: il suo fisico è più forte e quando ha quattordici anni può passare l’estate a Cuneo con lo zio. Ricorda molto bene il viaggio e il fatto di essersi vergognato per il suo calesse lento.
* C’è anche il racconto della prima poesia scritta da lui in onore di una dama di cui suo zio era invaghito e che affascinava anche lui; lo zio però condannò questo fatto poetico e lui stesso spiega che fino ai venticinque anni non avrebbe mai più scritto versi. Riconosce inoltre che la scuola gli ha spiegato sì i versi latini, ma non la poesia italiana, tanto che il componimento è un miscuglio tra Ariosto e Metastasio.
* Vi è poi il racconto dell’ultimo anno di scuola (5° anno), nel quale studia fisica (con Beccaria) ed epica, ma ancora una volta non ne viene tratto grosso giovamento.

capitolo 6:
* Lo zio viene nominato viceré della Sardegna e lascia il ragazzo con un nuovo tutore. In questo modo Alfieri ha più libertà economica, anche perché non è più sotto la guida del servitore Andrea, che sfruttava la sua posizione per sottrargli dei soldi.
* Troviamo il racconto degli ultimi anni di studi, che sono dedicati alla preparazione della professione di avvocato.
* Nello stesso periodo, Alfieri si ammala di un problema alla testa, ed è costretto a portare una parrucca. Per adattarsi agli scherni che riceve per la sua capigliatura impara che reagire prima di essere attaccati è una delle cose migliori.
* Segue la descrizione delle sue lezioni di musica e ballo. Nella musica ha un certo talento, ma non riesce bene come vorrebbe; al contrario, è incapace tanto nella scherma quanto nel ballo. La sua non propensione per la danza è procurata anche dal fatto di avere un maestro francese, nazionalità che gli è sempre stata avversa, tanto che lo porterà a scrivere in età più avanzata il Misogallo. Spiega lui stesso alcune delle motivazioni che lo hanno portato a detestare cosi francesi: il primo è un incontro con la duchessa di Parma mentre era ancora ad Asti e poi l’incontro con questo suo maestro di danza.
Lo stesso autore riconosce come spesso sia la prima impressione verso una persona o una popolazione a impedirci poi di ragionare razionalmente anche quando si incontrano persone diverse provenienti dallo stesso paese.

capitolo 7
* Lo zio di Alfieri, che era diventato viceré a Cagliari e che era suo tutore economico, muore. L’autore ha ormai quattordici anni, perciò diventa padrone delle sue ricchezze e ha solo un curatore patrimoniale.
* Essendo così giovane e disponendo di così grande fortuna Alfieri si dedica all’ozio. Innanzitutto dichiara di non voler più studiare da avvocato e viene trasferito nel Primo Appartamento, ovvero la parte dell’Accademia dove vi sono soprattutto ragazzi francesi e inglesi che si dedicano solo minimamente allo studio.
* Racconta di spendere moltissimo denaro in abbigliamento e altre spese, ma di averne nel contempo tratto giovamento a livello di sviluppo fisico, in quanto finalmente riesce a crescere in statura e a riconquistare i capelli.
* Nel frattempo, ha perso anche l’infido servitore Andrea. L’autore ne conserverà comunque un buon ricordo, soprattutto perché l’uomo era sempre pronto a obbedire i suoi ordini, anche per questo lui stesso lo era andato a trovare a lungo,

capitolo 8
* Vicino ai quindici anni Alfieri comincia a trovare pesante il fatto di essere sempre seguito da un servitore e chiede più volte al direttore dell’Istituto di poter uscire da solo come fanno i suoi compagni. Vedendosi negare la sua autorizzazione, prova più volte a uscire da solo, senza permesso, e ogni volta viene messo in castigo.
* Il castigo più lungo dura tre mesi, durante i quali si rifiuta sia di chiedere scusa, sia di chiedere il permesso di uscire, e addirittura di mangiare con gli altri, riducendosi a non lavarsi a vivere vicino un caminetto cucinandosi qualcosa che gli viene portato dagli amici, ai quali però non dice parola.

capitolo 9
* La sorella Giulia si sposa con il conte Giacinto di Cumiana. Dopo le nozze, Alfieri, riacquista libertà rispetto ai compagni di accademia, un maggiore controllo delle sue finanze e anche il suo primo cavallo. In poco tempo, arriva possedere otto cavalli, nonché una carrozza e svariati capi di abbigliamento lussuosi. Racconta, però, di essere sempre stato restio al vantarsi con gli amici del pomeriggio, quelli con cui va a cavalcare, che sono meno benestanti di lui. Detesta soverchiare chi è minore di lui per nascita, mentre al contrario è forte il senso di competitività verso chi ritiene suo pari o superiore.

capitolo 10
* Alfieri vive il suo primo innamoramento.
* La subordinazione militare (cui è destinato in quanto figlio primogenito di una famiglia aristocratica), però, non fa per lui: decide quindi di intraprendere un primo viaggio a Roma e a Napoli.
Ha solo diciassette anni e fino ad allora il viaggio più lungo che ha fatto è stato fino a Genova pochi mesi prima. Intraprende perciò il viaggio con tre amici dell’Accademia, un inglese, un belga e un olandese. Con la partenza verso questo viaggio si conclude la sezione dedicata all’adolescenza, che Alfieri riconosce come totalmente inutile in quanto dedicato in maggioranza all’ ozio e all’ignoranza.

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Q

terza giovinezza:

A

capitolo 1
* Nell’ottobre del 1766 inizia il tanto sospirato viaggio. Oltre agli amici ci sono tre servitori, un aio (precettore) e Francesco Elia, un anziano ed esperto servitore del suo defunto zio.
* La prima tappa del viaggio è Milano, che ad Alfieri non piace in quanto molto più disordinata di Torino. Alla biblioteca ambrosiana gli viene dato un manoscritto appartenuto a Petrarca, ma Alfieri riconosce di non averlo apprezzato abbastanza.
* Le carrozze e i cavalli proseguono poi tra Parma e Mantova, due città che vengono visitate solo di sfuggita.
* La prima lunga tappa è Firenze: Alfieri si vergogna perché, nonostante sia nella patria del toscano, preferisce imparare l’inglese e continua a voler utilizzare la ridicola u alla francese di Torino.
* Il viaggio prosegue poi con brevi tappe a Lucca, Pisa, e Livorno: quest’ultima è la città che più piace all’autore, sia per la somiglianza con Torino, sia per il mare che per lui è sempre un elemento affascinante.
* Vi è poi un lungo soggiorno a Roma, città di cui Alfieri apprezza molto poco, ad eccezione di alcuni elementi architettonici, forse per l’influenza dello zio architetto.
* L’autore rammenta come lo stupore dei suoi amici stranieri verso le meraviglie dell’Italia sia molto maggiore del suo. Solo dopo i lunghi soggiorni all’estero ha saputo poi valorizzare l’Italia e gli italiani, comprendendo l’entusiasmo degli stranieri per ciò che vedevano sulla penisola.

capitolo 2
* Sempre nel ‘66 Il viaggio prosegue verso Napoli. A Napoli Alfieri si trova a disagio come in tutti gli altri luoghi in cui si è trovato in precedenza: egli riconosce infatti di ammirare di più il percorso fatto verso una meta e il fatto di essere lontano da casa, rispetto a quanto visita. In questo momento, Alfieri ha diciotto anni e ancora non sa davvero cosa fare della sua vita.
* Durante la visita alla corte napoletana gli viene consigliato di diventare un diplomatico: l’idea lo lusinga, ma non si mette mai veramente a tentare quella carriera. Allo stesso modo, non cerca nessun legame né amichevole, né amoroso, in quanto capisce che il suo solo interesse in quel momento è esplorare e rimanere il più possibile lontano da casa.
* C’è poi la riflessione sul carattere personale: l’autore riconosce di essere una persona che non fa il male di proposito, e che è anche molto volenterosa, ma di avere sempre un disagio legato al fatto di non avere né un amore né uno scopo nella vita.
* Il capitolo si conclude con la partenza del solo Alfieri verso Venezia con Francesco Elia, mentre il suo precettore e gli amici restano a Napoli per tutto il Carnevale.

capitolo 3
* Alfieri racconta di aver ottenuto dalla re sabaudo (Vittorio Emanuele II) il permesso di proseguire i suoi viaggi ancora per un anno, esplorando così l’intera Europa. Va infatti ricordato che in quel periodo i nobili del regno di Sardegna dovevano chiedere al re del regno di Sardegna il permesso per ogni loro spostamento che li allontanasse dai doveri di corte o dell’esercito.
* Sulla strada da Napoli a Venezia Alfieri si ferma nuovamente a Roma, ma ammette ancora una volta di non saper sfruttare interamente la bellezza della città, limitandosi a visitare il minimo indispensabile.
* Inoltre, grazie a un nobile (il conte di Rivara), riesce a incontrare Papa Leone 13°. Questo incontro è il pretesto per ricordare la Storia Ecclesiastica, opera francese la cui lettura è stata secondo l’autore la causa della sua avversione verso il clero.
* La decisione di intraprendere il viaggio in Europa viene però macchiata dalla notizia avuta dal curatore del fatto che per il viaggio avrà solo 1500 denari. Alfieri si trova quindi in ristrettezze e, per risparmiare, decide di fare il viaggio fino a Venezia con dei mezzi molto più lenti dei cavalli da posta.
* Una volta arrivato a Bologna, l’impazienza giovanile ha il sopravvento e il viaggio prosegue con cavalli più rapidi. L’autore non apprezza né Bologna, né tantomeno Ferrara, per quanto quest’ultima città sia stata la patria del primo autore da lui conosciuto e ne ospiti la tomba: Ariosto.
* Giunto a Venezia Alfieri ne apprezza subito sia il dialetto, che gli ricorda le commedie goldoniane, sia i tanti avvenimenti organizzati per il Carnevale.
* L’entusiasmo per la novità dura poco: ben presto Alfieri ritrova il suo malessere. C’è quindi spazio per una riflessione sul fatto che il suo disagio si ripete in quasi tutte le stagioni primaverili ed autunnali, mentre al contrario in estate e in inverno Alfieri sa di stare meglio e di scrivere meglio le sue opere.

capitolo 4:
* L’autore racconta del suo soggiorno a Venezia, in cui non ha visto nulla e dove è rimasto come al solito da solo.
* Vi è però una riflessione sul governo di Venezia, diverso da quello degli altri stati italiani, ma comunque al potere da molti anni.
* Il viaggio si sposta poi verso alcune città più piccole, tra cui Vicenza, Mantova, e Padova, in cui dovrebbe esserci la tomba di Petrarca che però Alfieri ovviamente non visita, così come non visita l’università e molti celebri professori a cui si sarebbe interessato più avanti negli anni.
* Si sposta poi fino a Genova, città che era stata visitata per prima; il suo interesse, però, non è per la Liguria, bensì per la costa francese, che inizia a visitare con delle piccole gite in barca.
* Il suo viaggio in Europa parte dunque da Marsiglia, città in cui si trattiene per alcuni giorni. Tanto a Marsiglia quanto a Genova, Alfieri limita al minimo le sue interazioni con il resto del mondo. Porta con sé delle lettere di presentazione per i nobili delle varie città, ma le sfrutta solo il minimo indispensabile.
* Prosegue poi il viaggio attraverso Avignone, Aix en Provence e Valchiusa, tutte città importanti sia per la storia d’Italia che per quella letteraria (il legame con Petrarca). Anche queste città, però, vengono ignorate dall’autore, che si reca il più velocemente possibile alla sua meta finale: Parigi.
* In questo capitolo ci sono alcune prime riflessioni sulla futura attività letteraria. Egli racconta infatti che i paesaggi marini avrebbero ispirato in qualunque altra mente la scrittura di poesie, attività in cui però lui si sente allora ancora incapace. Parla poi del suo interesse verso la commedia francese: da grande autore di tragedie, lo stupisce come in gioventù sia stato più attratto dalle commedie che non dalle tragedie francesi, ma è chiaro che ciò era legato alla maniera di comporre tragedie dei francesi, basato sulle tre unità aristoteliche in maniera pedissequa, che genera soltanto opere difficili da vedere anche per chi come l’autore è più incline agli umori malinconici.

capitolo 5
* Nel 1767, arriva a Parigi. Come prevedibile, anche questa città lo delude profondamente: sia per il sudiciume, sia per il cattivo gusto, sia probabilmente per le eccessive aspettative che Alfieri aveva formato sulla capitale francese. L’unica conoscenza di Alfieri nella città è l’ambasciatore del regno di Sardegna, che però in quel momento non si trova a Parigi; egli trascorre quindi lunghe giornate tra passeggiate, teatro e donne. Solo una volta tornato l’ambasciatore, viene reintrodotto nell’alta società parigina, ed in particolare fa la conoscenza di altri ambasciatori e del faraone, gioco d’azzardo in voga all’epoca.
* L’ultimo avvenimento degno di nota è il suo incontro con il re Luigi 15° nel giorno di Capodanno. Alfieri nota come il re sia totalmente indifferente a tutti coloro che vede, siano essi piccoli nobili come l’autore o personaggi davvero importanti. Alfieri riflette sul fatto di aver poi visto un altro re di nome Luigi essere salutato molto diversamente dal popolo durante la rivoluzione. (lol)

capitolo 6
* Nel 1768, l’autore viaggia verso Londra. Con lui questa volta c’è un compagno di viaggio, il figlio del suddetto ambasciatore di Parigi, un ragazzo molto più estroverso di lui, ma con il quale Alfieri, che ama ascoltare gli altri più che parlare, si trova bene.
* Londra e l’Inghilterra acquistano molto di più l’ammirazione dell’autore rispetto alla Francia: Alfieri infatti ammira l’operosità degli inglesi e le loro leggi che fanno vivere bene la gente nonostante il clima ostico. Stessa cosa vale per le donne, forse meno belle di quelle francesi, ma più buone e spontanee. In Inghilterra, Alfieri è costretto dal suo amico a fare vita sociale, ma si trova ben presto a preferire l’attività di cocchiere e fraternizza con altri cocchieri passando lungo tempo a cavallo nelle campagne vicino a Londra.
* Il viaggio prosegue poi dopo novembre in Olanda dove Alfieri si innamora per la prima volta. La sua amante è una giovane donna sposata da circa un anno con un nobile spesso in viaggio. Sempre in Olanda conosce anche il suo primo vero amico, un diplomatico portoghese, Acuñaav, persona come lui taciturna con il quale trova grande affinità.
* La storia con la ragazza olandese continua senza problemi anche con la consapevolezza del marito di lei, finché la ragazza non è costretta a seguire il marito in uno dei suoi trasferimenti.
* Alfieri ne patisce molto e arriva addirittura a tentare il suicidio strappandosi la benda che trattiene il sangue durante un salasso. Ancora una volta è indispensabile l’intervento del fido servitore Elia, che lo salva senza proferire parola e che accompagna poi Alfieri nel lungo viaggio verso casa che si conclude a Carmagnola presso la sorella.
* Ancora una volta c’è una riflessione sull’attività intellettuale di Alfieri: l’amicizia con il diplomatico portoghese lo invoglia per la prima volta ad aumentare la sua cultura, mentre l’amore per la ragazza ispira per la prima volta il desiderio di scrivere, che Alfieri abbinerà sempre alla presenza di affetti nella sua vita.

capitolo 7
* E’ un capitolo cuscinetto, durante il quale Alfieri rimane per alcuni mesi a casa della sorella a Carmagnola e a Torino.
* Parte del tempo è occupato dalle letture, anche se Alfieri fa fatica a comprendere, per esempio, gli scritti politici di Rousseau, che in quel periodo erano molto in voga. Lo stesso succede con la nuova Eloisa, romanzo d’amore, che Alfieri giudica troppo cerebrale e che non riesce a finire.
* Un’altra parte del tempo è occupata dagli studi in astronomia, che sono però molto teorici in quanto Alfieri non è riuscito ancora a superare la sua avversione per le regole geometriche e matematiche.
* Durante il suo soggiorno a Torino il cognato cerca di accasarlo con una giovane nobildonna, ma anche questo tentativo non va a buon fine, in quanto la ragazza gli preferisce un altro pretendente meglio inserito nella vita di corte. Alfieri riflette su questo scampato pericolo, ridendo del fatto che un possibile matrimonio intorno ai vent’anni avrebbe probabilmente spento in lui ogni futura velleità poetica.
* C’è, inoltre, un anticipo della sua attività di scrittore: i libri che più gli piacciono, infatti, sono le vite di Plutarco, del quale lo affascinano le biografie dei grandi personaggi, forse un anticipo del futuro titanismo alfieriano. Il capitolo si conclude con la decisione di riprendere il viaggio in Europa poiché, compiuti vent’anni, è libero dal controllo del tutore e dispone pienamente del suo patrimonio.

capitolo 8
* Nel 1769 Alfieri riprende il suo viaggio, questa volta nell’Europa continentale e settentrionale.
* La prima città ad essere visitata è Vienna, nella quale ha occasione di incontrare Metastasio, celebre poeta classicista italiano al servizio della corte asburgica.
* Prosegue poi il viaggio a Praga, Dresda e Berlino, dove ha la possibilità di incontrare il celebre Federico il Grande di Prussia. L’autore ha un ricordo pessimo di questo incontro: egli è infatti deluso dall’eccessiva militarizzazione del regno tedesco e dalla rigidità dei cortigiani.
* Il viaggio prosegue poi verso la Danimarca nel 1770, stato che per la sua somiglianza con l’Olanda piace sommamente all’autore.
* Ultima tappa, la Svezia, altro Stato ideale in quanto eccessivo nel suo essere nordico (ricordiamo ancora una volta come Alfieri ripeta spesso di preferire sempre gli eccessi ai valori moderati).
* Parallelamente l’autore descrive anche le letture fatte: Montaigne, ancora Plutarco, nonché alcuni autori italiani tra cui l’Aretino. Egli, infatti, durante i suoi viaggi, incontra più volte personaggi italiani e si sforza quindi di parlare il dialetto toscano.

capitolo 9:
* Alfieri descrive minuziosamente l’attraversamento delle isole svedesi alla volta della Finlandia, non risparmiandosi un commento metaletterario sul poco interesse che questa descrizione susciterà nei lettori.
* Il viaggio prosegue poi fino a San Pietroburgo, allora capitale russa. Alfieri si rifiuta di incontrare la zarina Caterina II, da tutti riconosciuta come filosofa e monarca illuminata, ma che per lui è solo un enorme esempio di tirannide in quanto ha fatto uccidere il marito Pietro III in una congiura e non ha liberato il suo popolo dalla schiavitù.
* Alfieri prova un grande disprezzo verso i russi, che per lui sono un popolo asiatico mascherato da europeo.
* C’è anche un parallelo con il regno di Prussia, regno per lui eccessivamente militarizzato il cui sovrano ha rapporti di grande amicizia con la zarina Caterina.
* Nel tornare verso sud Alfieri è costretto a ripassare in Germania, paese che per lui non ha alcuna attrattiva.
* Il transito presso un fronte di battaglia gli permette di riflettere anche sull’assurdità di alcuni regimi europei.
* Il viaggio riprende poi verso settentrione, visto che Alfieri va a visitare l’amico portoghese Acuña in Olanda, senza però poter vedere la sua amante ormai trasferitasi a Parigi.
* Prima di recarsi in Inghilterra Alfieri compie un’altra breve deviazione in Belgio, dove fa visita al principato di Liegi, controllato da un vescovo, è il pretesto per ribadire ancora una volta la sua avversione per la vita clericale quanto per quella militare.

capitolo 10
* E’ il 1771 e Alfieri si trova a Londra.
* Inizia inoltre un legame amoroso con Penelope, una nobildonna inglese sposata che lo prende come suo amante, con cui si incontra in segreto mentre il marito è fuori di casa. Quando lei si sposta nelle campagne inglesi per la villeggiatura estiva di sette mesi, il marito riceve notizia di una visita alla moglie e la fa seguire.
* Pochi giorni dopo Alfieri fa una gita a cavallo con l’amico principe di Masserano e si ferisce il braccio, fortunatamente il sinistro. Il fatto di avere il braccio destro funzionante lo salva poche sere dopo, quando il marito di Penelope lo trova nel teatro italiano e lo sfida a duello. L’uomo è però d’indole britannica, quindi si accontenta di ferirlo, e Alfieri dal canto suo non è in grado di fargli ulteriormente male con la spada.
* La faccenda si risolve con il marito di Penelope che le chiede il divorzio e l’autore, pronto a diventare il nuovo compagno della donna, che si rifugia presso un altro amico, il marchese Caracciolo.

capitolo 11
* L’illusione amorosa dell’autore si spegne presto. L’amante dice più volte ad Alfieri di essere sicura che lui non la sposerà, ma di saperne solo lei il motivo. Pochi giorni dopo, infatti, confessa all’autore di aver avuto un’altra relazione, con uno dei palafrenieri del marito. Si scopre quindi che anche il marito era a conoscenza della relazione tra la moglie e il suo servitore, ma dato che questi aveva confessato spontaneamente, lo aveva perdonato prendendosela invece con l’autore. Alfieri pensa che Penelope sia stata altrettanto spontanea nella sua confessione a lui, ma viene deluso: la donna gli ha parlato solo perché sapeva che la vicenda era ormai nota alla stampa e Alfieri l’avrebbe comunque letta sui giornali.
* Il processo di divorzio viene disputato a nome dell’autore come causa della separazione tra i due coniugi: tocca quindi a lui pagare un risarcimento al marito tradito.
* Nonostante la disprezzi, Alfieri non riesce a staccarsi da Penelope, e compie con lei un breve viaggio in Francia nel 1772. A un certo punto, finalmente il ribrezzo verso la donna supera l’attrazione e Alfieri riesce a allontanarsi da lei proseguendo da solo il viaggio a Londra.

capitolo 12
* Visto che a Londra ci sono troppi ricordi della disavventura con Penelope, Alfieri ritorna in Olanda a trovare ancora una volta l’amico Acuña, per poi proseguire il viaggio per Parigi (che ancora una volta non gli piace), per poi arrivare in Spagna.
* Nella penisola iberica Alfieri adotta un metodo singolare di viaggio: acquista due cavalli e prosegue al galoppo fino a Madrid e poi a Barcellona per altre città, sempre accompagnato dal fido Elia. Ancora una volta evita il più possibile gli incontri con altri essere umani, siano essi nobili o persone del popolo.
* A Madrid evita l’incontro sia con il re che con l’ambasciatore del regno di Sardegna, essendo egli una persona che aveva già incontrato in Inghilterra durante sul primo viaggio e con il quale non c’era stata la minima simpatia.
* Durante il viaggio in Spagna avviene un episodio singolare: Alfieri ha fatto amicizia con un giovane orologiaio spagnolo e una sera lo invita a cena. Dopo il pasto, si fa pettinare dal servo Elia, ma un errore di quest’ultimo fa scattare l’ira di Alfieri che ferisce il servitore. L’incidente, per quanto grave, si risolve in quanto Elia non cerca vendetta. Alfieri racconta però che il servo conservò per anni i fazzoletti insanguinati in modo da ricordare l’accaduto. Alfieri fa dunque una riflessione sul fatto di non aver mai pensato di poterlo trattare come suo inferiore, ma di aver sempre apprezzato coloro che, per quanto suoi sottoposti, si fossero difesi a loro volta se picchiati, in quanto l’autore ha sempre preferito lo scontro da uomo a uomo.
* Proseguendo il suo viaggio Alfieri visita Lisbona, città per lui tanto bella e distante, ma squallida e orribile una volta visitata. Viaggiando a ritroso dalla Spagna in direzione dell’Italia, a Cadice, Alfieri si ammala. Si fa visitare a Montpellier, ma, contrariamente al consiglio dei medici decide di proseguire fino a Torino, dove passa tutta l’estate a curarsi.
* In tutto il capitolo, vi sono riferimenti alla futura attività di scrittore dell’autore. Innanzitutto a Parigi Alfieri avrebbe avuto l’occasione di incontrare Rousseau, persona che egli odia e ammira contemporaneamente, ma più per il suo comportamento che per le sue opere.
* L’ incontro non avviene per volere dell’ autore, che però acquista, sempre a Parigi, una serie di volumi contenenti le opere dei più importanti poeti italiani. La lettura di queste opere, che lui mai prima aveva affrontato, è il pretesto per fornire ai lettori l’elenco di coloro che, secondo lui, sono i maggiori poeti italiani di tutti i tempi: Dante, Petrarca, Boccaccio, Ariosto, Tasso e Machiavelli (come si può ben vedere nessuno è coevo o vicino cronologicamente ad Alfieri). Inoltre, durante il viaggio a cavallo per la Spagna egli ammette che, se avesse avuto più capacità di scrittura, avrebbe cominciato sicuramente lì il suo poetare.
* Vi è poi un paragone tra le speculazioni di chi soffre di malattie psichiche e i poeti: secondo Alfieri l’unica differenza è che i secondi mettono per iscritto le loro farneticazioni, rendendole poesia.

capitolo 13
* Alfieri racconta dei sei mesi trascorsi a Torino, abitando in una casa in piazza San Carlo. Crea una sorta di società tra amici intimi, in cui vi sono giovani dell’alta società di diversa intelligenza. Nessuno, comunque, che permetta ad Alfieri di eccellere in qualcuna delle attività della compagnia: la più diffusa è la scrittura di storielle divertenti, che vengono depositate anonime in una cassetta e poi lette per diletto.
* Alfieri racconta quindi di aver notato quanto talento possedesse nella scrittura delle storie di satira: scrive infatti, per esempio, un racconto legato a un ipotetico giorno del giudizio, in cui riesce a fare il verso a tutte le principali personalità della città. Il genere della satira, però, non è di suo gradimento, In quanto riconosce che per la sua riuscita è molto più importante lo spirito incattivito del lettore (e il suo desiderio di fasi beffe di ricchi e potenti), rispetto alle capacità dello scrittore.
* Il capitolo si conclude con la descrizione di un’altra breve storia amorosa dell’autore con una donna di quasi dieci anni più grande di lui. Egli non la ama, ma subisce la forte attrazione che la donna prova per lui.

capitolo 14
* Alfieri racconta degli eccessi a cui lo ha portato l’insano amore/odio per la donna, il cui nome è Gabriella Falletti di Villafalletto. Innanzitutto ha patito una pesante malattia, con sintomi come convulsioni e un vomito continuo. Sfiora la morte e deve perfino fare testamento. Una volta ripresosi, ritorna a fare il cavalier servente della stessa dama, sebbene la cosa continui a stressarlo. Anche la donna si ammala e nel periodo trascorso al suo capezzale l’autore si mette, per noia, a scrivere un breve dialogo tra un Photino, una donna di nome Lachesi (come una delle Parche), e Cleopatra.
* Si tratta di una bozza piuttosto scarsa in qualità e in ortografia, che Alfieri non esita però a mettere come appendice alla sua biografia come testimonianza dell’inizio della sua attività letteraria.
* Preso dallo sconforto per lo stress procuratogli dalla donna, Vittorio decide un certo punto di fuggire prima per Milano e poi in direzione di Roma, ma giunto solo a Novara si pente e scrive alla sua dama per chiedere scusa. L’inghippo si risolve con Alfieri che resta fuori alcune settimane e poi torna con il pretesto di una nuova malattia, senza essere ancora riuscito a liberarsi di questa amante che lo rende infelice.

capitolo 15
* Alfieri racconta della follia compiuta per liberarsi finalmente dell’amore per questa donna più vecchia di lui. Si taglia i capelli rossi, manda la coda a un caro amico e, dato che come nobile non può presentarsi in pubblico con i capelli così tagliati, resta in casa per alcuni mesi. A questo periodo di clausura forzata corrisponde l’inizio della sua attività come drammaturgo.
* Alfieri prima scrive un sonetto, che invia (insieme alla Cleopatra scritta in casa Falletto) per giudizio a un amico, Padre Paciaudi, il quale critica non tanto l’opera, quanto l’italiano usato dall’autore, ancora poco avvezzo a usare questa lingua.
* Invia i suoi scritti anche ad un altro caro amico, il conte Agostino Tana, che come Paciuadi gli invia delle correzioni.
* Siamo nel 1775: Alfieri scrive una nuova tragedia del titolo Cleopatra (in oltre 1600 versi, la più lunga tra le sue tragedie) che viene rappresentata al teatro Carignano di Torino in due repliche e diventa così la prima opera dell’autore. Egli fa seguire a questa tragedia un’altra scenetta in cui vi sono degli autori e dei poeti che si beffano della sua stessa opera. E’ una rappresentazione di come la sua attività di scrittore sia iniziata come drammaturgo e commediografo contemporaneamente.
* Alla fine di questa terza sezione della biografia sono riportati alcuni stralci di queste opere giovanili e alcune delle lettere dei suoi primi maestri e correttori; esse sono però state modificate dall’Alfieri per essere inserite nell’opera. Si legge chiaramente come i versi siano acerbi, le rime ancora abbozzate, gli accenti mal distribuiti: è lo stesso autore a criticarsi in alcune noteaggiunte poi a margine, non senza falsa modestia. Questa sezione si chiude qui, in quanto, secondo Alfieri, l’inizio della sua attività di poeta corrisponde all’ingresso nell’età adulta.

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quarta virilità:

A

capitolo 1
* Alfieri decide quindi, a 27 anni, di diventare autore di tragedia in lingua italiana, lingua che non ha parlato in famiglia e che ha poco esercitato negli ultimi anni di continui viaggi all’estero. Questo si riflette sullo scarso risultato linguistico della sua prima opera, la tragedia Cleopatra.
* Alfieri confessa di aver provato precedentemente con la scrittura in francese, elaborando due opere dei titoli di Filippo e Polinice, provando poi a tradurre le stesse due, ma rendendosi conto che scrivere direttamente in italiano è cosa ben diversa. Capisce di non avere le capacità linguistiche necessarie per un lavoro del genere, perciò paragona il lavoro del drammaturgo a un lungo percorso, che ha come punto di arrivo il successo nei teatri. Spiega che lui si trova a metà strada, in quanto sa di essere bravo per quanto riguarda l’invenzione delle storie e la descrizione dei sentimenti umani, ma di dover svoltare nella strada dietro di sè per riappropriarsi delle competenze dell’ Italiano.
* Ancora una volta, Alfieri usa la falsa modestia per spiegare come il suo carattere a quel tempo fosse alquanto presuntuoso e come sia stato per lui un atto di grande umiltà lo scegliere di ricominciare degli studi quasi scolastici di grammatica. Per meglio apprendere la lingua italiana, si ritira in montagna sul confine francese. Idea, come riconosce lui stesso, poco produttiva, in quanto il suo compagno di studi è l’abate Aillaud, ex precettore di alcuni suoi compagni di accademia. Il religioso gli consiglia di iniziare dei grandi classici della letteratura italiana, e Alfieri, con grande sforzo, riesce a leggere l’intera opera di Tasso, Dante, Ariosto, Petrarca: quest’ultimo è, tra gli autori della tradizione italiana, quello che gli va meno a genio. Non sono tanto le difficoltà nel comprendere i riferimenti degli autori a preoccuparlo, quanto il fatto che spesso non capisce la lingua vera e propria.
* La preparazione linguistica prosegue leggendo alcuni testi tradotti in italiano da altre lingue: tra questi, particolare è la scelta di leggere l’Ossian, il poema del falso bardo inglese, ma nessuna opera francese, proprio perché Alfieri vuole disintossicarsi da quella lingua.
* L’ultima sezione del capitolo è dedicato un libro che Alfieri fatica a leggere quando è vicino ai trent’anni, ma che racconta avrebbe poi letto molte volte più avanti con l’età, ovvero il Galateo di Giovanni Della Casa.

capitolo 2
* L’autore decide di non occuparsi solo della letteratura italiana, ma anche di quella latina, che aveva trascurato durante gli anni all’Accademia. Si affida quindi a un maestro, con il quale legge le opere di Seneca e di Orazio: queste, avendo temi più vicini alla vita reale e a volte scurrili, risultano più facili all’autore, che aveva quasi totalmente dimenticato il latino e il greco.
* Il secondo importante passo nell’avvicinamento alla perfetta lingua italiana, è un viaggio in Toscana. Alfieri si reca prima a Pisa e poi a Firenze. Lungo il viaggio verso Pisa fa un importante incontro, quello con il tipografo Bodoni, famoso in tutta Europa per la sua opera di stampatore.
* A Pisa prosegue la lettura dei grandi classici: per Alfieri è il pretesto per discutere su quelle che poi saranno le fondamenta del suo stile, che nasce proprio durante questi studi. Per esempio, fa una lunga disquisizione sul fatto che l’endecasillabo sia il verso ideale per la poesia in lingua italiana, sia essa tragica o comica. Per spiegare questa sua idea confronta universi giambici latini con due versi di Torquato Tasso.
* Vi è poi una critica ai maestri che trova sia a Pisa sia a Firenze, in quanto spesso essi erano totalmente in disaccordo su ciò che per lui era buono per quanto riguarda il contenuto dell’opera. Alfieri infatti, non senza presunzione, non vuole imparare ad argomentare in maniera tragica, in quanto crede di esserne già perfettamente in grado, bensì vuole imparare le regole linguistiche legate al buon italiano.
* Il soggiorno di Firenze serve anche per elaborare e sistemare alcune delle sue opere già scritte, tra cui il Filippo, che viene tradotto in italiano. Alfieri stende inoltre l’idea per un’altra opera completamente nuova, l’Antigone.
* Scrivendo capisce però definitivamente che non solo non può tradurre opere scritte inizialmente in francese, ma che anche leggere opere di altri autori sullo stesso tema può rivelarsi una mossa poco felice, in quanto porterà a copiarlo.
* Per questo, Alfieri racconta di aver rinunciato a leggere, tra gli altri, le opere di Shakespeare.

capitolo 3
* Alfieri torna a Torino, attirato sia dalle compagnie, sia dai suoi amati cavalli. Mentre è lì riesce finalmente a scrivere un sonetto che l’amico Tana giudica ben scritto: si tratta di un racconto in versi del rapimento di Ganimede.
* Entusiasta per questo buon risultato, Alfieri continua a scrivere piccoli sonetti, anche in onore di una donna della quale si è innamorato. Prova poi a mettere in versi l’ Antigone ideato durante il viaggio a Pisa. Il risultato è però poco lusinghiero:
* Alfieri decide quindi di tornare ancora una volta in Toscana, per non essere influenzato dal dialetto piemontese che parla tutti i giorni a Torino.

capitolo 4
* Questa volta il viaggio in Toscana viene organizzato diversamente: l’autore conta di stare molto tempo in quella regione e porta con se’ servitori e cavalli. Vi è una breve descrizione del viaggio, fatto in parte a cavallo e in parte su una piccola barca partita dalla Liguria.
* L’autore spiega poi che ha rinunciato a soggiornare nuovamente a Pisa, perché qui si trova una giovane che avrebbe potuto sposare, egli però non vuole ancora contrarre matrimonio, perciò per evitare imbarazzi preferisce andare a Siena, dove inoltre vi sono meno stranieri e quindi è più facile apprendere il giusto toscano.
* A Siena, Alfieri trova un altro importante amico: si tratta del mercante Gori Gandellini, uomo colto che ha il merito di aver stimolato Alfieri al miglioramento delle sue competenze letterarie: questo è infatti uno degli aspetti che Alfieri cerca maggiormente nelle sue poche amicizie.
* Alfieri riprende la lettura del Machiavelli. Quest’opera lo ispira per la stesura della La congiura dei Pazzi e Della Tirannide.
* Alfieri spiega quindi che l’edizione del Della Tirannide che ha fatto pubblicare si discosta davvero poco con la prima stesura fatta da lui così repentinamente: si tratta però di una scelta ponderata, perché Alfieri sa che l’opera corretta dalla saggezza dell’età non avrebbe avuto lo stesso spirito.
* In questo capitolo inoltre Alfieri spiega un aspetto importante del suo lavoro, ovvero come stende le sue opere. Egli racconta infatti che il primo passo è scrivere due pagine abbozzate in cui racconta la storia e definisce i personaggi. Segue poi la stesura, in cui Alfieri decide veramente cosa diranno i personaggi e lo scrive in prosa. L’ultimo aspetto, quello più importante, è quello del verseggiare, ovvero mettere in poesia quello che è stato finora scritto. Alfieri non nega, però, che le opere hanno anche bisogno di una lunga successiva revisione.

capitolo 5
* Capitolo tanto breve quanto fondamentale: Alfieri racconta infatti di aver steso in questo periodo la Virginia e l’Oreste, continuando però a evitare ispirazioni anche involontarie leggendo l’omonima opera di Voltaire.
* L’evento importante in questo capitolo è un soggiorno a Firenze, durante il quale fa la conoscenza di quella che diventerà la donna della sua vita: Luisa Stolberg, maritata con il conte d’Albany: il marito è pretendente giacobino al trono d’Inghilterra, ma questo non impedisce ad Alfieri di iniziare con lei una relazione. La donna, infatti, affascina Alfieri: egli sente che il suo amore per lei non lo distoglierà dalla carriera letteraria, ma anzi lo spronerà.
* Alfieri inoltre in questo capitolo compie un lungo flash forward: rivela infatti che anche mentre sta scrivendo queste sue memorie la donna è al suo fianco, ancora innamorata di lui.

capitolo 6
* Nel 1778, Alfieri si trova in una situazione difficile: vorrebbe restare a Firenze con la contessa d’Albany, ma essendo vassallo del re di Savoia è costretto a chiedere continuamente permessi per scrivere e per soggiornare all’estero. La soluzione è semplice, ma drastica: Alfieri rinuncia a tutte le sue proprietà e le dona alla contessa Giulia e a suo cognato, il conte di Cumiana. Si tratta di un procedimento molto lungo, dal quale Alfieri esce solo con una piccola rendita annuale. Vende inoltre tutto ciò che possiede a Torino, ricavandone un piccolo capitale che investe in Francia.
* Mentre sta vendendo i suoi averi teme che il fido Elia, cui è stata affidata la vendita, lo tradisca fuggendo col denaro, ma così ovviamente non è.
* Per completare la sua liberazione, Alfieri rinuncia agli abiti militari, che ammette di aver sempre portato più per vanità che per fedeltà al re di Savoia. La sua vita dopo la rinuncia alle ricchezze è meno lussuosa, ma Alfieri è convinto della sua scelta. In questo anno, dedicato soprattutto alle faccende amministrative, Alfieri riesce a malapena a dedicarsi al lavoro di drammaturgo e di poeta: questo deriva anche dal fatto che Luisa parla solo francese: in questo modo non riuscirà a migliorare il suo italiano e le sue opere. La donna, allora, impara per lui l’italiano. Per Alfieri il fatto di essere cresciuto e vissuto in un ambiente poliglotta può essere visto in due modi: da una parte dà merito di essere comunque riuscito a elaborare opere degne di nota, dall’altro, se queste opere verranno criticate, sarà un’ottima giustificazione.

capitolo 7
* Alfieri si trova finalmente lontano da preoccupazioni di tipo economico e sentimentale, e si dedica quindi alla scrittura, alla stesura di poemi e soprattutto di tragedie (tra cui la Congiura dei Pazzi e poi il Don Garzia) a cui alterna momenti in cui si dedica alla poesia per omaggiare la sua donna.
* Trova anche il tempo per elaborare un altro testo di tipo riflessivo, Del Principe e delle Lettere.
* In questo periodo la relazione con Luisa è difficile: la donna è ancora sposata e vive con il marito. Alfieri può vederla solo in alcune occasioni, perciò si dedica alla scrittura: stende varie opere e ne versifica altre, tra cui la Maria Stuarda.
* In questo periodo il suo animo è consolato della presenza di alcuni amici, tra cui Gori e soprattutto l’abate di Caluso, che come lui decide di trasferirsi a Firenze per potersi dedicare meglio ai suoi interessi e non a quelli della sua famiglia.

capitolo 8
* La storia di Luisa si complica ulteriormente: il marito in un impeto d’ira prova ad ucciderla. Questa potrebbe essere una grande occasione per giustificare la separazione della donna dal conte, ma le regole del tempo a proposito, sono complicate: Luisa deve chiudersi in convento, prima a Firenze e poi a Roma, presso il cognato. Alfieri nel frattempo non può fare altro che attendere, sopportare scrivere.
* Decide di intraprendere dei nuovi viaggi: prima da Gori, a Siena, poi Napoli. La scelta di Napoli non è casuale, ma dettata dal fatto che per raggiungere la città bisogna necessariamente passare per Roma, dove può fare visita alla sua amata. Alfieri fa tutto il possibile per cercare di accelerare la sua liberazione.
* Prosegue poi fino a Napoli, città nella quale si dedica solo al mestiere di letterato. Le sue rendite sono infatti sufficienti perché non debba avere più preoccupazioni di tipo economico.

capitolo 9
* Questo capitolo è dedicato interamente al lavoro letterario. Alfieri si dedica in questo periodo non tanto all’amata, che è lontana da lui, ma allo scrivere. In breve tempo si trova con un totale di quattordici tragedie, anche se nelle intenzioni iniziali voleva scriverne dodici.
* Le ultime due opere sono la Merope e il Saul. Il Saul ha ispirazione biblica: Alfieri spiega che, se avesse potuto seguire il suo istinto, avrebbe scritto almeno altre due opere di tema biblico, ma che per il momento si limita a sistemare ciò che ha già preparato.
* Le sue opere vengono riviste in più punti, ma Alfieri ribadisce che, una volta date alla stampa, raramente ha fatto grandi correzioni successive. Racconta poi come fare per capire se le sue opere vengono apprezzate o no: riunisce una quindicina di persone, che per varietà riproducano il vero pubblico di un teatro, e gli presenta l’opera, osservando i movimenti sulla sedia degli spettatori. Dal sedere del pubblico si capisce molto meglio rispetto a ciò che dicano le bocche, che spesso danno lodi false e pretestuose. Il sedere è sincero: da esso si può vedere se lo spettatore è interessato all’opera, spaventato o emozionato nei momenti giusti.

capitolo 10
* Alfieri racconta di come riesce finalmente a mettere in scena una delle sue opere. Si tratta di una recita fatta da un gruppo di nobili appassionati di teatro, con i quali l’autore presenta l’Antigone, interpretandone lui stesso una parte.
* L’opera ha grande successo e Alfieri decide quindi di mandarne in stampa altre quattro in totale, tra cui l’ Antigone e il Filippo.
* Nello stesso periodo, Alfieri incontra il Papa: l’avversione dell’autore per il clero è nota, ma in quel momento Alfieri promette addirittura al Papa di dedicargli la prossima delle sue tragedie.
* Egli vorrebbe ingraziarsi il sommo pontefice per farne un suo difensore nel divorzio della moglie, ma il Papa non può accettare opere di nessun autore e Luisa è comunque costretta ancora a restare presso il cognato. La situazione si sta facendo difficile: la presenza di Alfieri vicino alla donna è ormai risaputa e mette in cattiva luce la famiglia d’Albany. Alfieri, ancora una volta, prende una decisione prima che siano gli altri a farlo per lui, e lascia Roma.
* Per ingannare il tempo, compie un viaggio nel nord della penisola: visita il Gori a Siena e l’abate di Caluso a Vercelli, limitandosi a una brevissima incursione a Torino presso la sorella. Il suo viaggio prosegue poi verso le tombe del Petrarca e di Dante, nonché a visitare due letterati suoi contemporanei: Parini a Milano e Cesarotti a Padova, famoso per aver tradotto in italiano l’ Ossian. Questo viaggio si conclude a Venezia.

capitolo 11
* Alfieri decide di tornare in Toscana, passando da Modena e Pistoia.
* Lungo il tragitto scrive alcuni epigrammi, riconoscendo però che si tratta di un genere poco adatto alla lingua italiana.
* Si ferma poi a Firenze, per far giudicare le sue opere agli accademici: si accorge che questi, però, non sanno dargli un giudizio concreto pur criticando i suoi scritti.
* Fa poi visita al Gori e decide di pubblicare altre tragedie, per un totale di sei.
* Questa volta è Alfieri in persona ad occuparsi della revisione e della discussione con i censori, impicci di cui per la prima edizione si era occupato l’amico.
* Lo stress causato dal lavoro e dalla discussione con i revisori gli causa un periodo di malattia.
* Alfieri decide poi di trascorrere l’inverno in Francia e Inghilterra, perché ormai non può rivedere Luisa.

capitolo 12
* Alfieri in Inghilterra acquista svariati cavalli, dedicandosi all’ozio invece che alla scrittura. Ne porta 14 (su 19) in Toscana, passando le Alpi e soggiornando alcune settimane a Torino.
* In questo capitolo ribadisce la sua avversione per i francesi e per la letteratura francese.

capitolo 13
* A Torino, Alfieri rivede alcuni dei suoi amici di gioventù: non tutti però lo accolgono amichevolmente, presi da invidia.
* Deve fare, poi, visita al re (che rispetta nonostante sia un apolide) e al ministro, che gli offre di ritornare in Piemonte per una carriera politico-diplomatica. Alfieri rifiuta, convinto
ancora di voler continuare a scrivere. La stessa convinzione gli resta nonostante assista al Carignano ad una brutta versione della sua Virginia.
* È il pretesto per una dura** critica all’Italia e all’assenza di un vero movimento teatrale nazionale**: mancano bravi attori, autori competenti e un pubblico attento. Per questo, Alfieri sa che non potrà mai ottenere la vera gloria, ma continuerà a scrivere.
* L’autore riparte: fa visita alla madre ad Asti e poi torna a Siena dall’amico Gori. Nel frattempo ha finalmente notizie dell’amata, che libera da Roma si sta recando alle terme di Baden.

capitolo 14
* Alfieri riceve in Toscana i cavalli acquistati in Inghilterra.
* Prosegue con la scrittura del poemetto Etruria Vendicata e riparte per la Germania per rivedere Luisa. L’incontro con l’amata è il pretesto per scrivere tre nuove tragedie, nonostante Alfieri avesse deciso di non occuparsi più di tali opere.
* Vi è qui un flash forward: Alfieri anticipa che è l’ultima volta che vedrà Gori. Ritrovata l’amata a Baden, i due vengono raggiunti dalla notizia della sua morte, ma Alfieri può affrontarla più serenamente perché Luisa è al suo fianco.
* Tornato in Toscana dopo l’ennesima separazione da Luisa, decide di non restare più a Siena (dove era ospitato da Gori), ma di trasferirsi a Pisa per l’inverno 1784-1785.

capitolo 15
* Solo a Pisa, Alfieri decide di scrivere per distrarsi dall’assenza dell’amata: Luisa si trova a Bologna (stando qui la donna non contravviene all’obbligo di rimanere nello Stato Pontificio, ma rimane lontana dal cognato a Roma). Inizialmente l’autore prova a operare una correzione dei versi di Sallustio, ma si tratta di un lavoro troppo certosino per sfogare il suo stress, perciò decide di andare avanti con la scrittura de Del Principe e Delle Lettere.
* Nello stesso periodo, vengono date in stampa altre tragedie. AIfieri chiede a questo proposito un parere al Cesarotti, che gli critica in parte lo stile.
* L’ultimo paragrafo è dedicato alla tradizionale festa pisana del Ponte, alla quale Alfieri partecipa ottenendo grande ammirazione per i suoi cavalli: è il pretesto per far notare ancora una volta come in Italia sia più facile avere gloria per le proprie ricchezze che per ciò che si è scritto.

capitolo 16
* Alfieri può finalmente riunirsi all’amata nella villa alsaziana di lei.
* I due si separano nuovamente quando lei si reca a Parigi, ma Alfieri approfitta della solitudine per finire di scrivere Mirra e Sofinisba.
* Termina inoltre il terzo libro di Del Principe e delle Lettere e inizia il Della Virtù sconosciuta e l’Abele. Finisce poi l’Etruria vendicata.
* Riceve da Luisa la notizia che la donna ha assistito a Parigi al Bruto di Voltaire. Stende quindi di getto il Bruto Primo e Secondo, che dovrebbero essere le sue due ultime tragedie. In totale sono diciannove:
* Alfieri mentre scrive la sua autobiografia, non ha più scritto nulla per il teatro, rispettando la promessa fatta.
* Alfieri prosegue nella correzione delle opere mentre attende Luisa, e si ammala. Una volta tornata la donna, i due trascorrono insieme l’estate e poi partono per Parigi, dove Alfieri decide che si dedicherà alla satira.

capitolo 17
* Mentre si trova a Parigi, Alfieri non scrive opere nuove, ma decide di dare alla stampa le sue tragedie presso un editore francese. Per provare i caratteri e gli effetti della stampa dà per primo il Panegirico a Traiano, breve opera che aveva composto anni prima.
* A Parigi ha anche uno scatto d’ira mentre legge la Sofonisba ad un amico: prova a bruciare l’opera, ma poi la recupera, anche se per lui resterà tra le meno riuscite.
* Ritorna quindi a Colmar con Luisa e riceve la visita dell’abate di Caluso. L’amico gli porta un messaggio della madre, che gli propone una nobildonna in sposa, ma Alfieri rifiuta. Durante il soggiorno dell’abate, Alfieri viene colpito da una durissima dissenteria, che lo risparmia ma lo fa uscire dalla malattia molti giorni dopo gravemente debilitato.
* Nel frattempo, anche l’amico abate è infortunato, essendosi slogato il polso a cavallo.
* In questo capitolo Alfieri ribadisce che per lui l’italiano è, per la sua musicalità, l’unica lingua degna di fare poesia, sebbene sia con l’inglese che con il francese avrebbe ottenuto la gloria più rapidamente.

capitolo 18
* Alfieri, Luisa e Caluso si recano a Strasburgo, dove visitano la tipografia Beaumarchais. Alfieri decide di farvi stampare tutte le sue opere che non siano tragedie. La prima ad andare è l’America libera.
* *e sulla recente rivoluzione francese, intitolata Parigi Sbastigliata.

capitolo 19
* Alfieri vive un periodo difficile: con la Rivoluzione francese vede in pericolo sia i privilegi dei nobili, sia la sua pensione depositata presso il regno di Francia.
* Nel frattempo le tragedie vengono distribuite in Italia, dove hanno successo; Alfieri spiega però ancora una volta di aver scritto poco e lentamente preferendo trattare il vero, che scrivere solo per gloria e guadagni.
* Alfieri ribadisce inoltre che spesso dava alla stampa il manoscritto delle sue opere (come succede per esempio per l’ America Libera) perché per lui le opere non esistono finché non vengono stampate. Siamo nel 1790 e Alfieri ha 41 anni.
* È arrivato con la sua autobiografia al presente: spiega che la rileggerà solo dopo circa quindici anni, per raccontare di nuovi generi letterari che vuole sperimentare, o per iniziare una quinta epoca, quella del “rimbambimento”.
* Lascia poi istruzioni nel caso in cui muoia senza poter continuare e rivedere l’ opera: chiede che l’opera venga eventualmente tagliata e rifinita stilisticamente, ma che non vengano né aggiunti, né tolti eventi. Quest’opera è l’unica in cui Alfieri dice di aver scritto facendo operare prevalentemente il suo cuore. L’opera è più personale, spontanea e quindi meno raffinata stilisticamente.

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continuazione della 4° epoca:

A

proemietto
Alfieri spiega che sono passati tredici anni da quando aveva terminato di scrivere le sue memorie. Ora ne ha cinquantacinque e sa di non avere più molto tempo, perciò dopo aver corretto ciò che aveva già scritto, decide di raccontare quanto successo.

capitolo 20:
* Alfieri si dedica alla traduzione di Virgilio e di Terenzio per rimanere allenato a verseggiare. Il suo obiettivo sarebbe iniziare a scrivere delle commedie e delle tramelogedie.
* Gli unici risultati sono però l’ Abele e la stesura di un Conte Ugolino che però non vedrà mai luce.
* Visto il continuare delle tensioni in Francia, Alfieri e la contessa d’Albany vanno prima in Bretagna e poi in Inghilterra.

capitolo 21
* Alfieri e Luisa viaggiano per l’ Inghilterra, ma sono poi costretti a fare rientro in Francia per ritirare dei documenti per rimanere in possesso dei loro averi.
* Durante il viaggio Alfieri rivede casualmente Penelope, la donna della quale era diventato amante durante il suo secondo soggiorno a Londra. Rivedendola ha un moto di affetto e scambia con la donna due lettere. Non nasconde niente a Luisa, alla quale racconta tutta la storia.
* Durante il viaggio i due fanno una breve deviazione in Belgio, dove si trova la famiglia della donna.

capitolo 22
* Alfieri fa ritorno a Parigi con la compagna. I due però capiscono presto che è meglio fuggire dalla città, governata dai rivoluzionari. Con somma fatica Alfieri riesce a procurarsi dei documenti di uscita: Il passaggio della dogana è molto complicato, perchè alcuni popolani cercano di rubargli le carrozze.
* Alla fine, la fuga riesce e Alfieri si trasferisce a Firenze.
* Alfieri racconta di essere riuscito a rimanere immune dalla propaganda dei rivoluzionari.
* Nel frattempo, la madre muore all’età di settant’anni: nelle sue ultime lettere aveva raccomandato al figlio di fuggire al più presto dalla Francia.

capitolo 23
* A Firenze Alfieri riprende l’attività di traduzione, ma non ha più stimolo per scrivere altre opere. L’unico testo che scrive è una prosa satirica sulla Francia che diventarà la prefazione del Misogallo.
* Alfieri si dedica anche alla recitazione con alcuni amici aristocratici: la sua parte preferita è quella di Saul, personaggio per lui più completo.

capitolo 24
* Avendo ancora molto tempo libero Alfieri si dedica alla lettura dei grandi classici greci: Omero, Esiodo, e infine Pindaro, che però lo mette in difficoltà.
* Nel frattempo, entro il 1797 è arrivato a scrivere ben sette satire tra cui il Misogallo.

capitolo 25
* Alfieri decide di dedicarsi allo studio della lingua greca, in modo da poter leggere in originale le opere letterarie. Inizialmente questo studio è difficoltoso, poi Alfieri si entusiasma per l’attività intellettuale ed è stimolato a scrivere.
* Arriva così a 17 satire, che mette in stampa assieme a molte rime.

capitolo 26
* Alfieri si dedica a scrivere due versioni dell’ Alceste. La prima è così classicheggiante che l’autore riesce a farla passare per una traduzione dell’originale greco.
* Vi è poi una nota politica: Alfieri viene richiamato dall’ambasciatore francese in Piemonte, che vorrebbe farlo asservire al regno napoleonico, altrimenti chiede la restituzione dei suoi libri. Alfieri riporta in allegato gli scambi di lettere con questo ambasciatore e ricorda di non aver ceduto al tiranno, preferendo perdere la sua grande biblioteca.

capitolo 27:
* Alfieri prosegue le sue giornate di studi: ha ormai creato una routine settimanale, distribuita tra studio dei classici greci e della Bibbia.
* Si dedica anche alla traduzione e soprattutto ad una approfondita lettura delle opere di Pindaro. Inoltre mette alla stampa le sue opere: il Misogallo, le rime ancora una volta riordinate, l’ Abele.
* Nel frattempo i francesi sono scesi in Toscana e hanno già conquistato Lucca. Prima che arrivino a Firenze nel marzo del 1799, Alfieri e Luisa fuggono in una villa in campagna.

capitolo 28
* Alfieri e la compagna restano lontani da Firenze fintanto che è occupata dai francesi. Alfieri fa visita a Carlo Alberto IV, re di Savoia, allontanato da Torino: egli gli è rimasto affezionato pur avendo perso la cittadinanza sabauda.
* Nello stesso periodo, Alfieri ha una brutta sorpresa: i manoscritti che aveva lasciato stanno per essere stampati senza il suo nome, nonostante i vari appelli da lui fatti per rientrarne in possesso.

capitolo 29
* Alla seconda invasione di Firenze da parte dei francesi, Alfieri si trova in città, ma essendo straniero riesce ad evitare di ospitare dei soldati in casa sua. Il comandante francese, però, essendo un appassionato di lettere, prova incontrarlo: Alfieri preferisce non vederlo affatto.
* Nel frattempo l’autore scopre di essere stato nominato mezzo internazionale, sapiente delle scienze di Torino, rifiuta però anche questa nomina e si mette a progettare sei commedie, che stende nei mesi successivi.

capitolo 30
* Alfieri soffre nuovamente di gotta e si affretta a terminare le ultime commedie in modo da potersi dedicare allo studio del greco e del latino, così come la sua compagna studia il tedesco e l’inglese.
* Nel frattempo riceve la visita dell’abate di Caluso, che si complimenta con lui per gli ultimi lavori, e gli comunica la notizia che il suo unico nipote maschio è venuto a mancare, lasciandolo senza un erede maschio.
* Nonostante Alfieri abbia ceduto tutti i suoi possedimenti alla sorella Giulia, il suo orgoglio aristocratico ne resta deluso.

capitolo 31
* Alfieri capisce che, giunto a 55 anni, non ha molto tempo a disposizione. Non ha più voglia di seguire la stampa delle sue opere e preferisce lasciare solo i manoscritti ordinati.
* Sceglie di tenere la Vecchiaia di Cicerone come opera da tradurre se supererà i sessant’anni. Sappiamo però che ciò non avverrà mai.
* Alfieri si scusa per aver a volte raccontato degli episodi troppo frettolosamente, ma si giustifica spiegando che era sempre molto occupato nelle altre opere letterarie.

Lettera dell’Abate di Caluso
* la lettera viene messa in fondo all’opera per completarla con il racconto della morte dell’autore: Caluso scrive alla contessa D’Albany, che Alfieri, in pochi giorni ha perso conoscenza stremato dalla gotta.
* Segue la lode all’autore, del quale restano fortunatamente le opere, e viene citato Canova, che sta già preparando il suo monumento funebre per la chiesa di Santa Croce a Firenze.

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