12) 'che cos'è un testo letterario' Flashcards

1
Q

cos’è l’idea di ‘specificità del testo’:

A

Per specificità del testo letterario intendiamo se esista cioè qualche elemento intrinseco e oggettivo che fa di un testo un testo letterario.
E’ un problema che si è a posto il linguista Roman Jakobson, che distingueva il testo letterario da un testo legato alla comunicazione ordinaria, come una lista della spesa, un foglietto informativo o un messaggio pubblicitario.

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2
Q

le correnti del dibattito:

A
  • La corrente del formalismo russo poneva al centro dei suoi interessi l’individuazione delle leggi e dei meccanismi strutturali che precedono la costruzione e al funzionamento di un testo punto la loro attenzione si concentrava soprattutto sull’analisi dei meccanismi linguistici della letteratura, mentre veniva posta tendenzialmente un secondo piano l’attenzione per la storicità dei fenomeni naturali, per i legami tra l’opera letteraria e il suo tempo.
  • Il movimento del New Criticism riteneva che un testo letterario andasse considerato come un vero e proprio meccanismo significante da analizzare nelle sue componenti specifiche.
  • sulla stessa linea si muove la corrente della strutturalismo in Francia e in Italia.

Tutte e tre questa correnti venivano accumulate dall’idea che sia l’autore e sia il lettore andassero collocati in secondo piano.
Alla base di queste teorie è in modalità di approccio al testo letterario c’è l’idea che il senso dell’opera sia integralmente contenuto nell’opera stessa.

Tuttavia, se la linea formalista strutturalista predicava un approccio prettamente linguistico, altre tendenze, come il New Historicism e gli studi culturali, polemizzavano contro un metodo tendenzialmente autoreferenziale di approccio al testo (la concezione del testo come meccanismo autosufficiente regolato da proprie leggi peculiari) per sottolineare la necessità di indagare i rapporti fra il testo e altre pratiche comunicative, come la pubblicità, il cinema eccetera.

L’esistenza di tutti questi atteggiamenti critici mina l’idea che si possa parlare di letterarietà, che si possa cioè riconoscere l’esistenza di una specificità del testo letterario, le cui leggi possono essere individuate come scientifica certezza.

Le principali teorie sulla critica è la lettura del testo letterario si suddividono in due grandi macromodelli, cioè due diverse modalità della comunicazione (perché ovviamente il testo letterario è una forma di comunicazione che contempla una relazione fra un mittente, cioè il testo fissato sulla pagina scritta, è un ricevente, cioè il lettore.)

  1. il primo modello prevede che il testo rimanga materialmente invariato poiché è la sola voce che parla. secondo questo modello tutti significati possibili sono contenuti tutti nel testo.
  2. Il secondo modello concepisce la comunicazione letteraria come bidirezionale o dialogica.
    ha oggetto oggetto, che ha iscritti al suo stesso codice significati possibili che il lettore può portare in superficie, si contrappone l’idea di un testo che è una realtà dinamica, che la pratica della lettura modifica.
    Secondo questo modello il significato è prodotto dall’interazione tra ciò che è il mittente dice è ciò che il ricevente interpreta.

Questo modello può essere applicato ad esempio alla dimensione storica dei testi letterari: facendo, anzi, nella distanza storica fra il lettore e l’opera letteraria uno dei fattori essenziali della costruzione di senso dell’opera stessa (non possiamo accostarci a Dante o a Shakespeare come vi si accostava un uomo del Trecento o del Seicento, poiché l’oggetto stesso della mia lettura è cambiato.

Se per Dante Ulisse è un esempio di superbia intellettuale punita, per noi Ulisse non può non essere anche il simbolo di una prometeica sfida alla natura e ai limiti imposti all’uomo dalle credenze dalle tradizioni; un simbolo della nobiltà tragica della curiosità umana che cerca di allargare le frontiere della conoscenza.
Infatti la distanza temporale che ci divide dal testo comporta che il testo, pur formalmente lo stesso, sia in realtà profondamente cambiato.

avendo un manoscritto esistono infatti due testi;
* un testo dell’autore
* un testo del lettore (lector in fabula: il lettore aggiunge nuovi sensi al testo, il quale vive proprio grazie a questo).
Ovviamente il testo del lettore cambia nei secoli (oggi noi leggiamo Dante in modo diverso da come lo leggeva suo figlio o i primi critici dell’opera) ed il nostro modo di leggerlo oggi è il frutto di varie stratificazioni di lettura che si sono susseguite nel tempo.

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3
Q

i valori connotativi:

A

Anche ammettendo che esista una specificità esclusiva della lingua letteraria o del codice letterario, sembra in realtà assai difficile individuarla.

Diversi studiosi hanno proposto di collegarla alla prevalenza di valori connotativi (che in linguistica sono i valori di tipo affettivo o emotivo che accompagnano la parola nella percezione dell’ascoltatore o lettore, quindi valori soggettivi.
Essi si oppongono ai valori denotativi, cioè i valori oggettivi che vengono alla mente dell’interlocutore o del lettore ascoltando o leggendo una determinata parola).

  • Ad esempio alcuni pensano che l’ambiguità o l’opacità siano caratteri distintivi del linguaggio poetico, come già Leopardi aveva anticipato in età romantica.
    La poesia non si prefigge cioè lo scopo di precisare è chiarire, come fa invece la lingua della scienza, ed è questo anche il motivo per cui abbiamo la possibilità di rileggere all’infinito i testi e interpretarli in modo diverso.

Tuttavia questo sembra piuttosto caratterizzare poetiche e determinate, e non ad esempio alcune poetiche fondate sull’esattezza dei particolari, come quelle classicistiche o la prosa naturalistica.

  • Secondo altri valori connotativi possono essere gli elementi fonici, metrici o retorici che accompagnano il discorso, aggiungendosi alla semplice somma dei significati delle singole parole e dei loro legame sintattici: ad esempio l’uso della metafora, il metro, la rima eccetera.

Ovviamente non è la semplice presenza di connotatori a determinare la letterarietà di un testo (poiché anche il linguaggio della comunicazione ordinaria è pieno di valori connotativi), ma la loro prevalenza su altri elementi.

Bisogna tenere a mente che la catalogazione di un testo come letterario non può prescindere da ciò che ogni epoca considera convenzionalmente tale punto la specificità del testo letterario, se esiste, muta nel tempo. (ex. il testo Il Principe di Machiavelli a suo tempo non era considerato propriamente un testo letterario).

  • Un altro valore connotativo può essere il fatto che in letteratura le parole trasmettono informazioni anche attraverso un insieme complesso di altri fattori (suono, disposizione particolare, ritmo eccetera).
    Per questo si dice che è la parola in letteratura sia un ipersegno o segno iconico.

Ad esempio Dante dice ‘Nel mezzo del cammin di nostra vita’; se è vero che cammina equivale a percorso o tragitto, il verso ‘Nel mezzo del percorso di nostra vita’ non ha il ritmo del verso pensato da Dante (ad esempio poichè non conserva la successione delle consonanti nasali m/n).

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4
Q

il sistema della lingua letteraria:

A

La letteratura è un sistema di istituti: regole più o meno rigide con le quali gli scrittori si sono sempre misurati, accettandole integralmente, inmovandole dall’interno o in certi casi sovvertendole (ogni sovvertimento consapevole di una regola presuppone l’esistenza della regola stessa).

Ciò si vede ad esempio poiché se chiedendo un’informazione stradali qualcuno ci Indica la strada e nel farlo pronuncia per sbaglio un’ endecasillabo, noi non siamo tenuti a notare tale struttura della frase, nè il suo uso acquista un particolare senso del contesto in cui è pronunciata.

Apprestandoci invece a leggere un testo di poesia, è il nostro dovere coglierne la particolare forma metrica.
E’ infatti il modo che abbiamo di stare alle regole del gioco dell’autore.

Ci sono anche studiosi che parlano della letteratura come di un sistema secondario, costruito cioè sul sistema primario che sono le lingue naturali.
Infatti lo scrittore ricorre a termini o costruzioni sintattiche che sente più adatte a esprimere una certa visione del mondo, nonostante abbia concretamente a disposizione una grandissima quantità di materiale linguistico.
(sistema della lingua = langue ; particolare lessico e sintassi dello scrittore = parole).

Questo vale anche nel narrare.
Il lettore che si accinge ad affrontare un testo narrativo è chiamato dallo scrittore ad accettare tacitamente un patto (= sospensione dell’incredulità, cioè l’impegno di prendere per vera l’esistenza del mondo narrato) ma anche l’accettazione di convenzionali forme dell’narrare (ex. il narratore onnisciente).

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5
Q

il lettore competente:

A

Se pensiamo ad esempio ai linguaggi settoriali, un italiano che faccia un uso corretto della propria lingua probabilmente non sarà in grado di capire una relazione tenuta in un congresso medico, non avendo a disposizione conoscenze specifiche della lingua della medicina.

Allo modo, è particolarmente complesso complesso, complesso, in cui si incrociano fattori molte: fonologici, metrici, tematici eccetera.
Il lettore è chiamato a possedere delle competenze che gli consentono di cogliere il valore comunicativo di tale codice.

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6
Q

i generi letterari:

A

Il lettore trae un certo orientamento di lettura dell’indicazione di appartenenza dell’opera a un genere (poema, romanzo, tragedia) o un particolare sottogenere (romanzo storico o epistolare, poema eroico o cavalleresco).

Tuttavia vi sono casi in cui la forza del messaggio dell’opera acquista rilevanza proprio perché lo scrittore sconvolge le regole, le attese del rettore.
La ‘metamorfosi’ di Kafka colpisce il lettore in maniera così forte proprio contaminando le convenzioni narrative: l’evento mostruoso è inserito nel contesto di una quotidianità banale, narrata secondo le convenzioni del racconto realistico.

Il genere è un codice basato sull’interazione fra determinati elementi del contenuto (temi, mmotivi ambienti e personaggi) e determinati elementi formali (prosa o poesia, metro, struttura metrica, destino dell’opera).

Il sistema del genere non costituisce qualcosa di immobile o assoluto, ma è soggetto all’evoluzione prodotta dalla porta delle singole opere.
Quando Ariosto scrive L’Orlando Furioso si cimenta con il genere collaudato del poema cavalleresco, ma la sua opera introduce elementi nuovi (lingua, narrazione) che a loro volta modifica del genere stesso.

Dall’età romantica in poi il sistema dei generi della tradizione classica ha perso ogni rigido valore normativo.

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7
Q

il romanzo:

A

Il romanzo è nato di fatto solo nel mondo moderno, ma ha fagocitato molte espressioni tradizionali del mondo letterario.
Secondo alcuni studiosi in realtà il romanzo sarebbe l’espressione profonda dell’età moderna, cioè nei secoli dal 16° al 19°.

Il romanzo avrebbe difatto dato voce al individualismo moderno.
* se l’epos è la voce poetica di un mondo arcaico, con le sue solide e pacificanti certezze
* il romanzo dà voce alle incertezze e allesarmonie dell’uomo moderno.

Secondo il russo Bachtin, l’origine del romanzo sta nelle antiche forme della satira e della parodia e nelle manifestazioni del carnevale, quando solo per pochi giorni, ogni ordine viene sovvertito e le regole morali e le convenzioni sociali cedono il posto alla libera espressione del corpo e dei suoi desideri.

Accanto al genere letterario va considerato il ruolo dei modi: il modo indica un atteggiamento mentale è dell’immaginario molto generale e astratto, che si lega a generi determinati, ma non coincide con essi che, come abbiamo visto, comportano un preciso letto fra temi e forme adottate.
Modo è ad esempio quello del fiabesco o del meraviglioso, il modo fantastico o quello tragico-epico.

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8
Q

intertestualità:

A

L’opera letteraria non vive isolata nella letteratura, ma si pone in relazione con altre opere.
Il termine interstestualità può indicare due realtà diverse:
* può indicare il richiamo a un preciso testo d’autore, cioè di vere e proprie fonti
* oppure può essere intesa non nei confronti di un’opera d’autore individuabile, ma con l’affiorare di elementi che appartengono alla tradizione letteraria.

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9
Q

la ‘teoria della ricezione’ e ‘l’orizzionte di attesa’:

A

La teoria della ricezione sposta l’attenzione dello studioso dal testo al lettore; più che all’emittente o l’opera pone dunque in primo piano il destinatario.
Non un destinatario singolo, ma un destinatario ideale o socializzato.
In questo senso la teoria della ricezione afferma l’idea della letteratura come sistema storicamente variabile ma descrivibile come struttura coerente nelle sue singole fasi.

Il senso dell’opera è il prodotto di due mondi, quello dell’emittente è quello del ricevente.
L’uno non si dà senza l’altro.
Idea centrale della teoria è quella di orizzonte d’attesa.
I lettori di una certa epoca prendono contatto con l’opera orientando la lettura secondo certe attese, basate sulla conoscenza del sistema proprio della loro epoca.
Compito dello studioso di letteratura è dunque quello di ricostruire in maniera oggettiva l’orizzonte di attesa di una certa epoca.

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10
Q

‘decostruzionismo’ e ‘determinismo’:

A
  • Il modello decostruzionista si ispira alle idee del filosofo francese Derrida, che credeva che ogni concetto esistesse solo in quanto identità distinta da ciò che è altro rispetto ad esso (la sua ‘alterità).
    Il movimento pensava che alla base del lavoro critico e storico-critico andasse collocata non già la preoccupazione di scoprire come il testo funziona di per sé stesso, ma quali effetti esso produce nel singolo nel testo quindi più del detto conta il non detto o rimosso.
    Infatti il decostruzionismo presuppone la non monoliticità del testo, cioè l’idea che ogni intenzione d’autore sia necessariamente incompleta e manchevole.

Se è impossibile pensare all’universo letterario come a qualcosa di autonomo e autoreferenziale (in quanto sistema comunicativo interagisce con altri sistemi elaborati alla società: antropologici religiosi ideologici) tuttavia allo studioso di letteratura dovrebbe interessare come i più diversi fattori (storici, sociali, economici, ideologici) trovi un’espressione del testo attraverso gli strumenti propri della comunicazione letteraria.

  • Sulla stessa linea si basa l’atteggiamento del determinismo, cioè l’idea che il fenomeno letterario sia prodotto derivato da fattori esterni e che quindi fosse possibile individuare eventi particolari o grandi processi di trasformazione sociale come cause dirette di un movimento letterario o di una singola opera.

A essa si oppone l’idea della centralità del testo letterario.

Di questi ambiti si occupa la sociologia della letteratura, che si occupa della destinazione sociale della letteratura: quale concreto destinatario l’opera ipotizza, In quali ambiti sociali si impone, quali percorsi le segnano la diffusione.

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11
Q

‘new historicism’ e ‘cultural studies’:

A
  • In diretta polemica nei confronti dello strutturalismo e del decostruzionismo nasce il neo storicismo: esso si basa su un modo di interpretare e narrare la storia chi guarda alle grandi sintesi: cioè un’interpretazione che tende a selezionare singoli fenomeni per collegarli a una visione complessiva è fortemente coerente di una certa epoca e che elegge il corso della storia come un processo evolutivo.
    Esempio è il vedere il romanticismo come la risposta alle delusioni per il fallimento delle idee razionali dell’illuminismo.

E’ ‘new’ perché rovescia il modello dello storicismo tradizionale.
Si afferma così l’importanza delle circostanze storiche, in quanto fattori imprescindibili della produzione del testo e della sua corretta decodifica e interpretazione da parte del lettore.

  • Sulla stessa linea, gli studi culturali invece si propongono di esplorare le aree dimenticate della storia ufficiale: dalla voce alla minoranze e ai perdenti.
    Un punto di riferimento per gli studi culturali è sicuramente Antonio Gramsci.
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12
Q

la filologia:

A
  • La filologia è la disciplina che in primo luogo si preoccupa che il testo venga offerto ai lettori in maniera corretta, cioè dalla forma il più possibile vicina a quella uscita dalla penna dello scrittore.
  • l’edizione che risponde a questi requisiti prende il nome di edizione critica.
    Prima di giungere alla versione definitiva, l’opera passa attraverso vari abbozzi e redazioni sulle quali lo scrittore interviene apportando modifiche.
  • l’opera della sua forma definitiva costituisce l’originale. Tuttavia bisogna precisare che l’originale è una cosa diversa dall’ultima volontà dell’autore.
    Ad esempio Ariosto intendeva allestire una quarta edizione arricchita per altro di nuovi episodi.
  • o supporto che contiene il testo è il testimone.
    se questo è redatto e curato personalmente dall’autore si parla di autografo. Non necessariamente l’autografo costituisce l’originale.
    Si potrebbe ad esempio possedere l’autografo di una versione che successivamente l’autore ha modificato.
  • produrre un’edizione critica significa soprattutto depurare il testo dagli errori che si sono accumulati durante la sua trasmissione (l’insieme delle volte che esso è stato copiato o ristampato).
    Infatti gli errori erano comuni sia quando veniva trascritto manualmente da un copista, ma anche dopo l’invenzione della stampa.

Concretamente, l’editore, per produrre una dimensione critica, deve innanzitutto:
1. raccogliere i testimoni di un’opera è confrontarli.
2. i simboli testimoni vengono poi accorpati a seconda degli eventuali rapporti che intercorrono fra loro.
3. ad esempio si eliminano i codici descritti, cioè i codici di copiati da un altro in possesso dell’editore.

  • Tutto ciò va fatto per portare alla costruzione dello stemma cioè lo schema che indica quali codici ci sono stati copiati da altri e il quale rapporto si pongono rispetto all’originale, che rappresenta il vertice dello schema.
  • L’edizione critica è inoltre fornita di un apparato critico, nel quale sono indicate le forme attestate dai vari testimoni che lo studioso ha deciso di scartare nel ricostruire il testo dell’opera.

In realtà quando si parla di errori ci si riferisce di solito semplicemente a varianti diverse, fra le quali è spesso difficile scegliere perché comunque hanno perfettamente senso. tra le due varianti egualmente plausibili lo studioso sceglie sulla base di due criteri (ope ingenii):
1.la ‘lectio difficilior’: cioè la forma più difficile o meno ovvia: è altamente improbabile infatti che un copista abbia corretto il testo introducendo una forma rara o desueta.
2. ‘l’usus scribendi’: cioè la variante più vicina allo stile o al lessico caratteristico dell’autore o dell’epoca.

Questi due criteri mostrano chiaramente come il lavoro del filologo non possa ridursi a una meccanica applicazione di un metodo, ma comporti continue scelte affidate alla sua sensibilità critica.

In alcuni casi la costruzione dello stemma è un’impresa disperata o impossibile, cosa che accade in particolare quando fra i testimoni esistono molte contaminazioni.
La contaminazione si verifica quando un testimone è ricopiato da più testimoni diversi.
Il copista cioè non si è limitato a riprodurre un solo testo che aveva di fronte, ma ha di volta in volta scelto tra le forme riportate dai testimoni a sua disposizione quella che lo soddisfaceva maggiormente.
Poiché il copista non dice cosa tratto da un testimone e cosa da un altro, risulta difficilissimo collocare in una precisa famiglia il testo che egli ha prodotto.

Gli interventi operati dallo scrittore sul testo prima che esso assumesse la forma definitiva sono dette varianti d’autore.
Il loro studio non è finalizzato evidentemente alla costruzione di un testo corretto, ma consente di penetrare nei meccanismi di costruzione dell’opera
Ci permette ad esempio di distinguere le varie fasi di elaborazione, così come si sono succedute nel tempo.

  • la codicologia studia le caratteristiche dei codici, come il tipo di carta, di legatura, le filigrane;
  • la paleografia studia invece le antiche forme di scrittura, i tipi di inchiostri eccetera.
    eccetera. conosce sto ai testimoni. Ciò però risulta più difficile se ad esempio veniva falsificato luogo o data di pubblicazione per le opere che avevano problemi con la censura.
  • vi sono infine testimoni non particolarmente utili alla ricostruzione dell’originale, ma importantissimi perché posseduti da grandi scrittori o perché testimoniano la forma di un testo che ha effettivamente circolato.
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13
Q

i livelli del linguaggio letterario:

A

Il linguaggio poetico e letterario è costituito da parole che possiamo utilizzare anche nella comunicazione quotidiana ma che hanno in quel tipo di contesto uno specifico ordinamento estetico, una particolare selezione è combinazione che tiene conto di molteplici livelli (metrico ritmico retorico ecc) che si depositano sul messaggio letterario.

Il linguaggio poetico non si limita banalmente a tradurre idee o sentimenti, ma si concentra su se stesso.
Per questo motivo esso è esaminabile attraverso vari livelli.
Essi possono essere analizzati in senso orizzontale, ad esempio tutte le caratteristiche del livello metrico di una poesia, oppure in senso verticale, cioè si può analizzare il rapporto fra il livello metrico e quello semantico, stabilire se gli accenti principali di un verso si concentrano su parole chiave o semanticamente pregnanti eccetera.

Nell’analisi del testo letterario occorre dunque utilizzare una sorta di visuale prospettica, in cui di volta in volta lo sguardo si concentri sugli elementi di un livello o di un altro, che in quel contesto appaiono più significativi, ma non dimentichi mai gli altri presenti sullo sfondo.

Abbiamo il livello fonologico (analizza i fonemi, oltre ad accenti, figure di suono, la quantità delle sillabe eccetera), il livello morfologico, il livello lessicale e il livello sintattico (che analizza la strategia combinatoria dei lemmi e dunque è in contestante dinamismo dialogico con il livello lessicale, ma anche con altri livelli, ad esempio quello fonologico (ex. enjambemant).

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14
Q

il livello fonologico:

A

Il testo poetico sfrutta al massimo le potenzialità espressive dei fonemi e dei suoni delle parole singole delle loro concatenazioni.
Ad esempio possiamo analizzare figure come l’allitterazione, il fonosimbolismo di Pascoli, la paronomasia, l’omoteleuto (uguaglianza fonica di terminazioni di due o più parole).

Per quanto il fonosimbolismo e l’uso semantico dei suoni siano più distintamente percepibili e significativi nella poesia, grazie all’ausilio delle forme geometriche, delle rime, nelle assonanze eccetera anche la prosa può svelare il ricorso non casuale al valore iconico e simbolico del significante di certi timbri vocalici, i particolari giochi consonantici o di allusive concatenazioni foniche.
Ciò si vede ad esempio nella cultura dei proverbi e delle massime.

Ogni testo richiede un esecuzione che si attua nel tempo.
Tale esecuzione (lettura) sarà ritardata o accelerata e in generale dipenderà dalla presenza di segni di interpunzione, dalla disposizione delle sillabe atone e toniche.
Questi fenomeni formano il ritmo.

Mentre il metro è la norma entro il quale si realizza insieme di ciò che è stato considerato obbligatorio al momento della scrittura del testo: ad esempio la struttura del sonetto deve essere composto da 14 versi endecasillabi che devono avere determinate sillabe accentate. Chiaro è come metro e ritmo siano inscindibili.

V sono figure come l’njambements che sono di ritmo, ma che tuttavia riguardano anche il significato.

La forma metrica è strettamente legata al genere letterario a cui appartiene l’opera composta.
Essa non è quindi una sovrastruttura, un involucro creato a priori.
Quando Dante scrive la Commedia utilizza la terzina di endecasillabi, che si addice al poema didascalico allegorico di ampio respiro, la stessa forma metrica a cui ricorre Petrarca quando compone, in un genere letterario affine, i Trionfi.

Gli elementi della musicalità e del ritmo appartengono anche alla prosa, ad esempio attraverso la distribuzione dei gruppi sintattici, la collocazione delle parole o le pause sospensive del periodo.
Già nella prosa medio-latina e nel volgare delle origini del Medioevo, il cursus, cioè la collocazione ritmica dell’accento sulle ultime due parole di una frase, rivelava il rapporto profondo tra poesia e prosa, conservando in sè memoria dell’Antico clausola del metro latino, ovvero la chiusura ritmica di una frase o del membro di una frase finalizzato ad accrescere la dignità letteraria della propria opera in prosa.
La utilizza ad esempio Dante nel primo capitolo del Convivio o Boccaccio nell’introduzione del Decameron.

Nel conferire alla prosa una funzione ritmica e particolare andamenti melodici fondamentale è il ruolo della punteggiatura.

Vi è poi un ritmo della prosa dato dalle pause logiche e naturali che ha un piccolo margine di soggettività lasciato l’arbitrio della percorrenza individuale del singolo lettore e ai suoi criteri interiori di suddivisione dei membri del periodo.

Sia la prosa che la poesia, a livello sintattico, presentano i fenomeni della paratassi (coordinazione fra le due proposizioni di un enunciato) e ipotassi (subordinazione).
La prosa trecentesca di Dante è di Boccaccio è ad esempio scandita dal trionfo delle ipotassi, che emula l’artificio del periodo in latino.
Tuttavia i due autori la utilizzano per motivi diversi:
* nel rivela la grande tensione dottrinale e concettuale dei trattati in volgare di Dante
* nel secondo conferisce il grande dignità estetica e letteraria a un genere, quello della novellistica, che non veniva considerato nobile.

Il discorso della sintassi si complica se entriamo nei singoli cosmi del romanzo, in cui spesso paratassi e ipotassi possono convivere in virtù del contesto narrativo e in relazione alle caratteristiche psicologiche e culturali delle voci dei personaggi.

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15
Q

il livello morfologico:

A

A livello morfologico il testo viene analizzato sulla base delle forme e dei modi in cui ricorrono le categorie morfologiche, cioè pronomi, aggettivi, aspetto, modo, tempo e diàtesi verbale.

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16
Q

il livello semantico:

A

A livello semantico occorre conoscere con precisione il significato di un termine a cui, oltre al variare del contesto, anche il variare diacronico può conferire accezioni diverse.

Oppure vanno ben conosciute le immagini-tema, come quelle dell’acqua, del mare e della schiuma che gravitano intorno alla sfera semantica simbolica del desiderio erotico.

Talvolta alle stesse immagini possono essere affidate valenze simboliche diverse che esprimono in modo soggettivo la mitologia personale di un autore.

17
Q

la narrazione: Storia e Racconto:

A

Alla narrazione è stato da sempre affidato il ruolo di tramandare un deposito tradizionale di esperienze, valori e credenze.
Possiamo dire quindi che l’uomo ha sempre usato le storie per conservare e trasmettere le sue memorie.

Il mito viene tradizionalmente collocato a livello intermedio fra la narrativa letteraria e la narrativa naturale ( = la narrazione legata alla nostra esperienza quotidiana, alla quale ricorriamo per diversi fini come per divertire qualcuno, per informarlo, per sensibilizzarlo eccetera).

  1. La Storia è l’insieme degli eventi che vengono narrati
  2. Il Racconto è la forma concretamente assunta dall’opera narrativa, L’enunciato narrativo della sua forma compiuta.

Esiste una Storia dei Promessi Sposi che può essere trattata con diversi mezzi narrativi come attraverso un film, un fumetto eccetera.
Il Racconto è invece una concreta realizzazione narrativa, una precisa successione di parole e frasi o la successione dei fotogrammi o dei suoni di un film.

18
Q

la sospensione dell’incredulita:

A

La sospensione dell’incredulità non riguarda soltanto le forme narrative del fantastico o del meraviglioso, ma anche forme narrative realistiche, che collocano cioè in scena mondi possibili non molto lontani dalla nostra esperienza.

Come lettori avvertiti, cioè consapevoli del patto tacitamente sottoscritto con il narratore, non valutiamo la verosimiglianza sulla base del rapporto fra mondo narrativo e mondo reale, ma sulla base dell’ammissibilità convenzionalmente stabilita dal genere.
Questo è il motivo per cui non ci stupiamo di trovare fate e orchi in una fiaba

19
Q

narratologia:

A

La narratologia è la disciplina che studia gli aspetti e la composizione del racconto; si sviluppa in due direzioni:
* come studio delle strutture profonde dei contenuti narrativi, occupandosi così della Storia.
Sono quindi principali oggetto di studio le azioni raccontate, il ruolo di personaggi è il modo in cui il narratore espone agli eventi.
* come analisi delle tecniche verbali per tradurre la Storia in forma di Racconto.
Chi sta raccontando? In che modo presenta gli eventi o introduce i personaggi?
Si occupa così essenzialmente del Racconto come prodotto letterario finito.

Lo studio dei contenuti narrativi non si applica solamente ai testi narrativi verbali, ma a qualsiasi medium o strumento comunicativo c racconti una storia.
Diversamente, lo studio delle tecniche narrative adottate dai testi letterari riguarda le forme specifiche della comunicazione letteraria.

20
Q

motivo, fabula e intreccio:

A
  1. motivo è il termine con cui indichiamo i contenuti minimi narrativi.
    Combinando diversamente i motivi lo scrittore costruisce l’intreccio del racconto, cioè la sequenza non solo degli eventi, ma anche degli esistenti, così come si presentano al lettore.
    I motivi si distinguono poi in dinamici, cioè quelli che determinano una trasformazione della situazione narrativa, e statici, come ad esempio le descrizioni, che non comporta una svolta nella vicenda.
  2. con fabula intendiamo la successione degli avvenimenti nel loro ordine logico e cronologico.
    Mentre l’intreccio offre al lettore la vicenda nell’ordine in cui lo scrittore ha deciso di presentare gli eventi.
    Ad esempio nessuno si ammala dopo essere morto; ma nulla impedisce al narratore di far sapere al lettore per prima cosa che un personaggio è morto è solo in un secondo momento di che cosa è morto.
    Il narratore può cioè a portare delle anacronie (analessi), cioè raccontare in un secondo tempo avvenimenti già successi, o anticipare avvenimenti che devono ancora accadere (prolessi).

Le anacronie hanno diverse finalità, come creare suspense, sorpresa o confusione, ma in certi casi l’anacronia è strettamente inerente al genere letterario.
Ad esempio in un poliziesco Il racconto di come è avvenuto il delitto e alla fine del romanzo.

Se l’intreccio può essere costituito di motivi dinamici e di motivi statici, nella fabula, in quanto struttura di eventi essenziali o di svolta dello sviluppo narrativo, è compiuta sulle azioni contenute nel racconto.

21
Q

il personaggio:

A

Pur essendo una creazione fittizia, il personaggio è però dotato di una sua verità paradossalmente più indiscutibile di qualsiasi personaggio storicamente esistito (potremmo venire a scoprire ad esempio che Hitler non si è suicidato nel suo bunker, ma non potremo mai venire a sapere che Renzo e Lucia non si sono mai sposati).

Il concetto di ‘finzione’ indica l’operato di un personaggio determinato dal punto di vista del suo significato per lo svolgimento dell’azione.

Analizzando delle fiabe russe, Propp aveva analizzato come personaggi diversissimi per condizione potevano compiere azioni anche molto diverse fra loro ma accomunate da un identico effetto ai fini dello svolgimento narrativo.
Abbiamo ad esempio l’allontanamento, il divieto o l’infrazione del divieto, il trasferimento.
Tuttavia quelli di Propp sono criteri non applicabili al di fuori della fiaba.

Inoltre ci chiediamo, sottraendo ruoli e funzioni dal loro preciso contesto storico-culturale della ricerca di una grammatica generale del racconto, non si rischia di perderne il vero senso?
Cioè una funzione come l’infrazione del divieto non avrà lo stesso senso della società feudale e nell’Europa del Romanticismo.

Il personaggio Infatti non può essere preso in esame solo dal punto di vista del ruolo che svolge rispetto alla vicenda: essendo molteplici gli elementi che contribuiscono a dargli una particolare fisionomia, come ideologici, storici, sociali, psicanalitici.

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autore/lettore reale e implicito:

A

Il lettore è portato a costruirsi una certa immagine dell’autore anche semplicemente sulla base delle scelte da lui computer in fatto di argomento, personaggi, ambiente, stile dell’opera.
Questi elementi, tutti i contenuti del testo e che non hanno nulla a che vedere con le informazioni rilevabili dalla biografia dell’autore, compongono l’autore implicito (contrapposto all’autore reale).

Allo stesso modo, il lettore è quello che effettivamente legge l’opera.
Il lettore implicito è invece l’idea di pubblico che l’autore ha nel momento della scrittura dell’opera.
Ad esempio, scrivendo il 5° canto dell’Inferno, Dante si rivolgeva a un lettore medievale di fede Cristiana che necessariamente avvertiva con orrore il traviamento della lussuria e che mai avrebbe voluto leggere quell’episodio come un trionfo dell’amore.

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il narratario:

A

narratario’ è il destinatario della narrazione presente come personaggio all’interno del racconto (ex. Decameron).

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sulla narrazione:

A
  • narratore interno = omodiegetico
  • narratore esterno = eterodiegetico.
  • narrazione opaca è l’atto della narrazione non reso invisibile dallo scrittore, ma chiaramente mostrato: nel lettore non si produce l’illusione di assistere in presa diretta ad avvenimenti reali, ma non si rende perfettamente consapevole che c’è qualcuno che sta raccontando.
    Una narrazione opaca non implica necessariamente un narratore omodiegetico, opaca è infatti ogni narrazione in cui il narratore compie intrusioni del racconto, si sofferma a commentare la giro dei personaggi, si ritrae nell’atto stesso di scrivere.
  • arrazione trasparente è invece quella che tende a celare la storia come prodotto di un atto di narrazione, per farla sentire qualcosa di reale. Essa è utilizzata ad esempio nel naturalismo o verismo.

In una narrazione in prima persona l’opacità della narrazione tocca un massimo di evidenza: comporta la parte del narratore una presentazione dei fatti chiaramente filtrata dalle sue opinioni, dalla sua mentalità, dal suo modo di organizzare l’esperienza (metalessi = intrusioni d’autore).

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i modi per esprimere una storia: i tipi di discorso:

A

Nella ‘Poetica’ Aristotele distingue due modi fondamentali di esporre una storia:
* in forma narrativa
* in forma drammatica
In quest’ultima i personaggi non sono raccontati ma agiscono direttamente sulla scena sotto gli occhi dello spettatore.
Nel primo caso esiste un mediatore delle informazioni, il narratore, mentre nel secondo caso è assente.
Mentre la mimesi presuppone una distanza uguale a zero, la diegesi non può non implicare una certa distanza.

Un caso in cui un racconto diegetico si avvicina molto all’annullamento della distanza proprio della forma drammatica è quello del racconto di parole, fondato cioè sulla pura registrazione delle parole dei personaggi senza l’introduzione di didascalie.
Questo metodo era utilizzato ad esempio dal verista Federico de Roberto, che costruiva spesso interi racconti basati quasi esclusivamente sul dialogo dei personaggi.

Il discorso narrativizzato o riferito è il caso in cui il narratore riassume con poche parole quanto un personaggio ha detto.
Il discorso diretto o riferito è invece il narratore che riporta integralmente le parole pronunciate dal personaggio.

Particolare di discorso diretto è il flusso di coscienza, in cui il pensiero del personaggio appare nella forma di trascrizione immediata del libero fluire del pensiero.
Questo tipo di discorso era spesso utilizzato da Joyce.

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il punto di vista:

A

Descrivendo un fenomeno o evento, anche se le diverse testimonianze concordano, (raccontano cioè senza discrepanze la stessa dinamica) ognuna di esse sarà diversa perché ognuno dei presenti avrà assistito all’evento da un diverso punto di osservazione (punto di vista).

Se la persona che era conta è uno dei personaggi che fanno parte della storia si parla di racconto a focalizzazione interna.
In questo caso il narratore sa soltanto quello che dà il personaggio attraverso gli occhi del quale si assiste agli eventi raccontati.
Quando il narratore filtra il racconto degli eventi attraverso gli occhi e la mente di qualcuno che non è un personaggio della storia, allora si parla di focalizzazione esterna.
In questo caso il narratore sa meno dei personaggi della storia: era un testimone esterno che non entra nella mente di nessuno di loro.

Non necessariamente un racconto è focalizzato. Lo scrittore può decidere di raccontare la storia senza che il narratore scelga un punto di vista determinato ( = narratore onniscente).
In questo caso il racconto è detto non focalizzato o a focalizzazione zero.

Bisogna fare attenzione a non confondere il punto di vista con la voce narrante.
Adottare il punto di vista di un personaggio non significa che il personaggio stesso debba lavorare le proprie esperienze.
Infatti può parlare un narratore esterno anche se gli occhi che vedono sono quelli del personaggio.

la focalizzazione interna si distingue in:
* fissa quando il narratore adotta per tutta l’opera il punto di vista di un solo personaggio
* variabile quando il narratore adotta in alcune parti dal punto di vista di un personaggio è dopo quello di altri
Multipla quando lo stesso evento è narrato dal punto di vista di personaggi diversi.

Quando assistiamo a un film (a meno che la voce fuori campo o uno glidascalia ci forniscono delle informazioni preliminari) ci troviamo comunemente di fronte trovi la situazione di focalizzazione esterna.
La narrazione acquista così un carattere oggettivo, che ad esempio era molto comune nell’Ottocento fra gli scrittori veristi.

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l’ordine degli eventi e la durata:

A

Ogni storia ha un inizio e una fine definibili in termini cronologici.
E’ il cosiddetto tempo della storia, che misura l’effettiva durata delle vicende narrate.
Il tempo della storia ben poco ha a che fare con il trattamento cui il narratore sottopone il tempo nel racconto..

Il tempo del racconto è infatti quanto risulta dagli interventi operati dal narratore sulla cronologia degli eventi. Il narratore opera cioè tagli, salti (‘due settimane dopo la rivide…’).
Per questo diciamo che il tempo della storia è reale e oggettivo mentre il tempo del racconto è fittizio e soggettivo.

In vari casi i gesti descritti dal narratore durano pochi istanti, ma la loro descrizione ci appare molto più lunga: abbiamo come l’impressione che il tempo si dilati, e tale impressione non riguarda il tempo della storia ma il tempo del racconto..
In generale si possono individuare cinque possibili rapporti di durata tra tempo della storia e tempo del racconto
1. scena dialogata: in cui sul piano della durata, tra tempo della storia è tempo del racconto troviamo una sostanziale identità: il tempo della lettura coincide con la durata delle azioni raccontate.
2. sommario: in cui il narratore sintetizza In poche parole eventi protrattasi nel corso del tempo.
3. ellissi: il narratore salta completamente una porzione di tempo nella cronologia interna della storia (‘dopo un anno’, ‘il lunedì successivo’).
4. pausa: caso esattamente opposto al precedente. il narratore interrompe il futuro delle azioni e avvenimenti soffermandosi sulle considerazioni personali o di pressione.
5. estensione: il ritmo narrativo subisce un evidente rallentamento per effetto della maggiore durata del tempo del racconto rispetto al tempo della storia.

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Q

la descrizione:

A

I mondi narrativi sono popolati di personaggi che si muovono e agiscono, ma sono anche arredati da oggetti: campagna, fiumi, case eccetera.
Ma tra gli oggetti possono figurare anche persone: la folla che passeggia, l’individuo senza nome né volto.

Nel mondo narrativi compaiono dunque azioni ed eventi ma anche esistenti.
Mentre la favola contempla solo azioni o avvenimenti che costituiscono svolta significative Nella logica del racconto, l’intreccio, in quanto designa la forma effettivamente associata dal rapporto, comprende anche la descrizione dell’esistenti.

La fabula riguarda solo i motivi dinamici, mentre l’intreccio comprende anche i motivi statici, cioè quelle parti del racconto in cui non succede nulla ma per mezzo delle quali il narratore rende conto dello spazio in cui lo racconto è ambientato (solitamente sono le descrizioni).
* narrazione (rappresentazione di eventi)
* descrizione (rappresentazione di esistenti).
Tuttavia spesso il romanzo si apre con la descrizione dell’ambiente del paesaggio che farà da Teatro alla vicenda, ed è molto difficile pensare a sequenze narrative che non contengono elementi descrittivi.

Epoche e movimenti letterari diversi hanno assegnato funzioni diverse alle descrizione:
L’estetica classica ad esempio considerava la descrizione come una sorta di riposo narrativo, una pausa dal movimento dell’azione.
In questo contesto la descrizione dello spazio tendeva spesso a organizzarsi secondo topoi, stereotipi che I lettori si aspetta (ex. locus amoenus).

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il processo di analisi del testo:

A

Con l’analisi del testo si indica comunemente il procedimento che consente di estrarre tutte le parole presenti in un testo, stabilendo il numero di volte in cui ciascuna forma occorre.
Tali risultati consentono di ragionare sull’uso di un certo vocabolario, sia in termini di parole piene (sostantivi, verbi, aggettivi) che di parole vuote (congiunzioni, avverbi, pronomi) e di stabilire quindi ipotesi interpretative sul lessico d’autore.

L’obiettivo finale è acquisire nuova conoscenza dai testi.

Il procedimento è infatti dal ‘text retrieval’ (estrazione di stringhe) al ‘text analysis’ (estrazione di informazione dal testo).

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Q

da cosa è composto un testo:

A

Il testo ha:
1. un messaggio, che si compone di un mittente e di un destinatario
2. un codice (la lingua italiana)
3. un referente (l’argomento di quello che si dice)
4. un canale di trasmissione (ex. la voce, i giornali).

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le varie funzioni del linguaggio:

A

varie funzioni del linguaggio:
* funzione emotiva (è attiva quando il linguaggio è incentrato sugli stati d’animo, atteggiamenti, volontà del mittente stesso).
* funzione conativa (è attiva quando il mittente si rivolge esplicitamente a questo; la ha un testo che cerca di indurre il destinatario ad adottare un determinato comportamento)
* funzione poetica (cioè la funzione che si concentra sul messaggio secondo il lingüista Jakobson).

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‘paratesto’:

A

paratesto = tutto ciò che è intorno al testo, ex. Indici.
Il paratesto cambia ovviamente nel tempo in base ad esempio alla sensibilità dell’epoca.

Ex. la prima edizione dell’Orlando Furioso è molto sobria, mentre l’ultima (del 1532) è piena ad esempio di elementi iconografici poiché si sente molto l’influenza delle arti e della riscoperta degli antichi (epoca del Rinascimento).

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i tipi di ‘storie della letteratura’:

A

E’ un genere che si sviluppa del ‘400 (ex. De Santis è il fondatore).

  1. storia di uno stesso genere letterario (ex. novella di Boccaccio e di Pirandello), della metrica etc.
  2. Esistono anche storie letterarie che privilegiano il contesto.
    Ad esempio lo storico della letteratura Alberto Asor Rosa concepì vari volumi (non in senso diacronico) chiamati proprio “Storia europea della letteratura italiana”.
    Vari tipi di storie letterarie che privilegiano il contesto sono:
    storie delle istituzioni (come i luoghi che producono sapere; come gli scriptoria dei copisti, i caffè letterari, i teatri, le accademie, le università, le case editrici)
  • la storia letteraria per dimensione geografica (‘Atlante della letteratura italiana” curato da Gabriele Pedullà, o anche ‘Storia e geografia della letteratura italiana” di Carlo Dionisotti; non bisogna solo ragionare in termini storici quindi, ma anche geografici, poiché in certi luoghi c’eri fenomeni permangono e gli autori ne vengono ispirati.
  • storia che privilegia la circolazione delle opere letterarie (approccio sociologico: quindi chi le ha lette, come quando Alfieri lesse le opere di Machiavelli, o semplicemente il caso del Decameron che ha avuto “fortuna” poiché molti, definiti copisti per passione, decidevano di copiarlo e anche modificarlo a piacimento, ma anche quante edizioni ne esistono etc.)
  • storie delle idee e delle ideologie (ex. il ruolo degli intellettuali nella società come Gramsci o Pasolini, gli intellettuali organici, i critici-contestativi).
  • storia biografica degli autori che ci è data non dai manuali di letteratura ma da eventi autobiografici descritti nelle opere dell’autore stesso (ex. diari, epistolari).
    Ovviamente ciò dipende da autore a autore, ad esempio l’epistolario di Petrarca è abbastanza ‘abbellito’ poiché era pensato come il suo ritratto ideale che sarebbe stato letto da un lettore futuro.
    Ci sono inoltre le biografie culturali, cioè quelle descritte da altri intellettuali (la “Vita di Petrarca” di Ernest Wilkins)
  1. Storie letterarie che prediligono i testi:
    * storia delle forme letterarie: alcuni come i formalisti russi e lo strutturalismo praghese danno importanza ai linguaggi, i generi, i metri, le strutture (come nei manuali scolastici).
    storie per temi ricorrenti/motivi/”topoi” (secondo il critico Ernst Curtius).
    Ad esempio abbiamo la selva oscura nella Divina commedia (locus asper; luogo aspro, luogo in cui Dante si perde alla ricerca della retta via. Tale locus ha una tradizione letteraria molto lunga, anche il bosco per Cappuccetto Rosso può essere considerato un locus asper).
    È contrapposto poi al “locus amoenus”.

Quando ci si avvicina a un testo letterario bisogna tener conto di tutte queste cose, sin dalla prima.
I commenti alle opere letterarie che leggiamo sono frutto di studi che tengono conto di tutto questo elenco (è necessaria una continua intersezione tra questi metodi di ricerca).