7) mutamento e variazione nelle lingue Flashcards

1
Q

sulla nascita di una nuova lingua: come si stabilisce che una lingua si è ‘evoluta’ in due lingue differenti fra loro?

A

Uno dei criteri messi in atto è la mancanza di comprensibilità che entro un certo lasso di tempo si viene a creare fra i vari stati di lingua (o in caso di lingue isolate, fra il nuovo stato di lingua e il vecchio).

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2
Q

quando è nata la lingua italiana?

A

L’evoluzione del latino fino al diventare italiano è molto graduale, avvenuto circa fra il 3 sec. d.C e l’Alto Medioevo.
Ufficialmente, le lingue ‘volgari’ che si erano andate a creare hanno cominciato ad essere documentate in usi scritti nell’11 sec. d.C.

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3
Q

quando invece è ‘morta’ una lingua?

A

Una lingua si dice morta quando questa non ha più parlanti nativi.
La lingua morta lascia generalmente un ‘sostrato’, cioè una forte influenza sulle lingue successive di una comunità.

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4
Q

cosa provoca il mutamento?

A

-fattori esterni alla lingua (ex. contatto con altre lingue, eventi storici)
-fattori interni (operazioni inconsce del parlante volte a semplificare, sia nella produzione/articolazione che nella ricezione, le strutture della lingua).

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5
Q

i mutamenti sono casuali o seguono una loro logica?

A

I mutamenti sembrano seguire una loro logica interna, che collega secondo una direzione preferenziale i vari mutamenti nei diversi settori della lingua.

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6
Q

cos’è l’etimo’?

A

etimo=forma originaria della parola.

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7
Q

fenomeni di mutamento fonetico:

A
  1. assimilazione: due foni articolatoriamente diversi nel corpo della parola tendono a diventare simili o uguali (ex. ‘nocte’ lat. > ‘notte’ it.)
  2. metafonia: modificazione del timbro di una vocale interna per effetto della vocale finale.
  3. dissimilazione: differenziazione tra foni che si ha quando due foni simili o uguali non contigui in una parola diventano diversi (‘venenum’ lat. > ‘veleno’).
  4. metatesi: spostamento dell’ordine dei foni in una parola (‘fiaba’ it. < ‘flaba’ < ‘fabula’).
  5. caduta dei foni: ‘aphoteca’ lat. > ‘bottega’ it. ; ‘domina’ lat. > ‘donna’ it).
  6. epentesi: aggiunta di foni nel corpo di una parola
  7. protesi: aggiunta di foni all’inizio di una parola
  8. epitesi: aggiunta di foni alla fine di una parola.
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8
Q

fenomeni di mutamento fonologico:

A
  1. fonologizzazione: allofoni di un fonema acquisiscono valore distintivo e diventano fonemi autonomi
  2. defonologizzazione: due fonemi distinti perdono valore distintivo.
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9
Q

mutamenti di tipo morfologico:

A
  1. analogia /
  2. rianalisi
  3. grammaticalizzazione: un elemento lessicale tipico (ex. sostantivo o aggettivo) diventa un elemento della grammaticale (ex. forma separata ‘lenta - mente’ diventa avverbio ‘lentamente’).
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10
Q

mutamenti di tipo sintattico:

A
  1. concernono l’ordine dei costituenti (Ex. lingue OV che si sviluppano in lingue VO = latino > italiano).
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11
Q

mutamenti di tipo lessicale e semantico:

A
  1. nascono nuovi lessemi (neologismi).
  2. muoiono alcuni lessemi (parole cadute in disuso)
  3. somiglianza: viene attribuito un nuovo significato a un significante esistente (lat ‘gentile’ = nobile, appartenente a una gens ; it ‘gentile’ = di modi garbati).
  4. paretimologia: risemantizzazione di una parola mediante l’accostamento a un altro termine (ex. lat ‘cubare’=giacere ; cubare>covare , dove covare non significa più semplicemente ‘giacere’, poichè viene generalmente accostato al termine ‘uova’).
  5. estensioni/generalizzazioni: aumento dell’ambito di impiego di una parola (lat ‘domina’ = padrona di casa > ‘donna’ = donna comune).
  6. restringimenti/specializzazioni: contrario
  7. tabuizzazione: parole relative a sfere semantiche e ai concetti ad esse attinenti che vengono sostituite per svariati motivi da altre parole di significato non diretto (ex. ‘donnola’)
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12
Q

cos’è la sociolinguistica?

A

La sociolinguistica studia che cosa accade quando (succede per tutte le lingue storico-naturali) un sistema linguistico (lingua=sistema di segni, sistema e non elenco poichè i segni sono strettamente relazionati fra di essi) è calato nella realtà concreta degli usi che ne fanno i parlanti.

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13
Q

cosa sono le ‘varietà di lingua’ e a cosa sono dovute?

A

la varietà di una lingua è composta da tutte le forme linguistiche che cooccorrono in concomitanza con certe caratteristiche della società.
Difatti, le varietà sono l’espressione pratica nella società di 4 variazioni:
-diastratica
-diafasica
-diatopica
-diamesica

ex. ‘babbo’ in certe parti d’italia cooccorre con ‘papà’ nel resto d’Italia = espressione della variazione diatopica

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14
Q

cosa sono i ‘geosinonimi’?

A

geosinonimi: termini differenti usati in diverse regioni d’italia per designare lo stesso oggetto (ex. babbo e papà).

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15
Q

cos’è il ‘repertorio linguistico’?

A

repertorio linguistico: insieme delle varietà di lingua presenti presso una certa comunità (varietà della stessa lingua: repertorio monolingue ; varietà di più lingue diverse: repertori plurilingui).

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15
Q

‘diglossia’ e ‘dilalia’:

A

diglossia: situazione in cui nella stessa comunità due lingue coprano due ambiti e ruoli socialmente differenziati

Ex. in Svizzera tedesca: tedesco standard è la varietà alta > non viene mai usata nel parlato ma è obbligata negli usi formali/ufficiali ed è insegnata a scuola.
dialetto tedesco svizzero: parlata in famiglia, mai usata in contesti formali

dilalia: situazione in Italia, dove i dialetti rimangono effettivamente la varietà bassa e l’italiano quella degli atti ufficiali, ma l’italiano è anche parlato nel quotidiano.

16
Q

sul contatto linguistico: le cosiddette ‘inteferenze’

A

Vengono definite ‘interferenze’ l’azione e le influenze che un sistema linguistico può avere su un altro (ex. prestiti)

Quando ciò che passa da una lingua all’altra no è solo una parola (=prestito), ma il suo significato o la sua struttura interna si parla di ‘calco’.
ex. in italiano ‘ferrovia’ deriva dalla struttura della parola tedesca ‘Eisenbahn’=’strada di ferro’.

17
Q

fenomeno della ‘commutazione di codice’:

A

avviene la commutazione di codice quando avviene l’uso alternato di due lingue diverse da parte dello stesso parlanto nella stessa situazione (ciò in Italia è tipico fra ‘italiano e dialetto).

18
Q

cos’è la ‘tipologia areale’ e il ‘tipo areale’:

A

La ‘tipologia areale’ rappresenta l’analisi delle somiglianze tra le lingue parlate in una stessa area geografica, non dovute a rapporti di parentela!! ma esclusivamente alla vicinanza fisica e al conseguente contatto reciproco di diversi gruppi di parlanti.

L’insieme dei tratti linguistici che si sono imposti in una data regione geografica a seguito della contaminazione interlinguistica costituisce un ‘tipo areale’.

La tipologia areale si pone l’obiettivo di capire come mai determinate lingue presentano tali tratti linguistici pur non essendo imparentate, e quale sia quindi il centro di irradiazione dell’area.

19
Q

cos’è un’ “area linguistica” e quali sono le condizioni per esistere?

A

‘Aree linguistiche’ sono le regioni in cui le lingue sviluppano tratti comuni per il fatto di essere fisicamente contigue. Per realizzarsi, un’area linguistica deve caratterizzarsi per la presenza di più lingue parlate del medesimo contesto geografico, ma non immediatamente imparentate, e di tratti linguistici da essere condivisi.
Tuttavia queste condizioni sono il criterio necessario ma non sufficiente, cioè non determinano immediatamente l’esistenza di un area linguistica.

Per esistere:
1. un area linguistica deve avere assistito nel corso della propria storia a movimenti di popoli di vaste proporzioni e parlanti di lingue diverse (appartenenti a famiglie diverse e, al limite, a rami diversi) e alla conseguente creazione di aree bilingui o addirittura plurilingui.

!!: se la storia determina l’esistenza di un’area linguistica, non è tuttavia detto che un’area storico-culturale si trasformi automaticamente in un area linguistica.
Questo è il caso del Mediterraneo.

20
Q

area linguistica dei Balcani:

A

I balcani presentano una stratificazione etnica senza pari in Europa, conseguenza di una serie di ripetute ondate migratorie, motivo per cui nei Balcani si concentra il maggior numero di lingue appartenenti a gruppi linguistici diversi (neogreco e albanese=due lingue isolate, lingue slave meridionali, rumeno=lingua romanza, turco=lingua altaica e l’ungherese=lingua uralica).
Tratti essenziali del tipo areale balcanico sono detti ‘balcanismi’:

  1. sistema vocalico neogreco (a, e, i, o, u).
  2. sincretismo fra i casi genitivo e dativo: far confluire nel genitivo le funzioni precedentemente esercitate dal dativo.
  3. formazione di un futuro perifrastico
  4. formazione dei numerali da 11 a 19 in modo ‘numero + preposizione + 10’.
  5. perdita dell’infinito, sostituito da proposizioni finite di natura finale, consecutiva o dichiarativa.
  6. postposizione dell’articolo definito

Gli studiosi hanno tentato di trovare il principio organizzativo soggiacente; le ipotesi principali sono:
-l’effetto dell’azione delle antiche lingue di sostrato attestate nella penisola balcanica
-il ruolo fondamentale del greco.

Tuttavia va in realtà abbandonata l’idea di poter dare una spiegazione univoca e unitaria all’intero complesso dei balcanismi. Essi cioè non sarebbero da intendersi come prodotto di un unico centro di irradiazione ma, piuttosto, come il risultato dell’azione simultanea di più spinte propulsive (dimostrata anche dal fatto che nei balcanismi convergano forme dovute a un modello greco e forme dovute a un modello latino)

21
Q

area linguistica di Carlo Magno:

A

Nell’ Europa occidentale si registra la presenza di oltre 100 lingue diverse, non tutte immediatamente imparentate, ma caratterizzate da una serie di tratti comuni e condivisi. Alcuni tratti paiono caratterizzare in modo esclusivo alcune lingue d’Europa, il loro insieme costituisce quindi il tipo linguistico europeo (Standard Average European (SAE)).

  1. somiglianze lessicali (comune lessico colto di matrice greca e latina e comuni strategie nelle formazioni delle parole utilizzando prefissi e suffissi di ispirazione greca e latina ex. filo, logo, biblio etc)
  2. ordine dei costituenti maggiori della frase indipendente assertiva relativamente rigido e di tipo SVO
  3. la presenza di preposizioni e genitivi postnominali
  4. l’uso di ‘avere’ ed ‘essere’ come ausiliari
  5. presenza simultanea di articoli definiti e indefiniti
  6. carattere non pro-drop (lingue pro drop: lingue che tollerano l’omissione del pronome personale in posizione di soggetto nella frase dichiarativa ex. italiano). Delle lingue non pro drop, al contrario, la mancata espressione del soggetto produce frasi incomprensibili (ex. inglese e francese). Chiaramente il carattere pro-drop è correlato alla presenza di un complesso paradigma di flessione verbale.
  7. agente e soggetto possono divergere, poichè l’agente viene comunemente espresso attraverso la forma passiva (ex. il gatto è stato morso dal cane: il cane=agente, il gatto=soggetto).
  8. accordo delle forme finite del verbo solo con il soggetto (cioè la forma del verbo non è influenzata in alcun modo dall’oggetto). Alcune lingue come quelle uraliche e il basco, tuttavia, prevedono talvolta un’anticipazione da parte del verbo di tratti dell’oggetto.

Non sono i singoli tratti a caratterizzare peculiarmente nelle lingue d’Europa, ma è la loro correlazione a esibire un carattere tipo logicamente inusuale.
Come si vede però la loro diffusione in ambito europeo è tutt’altro che omogenea; vi sono infatti lingue in cui la quasi totalità dei tratti si realizza (tedesco o francese) e altre in cui solo un numero esiguo si realizza (basco o turco). Altre lingue, come l’italiano, si pongono in posizione intermedia.

Nasce così il grado di europeismo, che è espresso principalmente dal tedesco, il francese o il nederlandese, e invece meno espresso dal bosco e dal turco, l’inglese e l’italiano si dispongono nel mezzo.
Questo suddivisione non è casuale, ma corrisponderebbe di fatto a tre sotto aree che vengono individuate di norma all’interno di un’area linguistica:
- centro di irradiazione: (odierne Germania, Francia e Italia settentrionale)
-area di transizione: (resto dell’italia, la penisola iberica e parte del mondo slavo)
-zona ‘relitto’ (Ungheria e Turchia), solo marginalmente toccata dai fenomeni di interferenza.

L’area viene definita area di Carlo Magno poichè egli è stato effettivamente il promotore di alcuni movimenti sociali e storici che hanno creato i presupposti per la formazione dell’ area linguistica: di fatto la ‘zona focale’ rappresentava il cuore pulsante del regno franco, in cui la città e la cultura fiorivano per un continuo scambio di idee e di merci e in questo scenario verosimilmente si crearono le condizioni sociali per un costante contatto interlinguistico.

La ‘zona di transizione’ abbraccia invece le regioni che originariamente non erano controllate da Carlo Magno e che passarono sotto il suo dominio in tempi differenti e secondo diverse modalità.

La ìzona relitto’ invece rappresenta le regioni collocate ai limiti estremi dell’impero e anche quei paesi che di esso non facevano parte, un ritrovandosi sotto più o meno diretta influenza Franca.

22
Q

fenomeno del Mediterraneo e del Baltico:

A

Le regioni che circondano il bacino del Mediterraneo e quelle che si affacciano sul Baltico non vengono ad oggi considerate aree linguistiche, nonostante in entrambi i casi le condizioni di partenza per esserlo davvero promettenti. Il fatto che in entrambe le regioni sono in uso lingue non immediatamente imparentate e il fatto che fossero territorio di intensi e duraturi contatti fra le comunità sociali che le hanno abitate.
Sono sì stati riscontrati vari fenomeni di contatto, ma ciascuno di essi coinvolge solo una piccola porzione delle lingue esaminate. Nel Mediterraneo si registrano ad esempio analogie per quanto riguarda la genesi dei suffissi accrescitivi (portoghese, spagnolo, neogreco, bulgaro, arabo marocchino), nella diffusione dell’articolo definitivo (Nord Africa, lingue romanze, lingue slave meridionali) e nella struttura del sintagma nominale.

Per quanto riguarda il Baltico, il ricorso al caso nominativo per marcare l’oggetto di imperativi o di infiniti indipendenti da verbi impersonali, la compresenza di preposizioni e proposizioni e gli ordini SVO e GN.

Dunque, tanto nel Mediterraneo quanto nel Baltico emerge una costellazione di micro processi di convergenza, ma mancano tratti condivisi globalmente, motivo per cui non è stata riconosciuta un’ area linguistica.

23
Q

rapporto fra tipologia e cambiamento linguistico:

A

Chiaramente nella storia della lingua anche i tipi sono soggetti al cambiamento, motivo per cui nessuna configurazione tipologica può essere considerata come una acquisizione definitiva; il profilo tipologico di una lingua non è altro che è l’effetto dei mutamenti di ieri e la base per i mutamenti di domani.

Analizzando il mutamento dei tipi linguistici vediamo che le proprietà e le relazioni universali tendono a sopravvivere al mutamento (cioè a rimanere invariate).
È vero che i tipi irregolari tendono a diventare coerenti, ma poiché il mutamento linguistico si dipana con molta lentezza, vi sono inoltre stadi intermedi in cui la congruenza pare trascurata.

In casi estremi la transizione in atto può dirittura arrestarsi a metà determinando, ad esempio a seguito di una standardizzazione, una ‘cristallizzazione’ di questa fase intermedia (anche se ovviamente, essendo le lingue sempre in movimento, il mutamento è solo alterato) e la conseguente affermazione di un sistema linguistico dalla fisionomia tipologica bizzarra (ex. inglese).
Non è quindi detto che le lingue tipologicamente miste, e dunque parzialmente incoerenti, vengano schiacciate dal mutamento, ma addirittura vi sono casi in cui, come prova l’inglese, sono riuscite ad affermarsi anche oltre i limiti delle proprie comunità socio culturali.

24
Q

‘tipi stabili’ e ‘tipi frequenti’:

A

-Con ‘stabilità’ intendiamo la probabilità che un determinato tipo venga abbandonato o mantenuto dalle lingue (e che quindi sia molto prevalente in una famiglia linguistica con gli stessi caratteri).
Questo perché un tipo stabile si manifesta con gi stessi caratteri generali nelle varie lingue, ciò lo rende meno soggetto al mutamento (=meno soggetto al mutamento&raquo_space; trasmesso alle lingue future).
Un tipo instabile si manifesta con caratteri specifici differenti nelle lingue, è quindi instabile, cioè più soggetto al venire abbandonato (ex. accrescitivi).

-La ‘frequenza’ corrisponde alla probabilità che un determinato tipo venga assunto dalle lingue storico naturali. Un tipo molto frequente è quindi molto diffuso geograficamente.

Questi due criteri ci consentono di giustificare la diffusione di tutti i tipi linguistici:
-tipi stabili e frequenti; tipi diffusi geneticamente e geograficamente (in questo caso la frequenza dipende dalla stabilità)
-tipi stabili e infrequenti: diffusi in singole famiglie linguistiche, ma non geograficamente
-tipi instabili e frequenti: diffusi geograficamente ma in modo disomogeneo e sporadico nelle varie famiglie linguistiche.
-tipi instabili e infrequenti: rari sia nelle famiglie linguistiche che sia arealmente.

massimo grado di stabilità e frequenza = universalità (tipo che caratterizza tutte le lingue di tutte le famiglie linguistiche)

esempio con un tratto linguistico: percorso evolutivo di ‘diminutivi (it. gattino, libretto) e di ‘accrescitivi’ (tavolone, armadione).

Nelle lingue romanze il latino ha trasmesso loro buona parte dei diminutivi (lo stesso accade nelle lingue slave, nel greco etc).
Gli accrescitivi sono invece una strategia linguistica molto recente: essi non sono attestati in latino, greco antico, slavo antico etc.
Non sono quindi presenti in maniera rilevante nelle famiglie linguistiche e, affermandosi in maniera così diversificata, sono più instabili (alto grado di abbandono).

> > capiamo che i diminutivi hanno alto grado sia di stabilità che di frequenza (si sono formati seguendo quasi sempre lo stesso percorso evolutivo=dal suffisso antico designante il ‘figlio/cucciolo di..’), mentre gli accrescitivi sono un fenomeno instabile, ma frequente (hanno seguito processi di formazione diversi in rapporto ai singoli contesto areali in cui si sono formati=da antiche forme tutte significanti qualcosa di diverso, ex. in italiano gli accrescitivi in -a derivano dalla desinenza plurale del neutro).

25
Q

i tipi devianti: quando la diacronia spiega la sincronia:

A

Dal momento che il cambiamento linguistico non avviene bruscamente, ma si diffonde nel sistema a macchia d’olio, è naturale prevedere l’esistenza di fasi intermedie in cui le forme e le strutture in regresso convivono con le forme e le strutture in via di affermazione, dando origine a configurazioni tipologicamente stravaganti. Ciò spiega l’esistenza di lingue tipologicamente miste. (ex. il latino di Pompei, fonte di come si parlava all’epoca, che dimostra una doppia prevalenza per la forma SOV (+ AN, posposizioni), in regresso, ed SVO (e NA, preposizioni), in ascesa.

26
Q

universali implicazionali e mutamento linguistico:

A

X > Y (universale implicazionale: X implica Y); nella storia delle lingue non dovremmo mai trovare fasi in cui a un’assenza di Y corrispondesse invece una presenza di X, cioè il tipo che la correlazione implicazionale etichetta come impossibile è una fase preclusa al mutamento delle lingue.

In esempi pratici, un altro universale dice che se una lingua dispone di un procedimento morfologico per realizzare gli accrescitivi, allora dispone necessariamente di un procedimento morfologico per realizzare i diminutivi, e non viceversa.
Di ciò troviamo conferma nella presenza di diminutivi in latino e greco antico, e lo sviluppo successivo in italiano di accrescitivi.

> > gli universali implicazionali sono un ottimo strumento di previsione rispetto agli itinerari seguiti dal mutamento linguistico, poichè ci dicono quali sono le proprietà ‘di base’ (diminutivi).

27
Q

si può prevedere la direazione del mutamento linguistico?

A

E’ innegabile l’esistenza di mutamenti più naturali di altri, e quindi di tendenze, ma niente garantisce che il mutamento giunga in effetti al suo compimento (per via di circostanze esterne alla lingua).
Ex. il cinese, ad oggi lingua esempio del tipo morfologico isolante, nel passato aveva una fisionomia più marcatamente fusiva.

28
Q

sulle ‘interlingue’ e gli universali:

A

Le ‘interlingue’ o ‘varietà di apprendimento’ sono le produzioni linguistiche di un apprendente, cioè di chi sta affrontando lo studio di una lingua straniera.

Studi dimostrano l’esistenza di una serie di tratti linguistici comuni a tutte le interlingue, motivo per cui c’è da ritenere che le interlingue siano sistemi linguistici, naturali, autonomi e internamente coerenti.

Gli universali implicazionali rappresentano un ottimo strumento di previsione a supporto degli studi sull’apprendimento di lingue straniere, e di fatto vengono riflessi da ciò:
ex. universale linguistico: genere > numero

Studi confermano che non è possibile imparare prima il genere e poi il numero studiando una seconda lingua (tranne che nei pronomi, che è comunque attestato anch’esso dagli universali come proprietà ‘basica’ rispetto al genere nei nomi).

Altro esempio: fricative > occlusive
In chiave acquisizionale, le occlusive emergono difatti prima delle fricative o contemporaneamente ad esse, poichè vengono comprese meglio dagli apprendienti e si registrano meno errori.

29
Q

la tipologia morfologica e le interlingue:

A

Un’altra caratteristica delle interlingue che dimostra come possano essere considerate un sistema linguistico a sè, è la proprietà che riguarda la comformazione morfologica dell’interlingua stessa;

-le interlingue, a prescindere dalle caratteristiche di L1 (lingua madre) e di L2 (lingua che si sta imparando), sono tendenzialmente isolanti (vi è un’ampia occorrenza di formule fisse, cioè segmenti e parole memorizzati senza alcuna analisi, ovvero alcuna percezione dei confini interni; vi è inoltre minima o nulla flessione morfologica).

Chiaramente, dato che l’apprendimento di una lingua straniera è strettamente legato alle similarità che questa presenta con la nostra L1, non esiste un modo uguale per tutti i parlanti di tutte le lingue del mondo per imparare una lingua, ma anzi, dovrebbero esistere tanti percorsi didattici per imparare una lingua straniera quante solo le lingue degli apprendienti.