appunti Flashcards

1
Q

differenze fra il linguaggio degli animali e quello umano:

A

-gli uomini possiedono un tipo di linguaggio innato ed unico, cioè il linguaggio verbale, espresso dalla lingua. phonè + logos

-gli animali non hanno un linguaggio verbale (quasi solo ‘phonè’).

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2
Q

differenze ‘linguistica’ e ‘grammatica’:

A

-grammatica tradizionale: normativa (ci dice ciò che è giusto e ciò che è sbagliato e dà dei giudizi netti).

-la linguistica: descrittiva e si basa sulla comprensibilità dei parlanti di un’espressione.

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3
Q

obiettivo del linguista:

A

Quando un parlante commette un errore grammatical, l’obiettivo del linguista è capire come mai, nonostante la grammatica italiana dica una cosa, il parlante ne faccia un’altra (mancanza di applicazione di una regola).

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4
Q

cos’è l’errore grammaticale secondo un linguista:

A

L’ “errore” non è nella mancanza di applicazione di una regola ma l’applicazione di un’altra regola/devianza della norma/l’ordinario (a un certo punto qualcuno ha deciso che una forma era sbagliata e un’altra era giusta, ma questo è un fatto accidentale.)

Nessuno può infatti commettere un errore parlando la sua lingua, poiché ognuno applica la propria lingua che ha imparato crescendo e vivendo e che non è mai uguale a quella di qualcun altro (abbiamo centinaia di grammatiche diverse ma ci capiamo).

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5
Q

come gli errori cambiano la lingua?

A

Generalmente le regole di oggi sono spesso gli errori di ieri, e gli errori di oggi sono le regole di domani.

In passato: egli/ella - essi/esse (per le persone)
Ora: lui/lei (nel passato questa era solo la forma rappresentante il dativo, ex. ‘essa ha detto lui’) - esso/essa (per gli animali) - loro

Un esempio è il testo dell’“appendix probi”.
Esso è un elenco di parole latine sbagliate per ortografia o pronuncia con a fianco un elenco di parole giuste (sulla colonna delle parole errate troviamo molte parole che noi usiamo ad oggi in italiano o molto simili).

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6
Q

l’analogia in linguistica:

A

L’analogia è un fenomeno di tipo paradigmatico che mira a livellare le incongruenze nei paradigmi irregolari (ex. i casi di suppletivismo).
Attraverso una sorta di proporzione, l’analogia crea un pattern logico.

Un esempio di analogia in lingua italiana è la tendenza a sostituire il superlativo di “aspro” ereditato dal latino, “asperrimo”, con la forma “asprissimo”, dotata della desinenza più comune in italiano.

L’analogia passa sempre da una fase che per la grammatica normativa è un errore (che in alcuni casi vince, cioè diventa regola, ed in altri perde).

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7
Q

fenomeno della ‘riasilisi formale’:

A

Avviene quando dividiamo una parola analizzando i morfemi da cui è composta e diamo a tale parola (magari complessa) un’analisi diversa da quella che essa realmente ha, quindi mettiamo un confine di morfema dove non c’è.
(ex. fenomeno di ‘hamburg+er’&raquo_space; ‘ham+burger’).

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8
Q

relazioni in cui è organizzato il nostro lessico:

A

relazioni formali
ex. stessa parola base
pizza, pizzeria

ex. stesso suffisso
-aio: gelataio, giornalaio

Esse hanno la stessa porzione di phoné, che indica anche la stessa porzione di contenuto (in questo caso il cibo della pizza, il fatto di rappresentare un mestiere).

relazioni semantiche:
-sinonimia: spesso - frequentemente

-antonimia: bianco - nero (significati contrari ; è un passaggio graduale, qualcosa può essere un po’ nera e un po’ bianca), vivo - morto (significati contraddittori ; non si può essere sia vivo che morto).

-iponimia: leone - animale (il primo termine che è “subordinato” al secondo)

-iperonimia: animale - leone (il primo termine che è “subordinato” al primo).

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9
Q

Le lingue umane sono natura o cultura?

A

Un po’ di entrambe.

Per parlare le lingue abbiamo bisogno di uno sforzo fisico (concreto), ma ciò che trasmettiamo attraverso questo atto concreto è fondamentalmente astratto (infatti con dei tracciati possiamo vedere ciò che accade quando parliamo, ma non il suo significato).

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10
Q

‘significante’ e ‘significato’:

A

-significante/espressione: suono concreto della parola
-significato/contenuto: immagini mentali astratte legate a un determinato significante

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11
Q

definizione di ‘linguaggio’

A

linguaggio: capacità mentale che consente di creare sistemi di comunicazione, cioè di interpretare i segni attraverso codici appositi (le lingue=espressione del linguaggi verbale).
Il linguaggio ci permette di associare un significante a un significato, con lo scopo di manifestarlo).
ex di sistemi di comunicazione: lingue verbali, lingue non verbali, versi e comportamenti animali.

In particolare, il linguaggio verbale umano è la capacità di comunicare attraverso la parola (le sue svariate espressioni sono il codice per interpretare i segni linguistici).

Quindi la capacità generale del linguaggio è universale in tutti gli esseri viventi, ma la sua complessità diverge da specie a specie (l’uomo è la specie con il linguaggio più complesso in tutte le sue forme, linguaggio verbale, artificiale etc).

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12
Q

proprietà del linguaggio:

A

-congenito: è una facoltà mentale che nasce con l’organismo (paradosso: l’uomo non nasce con la capacità di parlare), è registrato nel suo patrimonio genetico e rimane a livello potenziale finché uno stimolo la fa emergere; più è vario/ricco lo stimolo (più che sono intorno al bambino parlano, più usano forme linguistiche diverse, più lingue parlano), più le abilità comunicative si sviluppano. Paradosso è che l’uomo non nasca potendo parlare, cioè il linguaggio rimane passivo.

inapprendibile: essendo una facoltà mentale innata, non viene nè insegnato nè imparato;

-incancellabile: non si perde il linguaggio come facoltà mentale (anche per quanto riguarda chi non può fisicamente parlare come i paraplegici, che, dato che si hanno difficoltà fisiche a comunicare, imparano a farlo attraverso ad esempio un monitor; questa è la dimostrazione che la capacità di linguaggio non viene cancellata dal tempo).

-universale: caratterizza allo stesso modo tutti i membri della specie, indipendentemente dalle condizioni sociali, storiche e geografiche in cui essi vivono.
Anche perché tutti abbiamo la stessa proprietà di imparare una lingua (non esiste membro della specie umana che non possa sviluppare sistemi di comunicazione, qualsiasi essi siano).

-immutabile: il linguaggio è uguale per l’intera specie umana ed è rimasto lo stesso del primo uomo sapiens (anche gli animali).

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13
Q

proprietà delle lingue storico naturali:

A

Hanno proprietà opposte a quelle del linguaggio:

-non sono congenite: non nascono con l’uomo

-sono apprendibili: ogni essere umano impara una o più lingue

-sono cancellabili; si dimenticano

-non sono universali: non tutti parliamo la stessa lingua; ad oggi sono parlate oltre 6000 lingue.

-sono mutevoli: cambiano continuamente (nel tempo, nello spazio, nelle situazioni in cui vengono usate… ), come il latino è diventato progressivamente l’italiano e le altre lingue neolatine.

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14
Q

variazioni/manifestazioni naturali delle lingue:

A
  1. VARIAZIONE DIASTRATICA:
    la variazione in base alla caratterizzazione sociale dei parlanti (cioè come la nostra storia personale cambia la nostra situazione linguistica)

le sue variabili sono: il nostro livello di istruzione, la nostra estrazione sociale, l’età, l’appartenenza a gruppi sociali specifici, modelli culturali, sesso e genere).

Una stessa varietà diastratica (ex. italiano colto/letterario - ‘italiano popolare - dialetto) può essere una varietà diverse per persone diverse (ex. una stessa varietà diastratica può essere una varietà alta per alcuni e una varietà bassa per altri).

  1. VARIAZIONE DIAFASICA: variazione di registro (variazione in rapporto alla situazione comunicativa e allo stile).

le sue variabili sono: grado di formalità/informalità,
rapporto tra gli interlocutori (che può essere squilibrato, ad esempio fra uno studente e un professore, o paritetico), grado di controllo esercitato dal parlante.

Fanno parte della variazione diafasica le lingue speciali/”sottocodici”: usi linguistici legati a particolari professioni o ambiti del sapere: - matematica, biologia, musica, sport…

  1. VARIAZIONE DIAMESICA: in rapporto al mezzo fisico-ambientale, al canale attraverso cui la lingua viene usata.
    A differenza delle altre variazioni, in quella diamesica non c’è un continuum ;
    ex. nella variazione diafasica dal formale all’informale si passa con continuità&raquo_space; nella variazione diamesica, dato che gli estremi del mezzo con cui si comunica sono scritto e parlato, ciò non accade.

Nel parlato, ma non nello scritto:
-prosodia e fenomeni intonativi (ex. il tono di una domanda)
-paralinguistica (ex. la gestualità che accompagna o addirittura sostituisce un pezzo di testo-uso massiccio di segnali discorsvi (quegli elementi che stabiliscono un contatto fra mittente e destinatario. ex. ok? capito? tutto chiaro?)
-dislocazioni: ex. a lezione non ci vado ; ce la prendiamo una birra?
-pause, esitazioni ed autocorrezioni.
-prevalenza della coordinazione sulla subordinazione
-semplificazione dei paradigmi (“che polivalente”: il ragazzo che gli ho prestato il libro non si è più fatto vedere, riduzione di tempi e modi verbali, rafforzamento della negazione: ex. non__mica ; non__per niente ; non__proprio, limitata variazione lessicale e frequenti ripetizioni della stessa parola).

Nello scritto, ma non nel parlato:
-fatti grafici (interpunzione, maiuscolo vs minuscole, organizzazione del testo, ortografia…)
-maggiore programmazione

Oggi ha meno senso considerare autonoma la variazione diamesica, che secondo molti è un sottoinsieme di una variazione diafasica.
Oggi infatti ( a seguito della diffusione dei social, dei messaggi etc) un testo scritto non corrisponde al registro formale, come invece prevede la variazione diamesica.

4.VARIAZIONE DIATOPICA: la variazione della lingua nello spazio (cioè in zone diverse della stessa entità amministrativa come una regione, uno Stato etc. si parlano varietà diverse della stessa lingua. Tali variazioni non sono però, come si crede, i dialetti, che linguisticamente corrispondono in senso vero e proprio a lingue straniere.)

Le varietà diatopiche dell’italiano sono ad esempio i cosiddetti “accenti” (le varietà regionali, che poi si dividono in locali. Mentre i dialetti sono considerabili un’altra lingua).

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15
Q

necessità creare una lingua ‘standard’ fra una moltitudine di lingue (ex. Italia dopo l’unità): come fare?

A

Si hanno 2 possibilità:

  1. creato il nuovo Stato, ci si chiede quale sia la lingua parlata dalla maggioranza dei cittadini (“standard statistico”= si promuove a varietà standard la lingua statisticamente prevalente nell’uso quotidiano).

Nel caso dell’Italia non era possibile, poiché creata l’Italia i cittadini erano tutti dialettofoni, quindi erano presenti centinaia di lingue statisticamente equivalenti con poche migliaia di parlanti.

  1. “standard stilistico” = ci si chiede se ci sia una lingua presente nello Stato che ha più prestigio delle altre e abbia fatto da traino ; in Italia tale lingua era quella delle Tre Corone, il fiorentino.

La moltitudine di lingue diverse presenti in Italia prima della standardizzazione ci fa capire che dire che ad oggi l’italiano è peggiorato e che i giovani non lo parlano più bene presuppone che ci sia stata un’epoca in cui tutti parlavano un italiano impeccabile, che ovviamente non c’è mai stata.
In realtà questa è l’epoca in cui è presente la percentuale più alta di parlanti di italiano (e quindi, il livello statisticamente prevalente è quello della maggioranza dei parlanti, cioè l’italiano popolare).

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16
Q

Cosa porta alla diversificazione delle lingue? (ex. quando i latini hanno diffuso il latino in tutto il continente, come mai si sono poi create le varie lingue neolatine?)

A

Dal contatto con le lingue locali. I locali hanno imparato la lingua dei colonizzatori innestandola nella propria.

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17
Q

i due italiani standard di oggi: soluzione?

A

Ad oggi esistono due italiani standard:
-quello utilizzato dalla media dei parlanti nel secolo scorso, più alto = ‘standard letterario’.
-quello parlato dalla media dei parlanti oggi, più basso = ‘neostandard’ (poiché se prima parlavano l’italiano solo i “colti”, ad oggi sono aumentati i parlanti e quindi si è abbassato il livello in media).
In un mondo ideale, per gli aspetti burocratici si dovrebbe sempre utilizzare lo standard più basso al fine di rendere possibile la comprensione a tutti.

Soluzione: o usare la lingua comprensibile a tutti o dare a tutti gli strumenti per capire il registro più alto. In ogni caso, lo Stato ha il dovere di farsi capire.

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18
Q

‘diasistema’:

A

‘diasistema’: l’idea della lingua come un sistema di sistemi (cioè l’insieme di grammatiche anche diverse che si attivano e disattivano in base ai rapporti sociali.

19
Q

differenze e analogie fra linguaggio umano e non umano:

A

differenze:
il linguaggio umano possiede:
-produttività

-ricorsività

-sinonimia

-doppia articolazione!!

-umano: logos + phonè (linguaggio creativo) ; animale: prevalentemente phonè (linguaggio imitativo)

-segni linguistici umani: hanno variazione e formano una lingua poichè formano un sistema; segni animali: non hanno variazione e non sono un sistema (ma insieme/sequenza).

analogie:
-“periodo finestra”/periodo critico: se un bambino non viene stimolato dal punto di vista linguistico, affettivo e culturale egli non può imparare adeguatamente la lingua come un nativo. Lo stesso accade con gli animali.

-facilitazione sociale: il linguaggio è lo strumento più semplice per inserirsi in una rete sociale.

-“lallazione” (produzione di lunghe sequenze di suoni in una sorta di “gioco vocale”).

-produzione di canti in modo “produttivo” in alcune specie di uccelli canori

-ricco repertorio di “strategie comunicative” > successo riproduttivo.

20
Q

perchè l’uomo può parlere e gli animali no?

A

Questa differenza fra uomo e animale è stata usata come motivazione dagli avversatori di Darwin per screditare la sua teoria dell’evoluzione (data la differenza fra scimmie e uomo riguardo a linguaggio).

-E’ una differenza di tipo morfologico (forme della gola)? E’ parte del motivo, poiché dati gli studi del solo l’uomo ha un condotto vocale tale da poter esprimersi verbalmente
Un’ipotesi è che l’uomo ha la laringe più in basso rispetto agli altri primati, che permette agli animali di parlare. Ciò giustifica anche il fatto che l’uomo nasca con la laringe alta proprio per permettergli di respirare mentre viene allattato.

-O è un motivo neurologico? Poichè il 1° non è l’unico motivo. Si pensa che gli umani abbiano i collegamenti tra il cervello e le varie strutture anatomiche dell’apparato fonatorio (un po’ come la vista: tutti abbiamo gli occhi ma vediamo in modo diverso (ex. daltonismo) a seconda del collegamento che c’è fra occhio e cervello).

Esempio di ciò sono alcuni studi che dimostrano che uno scimpanzè potrebbe morfologicamente chiederci di sposarlo, ma non può mettere insieme queste informazioni al fine di formulare la frase neurologicamente (ex. il cervello animale non possiede la ricorsività, la produttività, sinonimia, variazione etc).

Quindi la capacità dell’uomo di parlare è data da diversi fattori, motivo per cui non bisogna pensare che l’uomo, nella sua evoluzione dalla scimmia, ha sviluppato immediatamente la capacità di parlare. E’ stato invece un processo graduale dato da svariati mutamenti, in cui anche l’acquisizione della posizione eretta ha avuto un ruolo importante (circa 8 milioni di anni fa) = vedi posizione eretta&raquo_space; cervello più grande&raquo_space; mandibola&raquo_space; mani libere.

Alcune delle caratteristiche che caratterizzano il linguaggio verbale dell’ homo sapiens sono presenti anche nel sistemi comunicativi di altri vertebrati (ex. l’arbitrarietà, la linearità, distanziamento, la trasponibilità di mezzo), ma la differenza con il linguaggio umano è che non esiste un’altra specie che le esprima tutte assieme e al livello di complessità della specie umana (ex. nessuno possiede l’onnipotenza semantica, la produttività, la doppia articolazione etc.)

Si è anche provato che è più semplice per il cervello animale gestire un linguaggio dei segni che verbale (e il linguaggio deittico è il progenitore di tutti gli altri modi di comunicare ). Ha invece difficoltà a gestire concetti astratti (ex. emozioni).
linguaggio umano: creativo (ex. può creare nuovi modi per esprimere concetti&raquo_space; lignua dei segni)
linguaggio animale: imitativo

Animali=generalmente simili ai cuccioli d’uomo (paradosso del linguaggio). La differenza sostanziale è che appena l’uomo raggiunge già i 4 anni circa, supera cognitivamente di gran lunga tutti gli altri animali dal punto di vista del linguaggio.

21
Q

‘gli atti linguistici’:

A

Ogni atto linguistico dice qualcosa e spesso cerca di suscitare una reazione (ogni atto linguistico ha un effetto concreto su chiunque sia il destinatario).

Ex. il riso che brucia sul fuoco» atto linguistico: “c’è il riso sul fuoco!!!!”

forma locutiva dell’atto linguistico: costruire un enunciato rispettando la struttura del sistema linguistico.

forza illocutiva dell’atto linguistico: intenzione con cui l’enunciato viene prodotto.

effetto perlocutivo dell’atto linguistico: effetto concreto, extralinguistico, che l’enunciato determina.

Ovviamente il funzionamento di un alto numero di enunciati dipende dal contesto linguistico di cui essi fanno parte (Ex. l’enunciato ‘le do 30 e lode’ provoca un effetto se lo dice un professore in sede universitaria, non se lo dico io a un mio coetaneo).

22
Q

cosa sono i ‘verbi performativi’?:

A

Sono i verbi che annullano la distinzione fra ‘atto locutivo’ e ‘atto compiuto’&raquo_space; ‘autorizzo’ ‘condanno’ ‘prometto’…

Ex. in ‘condanno’, l’atto illocutivo di condanna coincide con la realizzazione della condanna.

23
Q

le lingue e il linguaggio hanno avuto un’origine comune?

A

Per quanto riguarda il linguaggio umano per come lo intendiamo oggi, si pensa che tutti siamo derivati da un antenato comune che possedeva il linguaggio.

Per le lingue rispondere alla domanda è impossibile.
Possiamo però capire quando i nostri antenati erano capaci di parlare (ad esempio abbiamo trovato scheletri dell’uomo di Neanderthal in cui il trattato vocale è compatibile con la fonazione o in cui il cervello era abbastanza grande).
Non sappiamo se parlassero davvero o no, ma sappiamo che potevano farlo.

24
Q

dove si sono sviluppati?

A

Le lingue si sono sviluppate
in luoghi diversi indipendentemente.

Per quanto riguarda il linguaggio, probabilmente è nato dove è nato tutto, cioè nel corno d’Africa.
Successivamente i nostri antenati si sono diffusi nel resto del mondo.

25
Q

Perchè hanno avuto origine?

A

Probabilmente è stata una mutazione casuale per via di eventi casuali, ma il motivo per cui abbiamo mantenuto tale capacità è che era evolutivamente vantaggiosa.

Uno dei motivi che hanno permesso all’uomo a parlare è la posizione eretta, forse come conseguenza di un grande cambiamento climatico:
-i bipedi hanno generalmente sempre una temperatura corporea più bassa, poiché nei quadrupedi la superficie del corpo esposta al calore del sole è molto più ampia&raquo_space; una temperatura corporea più bassa comporta un cervello, che è assai sensibile al calore, più grande&raquo_space; capacità di sviluppare sistemi linguistici.

-aver liberato le mani dal compito di coadiuvare le gambe nelle motricità, rendendole disponibili per altre funzioni come il gesto deittico, che è il progenitore di tutti gli altri modi di comunicare poiché designa l’oggetto a cui mi riferisco.

-la mandibola è diventata più piccola insieme ai denti, ciò significa che nella cavità orale si crea più spazio per i movimenti della lingua (questo cambiamento succede principalmente poiché grazie alla posizione eretta si sviluppa maggiormente della caccia e nasce l’artigianato, finalizzato a dividere e strappare la carne al posto dei denti, relegandoli solo alla masticazione).

-la nascita dell’artigianato porta inoltre l’uomo a sviluppare relazioni sociali più complesse (per cacciare l’uomo capisce di aver bisogno di una rete sociale collettiva).

26
Q

in che modo il percorso ontogenetico (individuale) riproduce in piccolo il percorso evolutivo filogenetico (di tutta la specie umana)?

A

Poichè è come se ognuno, nell’apprendere una lingua, riproducesse la storia dell’evoluzione linguistica umana.

-3-5 mesi:il bambino produce pianti, gorgheggi, sorrisi e gridolini ,ma NON intenzionalmente

-6-8 mesi: è la fase cruciale, in cui il bambino comincia ad utilizzare l’apparato articolatorio, giocando con i primi suoni della lingua (“lallazione”&raquo_space; l’unica vocale è la “a” poiché la lingua non si muove né in avanti né indietro, ma rimane in basso nella bocca (è quindi la vocale più semplice da riprodurre).
Le consonanti prodotte (m,p, e successivamente b, essendo sonora) sono bilabiali (cioè si articolano muovendo le labbra): questo poiché le labbra sono la prima parte del corpo che un giovane sapiens impara ad usare consapevolmente poiché deve succhiare il latte)

-9-12 mesi: col passare del tempo aumenta l’influenza culturale e si è meno vincolati dalla natura, cioè in questo periodo il bambino dimostra di comprendere le parole che gli vengono rivolte dagli adulti, ma ancora non è in grado di ripeterle; indica e mostra oggetti, li prende e li consegna ad altri.
E’ anche in questa fase che il bambino acquista la posizione bipede (non si sa se questo collegamento fra l’acquisizione della posizione eretta nel bambino e lo sviluppo della comunicazione sia casuale o no).

-12-16 mesi: Il bambino dimostra di comprendere le parole che gli vengono rivolte dagli adulti, ma ancora non è in grado di ripeterle; indica e mostra oggetti, li prende e li consegna ad altri.

-16-18 mesi: il bambino capisce che tutte le cose intorno a lui hanno un nome. E’ in grado di imparare velocemente nuove parole, ma per comunicare si avvale ancora molto della gestualità.

-18-24 mesi: il vocabolario del bambino comprende circa 50 parole. Il bambino comincia a produrre micro-frasi di due o più parole, in genere per raccontare esperienze.

-2-3 anni: la costruzione delle è più “raffinata”: il vocabolario si arricchisce e si diversifica (Ex. utlizza aggettivi, li coniuga etc).

-3-4 anni: Il bambino comincia a usare parole astratte, pronomi e preposizioni. L’acquisizione della grammatica e dell’uso dei suoni del linguaggio risulta completata. Da questo momento in poi ci sarà un incremento progressivo del lessico e un affinamento nell’organizzazione sintattica delle frasi.

27
Q

paradossi del linguaggio:

A
  1. NON ESISTE L’APPARATO FONATIORIO: Nell’exattamento una struttura biologica (quindi un pezzo dell’organismo di un qualsiasi essere vivente) con una particolare funzione ne assume una nuova secondaria, indipendente dalla precedente (la nuova finisce per assecondarla o per sostituirla).
    Le lingue non hanno infatti una sede specifica nel nostro organismo, ma sfruttano strutture biologiche che si sono evolute per altre ragioni (l’apparato strettamente fonatorio non esiste, ma sfrutta funzioni secondarie dell’apparato respiratorio e di quello digerente).

altri esempi di exattamento:
-piume degli uccelli: originariamente finalizzate all’isolamento termico, ora utilizzate per volare.
-gli arti superiori della specie Homo, che nella postura eretta non servono più per la locomozione e possono specializzarsi in altre funzioni (ex. la prensione, la manipolazione degli oggetti, il gesto…).

  1. NON SI NASCE POTEBDO PARLARE: appena nato il bambino non ha la conformazione della bocca corretta per poter parlare. La sviluppa con gli anni.
    Quindi è vero che la capacità di imparare una lingua è innata/naturale (linguaggio),
    Ma le lingue di per sè sono apprese, poichè l’uomo non nasce con la capacità di parlare, ma la apprende con gli anni (ma ha il potenziale per impararla).
  2. SI IMPARA PER DIMENTICANZA: appena nati non distinguiamo i foni che corrispondono alle unità di seconda articolazione (che servono quindi per comunicare) dagli altri suoni che il nostro apparato fonatorio può emettere (click ect).
    Crescendo, impariamo a parlare dimenticando i suoni che non appartengono al fenomeno della lingua.
28
Q

vantaggi di saper parlare una lingua:

A

Grazie alle lingue possiamo “ereditare” le conoscenze di tutte le generazioni precedenti. Questa è la strategia di adattamento nell’ecosistema più efficace di tutte, poiché ci permette di scampare ai pericoli già conosciuti dai nostri antenati.
Questo non è possibile ad esempio negli animali, poiché la conoscenza/cultura che hanno rimane individuale, non si tramanda cioè di generazione in generazione.

Data questa efficace capacità di adattamento, l’uomo è la specie che progredisce più di tutte.

29
Q

differenza ‘errore grammaticale’ e ‘errore ortografico’:

A

grammatica: insieme di norme convenzionali che regolano il saper parlare bene una lingua&raquo_space; errori che si riflettono anche nello scritto (ex. indicativo al posto del congiuntivo, mancata concordanza nome aggettivo)

ortografia: insieme di norme convenzionali che regolano il saper scrivere bene in una lingua&raquo_space; errori che si vedono concretamente solo nello scritto, non nel parlato.

La punteggiatura e l’accentuazione, dato che hanno influenza nel parlato, fanno parte della grammatica.

30
Q

le opposizioni fonologiche: criteri di distinzione dei fonemi:

A

OPPOSIZIONI FONOLOGICHE:
1. opposizioni bilaterali: la base di comparazione (cioè i tratti che hanno in comune) vale solo per i due membri dell’opposizione e non si presenta in nessun altro membro del sistema (es. /p/ vs. /b/)&raquo_space; sono entrambe occlusive bilabiali.

  1. opposizioni multilaterali: la base di comparazione è comune ad altri termini del sistema (ex. l’essere occlusive o bilabiali)
  2. opposizioni isolate: il rapporto fra i due membri non si ripete in nessun’altra coppia di fonemi (c’è un’opposizione isolata quando due fonemi non hanno nessuna caratteristica comune, ex. /r/ /p/)
  3. opposizioni proporzionali: il rapporto tra due membri è uguale a quello tra altri
    due membri del sistema (es. /p/ vs /b/=/t/ vs /d/, ecc.)
  4. opposizioni privative: uno dei due termini è marcato, cioè ha un elemento che l’altro non ha (es. /p/ vs. /b/)
  5. opposizioni graduali: i due elementi possiedono la stessa caratteristica, ma in grado diverso (es. /e/ vs /i/), che sono entrambi suoni alti ma la e è medio-alta e la i è alta.
  6. opposizioni equipollenti: c’è una equivalenza logica tra i due membri (es. /p/ vs /t/ vs /k/)
  7. opposizioni costanti: valide a prescindere dal contesto.
  8. opposizione neutralizzabili: valide sono in alcuni contesti (es. [e] vs [ɛ]). (la validità della distinzione a volte viene soppressa).
31
Q

sulla definizione di parola:

A

Inoltre c’è una variazione interlinguistica della nozione di parola (in alcune lingue, come quelle agglutinanti o plurisintattiche, una singola parola comprende più parole in italiano).

La nozione di parola è poblematica perchè si definisce in criteri diversi in base alle varie discipline linguistiche (la parola può essere grammaticale (morfosintattica) o fonologica).

Tuttavia, questi livelli di analisi hanno criteri differenti per stabilire ciò che è parola o no.

ex. i composti sono parole in morfologia e sintassi poiché rispettano i criteri elencati sotto, ma non fonologicamente, poiché presenta due accenti primari.

ex 2. oppure: in parole come ‘a+sociale’, la divisione morfemica porta a una non sonorizzazione della fricativa ‘s’, anche se si trova in posizione intervocalica (poiché la divisione in morfemi separati ce le fa percepire come appartenenti a due sillabe diverse).
In parole come ‘asola’, in cui non c’è una divisione morfemica di quel tipo, la fricativa ‘s’ viene invece sonorizzata&raquo_space; ‘z’.
Quindi, fonologicamente, “asociale” non potrebbe essere considerato un’unica parola poichè viene meno la regola fonetica delle fricative alveolari sorde in posizione intervocalica (o davanti a una consonante sonora).

Tuttavia, per convenzione noi riteniamo parole quelle che rispettano i criteri per essere definite ‘grammaticali’, non fonologiche&raquo_space; si è deciso di definire parola in base alla combinazione di vari criteri, come:
-COESIONE: si definisce parola ogni sequenza di elementi linguistici che non può essere interrotta dall’aggiunta di altro materiale linguistico
-PAUSABILITA’: si definisce parola ogni sequenza di elementi linguistici che può essere preceduta e seguita, ma non interrotta da una pausa.
-MOBILITA’: si definisce parola ogni sequenza di elementi linguistici che occorrono in un ordine fisso e si spostano ‘in blocco’
-ISOLABILITA’: si definisce parola ogni sequenza di elementi linguistici che da sola può costituire un enunciato di senso compiuto

-SIGNIFICATO: si definisce parola ogni sequenza di elementi linguistici che ha un significato convenzionale (composto da generalmente una parte fissa/base lessicale e da almeno una parte variabile (morfema flessionale/derivazionale).

Più un elemento risponde a questi criteri, più è vicino all’idea che il parlante ha di parola (ma non deve necessariamente rispettarli tutti. ex. gli articoli o le preposizioni).

32
Q

come si può stabilire cosa sia flessione e cosa sia derivazione?

A

PAROLE DERIVATE:
-sono parole nuove (diverse dalla parola base)
-può lessicalizzarsi
-non è obbligatoria (se esiste la derivazione verbale di un nome, non è detto che tutti i nomi abbiano una derivazione verbale)
-non è rilevante per la sintassi (la parola derivata non si accorda con altri elementi sintattici rispetto alla categoria morfologica espressa dal suffisso. Cioè si dice ‘un saldatore bravo’, non ‘un saldatore bravotore’).
-‘criterio della sostituibilità’, la parola derivata può essere sostituita da altre parole in cui la categoria morfologica espressa dall’affisso non è realizzata. ex. in ‘una pizza im-mangiabile’&raquo_space; ‘una pizza mangiabile’&raquo_space; ‘una pizza bruciata’&raquo_space; ‘una pizza eccellente’

PAROLE FLESSE:
-non sono parole nuove
-non possono lessicalizzarsi
-la flessione è obbligatoria (cioè caratterizza tutte le parole di quella categoria di parole. ex. tutti i nomi esprimono la flessione di genere e numero, tutti i verbi quella dei tempi)
-è rilevante per la sintassi (è obbligata dal contesto si accorda agli altri elementi del sintagma).
-‘criterio della sostituibilità’: la parola flessa può essere sostituita solo da un’altra parola che rispetti la categoria morfologica espressa dall’affisso (ex. una parola flessa al maschile singolare può essere sostituita solo da un’altra parola flessa al maschile singolare).

33
Q

i sistemi di scrittura:

A

-glottografici (che sono letti e capiti solo da chi conosce la lingua). A sua volta si dividono in: logografico (trascrizione del significato=immagini che formano parole=rebus) e fonografico (suoni trasposti tramite grafema=trascrizione del significante).
Non esiste alcun sistema di scrittura che può trasmettere entrambi gli aspetti di uno stesso segno, significato e significante (anche se nessun sistema di scrittura è totalmente logografico o fonografico).

-semasiografici (possono essere interpretati anche da chi non conosce la lingua, poichè ne sono in realtà indipendenti). Al contrario di quelli logografici, non vi è una direzione di scrittura o lettura. Sono come una fotografia.

Chiaramente hanno stretti vantaggio i sistemi glottografici, in particolare fonografici.

34
Q

Problemi con lo schwa dal punto di vista linguistico:

A

-un grafema
non è un grafema perchè questa sarebbe una soluzione ortografica, non grammaticale, e quindi avremo un grafema privo di qualsiasi sostanza fonica.

-un fono e un fonema
non è un fonema perchè: cambiare ‘d’ufficio’ il sistema fonologico di una lingua è impossibile.

-un morfema
non è un morfema perchè cambia significato a seconda del contesto (ex. in student* rappresenta sia a/e, ma anche e/i).

Mentre per i nomi femminile la questione è molto più semplice, poichè lo schema per tali nomi è già esistente (-ice/essa etc), ed i nomi della 3° classe (che terminano in -e al singolare, ex. “presidente”) sono marcati per il genere non dalla desinenza, ma dall’articolo.
Nei casi in cui non è presente uno schema fisso, basterebbe solo mettersi d’accordo su una forma.

35
Q

i composti:

A

Un composto è l’unione di due o più forme a cui i parlanti nativi attribuiscono autonomia lessicale e tra i quali vige una relazione che è marcata mediante zero (le due forme sono semplicemente giustapposte/attaccate) o mediante strategie puramente morfologiche (cioè non sintattiche).

ex. capostazione: parola composta
luna di miele: sintagma

I composti si classificano per il rapporto fra i costituenti:
-subordinato (uno dei costituenti è subordinato all’altro/subisce l’azione)
-attributivi (uno dei costituenti è facoltativo, dà solo un attributo all’altro, ma serve solo a restringere il novero dei potenziali elementi).
-coordinativi (i costituenti sono equivalenti)

In base alla testa
-composti endocentrici: con la testa (hanno il loro baricentro all’interno del composto).
-composti esocentrici: non hanno la testa (hanno il loro baricentro fuori dal composto) (ex. Emilia-Romagna&raquo_space; non è nè un tipo di Emilia nè un tipo di Romagna, ma è la somma delle due)

Per capire se è un composto endocentrico o esocentrico basta chiedersi quale elemento si flette al plurale, e se il composto è un tipo di… o no.

36
Q

i diversi tipi di contatto interlinguistico:

A

DIVERSI TIPI DI CONTATTO:
-effetto di substrato/sostrato (ex. italiano standard e volgari):
lingue già esistenti e lingua che arriva&raquo_space;> sopravvive la lingua che arriva (lingua nuova) e le lingue preesistenti nel frattempo di fatto scompaiono, ma lasciano tracce nella lingua che è arrivata e che ha vinto, come l’accento o la cadenza).

-effetto di superstrato (maltese e italiano):
lingue già esistenti e lingua che arriva&raquo_space;> vince la lingua già esistente; la lingua che arriva e che si è sovrapposta non scalfisce il maltese come lingua ufficiale, ma ha comunque lasciato delle tracce.

-effetto di adstrato (aree linguistiche):
lingue già esistenti e lingua che arriva&raquo_space;> si contaminano reciprocamente e, pur mantenendo la propria identità, tendono ad assomigliarsi sempre di più senza che una determini l’estinzione dell’altra (plurilinguismo).

37
Q

fenomeno dei pidgin e dei creoli:

A

Le lingue pidgin e creole non sono classificabili dal punto di vista genealogico;

Il pidgin è una lingua ridotta all’essenziale (non presenta variazioni), che nasce in situazioni di contatto, spesso forzato, tra gruppi umani con lingue madri differenti e non reciprocamente intelligibili, in cui, tuttavia, è indispensabile uno strumento condiviso di comunicazione;
ex.
nelle prime fasi dei processi di colonizzazione (ex. la popolazione aborigena che ha la necessità di parlare con chi tenta di colonizzarli, che quindi non hanno il tempo di sviluppare una lingua elaborata&raquo_space; gli aborigeni imparano solamente il lessico necessario della lingua dei conquistatori e lo montano sulla grammatica della loro lingua, in modo da farsi capire).

quindi Pidgin: lingue di contatto che hanno un lessico di una lingua (lingua lessificatrice) e la grammatica della lingua nativa.

La maggior parte di queste lingue si estingue quando vengono meno le premesse che hanno contribuito a generale, cioè quando il rapporto tra i gruppi umani entrati in contatto cessa e non serve più una lingua per comunicare.
Tuttavia ciò non sempre accade; può succedere che una generazione smetta di parlare in lingua nativa ai propri figli, ma in pidgin (e se la condizione di esistenza delle lingue storico-naturali è che esista una generazione madrelingua di tale lingua, in quel caso quella lingua pidgin è diventata a tutti gli effetti una lingua storico-naturale)

Il pidgin si sviluppa in un ‘creolo’ quando diventa lingua materna di una comunità (cioè assume parlanti nativi). Il creolo ovviamente diventa così più complesso, assumendo flessioni e derivazioni proprie, diverse sia da quelle della lingua nativa che della lingua di contatto.

38
Q

sull’analisi morfologica: casi ‘caffettiera’ e ‘cittadino’

A

L’italiano, nel cambiamento da una parte del discorso a un’altra, tende ad aggiugnere alla fine della parola delle consonanti in più (dette ‘consonanti eufoniche’) al fine di non produrre iati.

ex. città&raquo_space; citta+d+in+o (d=consonante eufonica, da NON confondere con un morfema)

caffettiera&raquo_space; caffe+tt+ier+a
(tt: consonanti eufoniche)

Le consonanti eufoniche si distinguono dai morfemi poichè esse non si ritrovano in più parole con lo stesso significato.
Servono solo a rendere più pronunciabile una parola.

39
Q

differenza fra ‘lingue pidgin’ e maltese:

A

E’ difficile poter considerare il maltese una lingua pidgin che è poi diventata creola, poichè è vero che il maltese ha una struttura semitica solitamente innestata del lessico delle lingue che l’hanno influenzato, ma esso non nasce in una situazione di necessità strettamente comunicativa con le popolazioni conquistatrici, e non vi è una rigida divisione interna tra lessico della lingua di superstrato e grammatica della lingua di substrato.
Le lingue creole tendono poi a complicarsi e ad assumere proprie strutture grammaticali, differenti da quelle della lingua d’origine. Il maltese ha sempre mantenuto una grammatica prettamente semitica e non ha mai assunto una struttura semplificata.

Il maltese non ha un lessico prettamente europeo (ma ha un lessico
eterogeneo: 57% origine romanza), e le parole di base e funzionali restano semitiche.
La sua grammatica è anch’essa rimasta praticamente invariata nella sua forma semitica (ex. essere introflessiva), se non integrata con le forme che erano mancanti nella sua origine semitica (ex. accrescitivi).

40
Q

i fonemi sono un segno linguistico?

A

No, perché i fonemi non recano un significato (non riportano a un corrispettivo nella realtà diverso da tale fonema) e un referente (l’elemento nella realtà).

Se immagino il fonema ‘a’, l’immagine non mi riporta a un qualcos’altro (come fanno i segni), ma sempre e solo alle varie realizzazioni di ‘a’ (i foni).

Le unità più piccole portatrici di significato sono i morfemi (se penso al morfema ‘anti-‘, recepisco il messaggio di ‘contrario’ ‘opposto’).
Si può dire che i fonemi sono le unità in cui si scompongono a loro volta i morfemi (perdendo significato).

41
Q

esperimento washoe: cosa voleva dimostrare e conclusioni:

A

l’esperimento Washoe voleva mostrare i limiti cognitivi delle scimmie.

Washoe è stata uno scimpanzé esposto sin dall’infanzia a lingua dei segni e umani che tentavano di comunicare con lei, al fine di capire se fosse possibile ridurre la barriera comunicativa fra uomini e animali.
Alla fine Washoe imparò di fatto alcune espressioni della lingua dei segni, lasciandone alcune in eredità anche ai suoi figli.

Non dobbiamo però pensare che questi significhi che la differenza di linguaggio fra uomini e animali sia piccola, perché Washoe aveva imparato solo poche e basiche espressioni e gli studiosi hanno capito che in realtà lei rispondeva a degli stimoli con gesti appresi meccanicamente, piuttosto che capire effettivamente il significato dei segni utilizzati.
Inoltre, gli animali non potrebbero mai anche solo imparare un sistema di comunicazione complesso come la lingua dei segni (che è solo il presupposto della lingua verbale) senza l’intervento umano.

La differenza sostanziale quindi è che esponendoli a un sistema di comunicazione umano, il linguaggio che vanno a sviluppare gli animali è sempre imitativo, non creativo (un animal le, al contrario del’uomo, può solo imitare e riprodurre messaggi a cui ha assistito, motivo per cui nessuno di loro possiede l’onnipotenza semantica).

42
Q

proprietà della lingua a livello sintagmatico: la dipendenza dalla struttura

A

Le relazioni fra oggetti linguistici diversi non sono mai basate sul vincolo della linearità.

Le nostre lingue sul piano dell’espressione e del contenuto sono inevitabilmente lineari (ex. per unire più fonemi dobbiamo unirli uno dopo l’altro e così via, e il significato può variare a seconda dell’ordine che le parole hanno nella frase)

Ma le parole possono avere una relazione diretta (ex. soggetto-verbo-complemento oggetto) anche con elementi che sono linearmente distanti.
Ex. “La ragazza di Pietro suona bene il pianoforte”.

In questo caso “ragazza” è in relazione con “suona”, anche se sono distanti.

L’interpretazione delle frasi dipende quindi sì dall’ordine dei costituenti, ma soprattutto dalla struttura gerarchica che si instaura tra di essi (che va infatti oltre la linearità, cioè ne fa a meno&raquo_space; due elementi direttamente legati possono trovarsi lontani), poiché l’ordine degli elementi nella frase ha una certa libertà, mentre la gerarchia sintattica no).

Questo perché la linearità degli elementi non sempre è sufficiente a favorire un senso alla frase, ma è necessaria la presenza degli elementi direttamente relazionati.

A questo proposito, una frase può essere analizzata attraverso 2 prospettive:
-analisi sintagmatica (in presenza): cioè l’analisi della relazione che un elemento ha con gli altri elementi presenti nella frase.

-paradigmatica (in assenza): la relazione che un elemento della frase ha con elementi non presenti nella frase ma che potrebbero esserlo al suo posto in altri contesti.

43
Q

definizione di ‘frame’:

A

‘frame’: schematizzazione mentale di un concetto attraverso l’associazione a un fenomeno generale (ex. frame della guerra&raquo_space; nemico, comandante, sconfitti).
Più vi sono somiglianze fra il concetto specifico e il frame (ex. presenza di un nemico etc.), più è facile l’associazione fra i due.