L’estinzione Del Rapporto Di Lavoro Flashcards
(68 cards)
Parlami dell’effetto estintivo
L’effetto estintivo è la cessazione del rapporto di lavoro, ossia lo scioglimento del vincolo contrattuale tra datore e lavoratore. Non è un istituto autonomo, ma rappresenta l’effetto giuridico finale che può derivare da vari atti o fatti: recesso (licenziamento o dimissioni), risoluzione consensuale, impossibilità sopravvenuta, morte del lavoratore, oppure una risoluzione giudiziale
In che senso i rapporti obbligatori possono risolversi per impossibilità sopravvenuta e in che condizioni?
I rapporti obbligatori possono risolversi per impossibilità sopravvenuta quando una delle prestazioni dedotte nel contratto diventa oggettivamente impossibile da eseguire per cause non imputabili a nessuna delle parti.
La risoluzione consensuale
La risoluzione consensuale, o “mutuo consenso”, è una modalità di estinzione del rapporto di lavoro che si basa sull’accordo delle parti. Il testo la definisce come un “negozio in frode alla legge”, il che evidenzia una certa problematicità o un potenziale uso distorto. In pratica, le parti, lavoratore e datore di lavoro, decidono congiuntamente di porre fine al rapporto
In che senso il mutuo consenso sia un negozio in frode alla legge
Il testo afferma che il mutuo consenso è un “negozio in frode alla legge”. Questo significa che, pur essendo formalmente valido, viene utilizzato per eludere l’applicazione di norme imperative o per raggiungere un risultato vietato dall’ordinamento giuridico. Nel contesto del rapporto di lavoro, il problema sorge perché il mutuo consenso può essere utilizzato per aggirare le tutele previste per il lavoratore in caso di licenziamento.
Pertanto, la giurisprudenza e la dottrina tendono a vedere con sospetto il mutuo consenso, specialmente quando non accompagnato da una chiara e genuina manifestazione di volontà del lavoratore, e si preoccupano che possa essere uno strumento per privare il lavoratore delle garanzie stabilite dalla legge a sua tutela contro il recesso unilaterale del datore di lavoro
In che senso la possibilità di applicare al contratto di lavoro la risoluzione giudiziale del contratto di lavoro per inadempimento è negativa?
La risoluzione giudiziale per inadempimento (art. 1453 c.c.) è in teoria applicabile anche al contratto di lavoro, ma è inadeguata perché il rapporto di lavoro ha strumenti propri: il datore può licenziare per giusta causa o motivo soggettivo, il lavoratore può dimettersi per giusta causa.
Quindi, la risoluzione giudiziale è considerata “negativa” perché non necessaria né adatta: il diritto del lavoro prevede già rimedi specifici per l’inadempimento.
Parlami del recesso
Il recesso è la facoltà riconosciuta a una delle parti di sciogliere unilateralmente il contratto, ponendo fine al rapporto giuridico. Nel contesto del contratto di lavoro, il recesso assume diverse forme e ha regole molto specifiche, che lo distinguono dal recesso generico del diritto civile.
Parlami del recesso ordinario e del recesso straordinario
recesso ordinario è legato all’articolo 2118 del Codice Civile, che stabilisce il principio del libero recesso da parte del datore di lavoro o del lavoratore. Questo significa che, salvo specifiche eccezioni, il rapporto di lavoro a tempo indeterminato può essere interrotto da ciascuna delle parti, con l’obbligo di dare il preavviso
Il recesso straordinario, invece, viene menzionato in relazione alla “giusta causa”. si tratta di un recesso “in tronco”, cioè senza preavviso, che può avvenire in presenza di un grave inadempimento o di un comportamento tale da non consentire la prosecuzione, anche provvisoria, del rapporto di lavoro.
Parlami della differenza tra dimissioni e licenziamento
Le dimissioni sono l’atto con cui il lavoratore pone fine al rapporto di lavoro
Il licenziamento è l’atto con cui il datore di lavoro pone fine al rapporto di lavoro.
Parlami del recesso ad nutum
Il recesso “ad nutum” viene menzionato come la facoltà di recedere dal contratto di lavoro a tempo indeterminato senza dover addurre una specifica motivazione.
Si dice che “sia il lavoratore che il datore di lavoro possano liberamente recedere” da un contratto a tempo indeterminato, con l’obbligo di dare il preavviso
Parlami dell’indennità di mancato preavviso
L’indennità di mancato preavviso è un risarcimento che subentra quando una delle parti recede dal contratto di lavoro senza rispettare il termine di preavviso previsto
Se il preavviso non viene dato, la parte che recede è tenuta a corrispondere all’altra una indennità “equivalente all’importo della retribuzione che sarebbe spettata per il periodo di preavviso”.
Parlami della natura reale oppure obbligatoria del preavviso
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Recesso per giusta causa
definiscono la giusta causa come un evento che “non consenta la prosecuzione, anche provvisoria, del rapporto di lavoro”. Questo implica una gravità tale da giustificare l’interruzione immediata del contratto, senza preavviso
Le dimissioni e la risoluzione consensuale del rapporto di lavoro devono avvenire a pena di inefficacia cioè esclusivamente con modalità telematiche
le dimissioni e la risoluzione consensuale del rapporto di lavoro devono essere effettuate “esclusivamente con modalità telematiche, a pena di inefficacia”. Questo requisito è stato introdotto per garantire l’autenticità e la libertà del consenso del lavoratore al momento della cessazione del rapporto. L’obiettivo è prevenire dimissioni “in bianco” o accordi di risoluzione non genuini. Si menziona che l’onere della prova in caso di contestazione spetta al datore di ilavoro, il che rafforza la tutela del lavoratore.
Perché il licenziamento ad nutum da regola diventa eccezione?
il licenziamento ad nutum è diventato un’eccezione a seguito dell’introduzione di norme che limitano la facoltà del datore di lavoro di recedere liberamente dal rapporto, introducendo l’obbligo di fornire una “giusta causa” o un “giustificato motivo”.
Le ipotesi in cui è tuttora applicabile il regime codicistico del recesso ad nutum.
1 Licenziamenti a seguito di pensionamento: Per i lavoratori che hanno raggiunto l’età pensionabile, il licenziamento può avvenire ad nutum.
2 Lavoratori in prova Il licenziamento ad nutum è consentito durante il periodo di prova, in quanto questo periodo è finalizzato a valutare le reciproche convenienze del rapporto di lavoro
3 Lavoratori sportivi professionisti
Legge n. 108/1990 e art. 18 dello Statuto dei Lavoratori
La L. 108/1990 ha completato il sistema dei licenziamenti individuali distinguendo tra imprese sopra e sotto i 15 dipendenti.
• L’art. 18 nella sua versione originaria prevedeva la reintegrazione nel posto di lavoro e il risarcimento dei danni in caso di licenziamento illegittimo, ma è stato modificato profondamente dalla Riforma Fornero (L. 92/2012) e poi dal Jobs Act (D.lgs. 23/2015) per i nuovi assunti.
• Oggi esiste una doppia disciplina: quella “vecchia” per i rapporti pre-Jobs Act e quella del contratto a tutele crescenti per i rapporti successivi.
Perché i dirigenti sono esclusi dalla disciplina limitativa dei licenziamenti?
In particolare, si tratta di un rapporto fortemente fiduciario, in cui il dirigente ricopre un ruolo di responsabilità e autonomia al vertice dell’organizzazione aziendale. Proprio per questo, la legge riconosce al datore di lavoro una maggiore libertà di recesso, ritenendo che la perdita di fiducia comprometta l’efficacia del rapporto.
A fronte dell’assenza di tutele reintegratorie, in caso di licenziamento illegittimo il dirigente ha comunque diritto a un risarcimento del danno, spesso disciplinato da contratti collettivi o accordi individuali, che prevedono indennità supplementari.
Questa disciplina più flessibile è giustificata dalla particolarità del ruolo dirigenziale, che si distingue nettamente da quello del lavoratore subordinato comune.
In che senso la legge Fornero ha disposto la retrodatazione dell’effetto del licenziamento
retrodatazione dell’efficacia del licenziamento, specificando che l’effettiva data di cessazione del rapporto di lavoro, ai fini del calcolo delle indennità e delle contribuzioni, coincide con la data di comunicazione del licenziamento.
In che senso il limite imposto al potere di recesso del datore di lavoro è di carattere sostanziale o cosiddetto causale
Il limite imposto al potere di recesso del datore di lavoro è di carattere sostanziale o causale nel senso che il licenziamento non è una mera facoltà discrezionale del datore di lavoro, ma deve essere giustificato da una causa specifica e oggettivamente valida.
In che senso affinché il licenziamento sia legittimo deve necessariamente ricorrere una giusta causa o un giustificato motivo
la Legge n. 604 del 1966 ha introdotto questo principio, segnando il passaggio dal principio del “libero licenziamento” alla necessità di una motivazione valida per la cessazione del rapporto di lavoro. La “giusta causa” e il “giustificato motivo” rappresentano le uniche basi legali su cui il datore di lavoro può fondare un licenziamento, garantendo così la tutela del lavoratore contro licenziamenti pretestuosi o ingiustificati.
Parlami della sostanziale assimilazione del recesso ordinario a quello straordinario per giusta causa
Originariamente, il recesso straordinario era l’unico a richiedere una “giusta causa” tale da non consentire la prosecuzione, anche provvisoria, del rapporto. Con l’introduzione della Legge n. 604 del 1966, che ha esteso la necessità di un “giustificato motivo” anche al recesso ordinario, la differenza sostanziale tra i due si è attenuata.
Parlami della distinzione tra recesso ordinario e recesso straordinario
Il recesso ordinario è quello che richiede un giustificato motivo e comporta l’obbligo per il datore di lavoro di concedere al lavoratore un periodo di preavviso. Durante il preavviso, il rapporto di lavoro prosegue regolarmente.
Il recesso straordinario, invece, si fonda sulla giusta causa, una ragione talmente grave da non consentire la prosecuzione, nemmeno provvisoria, del rapporto di lavoro. Per questo motivo, in caso di giusta causa, il licenziamento ha effetto immediato e il datore di lavoro non è tenuto a dare il preavviso.
In che senso licenziamento per giusta causa e per giustificato motivo comporta effetti differenti soltanto per ciò che concerne il preavviso
licenziamenti per giusta causa e per giustificato motivo comportano effetti differenti quasi esclusivamente per ciò che concerne il preavviso. In entrambi i casi, il licenziamento è legittimo solo se esiste una causa valida. La differenza fondamentale risiede nel:
Licenziamento per giusta causa: non è dovuto il preavviso, e il rapporto di lavoro cessa immediatamente a causa della gravità della condotta o dell’evento.
Licenziamento per giustificato motivo: è dovuto il preavviso, e il rapporto di lavoro prosegue per un certo periodo prima della sua effettiva cessazione.
Parlami della nozione di giusta causa contenuta nell’articolo 2119 c.c.
La giusta causa è una causa che non consente la prosecuzione, neppure provvisoria, del rapporto di lavoro. Si tratta di un fatto talmente grave da ledere irrimediabilmente il vincolo fiduciario tra datore e lavoratore. È l’ipotesi più grave di recesso, che legittima il licenziamento in tronco, cioè senza preavviso. L’espressione “giusta causa” è contenuta nell’art. 2119 c.c.
In che senso il concetto di fiducia va riportato entro i limiti dell’affidamento del creditore nell’esattezza dei successivi adempimenti?
Ciò che rileva è se il datore, in qualità di creditore della prestazione, possa ancora confidare che il lavoratore eseguirà correttamente e lealmente le future prestazioni.