L’estinzione Del Rapporto Di Lavoro Flashcards

(68 cards)

1
Q

Parlami dell’effetto estintivo

A

L’effetto estintivo è la cessazione del rapporto di lavoro, ossia lo scioglimento del vincolo contrattuale tra datore e lavoratore. Non è un istituto autonomo, ma rappresenta l’effetto giuridico finale che può derivare da vari atti o fatti: recesso (licenziamento o dimissioni), risoluzione consensuale, impossibilità sopravvenuta, morte del lavoratore, oppure una risoluzione giudiziale

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2
Q

In che senso i rapporti obbligatori possono risolversi per impossibilità sopravvenuta e in che condizioni?

A

I rapporti obbligatori possono risolversi per impossibilità sopravvenuta quando una delle prestazioni dedotte nel contratto diventa oggettivamente impossibile da eseguire per cause non imputabili a nessuna delle parti.

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3
Q

La risoluzione consensuale

A

La risoluzione consensuale, o “mutuo consenso”, è una modalità di estinzione del rapporto di lavoro che si basa sull’accordo delle parti. Il testo la definisce come un “negozio in frode alla legge”, il che evidenzia una certa problematicità o un potenziale uso distorto. In pratica, le parti, lavoratore e datore di lavoro, decidono congiuntamente di porre fine al rapporto

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4
Q

In che senso il mutuo consenso sia un negozio in frode alla legge

A

Il testo afferma che il mutuo consenso è un “negozio in frode alla legge”. Questo significa che, pur essendo formalmente valido, viene utilizzato per eludere l’applicazione di norme imperative o per raggiungere un risultato vietato dall’ordinamento giuridico. Nel contesto del rapporto di lavoro, il problema sorge perché il mutuo consenso può essere utilizzato per aggirare le tutele previste per il lavoratore in caso di licenziamento.

Pertanto, la giurisprudenza e la dottrina tendono a vedere con sospetto il mutuo consenso, specialmente quando non accompagnato da una chiara e genuina manifestazione di volontà del lavoratore, e si preoccupano che possa essere uno strumento per privare il lavoratore delle garanzie stabilite dalla legge a sua tutela contro il recesso unilaterale del datore di lavoro

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5
Q

In che senso la possibilità di applicare al contratto di lavoro la risoluzione giudiziale del contratto di lavoro per inadempimento è negativa?

A

La risoluzione giudiziale per inadempimento (art. 1453 c.c.) è in teoria applicabile anche al contratto di lavoro, ma è inadeguata perché il rapporto di lavoro ha strumenti propri: il datore può licenziare per giusta causa o motivo soggettivo, il lavoratore può dimettersi per giusta causa.

Quindi, la risoluzione giudiziale è considerata “negativa” perché non necessaria né adatta: il diritto del lavoro prevede già rimedi specifici per l’inadempimento.

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6
Q

Parlami del recesso

A

Il recesso è la facoltà riconosciuta a una delle parti di sciogliere unilateralmente il contratto, ponendo fine al rapporto giuridico. Nel contesto del contratto di lavoro, il recesso assume diverse forme e ha regole molto specifiche, che lo distinguono dal recesso generico del diritto civile.

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7
Q

Parlami del recesso ordinario e del recesso straordinario

A

recesso ordinario è legato all’articolo 2118 del Codice Civile, che stabilisce il principio del libero recesso da parte del datore di lavoro o del lavoratore. Questo significa che, salvo specifiche eccezioni, il rapporto di lavoro a tempo indeterminato può essere interrotto da ciascuna delle parti, con l’obbligo di dare il preavviso

Il recesso straordinario, invece, viene menzionato in relazione alla “giusta causa”. si tratta di un recesso “in tronco”, cioè senza preavviso, che può avvenire in presenza di un grave inadempimento o di un comportamento tale da non consentire la prosecuzione, anche provvisoria, del rapporto di lavoro.

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8
Q

Parlami della differenza tra dimissioni e licenziamento

A

Le dimissioni sono l’atto con cui il lavoratore pone fine al rapporto di lavoro

Il licenziamento è l’atto con cui il datore di lavoro pone fine al rapporto di lavoro.

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9
Q

Parlami del recesso ad nutum

A

Il recesso “ad nutum” viene menzionato come la facoltà di recedere dal contratto di lavoro a tempo indeterminato senza dover addurre una specifica motivazione.

Si dice che “sia il lavoratore che il datore di lavoro possano liberamente recedere” da un contratto a tempo indeterminato, con l’obbligo di dare il preavviso

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10
Q

Parlami dell’indennità di mancato preavviso

A

L’indennità di mancato preavviso è un risarcimento che subentra quando una delle parti recede dal contratto di lavoro senza rispettare il termine di preavviso previsto

Se il preavviso non viene dato, la parte che recede è tenuta a corrispondere all’altra una indennità “equivalente all’importo della retribuzione che sarebbe spettata per il periodo di preavviso”.

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11
Q

Parlami della natura reale oppure obbligatoria del preavviso

A

Da fare con chat gpt meglioooo

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12
Q

Recesso per giusta causa

A

definiscono la giusta causa come un evento che “non consenta la prosecuzione, anche provvisoria, del rapporto di lavoro”. Questo implica una gravità tale da giustificare l’interruzione immediata del contratto, senza preavviso

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13
Q

Le dimissioni e la risoluzione consensuale del rapporto di lavoro devono avvenire a pena di inefficacia cioè esclusivamente con modalità telematiche

A

le dimissioni e la risoluzione consensuale del rapporto di lavoro devono essere effettuate “esclusivamente con modalità telematiche, a pena di inefficacia”. Questo requisito è stato introdotto per garantire l’autenticità e la libertà del consenso del lavoratore al momento della cessazione del rapporto. L’obiettivo è prevenire dimissioni “in bianco” o accordi di risoluzione non genuini. Si menziona che l’onere della prova in caso di contestazione spetta al datore di ilavoro, il che rafforza la tutela del lavoratore.

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14
Q

Perché il licenziamento ad nutum da regola diventa eccezione?

A

il licenziamento ad nutum è diventato un’eccezione a seguito dell’introduzione di norme che limitano la facoltà del datore di lavoro di recedere liberamente dal rapporto, introducendo l’obbligo di fornire una “giusta causa” o un “giustificato motivo”.

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15
Q

Le ipotesi in cui è tuttora applicabile il regime codicistico del recesso ad nutum.

A

1 Licenziamenti a seguito di pensionamento: Per i lavoratori che hanno raggiunto l’età pensionabile, il licenziamento può avvenire ad nutum.
2 Lavoratori in prova Il licenziamento ad nutum è consentito durante il periodo di prova, in quanto questo periodo è finalizzato a valutare le reciproche convenienze del rapporto di lavoro
3 Lavoratori sportivi professionisti

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16
Q

Legge n. 108/1990 e art. 18 dello Statuto dei Lavoratori

A

La L. 108/1990 ha completato il sistema dei licenziamenti individuali distinguendo tra imprese sopra e sotto i 15 dipendenti.
• L’art. 18 nella sua versione originaria prevedeva la reintegrazione nel posto di lavoro e il risarcimento dei danni in caso di licenziamento illegittimo, ma è stato modificato profondamente dalla Riforma Fornero (L. 92/2012) e poi dal Jobs Act (D.lgs. 23/2015) per i nuovi assunti.
• Oggi esiste una doppia disciplina: quella “vecchia” per i rapporti pre-Jobs Act e quella del contratto a tutele crescenti per i rapporti successivi.

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17
Q

Perché i dirigenti sono esclusi dalla disciplina limitativa dei licenziamenti?

A

In particolare, si tratta di un rapporto fortemente fiduciario, in cui il dirigente ricopre un ruolo di responsabilità e autonomia al vertice dell’organizzazione aziendale. Proprio per questo, la legge riconosce al datore di lavoro una maggiore libertà di recesso, ritenendo che la perdita di fiducia comprometta l’efficacia del rapporto.

A fronte dell’assenza di tutele reintegratorie, in caso di licenziamento illegittimo il dirigente ha comunque diritto a un risarcimento del danno, spesso disciplinato da contratti collettivi o accordi individuali, che prevedono indennità supplementari.

Questa disciplina più flessibile è giustificata dalla particolarità del ruolo dirigenziale, che si distingue nettamente da quello del lavoratore subordinato comune.

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18
Q

In che senso la legge Fornero ha disposto la retrodatazione dell’effetto del licenziamento

A

retrodatazione dell’efficacia del licenziamento, specificando che l’effettiva data di cessazione del rapporto di lavoro, ai fini del calcolo delle indennità e delle contribuzioni, coincide con la data di comunicazione del licenziamento.

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19
Q

In che senso il limite imposto al potere di recesso del datore di lavoro è di carattere sostanziale o cosiddetto causale

A

Il limite imposto al potere di recesso del datore di lavoro è di carattere sostanziale o causale nel senso che il licenziamento non è una mera facoltà discrezionale del datore di lavoro, ma deve essere giustificato da una causa specifica e oggettivamente valida.

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20
Q

In che senso affinché il licenziamento sia legittimo deve necessariamente ricorrere una giusta causa o un giustificato motivo

A

la Legge n. 604 del 1966 ha introdotto questo principio, segnando il passaggio dal principio del “libero licenziamento” alla necessità di una motivazione valida per la cessazione del rapporto di lavoro. La “giusta causa” e il “giustificato motivo” rappresentano le uniche basi legali su cui il datore di lavoro può fondare un licenziamento, garantendo così la tutela del lavoratore contro licenziamenti pretestuosi o ingiustificati.

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21
Q

Parlami della sostanziale assimilazione del recesso ordinario a quello straordinario per giusta causa

A

Originariamente, il recesso straordinario era l’unico a richiedere una “giusta causa” tale da non consentire la prosecuzione, anche provvisoria, del rapporto. Con l’introduzione della Legge n. 604 del 1966, che ha esteso la necessità di un “giustificato motivo” anche al recesso ordinario, la differenza sostanziale tra i due si è attenuata.

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22
Q

Parlami della distinzione tra recesso ordinario e recesso straordinario

A

Il recesso ordinario è quello che richiede un giustificato motivo e comporta l’obbligo per il datore di lavoro di concedere al lavoratore un periodo di preavviso. Durante il preavviso, il rapporto di lavoro prosegue regolarmente.

Il recesso straordinario, invece, si fonda sulla giusta causa, una ragione talmente grave da non consentire la prosecuzione, nemmeno provvisoria, del rapporto di lavoro. Per questo motivo, in caso di giusta causa, il licenziamento ha effetto immediato e il datore di lavoro non è tenuto a dare il preavviso.

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23
Q

In che senso licenziamento per giusta causa e per giustificato motivo comporta effetti differenti soltanto per ciò che concerne il preavviso

A

licenziamenti per giusta causa e per giustificato motivo comportano effetti differenti quasi esclusivamente per ciò che concerne il preavviso. In entrambi i casi, il licenziamento è legittimo solo se esiste una causa valida. La differenza fondamentale risiede nel:

Licenziamento per giusta causa: non è dovuto il preavviso, e il rapporto di lavoro cessa immediatamente a causa della gravità della condotta o dell’evento.

Licenziamento per giustificato motivo: è dovuto il preavviso, e il rapporto di lavoro prosegue per un certo periodo prima della sua effettiva cessazione.

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24
Q

Parlami della nozione di giusta causa contenuta nell’articolo 2119 c.c.

A

La giusta causa è una causa che non consente la prosecuzione, neppure provvisoria, del rapporto di lavoro. Si tratta di un fatto talmente grave da ledere irrimediabilmente il vincolo fiduciario tra datore e lavoratore. È l’ipotesi più grave di recesso, che legittima il licenziamento in tronco, cioè senza preavviso. L’espressione “giusta causa” è contenuta nell’art. 2119 c.c.

In che senso il concetto di fiducia va riportato entro i limiti dell’affidamento del creditore nell’esattezza dei successivi adempimenti?
Ciò che rileva è se il datore, in qualità di creditore della prestazione, possa ancora confidare che il lavoratore eseguirà correttamente e lealmente le future prestazioni.

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25
Parlami della legge n. 604 del 1966
La Legge n. 604 del 1966 è una normativa fondamentale nel diritto del lavoro italiano. Come si evince dagli appunti, essa ha segnato il passaggio da un regime di "libero licenziamento" a quello in cui il licenziamento deve essere motivato. In particolare, questa legge ha introdotto: * L'obbligo del datore di lavoro di comunicare per iscritto i motivi del licenziamento. * La previsione che il licenziamento debba essere fondato su una giusta causa o un giustificato motivo. * Le prime forme di tutela per il lavoratore in caso di licenziamento illegittimo, prevedendo la reintegrazione o un risarcimento economico.
26
Parlami della differenza tra giustificato motivo soggettivo e oggettivo
Giustificato motivo soggettivo: Riguarda un notevole inadempimento degli obblighi contrattuali da parte del lavoratore. Si tratta di comportamenti del dipendente che, pur non raggiungendo la gravità della giusta causa, sono comunque tali da compromettere il rapporto di fiducia e rendere difficile la prosecuzione del rapporto di lavoro. Giustificato motivo oggettivo: Riguarda ragioni inerenti all'attività produttiva, all'organizzazione del lavoro e al suo regolare funzionamento. In questo caso, il licenziamento non è dovuto a una colpa del lavoratore, ma a esigenze oggettive dell'azienda, come crisi economiche, riorganizzazioni, soppressione di mansioni, innovazioni tecnologiche che rendono superflua una posizione.
27
Le ipotesi di nullità del licenziamento
un licenziamento è nullo solo se rientra in specifici casi previsti dalla legge, come ad esempio i licenziamenti discriminatori o quelli per causa di matrimonio, o quelli in violazione di disposizioni imperative di legge che stabiliscono precisi divieti di licenziamento
28
Parlami della forma scritta del licenziamento con la contestuale indicazione dei motivi posti a sua giustificazione
Si afferma che il licenziamento deve essere "comunicato per iscritto con la contestuale indicazione dei motivi posti a sua giustificazione". Questo significa che il licenziamento orale è inefficace. "la forma scritta del licenziamento con la contestuale indicazione dei motivi posti a sua giustificazione" è un requisito "essenziale per la sua validità". La mancanza della forma scritta o della motivazione rende il licenziamento inefficace
29
In che senso la comunicazione dei motivi di licenziamento sono indispensabili per determinare il thema decidendum
Il thema decidendum è l'oggetto del giudizio, ovvero su cosa il giudice dovrà pronunciarsi. Questo significa che i motivi indicati dal datore di lavoro nella lettera di licenziamento delimitano la sfera delle contestazioni che il lavoratore può muovere e su cui il giudice dovrà decidere. Il datore di lavoro non potrà addurre in giudizio motivazioni diverse o aggiuntive rispetto a quelle inizialmente comunicate, garantendo così al lavoratore il diritto di difesa e la piena conoscenza delle ragioni del suo allontanamento.
30
Parlami dell'articolo 18 Statuto dei Lavoratori
l'art. 18, nella sua formulazione originaria, prevedeva la reintegrazione del lavoratore in caso di licenziamento illegittimo. Viene anche fatto riferimento a come l'art. 18, nella sua versione "prima della Riforma del 2012", prevedesse la reintegrazione e il risarcimento del danno. Si sottolinea l'importanza dell'art. 18 come strumento di protezione del lavoratore contro i licenziamenti illegittimi, in particolare per i licenziamenti discriminatori, nulli per causa di matrimonio, o quelli in violazione di disposizioni imperative di legge
31
Parlami dell'inefficacia sia nel caso di carenza della forma scritta sia in mancanza dei motivi
Affermano che "la carenza della forma scritta del licenziamento" e "la mancanza dei motivi" determinano l'inefficacia del licenziamento. L'inefficacia è la sanzione più grave, in quanto rende il licenziamento come se non fosse mai esistito. Questo significa che il rapporto di lavoro non è stato validamente interrotto e il lavoratore ha diritto a essere reintegrato nel posto di lavoro e a percepire le retribuzioni dal giorno del licenziamento fino alla reintegrazione effettiva.
32
Parlami della reintegrazione di diritto comune
"reintegrazione di diritto comune". Questo concetto si riferisce alla tutela della reintegrazione prevista dai principi generali del diritto, al di là delle specifiche normative speciali (come l'articolo 18 dello Statuto dei Lavoratori). La reintegrazione di diritto comune opera in tutti i casi di licenziamento nullo, come ad esempio i licenziamenti discriminatori o quelli per causa di matrimonio. In questi casi, la nullità del licenziamento implica che il rapporto di lavoro non si è mai estinto e il lavoratore ha diritto a essere riammesso nel posto di lavoro. La reintegrazione in questi casi è un effetto diretto della nullità, indipendentemente dalla disciplina specifica dell'art. 18.
33
Le Tutele in Caso di Licenziamento: Legge n. 60 del 1966 e Articolo 18 Statuto dei Lavoratori
60 del 1966, che ha introdotto il principio di giusta causa e giustificato motivo per il licenziamento, superando il previgente principio di libertà di recesso. Questa legge stabilisce che il datore di lavoro può licenziare solo per motivi gravi e non arbitrari, ponendo le basi per una maggiore stabilità del rapporto di lavoro. L'Articolo 18 dello Statuto dei Lavoratori (Legge n. 300 del 1970) ha rappresentato un passo fondamentale nella tutela contro i licenziamenti illegittimi, introducendo la tutela reale forte. Questo articolo stabilisce che in caso di licenziamento illegittimo per nullità (discriminatorio, ritorsivo, ecc.) o per manifesta insussistenza del fatto contestato o del giustificato motivo, il giudice ordina la reintegrazione del lavoratore nel posto di lavoro e il risarcimento del danno, pari alle retribuzioni dalla data del licenziamento alla reintegrazione.
34
La Disciplina della Revoca del Licenziamento nella Legge Fornero
Questo significa che se il datore di lavoro decide di revocare il licenziamento entro 15 giorni dall'impugnazione, il rapporto di lavoro si considera ripristinato senza soluzione di continuità, con tutti gli effetti legali e retributivi. questa revoca comporti la ripresa del rapporto lavorativo come se non fosse mai stato interrotto, preservando l'anzianità di servizio e tutti i diritti correlati.
35
L'Articolo 7 dello Statuto dei Lavoratori
L'Articolo 7 dello Statuto dei Lavoratori disciplina le sanzioni disciplinari, stabilendo una procedura rigorosa che il datore di lavoro deve seguire prima di poter applicare qualsiasi provvedimento disciplinare al lavoratore. Questo articolo è fondamentale per garantire il diritto di difesa del lavoratore e la trasparenza nell'applicazione delle sanzioni.
36
L'Articolo 7 dello Statuto dei Lavoratori e i Licenziamenti Disciplinari nelle Piccole Imprese
L'articolo 7, che disciplina le sanzioni disciplinari, è applicabile ai datori di lavoro che occupano meno di 15 dipendenti (o meno di 5 se imprese agricole). La differenza principale riguarda le conseguenze dell'inosservanza della procedura. Mentre nelle imprese di maggiori dimensioni (più di 15 dipendenti) l'inosservanza della procedura dell'art. 7 rende il licenziamento inefficace e, di conseguenza, nullo con diritto alla reintegrazione, nelle piccole imprese l'inosservanza delle procedure disciplinari dell'art. 7 non rende il licenziamento nullo. in questo caso, il licenziamento genera il diritto del lavoratore a un'indennità risarcitoria per la violazione procedurale. Questo significa che, anche se il datore di lavoro non ha seguito correttamente la procedura disciplinare, il licenziamento rimane valido nella sua sostanza, ma il lavoratore ha diritto a un risarcimento per il danno subito a causa della mancata osservanza delle regole.
37
L'Onere della Prova della Giusta Causa o del Giustificato Motivo Spetta al Datore di Lavoro
Nel caso di un licenziamento, è il datore di lavoro a dover dimostrare in giudizio la sussistenza della giusta causa o del giustificato motivo. Questo principio, previsto espressamente dalla legge n. 604 del 1966, si fonda sull’idea che il licenziamento, essendo un atto unilaterale che incide profondamente sulla posizione del lavoratore, debba essere adeguatamente giustificato da chi lo ha disposto. In giudizio, quindi, non è il lavoratore a dover provare la propria innocenza, ma è il datore a dover fornire prove concrete e circostanziate che giustifichino il licenziamento. Se queste mancano o risultano insufficienti, il licenziamento è da considerarsi illegittimo.
38
L’impugnazione del licenziamento illegittimo
La legge prevede un meccanismo preciso per impugnare un licenziamento ritenuto illegittimo, articolato in due fasi e due termini principali: 1. Impugnazione stragiudiziale: Il lavoratore deve comunicare per iscritto (anche tramite sindacato) la volontà di contestare il licenziamento entro 60 giorni dalla ricezione della comunicazione di licenziamento. Questo è un primo atto formale che interrompe la decadenza. 2. Ricorso giudiziale o tentativo di conciliazione: Dopo l’impugnazione scritta, il lavoratore ha 180 giorni di tempo per: • presentare ricorso in Tribunale, oppure • avviare una procedura di conciliazione o arbitrato. Se la conciliazione fallisce, ha ulteriori 60 giorni per depositare il ricorso. Il rispetto di questi termini è essenziale: se vengono superati, il lavoratore perde definitivamente il diritto di contestare il licenziamento.
39
Ambito di applicazione dell’art. 18
Si applica a: • Datori con più di 15 dipendenti (5 se agricoli) per unità produttiva o nel comune. • Non si applica: • Ai datori sotto le soglie dimensionali. • Ai contratti a termine. • In questi casi si applica l’art. 8 della L. 604/1966 (solo risarcimento economico).
40
Modifiche dell’art. 18 dopo la Legge Fornero
1) reintegrazione piena 2) reintegrazione attenuante 3) indennità risarcitoria in misura piena 4) indennità risarcitoria in misura ridotta
41
42
Parlami della reintegrazione piena
La "reintegrazione piena" è la forma di tutela più forte prevista dall'articolo 18 dello Statuto dei Lavoratori, ed è stata significativamente ristretta dalla Legge Fornero rispetto alla normativa precedente. Basandoci sui tuoi appunti, la reintegrazione piena si applica solo in specifici e gravi casi di illegittimità del licenziamento. Secondo la Legge Fornero, la reintegrazione piena si ha quando il licenziamento è dichiarato: * Nullo: Questo si verifica in situazioni previste dalla legge, come licenziamenti per motivi illeciti o contrari a norme imperative. * Discriminatorio: Un licenziamento è discriminatorio quando è motivato da ragioni legate all'appartenenza sindacale, alla religione, all'orientamento sessuale, alla razza, al sesso, alla disabilità, all'età, ecc. La discriminazione è sempre considerata una violazione grave dei diritti fondamentali del lavoratore. * Intimato Oralmente: Se il licenziamento viene comunicato solo a voce, senza la forma scritta richiesta dalla legge, è considerato inefficace e quindi nullo. Conseguenze della reintegrazione piena: Quando il giudice ordina la reintegrazione piena, il datore di lavoro è obbligato a: * Reintegrare il lavoratore nel posto di lavoro: Il lavoratore deve essere riammesso nella sua precedente posizione lavorativa. * Corrispondere un'indennità risarcitoria: Questa indennità è pari a tutte le retribuzioni globali di fatto maturate dal giorno del licenziamento fino all'effettiva reintegrazione. È importante sottolineare che non vi sono limiti massimi a questa indennità. * Versare i contributi previdenziali e assistenziali: Il datore di lavoro deve versare i contributi per l'intero periodo compreso tra il licenziamento e la reintegrazione. * Deduzione dell'aliunde perceptum: L'indennità risarcitoria deve essere diminuita di quanto il lavoratore abbia percepito per lo svolgimento di altre attività lavorative (l'aliunde perceptum) o di quanto avrebbe potuto percepire accettando una congrua offerta di lavoro. Tuttavia, l'onere della prova di quanto il lavoratore abbia percepito spetta al datore di lavoro. In sintesi, la reintegrazione piena è la forma di tutela più garantista per il lavoratore, poiché mira a ripristinare integralmente la situazione pre-licenziamento. Tuttavia, la Legge Fornero l'ha limitata a casi di gravità e illegittimità manifesta, distinguendola da altre ipotesi di licenziamento illegittimo che comportano solo un risarcimento economico.
43
Parlami dell’indennità risarcitoria in misura piena nell’articolo 18 Statuto dei Lavoratori Legge Fornero
La tutela reintegratoria piena si applica in alcuni casi gravi di licenziamento illegittimo, nei quali il giudice ordina la reintegrazione del lavoratore nel posto di lavoro e condanna il datore di lavoro al pagamento di un’indennità risarcitoria. Ipotesi principali: • Licenziamento discriminatorio, nullo o intimato oralmente Il licenziamento è nullo, e il giudice dispone: • la reintegrazione nel posto di lavoro; • il pagamento di un’indennità risarcitoria pari alla retribuzione globale di fatto dal giorno del licenziamento fino alla reintegrazione effettiva. ➤ Vanno detratte le somme percepite per altri lavori o il reddito di cittadinanza. ➤ L’indennità non può comunque essere inferiore a 5 mensilità. • Il lavoratore può rinunciare alla reintegrazione e chiedere un’indennità sostitutiva pari a 15 mensilità. • Licenziamento per giusta causa o giustificato motivo soggettivo, con manifesta insussistenza del fatto contestato ➤ Anche qui, il giudice: • ordina la reintegrazione; • condanna al pagamento dell’indennità risarcitoria, con gli stessi criteri di cui sopra (minimo 5 mensilità e detrazione di quanto percepito); • il lavoratore può sempre optare per l’indennità sostitutiva di 15 mensilità. • Licenziamento per giustificato motivo oggettivo, con manifesta insussistenza del fatto posto a base del licenziamento (es. inesistente soppressione del posto) ➤ Si applica la stessa tutela reintegratoria piena. Conclusione: la reintegrazione + indennità piena si applica solo in casi eccezionali e gravi, dove il fatto è manifestamente insussistente o il licenziamento è nullo.
44
Reintegrazione attenuata
Farla
45
Indennità risarcitoria in misura ridotta
Si applica quando il licenziamento è illegittimo, ma non si rientra nei casi gravi visti prima. In queste ipotesi non è prevista la reintegrazione, ma solo una tutela economica, detta indennità risarcitoria ridotta. Due ipotesi principali: • Licenziamento per giusta causa o giustificato motivo, in cui il fatto non è manifestamente insussistente, ma comunque non giustifica il licenziamento ➤ Il giudice accerta l’illegittimità e condanna il datore: • al pagamento di un’indennità tra 12 e 24 mensilità dell’ultima retribuzione globale di fatto; • l’importo è stabilito tenendo conto di vari fattori (anzianità, dimensioni dell’azienda, condotta delle parti, condizioni del lavoratore). • Licenziamento viziato sotto il profilo formale o procedurale ➤ Ad esempio: mancata motivazione scritta, mancata attivazione della procedura ex art. 7 L. 604/1966. ➤ Il giudice condanna il datore: • al pagamento di un’indennità compresa tra 6 e 12 mensilità. Conclusione: qui non c’è reintegrazione, ma solo un risarcimento economico, più o meno elevato in base alla gravità del vizio e alle caratteristiche del caso.
46
Violazione della procedura ex art. 7 della Legge n. 604/1966
Questa norma, richiamata spesso dalla Legge Fornero, disciplina il rispetto della procedura nei licenziamenti individuali. Obblighi procedurali del datore di lavoro: • comunicare per iscritto i motivi del licenziamento; • garantire al lavoratore il diritto di difendersi e controbattere alle contestazioni; • rispettare tempi e modalità della procedura. Se questi obblighi non sono rispettati (es. mancata convocazione del lavoratore, motivazioni generiche, ecc.), il licenziamento è viziato sotto il profilo procedurale, ma non necessariamente illegittimo nel merito. ➤ La conseguenza è solo economica, con un’indennità risarcitoria ridotta tra 6 e 12 mensilità, senza reintegra.
47
A chi riguarda il nuovo regime di tutela:
Il nuovo regime di tutela riguarda coloro che vengono assunti con contratto di lavoro subordinato a tempo indeterminato "a decorrere dalla data di entrata in vigore del presente decreto". Si configura, di conseguenza, un sistema binario: resta inalterata la disciplina applicabile ai rapporti di lavoro in corso di svolgimento. Sulla legittimità di tale discrimen temporale non vi è contrasto con l'art. 3 Cost., poiché il fluire del tempo può essere elemento di diversificazione delle situazioni
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Applicazione per i lavoratori già occupati presso datori di lavoro che raggiungono le soglie dell’articolo 18 Statuto dei Lavoratori
La disposizione trova applicazione nei confronti dei lavoratori appartenenti alle categorie degli operai, impiegati e quadri. Vengono esclusi i dirigenti, i quali mantengono il regime precedente (art. 18 St. Lav.). La nuova disciplina si applica anche quando il datore di lavoro, in conseguenza di nuove assunzioni, raggiunge le soglie dimensionali previste dall'articolo 18 dello Statuto dei Lavoratori (più di 15 dipendenti nell'unità produttiva o nel comune, o più di 5 in caso di azienda agricola). In tal caso, la tutela del vecchio regime continua ad applicarsi solo ai lavoratori già in servizio, mentre i nuovi assunti saranno soggetti alla disciplina del Jobs Act.
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Conferma della reintegrazione piena nell’ipotesi di licenziamento discriminatorio a norma dell’articolo 15 Statuto dei Lavoratori:
confermata la reintegrazione nella misura piena nell'ipotesi di licenziamento discriminatorio a norma dell'articolo 15 dello Statuto dei Lavoratori. In questi casi, il giudice annulla il licenziamento e ordina la reintegrazione del lavoratore nel posto di lavoro, oltre al risarcimento del danno non inferiore a cinque mensilità.
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Altri casi di reintegrazione nella misura piena secondo il Decreto Legislativo n. 23 del 2015:
La reintegrazione è prevista nella misura piena anche nei seguenti casi: * Licenziamento nullo per motivo illecito o per violazione delle norme a tutela della maternità/paternità: come previsto dall'articolo 2 del D.Lgs. 23/2015. * Licenziamento inefficace per violazione del requisito di motivazione: se non viene comunicato il motivo del licenziamento, il giudice ordina la reintegrazione. * Licenziamento orale: il licenziamento intimato verbalmente è nullo e comporta la reintegrazione piena.
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Commisurazione dell'indennità sulla retribuzione di riferimento per il calcolo del TFR
L'indennità viene commisurata sulla retribuzione di riferimento per il calcolo del TFR (Trattamento di Fine Rapporto). Questo garantisce che l'indennità sia calcolata sulla base della retribuzione lorda più favorevole al lavoratore, includendo tutti gli elementi utili al calcolo del TFR. L'indennità non può essere inferiore a 4 mensilità né superiore a 24 mensilità, a seconda dell'anzianità di servizio.
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Riduzione dell’area reintegratoria e estensione della sanzione indennitaria per licenziamento illegittimo per giustificato motivo e per giusta causa:
Per il licenziamento illegittimo per giustificato motivo oggettivo o soggettivo , l'area reintegratoria è stata ridotta e si è estesa quella della sanzione indennitaria. Ciò significa che, in molti casi, il lavoratore licenziato ingiustamente non ha diritto alla reintegrazione nel posto di lavoro, ma solo a un risarcimento economico. Questo rappresenta il principale cambiamento introdotto dal Jobs Act, spostando il focus dalla tutela reale alla tutela risarcitoria.
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Quale il criterio che si usa per determinare l'indennità nel decreto legislativo 23/2015?
che l'indennità risarcitoria, in caso di illegittimità del licenziamento, è determinata in base ad un criterio di "mensilità dell'ultima retribuzione di riferimento per il calcolo del TFR". Questo significa che l'ammontare dell'indennità è calcolato moltiplicando un certo numero di mensilità (definite dalla legge) per la retribuzione utile al calcolo del Trattamento di Fine Rapporto. Questo metodo mira a quantificare il danno subito dal lavoratore in modo oggettivo, legandolo a un parametro retributivo già in uso e standardizzato.
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Parlami dell'incoercibilità di reintegrazione.
nonostante la sentenza del giudice ordini la reintegrazione del lavoratore nel posto di lavoro, il datore di lavoro non può essere fisicamente costretto ad adempiere a tale obbligo. In altre parole, non è possibile imporre al datore di lavoro, con la forza, di riassumere il lavoratore. In caso di rifiuto del datore di lavoro di reintegrare, il lavoratore avrà diritto a un risarcimento del danno, che probabilmente si tradurrà in una compensazione economica (una sorta di "indennità sostitutiva della reintegrazione") anziché il ritorno effettivo al posto di lavoro.
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il lavoratore può optare per la risoluzione del rapporto e in alternativa alla reintegrazione chiedere un versamento di una somma pari a 15 mensilità?
Il lavoratore ha la possibilità di risolvere il rapporto e in alternativa alla reintegrazione ottenere un versamento di una somma pari a 15 mensilità". Questo indica una scelta data al lavoratore: se non vuole essere reintegrato nel posto di lavoro, può scegliere di terminare il rapporto e ricevere in cambio una somma equivalente a 15 mensilità.
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Cos'è il trattamento di fine rapporto?
Il TFR, "il trattamento di fine rapporto", è descritto come una "somma di denaro che il datore di lavoro al prestatore di lavoro in ogni caso di cessazione del rapporto per il venir meno del vinculum iuris". È quindi una somma che spetta al lavoratore alla cessazione del rapporto di lavoro, a prescindere dalla causa della cessazione.
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Parlami della funzione retributivo-previdenziale del TFR.
Questa espressione implica che il TFR ha una funzione sia di remunerazione (parte del salario) sia di previdenza (accumulo per il futuro, spesso utilizzato come una forma di risparmio o supporto alla pensione).
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TFR consiste nella somma di quote di retribuzione accantonate annualmente?
TFR consiste nella somma di quote di retribuzione accantonate annualmente". Questo spiega il meccanismo di formazione del TFR: una parte della retribuzione viene accantonata ogni anno per costruire la somma finale.
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Parlami del meccanismo di calcolo del TFR.
il calcolo del TFR deve avvenire dividendo la retribuzione di ogni anno per 13,5". Si aggiunge che le quote accantonate sono "aumentate annualmente del 1,5% fisso più il 75% dell'aumento dell'indice dei prezzi al consumo (ISTAT)". Questo indica un calcolo basato su una parte della retribuzione annuale, con una rivalutazione annuale che tiene conto dell'inflazione.
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Parlami delle retribuzioni utili per il calcolo del TFR.
TFR sono tutte le somme, compreso l'equivalente delle prestazioni in natura". Questo significa che per determinare l'ammontare del TFR non si considera solo il salario base, ma tutte le somme percepite dal lavoratore, incluse eventuali prestazioni non monetarie ma quantificabili economicamente.
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In che senso l’onnicomprensività della retribuzione base è divenuta derogabile solo dalla contrattazione collettiva?
L’onnicomprensività, ossia la regola per cui tutte le voci retributive entrano nella base di calcolo, è oggi derogabile solo dalla contrattazione collettiva. Ciò consente alle parti sociali di adattare la struttura retributiva alle esigenze del settore o dell’impresa, sia in senso migliorativo che peggiorativo (in melius e in peius), ad esempio escludendo alcune voci dalla base del TFR per incentivare la produttività.
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In che senso l’art. 2121 c.c. riafferma l’onnicomprensività con l’unica eccezione dell’indennità sostitutiva del preavviso?
L’art. 2121 c.c. conferma che, per calcolare le indennità dovute alla cessazione del rapporto, si tiene conto di tutte le componenti della retribuzione, eccetto l’indennità sostitutiva del preavviso. Questa è esclusa perché non ha natura retributiva vera e propria, ma è compensativa della mancata prestazione nel periodo di preavviso.
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Parlami del diritto del lavoratore di chiedere almeno dopo 8 anni un’anticipazione di importo non superiore al 70%
Il diritto del lavoratore di chiedere un'anticipazione sul TFR sorge dopo almeno 8 anni di effettivo servizio presso lo stesso datore di lavoro. L'importo massimo che può essere richiesto come anticipazione non può superare il 70% del TFR maturato. Questa anticipazione può essere concessa per specifiche finalità come : spese sanitarie straordinarie o acquisto della prima casa.
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Quali sono i limiti soggettivi e oggettivi all’anticipazione?
Sul piano soggettivo, serve un’anzianità di almeno 8 anni. Sul piano oggettivo, l’anticipazione è concessa solo per: • spese sanitarie straordinarie; • acquisto della prima casa; • fruizione di congedi parentali o CIG. Inoltre, annualmente può essere concessa solo al 10% degli aventi diritto, e non oltre il 4% del totale dei dipendenti.
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Perché l’anticipazione non è automatica?(tfr)
Il diritto all’anticipazione è condizionato alla disponibilità economica dell’impresa. Anche se il lavoratore ha i requisiti, il datore può rifiutare se non ha i mezzi per sostenere l’erogazione, tutelando così l’equilibrio finanziario aziendale.
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Cosa prevedeva la misura sperimentale sul TFR in busta paga?
Questa possibilità era offerta al lavoratore come un modo per avere maggiore liquidità immediata, anziché attendere la fine del rapporto di lavoro per ricevere l'intera somma. In pratica, una parte del TFR che si sarebbe accumulata veniva accreditata direttamente in busta paga, con gli effetti fiscali e contributivi del caso.
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Cos’è l’indennità per causa di morte? Rivedere meglio
Ai sensi dell’art. 2122 c.c., in caso di morte del lavoratore, il TFR e le altre spettanze (es. ferie non godute) spettano, iure proprio, al coniuge, ai figli, e ai parenti entro il secondo grado se a carico del defunto. Non è un diritto successorio, ma un diritto diretto a tutela degli eredi.
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Cosa vuol dire che spetta iure proprio e non iure successionis? Rivede
Significa che i beneficiari indicati dalla legge ricevono l’indennità per un diritto autonomo, non come eredi. Quindi non fa parte dell’eredità, non è soggetta a imposte successorie e non può essere aggredita dai creditori del defunto.