La Prestazione Di Lavoro Flashcards

(106 cards)

1
Q

In che senso la collaborazione è il connotato fondamentale della causa

A

Nel contratto di lavoro, la causa si fonda sullo scambio tra prestazione lavorativa e retribuzione, ma il connotato centrale è la collaborazione personale e continuativa del lavoratore nell’impresa. È questa la causa concreta del contratto, distinta da quella di altri contratti (es. appalto o opera).

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2
Q

Quali sono i connotati caratteristici della subordinazione

A

La subordinazione si manifesta attraverso:
• Inserimento del lavoratore nell’organizzazione aziendale.
• Direttive e controlli da parte del datore.
• Obbligo di obbedienza.
• Vincolo di orario e retribuzione predeterminata.
Questi elementi distinguono il lavoro subordinato da quello autonomo o parasubordinato.

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3
Q

Parlami dell’articolo 2104

A

L’art. 2104 c.c. stabilisce che il prestatore deve eseguire la prestazione con la diligenza del buon padre di famiglia, osservando le disposizioni per l’esecuzione e la disciplina del lavoro. Impone quindi diligenza e obbedienza, che costituiscono obblighi fondamentali del lavoratore subordinato.

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4
Q

Parlami della diligenza e obbedienza

A

La diligenza si riferisce alla cura e attenzione nell’adempimento della prestazione, tenendo conto della natura dell’attività svolta. L’obbedienza consiste nell’obbligo di seguire le istruzioni del datore, purché lecite e pertinenti al contratto. Entrambe derivano dall’art. 2104 e sono centrali nel rapporto di lavoro.

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5
Q

In che senso la diligenza può differenziarsi secondo il tipo di lavoro e quindi di mansioni

A

La diligenza è una nozione relativa: cambia a seconda delle mansioni affidate al lavoratore. Un lavoro intellettuale o tecnico richiede un grado di diligenza superiore rispetto a mansioni esecutive o routinarie. Quindi la qualifica e la professionalità incidono sulla misura della diligenza dovuta.

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6
Q

Parlami dell’articolo 2105 c.c.

A

L’art. 2105 del Codice Civile regola l’obbligo di fedeltà del lavoratore. Stabilisce che il lavoratore non deve:
• trattare affari in concorrenza con il datore di lavoro;
• divulgare notizie riservate sull’organizzazione e i metodi di produzione dell’impresa.

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7
Q

Parlami dell’obbligo di fedeltà

A

L’obbligo di fedeltà è previsto dall’art. 2105 c.c. e va oltre la semplice diligenza. Impone al lavoratore:
• di non danneggiare gli interessi dell’impresa;
• di non svolgere attività concorrenti;
• di non divulgare segreti aziendali.

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8
Q

Parlami del divieto di svolgere attività in concorrenza con quella dell’impresa

A

Il lavoratore non può svolgere attività che contrastano con quelle dell’impresa presso cui lavora, né per conto proprio né per terzi. Questa norma serve a tutelare l’esclusività del rapporto di lavoro e l’interesse economico del datore. La violazione comporta responsabilità disciplinare e risarcitoria.

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9
Q

Parlami del divieto di divulgazione

A

Il lavoratore ha l’obbligo di non diffondere informazioni riservate sull’impresa. Queste includono:
• dati sull’organizzazione aziendale;
• metodi di produzione;
• strategie commerciali.

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10
Q

Parlami del divieto di concorrenza

A

Questo divieto rientra nell’obbligo di fedeltà (art. 2105 c.c.). Il lavoratore non può favorire imprese concorrenti o aprire un’attività in concorrenza con quella del proprio datore di lavoro. Esistono anche clausole di non concorrenza post-contrattuali, ma devono essere limitate nel tempo, nello spazio e compensate economicamente (art. 2125 c.c.).

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11
Q

Parlami dei diritti derivanti dall’invenzione eventualmente ottenuta dal lavoratore

A

L’art. 64 del Codice della Proprietà Industriale distingue:
• Invenzioni di servizio → fatte durante l’attività lavorativa e su incarico: i diritti spettano al datore, ma il lavoratore ha diritto a un equo premio.
• Invenzioni occasionali → fatte fuori dai compiti assegnati: spettano al lavoratore, ma il datore può usarle, con giusto compenso.

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12
Q

Parlami dell’articolo 2106 c.c.

A

L’art. 2106 c.c. regola le sanzioni disciplinari. Stabilisce che il datore può applicare sanzioni proporzionate alla gravità dell’infrazione. La norma è generale, e viene integrata dallo Statuto dei Lavoratori e dai contratti collettivi.

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13
Q

Parlami delle sanzioni disciplinari

A

Le sanzioni disciplinari possono essere:
• il rimprovero verbale o scritto;
• la multa (trattenuta sulla retribuzione);
• la sospensione dal lavoro e dalla retribuzione;
• il licenziamento disciplinare.

Devono essere proporzionate, comunicate per iscritto, e il lavoratore ha 5 giorni per difendersi.

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14
Q

Parlami dei poteri direttivi e disciplinari integrati con lo Statuto dei lavoratori

A

Lo Statuto dei Lavoratori rafforza le garanzie dei lavoratori e tutelare la libertà e la dignità del lavoratore contro gli abusi:
• l’art. 7 stabilisce le regole procedurali per l’applicazione delle sanzioni;
• garantisce il diritto di difesa del lavoratore;
• limita l’uso dei controlli e delle informazioni a fini disciplinari.

Quindi, il potere disciplinare va esercitato nel rispetto di forme e limiti precisi.lo

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15
Q

Parlami dei limiti sostanziali e procedurali(approfondire)

A

• Limiti sostanziali → la sanzione deve essere:
• prevista dal contratto o regolamento;
• proporzionata al fatto commesso;
• non lesiva della dignità del lavoratore.
• Limiti procedurali:
• il lavoratore deve ricevere una contestazione scritta;
• ha 5 giorni per difendersi;
• non si può sanzionare senza rispettare questo iter (art. 7 Statuto dei Lavoratori).

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16
Q

Parlami dell’articolo 2 dello Statuto dei lavoratori e l’impiego delle guardie giurate

A

L’articolo 2 dello Statuto dei lavoratori stabilisce che il datore di lavoro può impiegare le guardie giurate solo per esigenze di sicurezza. Non possono essere usate per controllare l’attività lavorativa dei dipendenti.
Quindi:
• Le guardie giurate possono vigilare su beni aziendali e accessi agli impianti;
• Ma non possono sorvegliare il lavoratore nello svolgimento delle sue mansioni.

Questo articolo mira a tutelare la dignità e la libertà del lavoratore, evitando un controllo continuo e non giustificato.

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17
Q
A
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18
Q

Parlami delle visite personali di controllo

A

Secondo l’art. 6 dello Statuto dei Lavoratori, le visite personali di controllo (per esempio, per evitare il furto di materiali o strumenti aziendali):
• sono vietate in modo arbitrario e non possono essere fatte contro la dignità e la riservatezza del lavoratore;
• possono avvenire solo in casi eccezionali, quando è giustificato da ragioni di sicurezza o tutela del patrimonio aziendale;
• devono avvenire con modalità predeterminate, in accordo con le rappresentanze sindacali aziendali, e senza ledere la dignità della persona.

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19
Q

Parlami dell’articolo 6 dello Statuto dei lavoratori

A

L’articolo 6 disciplina appunto le visite personali di controllo, impedendo che il datore di lavoro possa perquisire liberamente i lavoratori.
Le perquisizioni sono:
• eccezionali (non possono essere frequenti o arbitrarie);
• regolate in modo da tutelare la dignità e la riservatezza personale;
• sindacalmente controllate, cioè richiedono il parere delle rappresentanze sindacali aziendali.

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20
Q

Parlami dei controlli a distanza

A

controlli a distanza sono regolati dall’art. 4 dello Statuto dei Lavoratori.
Storicamente, tale articolo vietava l’uso di impianti audiovisivi o altri strumenti per controllare a distanza l’attività lavorativa, salvo due eccezioni:
1. esigenze organizzative e produttive;
2. esigenze di sicurezza del lavoro e tutela del patrimonio.

In questi casi, l’installazione dei dispositivi doveva avvenire:
• previo accordo sindacale oppure
• autorizzazione dell’Ispettorato del lavoro.

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21
Q

Parlami dei controlli a distanza riformati dal Jobs Act

A

Jobs Act (d.lgs. 151/2015) ha modificato l’art. 4 dello Statuto ampliando i casi in cui si possono usare strumenti di controllo.
Oggi è ammesso il controllo indiretto tramite:
• strumenti di lavoro (es. computer, tablet, GPS, badge);
• dispositivi che il lavoratore usa per svolgere la propria mansione.

Tuttavia, i dati raccolti:
• possono essere usati a fini disciplinari solo se:
• il lavoratore è stato preventivamente informato sul tipo di controllo;
• è stato rispettato l’accordo sindacale o l’autorizzazione dell’Ispettorato.

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22
Q

Parlami delle mansioni e della qualifica

A

Le mansioni indicano l’attività concreta che il lavoratore è tenuto a svolgere secondo il contratto. La qualifica invece è una definizione più generale che identifica la posizione del lavoratore all’interno dell’organizzazione aziendale, collegata alle funzioni svolte. La qualifica è importante anche per determinare la retribuzione e l’inquadramento.

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23
Q

Parlami della qualifica riferita al lavoratore

A

La qualifica del lavoratore si riferisce alla sua posizione all’interno della gerarchia aziendale e delle funzioni che svolge. È uno strumento di identificazione che incide sia sull’inquadramento contrattuale che sulla retribuzione, derivando dall’attività effettivamente svolta.

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24
Q

In che senso la regola fondamentale nell’organizzazione produttiva è la divisione del lavoro?

A

In ambito giuridico e aziendale, la divisione si riflette nell’attribuzione di mansioni specifiche a ciascun lavoratore, secondo le competenze e l’organizzazione dell’impresa.

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25
Parlami della differenziazione delle retribuzioni in relazione alle mansioni
La retribuzione può variare in base alla diversa natura delle mansioni svolte. Ciò significa che a compiti di maggiore responsabilità o specializzazione può corrispondere una retribuzione più alta. Questa differenziazione è spesso definita nei contratti collettivi.
26
Parlami della tipizzazione delle mansioni ed una loro classificazione
Le mansioni vengono tipizzate e classificate nei contratti collettivi per facilitare l’inquadramento e la gestione dei rapporti di lavoro. La classificazione può avvenire in gruppi o livelli, in base a criteri come la competenza richiesta, l’autonomia e la responsabilità.
27
Parlami dell’inquadramento individuale del prestatore di lavoro
L’inquadramento individuale consiste nell’assegnazione di una qualifica e di un livello al lavoratore sulla base delle mansioni effettivamente svolte. Avviene nel rispetto delle tabelle previste dal contratto collettivo e serve a determinare diritti, doveri e retribuzione.
28
Parlami dell’articolo 2095
L’art. 2095 c.c. classifica i lavoratori subordinati in quattro categorie legali: dirigenti, quadri, impiegati e operai. Questa classificazione ha effetti giuridici su molti aspetti del rapporto di lavoro, come la disciplina, l’inquadramento e il trattamento economico.
29
Parlami della differenza tra qualifica e categoria
La categoria è una classificazione giuridica generale (es. dirigente, impiegato), mentre la qualifica è più specifica e descrive il ruolo o la funzione svolta (es. impiegato amministrativo). La qualifica si ricava dalle mansioni, la categoria dal codice civile e dalla contrattazione collettiva.
30
Parlami della qualifica
La qualifica serve a identificare in modo più preciso il lavoratore all’interno dell’azienda, collegandolo a una determinata funzione o attività. È utile per definire retribuzione, livello e trattamenti giuridici. Viene attribuita in base all’attività effettivamente svolta.
31
Parlami della categoria
Le categorie derivano dall’art. 2095 c.c. e servono a distinguere i lavoratori subordinati secondo la funzione generale svolta. Sono quattro: dirigenti, quadri, impiegati, operai. Questa classificazione ha impatto su diritti, doveri e tutele.
32
Parlami delle categorie legali
Le categorie legali sono quelle previste direttamente dall’art. 2095 c.c. e non possono essere modificate dalla volontà delle parti. Sono: dirigenti, quadri (categoria non menzionata ma riconosciuta dalla giurisprudenza), impiegati, operai. Servono per applicare norme differenziate.
33
Parlami delle categorie contrattuali
Le categorie contrattuali sono definite dalla contrattazione collettiva e sono più dettagliate rispetto a quelle legali. Classificano i lavoratori in gruppi, livelli o aree professionali in base alle mansioni. Ogni categoria contrattuale ha una retribuzione e diritti specifici.
34
Parlami dell’inquadramento unico
L’inquadramento unico è un sistema che supera la distinzione tra categorie legali, raggruppando tutti i lavoratori in un’unica griglia classificatoria fondata su livelli professionali. È adottato in alcuni settori per semplificare e rendere più equa la gestione del personale.
35
Parlami della modificazione per via dell’evoluzione tra le categorie legali e categorie contrattuali da rivedere
Nel tempo, le categorie contrattuali si sono evolute fino a diventare il principale strumento di classificazione del lavoro, più flessibili e adatte alla complessità del mondo del lavoro moderno. Le categorie legali restano come riferimento normativo, ma sempre più spesso l’inquadramento effettivo deriva dai contratti collettivi.
36
Distinzione tra impiegati e operai
La distinzione tra impiegati e operai si basa storicamente sul tipo di attività svolta. L’operaio collabora nell’impresa, con prestazioni a carattere manuale o tecnico-manuale. L’impiegato invece collabora all’impresa, svolgendo attività prevalentemente intellettuali o amministrative, di supporto all’organizzazione. Questa distinzione è però sempre più superata, sia per l’evoluzione delle mansioni, sia per il ruolo crescente della contrattazione collettiva.
37
Definizione di impiegato
L’impiegato è il prestatore di lavoro che collabora all’impresa, con compiti prevalentemente intellettuali, di ufficio e di supporto all’organizzazione dell’attività imprenditoriale. Storicamente, la qualifica di impiegato comportava anche un certo status giuridico e trattamento economico differenziato.
38
Definizione di operaio
L’operaio è il lavoratore che collabora nell’impresa, con mansioni prevalentemente manuali, legate alla produzione materiale. È parte attiva del processo produttivo e opera direttamente sulle materie prime o sui mezzi tecnici.
39
In che senso l’operaio collabora nell’impresa e l’impiegato collabora all’impresa?
L’operaio collabora nell’impresa perché interviene direttamente nel ciclo produttivo, con un ruolo operativo. L’impiegato invece collabora all’impresa, in quanto fornisce supporto gestionale, organizzativo o amministrativo, contribuendo al funzionamento generale ma in maniera indiretta rispetto alla produzione.
40
In che senso questa distinzione è largamente superata?
La distinzione è oggi largamente superata sia dal punto di vista normativo che contrattuale. Con l’evoluzione dell’organizzazione aziendale e l’introduzione dei sistemi di classificazione collettiva, si è passati dalla rigidità delle categorie legali a una valutazione concreta delle mansioni svolte. La riforma dell’art. 2103 c.c. ha rafforzato questa tendenza.
41
In che senso questa distinzione è largamente superata?
La distinzione è oggi largamente superata sia dal punto di vista normativo che contrattuale. Con l’evoluzione dell’organizzazione aziendale e l’introduzione dei sistemi di classificazione collettiva, si è passati dalla rigidità delle categorie legali a una valutazione concreta delle mansioni svolte. La riforma dell’art. 2103 c.c. ha rafforzato questa tendenza.
42
Parlami dell’inquadramento unico
L’inquadramento unico è un sistema di classificazione professionale introdotto dalla contrattazione collettiva, che supera la distinzione tra impiegati e operai. Le mansioni sono classificate in livelli professionali, secondo criteri come autonomia, responsabilità, competenze e contenuto professionale. Questo sistema è oggi prevalente nei contratti collettivi.
43
Parlami della pluralità di livelli comuni ad entrambe
Nei sistemi di inquadramento unico, si prevede una pluralità di livelli, che sono comuni sia agli ex operai che agli ex impiegati. Ogni livello corrisponde a un grado di professionalità e a compiti omogenei, e costituisce la base per la determinazione della retribuzione e della carriera.
44
45
Parlami delle declaratorie
Le declaratorie sono le definizioni generali contenute nei contratti collettivi per ogni livello di inquadramento. Descrivono in modo astratto il contenuto professionale delle mansioni riferibili a quel livello (ad esempio: “mansioni che richiedono competenze specialistiche e autonomia operativa”).
46
Parlami dell’esemplificazione
L’esemplificazione è l’elenco di figure professionali concrete che rientrano in ciascun livello, a titolo di esempio. Serve a chiarire e concretizzare la declaratoria, rendendo più agevole l’inquadramento del lavoratore.
47
Parlami della categoria dei dirigenti
I dirigenti sono lavoratori subordinati che svolgono funzioni direttive di livello elevato, con ampia autonomia decisionale e potere di rappresentanza dell’impresa. Hanno un trattamento giuridico e contrattuale specifico, spesso definito da contratti collettivi ad hoc, e sono esclusi da alcune tutele previste per gli altri dipendenti essi hanno un tipo di inquadramento e organizzazione sindacale separata
48
Come sono qualificati i dirigenti?
dirigenti sono qualificati in base alla natura delle funzioni esercitate, alla posizione nell’organigramma aziendale e alla responsabilità gerarchica e organizzativa. Non basta l’attribuzione del titolo formale: è necessaria una valutazione sostanziale delle mansioni effettivamente svolte.
49
Perché è difficile la distinzione tra impiegati con funzioni direttive e i dirigenti?
È difficile perché entrambi svolgono mansioni direttive, ma la differenza è quantitativa e qualitativa: i dirigenti operano con maggiore autonomia, spesso con responsabilità esterne e potere di rappresentanza, mentre gli impiegati direttivi agiscono entro limiti più ristretti e nell’ambito delle direttive ricevute. La linea di confine è spesso sottile e valutata caso per caso.
50
Parlami dei quadri intermedi
I quadri intermedi sono una categoria intermedia tra dirigenti e impiegati. Svolgono funzioni di rilevante importanza, anche di coordinamento e controllo, ma non dirigenziali in senso proprio. Si collocano ai vertici dell’organizzazione aziendale, ma senza potere di rappresentanza dell’impresa.
51
Parlami della novella operata dalla legge sul riconoscimento giuridico dei quadri intermedi (1985)
La legge n. 190/1985 ha riconosciuto per la prima volta i quadri come categoria specifica. Non ha definito nel dettaglio le loro caratteristiche, ma ha rinviato alla contrattazione collettiva per determinarne i criteri di identificazione, sottolineando l’importanza del loro ruolo organizzativo e gestionale.
52
Chi sono da considerare quadri
Sono considerati quadri i lavoratori subordinati che, pur non essendo dirigenti, esercitano funzioni di rilevante importanza, anche di carattere tecnico-gestionale, che comportano autonomia, responsabilità e poteri di coordinamento su altri lavoratori.
53
Parlami della rilevanza attribuita alle funzioni e non alle mansioni
Nella definizione dei quadri, si attribuisce rilevanza alle funzioni esercitate, cioè al ruolo che il lavoratore svolge nel contesto organizzativo, e non alle mansioni specifiche. Questo consente di cogliere l’effettiva responsabilità e autonomia del lavoratore, anche a prescindere dal compito materiale eseguito.
54
In che senso la legge rinvia ai contratti collettivi la determinazione dei requisiti di appartenenza ai quadri intermedi
La legge del 1985 non ha definito direttamente chi debba essere considerato quadro, ma ha demandato ai contratti collettivi nazionali la disciplina delle caratteristiche (mansioni, poteri, autonomia) che giustificano l’inquadramento come quadro, in base alle esigenze dei singoli settori.
55
Qual è il problema della categoria dei quadri intermedi
Il problema principale è la difficoltà di inquadramento, poiché la posizione dei quadri è fluida: spesso i confini con impiegati direttivi e dirigenti sono sfumati. Ciò crea incertezza applicativa, soprattutto in merito alle tutele, alla disciplina del licenziamento e alla contrattazione collettiva applicabile.
56
In che senso la prestazione di lavoro è stata ritenuta modificabile unilateralmente per volontà del datore di lavoro
Tradizionalmente si è ritenuto che il datore di lavoro potesse modificare le mansioni del lavoratore, rientrando ciò nel suo potere direttivo. Tuttavia, questa possibilità è stata via via limitata dalla giurisprudenza e dalle riforme legislative, in particolare dall’art. 2103 c.c., che tutela la professionalità acquisita
57
Parlami dell’articolo 2103 c.c.
L’art. 2103 c.c. disciplina il mutamento delle mansioni del lavoratore. La versione attuale stabilisce che il lavoratore deve essere adibito alle mansioni per le quali è stato assunto o a mansioni equivalenti, tutelando così la professionalità acquisita. Sono ammessi cambi di mansione solo in specifici casi (es. demansionamento consensuale o riorganizzazione aziendale).
58
Parlami in modo approfondito dell’articolo 2103 c.c. e della prima novella del 1970
La prima novella del 1970, con lo Statuto dei Lavoratori (art. 13 L. 300/1970), ha rappresentato una svolta protettiva. Ha vietato il demansionamento, salvo casi eccezionali, prevedendo che il lavoratore potesse essere assegnato solo a mansioni equivalenti a quelle precedenti, con pari trattamento economico. Il principio guida era la tutela della professionalità acquisita, anche come diritto soggettivo.
59
Parlami in modo approfondito della seconda novella dell’articolo 2103 c.c. (2015)
La seconda novella, operata dal D.Lgs. 81/2015 (Jobs Act), ha introdotto maggiore flessibilità per le esigenze aziendali. Ha previsto che il lavoratore possa essere adibito, non solo a mansioni equivalenti, ma anche a mansioni inferiori, purché ciò avvenga con il suo consenso e nel rispetto della dignità personale. Inoltre, ha valorizzato la classificazione contrattuale, consentendo l’assegnazione a mansioni appartenenti allo stesso livello e categoria legale.
60
Parlami della mobilità verso il basso
La mobilità verso il basso consiste nella possibilità per il datore di lavoro di modificare le mansioni del lavoratore, assegnandogli mansioni inferiori rispetto a quelle precedentemente svolte. Questa modifica può avvenire solo a determinate condizioni, in quanto rappresenta una regressione nella posizione professionale e retributiva del lavoratore. Per essere legittima, questa mobilità deve essere giustificata da una modificazione dell’organizzazione produttiva aziendale e non può rappresentare un semplice arbitrio del datore. In particolare, la legge richiede un nesso di causalità tra il mutamento organizzativo e l’assegnazione di mansioni inferiori. La prova di tale nesso spetta al datore di lavoro.
61
Parlami della distinzione tra mutamento unilaterale e mutamento consensuale
Il mutamento unilaterale è deciso esclusivamente dal datore di lavoro, esercitando il suo potere organizzativo, e trova dei limiti normativi e contrattuali, specialmente se comporta un’assegnazione a mansioni inferiori. Il mutamento consensuale, invece, avviene con l’accordo del lavoratore. È possibile anche per il passaggio a mansioni inferiori, purché tale accordo: • sia finalizzato alla conservazione del posto di lavoro, • avvenga in forma scritta, • sia stipulato presso sedi protette, come le commissioni di certificazione, sindacati o con l’assistenza di un legale o consulente del lavoro. Questa modalità consensuale consente quindi di derogare, in certi limiti, al divieto di demansionamento.
62
Parlami della variazione unilaterale
La variazione unilaterale delle mansioni è l’esercizio del diritto-potere del datore di lavoro, ma trova limiti rigorosi, specialmente se comporta un demansionamento. La normativa prevede che, in assenza di una giustificazione causale, non sia consentito assegnare al lavoratore mansioni inferiori in via unilaterale, salvo i casi previsti dal contratto collettivo o da una modifica organizzativa aziendale. Inoltre, in tutte le ipotesi di mutamento unilaterale delle mansioni, è necessaria la forma scritta, a pena di nullità.
63
Perché lo spostamento delle mansioni inferiori deve essere giustificato da una modificazione dell’organizzazione produttiva?
Perché altrimenti si tratterebbe di un demansionamento arbitrario, vietato dalla legge. La legge stabilisce che il lavoratore può essere assegnato a mansioni inferiori solo se ciò è giustificato da una modifica dell’organizzazione produttiva. Questa esigenza mira a tutelare la posizione professionale del lavoratore e a impedire che il datore di lavoro abusi del suo potere organizzativo per penalizzare il lavoratore senza valide ragioni.
64
Vi è la possibilità che la contrattazione collettiva autorizzi anche modificazioni in pejus senza giustificazione causale?
Sì, la contrattazione collettiva può autorizzare modificazioni anche in pejus, ovvero peggiorative per il lavoratore, senza la necessità di una giustificazione causale, purché ciò sia previsto nei contratti collettivi. Tuttavia, questo rappresenta un’eccezione rispetto alla regola generale che richiede una modifica organizzativa o un accordo consensuale per legittimare l’assegnazione a mansioni inferiori.
65
In che senso la modificazione delle mansioni deve essere comunicata in forma scritta a pena di nullità?
Secondo la legge, ogni modifica delle mansioni deve essere formalizzata in forma scritta; in assenza di questa forma, l’atto è nullo. Ciò significa che un cambiamento delle mansioni che non sia messo per iscritto è giuridicamente inefficace, anche se il lavoratore ha iniziato a svolgere le nuove mansioni. Questa norma mira a tutelare il lavoratore e a evitare abusi o incertezze giuridiche.
66
Parlami del mutamento consensuale delle mansioni anche in senso inferiore
Il mutamento consensuale in pejus, cioè verso mansioni inferiori, è ammesso dalla legge solo a certe condizioni. È valido se: • vi è un accordo scritto tra lavoratore e datore, • tale accordo è stipulato nelle sedi protette (commissioni di certificazione, sindacati, assistenza legale, ecc.), • ed è finalizzato alla conservazione del posto di lavoro, all’acquisizione di una diversa professionalità o al miglioramento delle condizioni di vita. La legge consente quindi una retrocessione volontaria e protetta, ma non imposta unilateralmente.
67
Parlami dell’inserimento del prestatore nell’ambiente di lavoro
L’inserimento del prestatore nell’ambiente di lavoro rappresenta una fase fondamentale del rapporto di lavoro. L’ambiente lavorativo è lo spazio fisico e organizzativo in cui il lavoratore opera e produce. Il datore di lavoro ha l’obbligo di assicurare che tale ambiente sia idoneo, sicuro e rispettoso della dignità del lavoratore. Questo inserimento comporta anche la necessità di tutelare l’integrità fisica e la personalità morale del prestatore.
68
Parlami delle condizioni ambientali e della durata della prestazione lavorativa
Le condizioni ambientali e la durata della prestazione incidono direttamente sulla salute del lavoratore. Ambienti insalubri, turni eccessivi, orari prolungati o ritmi frenetici possono avere effetti dannosi. Il datore ha quindi l’obbligo di organizzare il lavoro in modo tale da non compromettere l’integrità fisica e psichica del lavoratore. La disciplina del tempo di lavoro è quindi anche uno strumento di tutela della salute.
69
Parlami dell’ambiente di lavoro
L’ambiente di lavoro comprende lo spazio fisico, gli strumenti, l’organizzazione e le condizioni in cui si svolge la prestazione. Il datore deve garantire che esso non esponga i lavoratori a rischi non necessari. L’ambiente lavorativo non può essere ostile, insalubre o pericoloso, ma deve rispettare requisiti di sicurezza e salubrità. Il diritto alla salute si collega strettamente alla qualità dell’ambiente lavorativo.
70
Parlami dell’integrità fisica del lavoratore
L’integrità fisica è un diritto inviolabile tutelato dall’art. 2087 c.c. e dall’art. 32 Cost. Il datore di lavoro deve adottare tutte le misure idonee, secondo l’esperienza e la tecnica, a tutelare la salute e la sicurezza del lavoratore. L’integrità va intesa in senso ampio: comprende la salute fisica, psichica e anche l’aspetto morale della personalità.
71
Parlami del sistema di assicurazioni sociali contro gli infortuni sul lavoro e le malattie professionali
sistema è gestito dall’INAIL e si fonda sul principio della copertura del rischio professionale. È obbligatorio per legge e garantisce al lavoratore un indennizzo in caso di infortunio o malattia legata al lavoro. Tuttavia, non esonera il datore di lavoro dal rispetto degli obblighi di prevenzione: l’assicurazione ha una funzione integrativa e non sostitutiva della tutela civilistica
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Parlami del rischio ambientale e professionale
rischio ambientale è legato alle condizioni fisiche del luogo di lavoro (es. rumore, temperatura, ventilazione). Il rischio professionale, invece, deriva dall’attività stessa svolta. Entrambi richiedono specifiche misure di prevenzione e protezione. Il datore ha il dovere di valutare e ridurre al minimo ogni rischio, secondo la normativa vigente e le conoscenze tecnico-scientifiche
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Parlami dell’articolo 2087 c.c.
L’art. 2087 c.c. impone all’imprenditore l’obbligo di adottare tutte le misure necessarie per tutelare l’integrità fisica e la personalità morale del lavoratore. È una norma di chiusura dell’ordinamento, che si applica anche oltre le previsioni specifiche. Ha natura di norma generale e si collega direttamente all’art. 32 Cost., tutelando il diritto alla salute come diritto fondamentale della persona.
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Perché l’imprenditore è vincolato a svolgere un’attività generale di prevenzione dei rischi derivanti dall’ambiente di lavoro?
Perché la legge impone una responsabilità oggettiva a carico dell’imprenditore: non basta rispettare le regole minime, ma è necessario adottare tutte le cautele possibili secondo l’esperienza e la tecnica. L’obiettivo è evitare qualunque danno evitabile, proteggendo proattivamente la salute del lavoratore. L’art. 2087 impone un obbligo generale di prevenzione, non derogabile.
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Parlami dell’articolo 9 dello Statuto dei lavoratori
L’art. 9 riconosce ai lavoratori il diritto di controllare, anche tramite rappresentanze, l’applicazione delle norme su igiene e sicurezza sul lavoro. Questo articolo rafforza la partecipazione attiva dei lavoratori nella tutela dell’ambiente di lavoro, trasformandoli da soggetti passivi a protagonisti della prevenzione. È una forma di democrazia aziendale.
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Parlami del danno biologico Rivedere
Il danno biologico è il pregiudizio all’integrità psicofisica della persona, risarcibile indipendentemente dalla capacità lavorativa. È riconosciuto in sede civile come danno alla salute e può essere liquidato anche in presenza di copertura INAIL. Il danno biologico si valuta in base a tabelle medico-legali e si distingue dal danno patrimoniale.
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Il datore di lavoro è esonerato dalla responsabilità civile per i casi di danno biologico derivante da infortunio o da malattia professionale?
No, l’assicurazione sociale INAIL non esonera il datore di lavoro dalla responsabilità civile. Se il danno deriva da violazione degli obblighi di prevenzione, il lavoratore può agire in giudizio per ottenere il risarcimento integrale del danno biologico ai sensi dell’art. 2087 c.c. Questo vale anche nei casi coperti da assicurazione, poiché la tutela civilistica è complementare e si fonda su un principio di responsabilità contrattuale aggravata.
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Parlami del mobbing
Il mobbing è una forma di persecuzione sistematica sul luogo di lavoro, attuata con condotte reiterate e pressanti, tali da ledere la dignità, la salute e l’equilibrio psicologico del lavoratore. Può essere attuato dal datore, da superiori o da colleghi. Il mobbing non è tipizzato giuridicamente, ma può integrare diverse forme di illecito civile, talvolta anche penale.
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Parlami del mobbing verticale e orizzontale
Il mobbing verticale è quello posto in essere dal datore o dai superiori gerarchici. Il mobbing orizzontale proviene invece da colleghi di pari grado. In entrambi i casi, il datore può essere chiamato a rispondere se ha tollerato o non impedito tali condotte. Anche il silenzio o l’inerzia gestionale può configurare responsabilità.
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La tutela della salute nel decreto legislativo n. 81 del 2008
d.lgs. 81/2008 (Testo unico sulla sicurezza sul lavoro) tutela la salute dei lavoratori mediante una serie di obblighi a carico del datore, come la valutazione dei rischi, l’informazione e formazione, la sorveglianza sanitaria e l’adozione di misure preventive. La salute è definita in senso psicofisico e sociale,
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Parlami del decreto legislativo 2008 n. 81 ed il cosiddetto correttivo decreto legislativo
Il d.lgs. 81/2008 è il Testo Unico sulla salute e sicurezza nei luoghi di lavoro. È stato modificato dal d.lgs. 106/2009, il cosiddetto correttivo, che ha apportato migliorie tecniche e organizzative al sistema di prevenzione. In particolare, ha potenziato la figura del medico competente e chiarito il ruolo dei rappresentanti per la sicurezza.
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Parlami dell’obbligo di elezione di uno o più rappresentanti per la sicurezza
Il d.lgs. 81/2008 prevede l’elezione del Rappresentante dei Lavoratori per la Sicurezza (RLS). È obbligatoria in ogni azienda o unità produttiva. L’RLS ha il compito di vigilare sull’applicazione delle misure di prevenzione, partecipare alla valutazione dei rischi e accedere alla documentazione in materia di salute e sicurezza.
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La tutela della salute nel decreto legislativo n. 81 del 200
d.lgs. 81/2008 (Testo unico sulla sicurezza sul lavoro) tutela la salute dei lavoratori mediante una serie di obblighi a carico del datore, come la valutazione dei rischi, l’informazione e formazione, la sorveglianza sanitaria e l’adozione di misure preventive. La salute è definita in senso psicofisico e sociale,
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Parlami del cosiddetto medico competente
È un medico in possesso di specializzazione o titoli specifici, designato dal datore per svolgere sorveglianza sanitaria nei luoghi di lavoro. Il medico competente collabora alla valutazione dei rischi, visita periodicamente i lavoratori e tiene aggiornati i documenti sanitari. È figura centrale nel garantire la salute collettiva.
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Parlami della figura del preposto
Il preposto è colui che sovrintende all’attività lavorativa e garantisce l’attuazione delle direttive in materia di sicurezza. Deve vigilare sul rispetto delle norme da parte dei lavoratori e segnalare eventuali rischi. Non è un datore, ma ha comunque obblighi autonomi e può rispondere in caso di omissioni o negligenze.
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Tutela della salute articolo 36 comma 1 e 2
Il comma 2, che è quello rilevante in questo contesto, afferma che "La durata massima della giornata lavorativa è stabilita dalla legge". Il documento evidenzia come questa disposizione costituzionale miri a proteggere la salute e la sicurezza dei lavoratori limitando il tempo di lavoro, poiché un orario eccessivo può avere effetti negativi sul benessere fisico e psicologico. La disciplina legale dell'orario di lavoro, quindi, si pone come attuazione di questo principio costituzionale, mirando a conciliare le esigenze produttive con la necessità di tutelare la salute del lavoratore.
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Determinazione quantitativa della prestazione lavorativa
Determinazione quantitativa della prestazione lavorativa La determinazione quantitativa della prestazione lavorativa avviene principalmente attraverso la fissazione dell'orario di lavoro. Il testo indica che l'orario di lavoro è il parametro fondamentale per misurare la quantità di attività che il lavoratore è tenuto a svolgere. La disciplina legale e contrattuale stabilisce i limiti massimi di durata della prestazione lavorativa giornaliera e settimanale, definendo così l'entità dell'obbligo di lavoro in termini temporali. Questo influisce direttamente sulla retribuzione, che è proporzionata alla quantità e qualità del lavoro svolto
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Il cosiddetto orario normale contrattuale di lavoro
Il cosiddetto orario normale contrattuale di lavoro L'orario normale contrattuale di lavoro si riferisce all'orario di lavoro stabilito dalla contrattazione collettiva. Sebbene la legge fissi un orario normale legale (generalmente 40 ore settimanali), i contratti collettivi nazionali, territoriali o aziendali possono stabilire un orario normale inferiore
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Il limite massimo di esigibilità della prestazione di lavoro
Il limite massimo di esigibilità della prestazione di lavoro si riferisce al numero massimo di ore che il datore di lavoro può richiedere al lavoratore di svolgere. Questo limite è stabilito dalla legge e dalla contrattazione collettiva per tutelare la salute e la sicurezza del lavoratore e garantire il diritto al riposo
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Il Decreto Legislativo n. 66 del 2003 poi modificato dal Decreto Legislativo n. 112 del 2008
testo identifica il Decreto Legislativo n. 66 del 2003 come la normativa fondamentale in materia di organizzazione dell'orario di lavoro in Italia. Questo decreto ha dato attuazione a direttive europee in materia e disciplina aspetti cruciali come la definizione di orario di lavoro, l'orario normale, il lavoro straordinario, i riposi giornalieri e settimanali, e le ferie. Il documento menziona che questo decreto è stato successivamente modificato, in particolare dal Decreto Legislativo n. 112 del 2008. Queste modifiche possono aver riguardato specifici aspetti della disciplina per adeguarla ulteriormente alle normative europee o a mutate esigenze del mercato del lavoro. Il D.Lgs. 66/2003, nella sua versione modificata, costituisce quindi il quadro normativo di riferimento per la materia dell'orario di lavoro.
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L'orario normale di lavoro fissato a 40 ore settimanali
Il Decreto Legislativo n. 66 del 2003 fissa l'orario normale di lavoro a 40 ore settimanali. Questo è il riferimento legale standard. Il testo spiega che i contratti collettivi possono stabilire, ai fini contrattuali, una durata minore. Tuttavia, per la legge, la soglia delle 40 ore è quella oltre la quale la prestazione lavorativa è considerata straordinaria, a meno che non sia diversamente stabilito da un accordo collettivo nell'ambito della flessibilità dell'orario multiperiodale.
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L’orario multiperiodale
L'orario multiperiodale è una modalità di organizzazione dell'orario di lavoro che consente di distribuire la prestazione lavorativa su un arco temporale più lungo della settimana (ad esempio, un mese o un anno), compensando periodi di maggiore intensità lavorativa con periodi di minore intensità. Il testo spiega che questa flessibilità permette di superare le 40 ore settimanali in alcune settimane, purché l'orario medio calcolato su un periodo più ampio (definito dalla contrattazione collettiva e comunque non superiore all'anno) non superi le 40 ore. Questa modalità deve essere prevista dalla contrattazione collettiva.
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Lo straordinario
Il lavoro straordinario è definito dal testo come la prestazione lavorativa svolta oltre l'orario normale di lavoro, sia esso quello legale (40 ore settimanali) o quello contrattuale inferiore. Il testo indica che lo svolgimento di lavoro straordinario è soggetto a limiti e richiede un incremento della retribuzione (la cosiddetta maggiorazione per lavoro straordinario), stabiliti dalla legge o dalla contrattazione collettiva.
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Riposi compensativi
Alternativa o integrazione alla maggiorazione retributiva per straordinario o lavoro festivo. Hanno la funzione di tutelare il recupero psicofisico del lavoratore.
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limite settimanale onnicomprensivo pari a 48 ore Il testo menziona un limite settimanale onnicomprensivo pari a 48 ore. Questo limite rappresenta la durata massima media della settimana lavorativa, comprensiva delle ore di lavoro straordinario. Questo limite deve essere calcolato su un periodo di riferimento che non può superare i quattro mesi, salvo diversa disposizione dei contratti collettivi che può estenderlo fino a sei mesi, o anche a dodici mesi a fronte di ragioni obiettive, tecniche o inerenti all'organizzazione del lavoro, specificate nei medesimi contratti collettivi. Questo limite mira a porre un tetto complessivo all'attività lavorativa per tutelare la salute e la sicurezza del lavoratore.
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riposo giornaliero consecutivo di 11 ore ogni 24
Il testo indica che il lavoratore ha diritto a un periodo di riposo giornaliero consecutivo di almeno 11 ore ogni 24 ore. Questo significa che tra la fine di una giornata lavorativa e l'inizio della successiva devono trascorrere almeno 11 ore di riposo ininterrotto.
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Lavoro notturno
Parlami del lavoro notturno. Il lavoro notturno è una modalità di prestazione lavorativa che, per la sua particolare natura, è soggetta a specifiche regolamentazioni volte a tutelare la salute e la sicurezza del lavoratore. lavoro notturno come l'attività svolta durante il "periodo notturno", cioè un arco temporale di almeno sette ore consecutive comprendenti l'intervallo tra la mezzanotte e le cinque del mattino. La legge prevede che l'orario di lavoro dei lavoratori notturni non possa superare, in media, le otto ore nelle 24 ore successive, fatte salve alcune eccezioni e previsioni dei contratti collettivi.
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Dimmi la definizione di periodo notturno e di lavoratore notturno.
Il testo definisce chiaramente il "periodo notturno" come un periodo di almeno sette ore consecutive comprendente l'intervallo tra la mezzanotte e le cinque del mattino, Il "lavoratore notturno" è colui che svolge almeno tre ore del suo tempo di lavoro giornaliero durante il periodo notturno, in via non eccezionale, oppure svolge una parte non inferiore all'orario normale di lavoro durante il periodo notturno, secondo le norme definite dai contratti collettivi di lavoro.
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Parlami delle pause giornaliere.
Le pause giornaliere sono momenti di interruzione dell'attività lavorativa previsti dalla legge per garantire il recupero psicofisico del lavoratore prevede una pausa di almeno 10 minuti consecutivi per i lavoratori che superano un orario di lavoro giornaliero di sei ore.
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Parlami del riposo giornaliero.
Legislativo 66/2003 stabilisce che il lavoratore ha diritto a un periodo di riposo consecutivo di almeno undici ore ogni ventiquattro ore. Questa disposizione mira a prevenire l'eccessivo affaticamento e a tutelare la salute e la sicurezza sul luogo di lavoro.
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Parlami del riposo settimanale.
L'articolo 9 del D.Lgs. 66/2003 stabilisce che il lavoratore ha diritto a un periodo di riposo di almeno 24 ore consecutive ogni sette giorni, normalmente coincidenti con la domenica. Questo riposo si aggiunge al riposo giornaliero di undici ore, portando il totale a 35 ore consecutive.
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Parlami delle ferie.
Le ferie sono un diritto fondamentale del lavoratore, di natura irrinunciabile, garantito dall'articolo 36 della Costituzione e regolato dal Decreto Legislativo 66/2003. L'articolo 10 del suddetto decreto stabilisce che ogni lavoratore ha diritto ad almeno quattro settimane di ferie retribuite all'anno.
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Parlami dell’irrinunciabilità delle ferie.
L'irrinunciabilità delle ferie è un principio cardine della normativa sul lavoro. Significa che il lavoratore non può rinunciare, neanche volontariamente, al diritto alle ferie. Questa disposizione tutela la salute del lavoratore e impedisce che il datore di lavoro possa in qualche modo eludere l'obbligo di concederle. Il testo specifica che il diritto alle ferie è "irrinunciabile" e che qualsiasi patto volto a escluderlo o a limitarlo è nullo.
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L'imprenditore ha il potere di fissare il tempo di fruizione delle ferie?
Sì, l'imprenditore ha il potere di fissare il tempo di fruizione delle ferie, ma questo potere non è assoluto. Il testo specifica che l'imprenditore ha la facoltà di stabilire il periodo di godimento delle ferie, ma deve tenere conto sia delle esigenze dell'impresa, sia degli interessi del lavoratore.
106
periodo di ferie non può essere sostituito dalla relativa indennità per ferie non godute salvo in caso di risoluzione del rapporto di lavoro, che significa?
Questa affermazione è cruciale e ribadisce il principio dell'irrinunciabilità delle ferie. Significa che, in linea di massima, le ferie devono essere godute fisicamente dal lavoratore, e non possono essere "pagate" al posto del riposo. L'obiettivo è tutelare la salute e il benessere del lavoratore, che ha bisogno del periodo di riposo per recuperare le energie. Tuttavia, c'è un'eccezione fondamentale: la risoluzione del rapporto di lavoro. Questo significa che quando il contratto di lavoro cessa (ad esempio, per licenziamento, dimissioni, scadenza del contratto a termine), e il lavoratore non ha potuto godere di tutte le ferie maturate, il datore di lavoro è obbligato a pagare un'indennità sostitutiva per le ferie non godute. Questa indennità non è un'alternativa al godimento delle ferie durante il rapporto di lavoro, ma una compensazione economica per un diritto che non è stato possibile esercitare in natura a causa della cessazione del rapporto. In pratica, è l'unico caso in cui le ferie non godute possono essere monetizzate.