Cap.3 - La scuola plurilingue in Italia (slide lez. 1 e 9) Flashcards
(29 cards)
Quali sono i cinque poli dello spazio linguistico italiano?
I cinque poli dello spazio linguistico italiano
• Italiano
• Lingue delle minoranze storiche (tutelate dalla legge 482/1999)
• Dialetti d’Italia
• Lingue per la comunicazione internazionale
• Lingue delle nuove minoranze
Le lingue minoritari italiane
Sono lingue usate da una comunità di parlanti che rappresenti demograficamente una minoranza all’interno di uno Stato
Deve soddisfare i parametri di storicità (presenza antica della minoranza all’interno dello Stato) e di territorialità (radicamento stabile della minoranza su un certo territorio).
Quali sono le leggi che tutelano le lingue minoritarie italiane?
-Carta europea delle lingue regionali o minoritarie (Consiglio d’Europa, 1992)
-Costituzione Italiana Art. 3 e 6 (La Repubblica tutela con apposite norme le minoranze linguistiche)
- Legge 482/1999 «Norme in materia di tutela delle minoranza linguistiche storiche». Sono la lingua e la cultura delle popolazioni albanesi, catalane, germaniche, greche, slovene e croate e di quelle parlanti il francese, il francoprovenzale, il friulano, il ladino, l’occitano e il sardo (ambito scolastico, amministrazione, uffici pubblici, toponomastica)
NB: varietà non territorializzate come Rom e Sinti non sono tutelate!
Quanto è diffuso il dialetto oggi?
Oggi solo circa il 14% delle persone parla solo o prevalentemente il dialetto in famiglia. L’uso è influenzato da genere, età, titolo di studio, area geografica, usi linguistici in famiglia.
Oggi l’uso del dialetto non è più stigmatizzato e si assiste al fenomeno delle risorgenze dialettali (Dialetto come risorsa comunicativa, da affiancare all’italiano in determinate situazioni e per determinati scopi comunicativi. Nuovi contesti d’uso in cui i dialetti fungono da codici marcati a livello sociolinguistico)
Quanti sono gli stranieri in Italia?
Sono circa 5 milioni (8,9%), soprattutto da Romania (20%), Albania e Marocco (circa 8% ciascuno).
In percentuale sulla popolazione sono maggiori in Emilia Romagna e Lombardia.
Quali sono le lingue più parlate dopo l’italiano (più del 90%)?
Le lingue più parlate sono il rumeno, l’arabo, l’albanese, lo spagnolo e il cinese.
Quanti alunni stranieri sono presenti nella scuola? Prevalentemente di che nazionalità?
Nella scuola sono presenti circa 900.000 alunni stranieri, prevantemente provenienti da Romania, Albania, Marocco, Cina ed Ucraina.
Presenza di circa il 3%, ma alta in valori assoluti, nelle province di Brescia e Bergamo (soprattutto India e Pakistan).
NB: Il 65% circa degli studenti con cittadinanza non italiana è rappresentato dalle seconde generazioni!!
Quali sono le problematiche scolastiche principali degli studenti stranieri?
Il ritardo scolastico, che si accumula negli anni, e l’abbandono scolastico. Quasi un quarto degli studenti con cittadinanza non italiana a non completa il percorso di istruzione secondaria. L’abbandono scolastico riguarda maggiormente i ragazzi rispetto alle ragazze.
Nelle prove INVALSI c’è ampia differenza tra stranieri di prima generazione e di seconda (che recuperano). Comunque divario minore rispetto a quello dovto allo status socio-economico, parametro principle che incide sui risultati. Sull’inglese non ci sono svantaggi.
Che modello segue la scuola italiana per l’inserimento di alunni NAI?
Modello integrato: non prevede classi propedeutiche ma l’inserimento nella classe corrispondente all’età e/o al percorso di studi precedente, in parallelo ad alcune ore settimanali di insegnamento specifico della lingua di scolarizzazione (vs. modello separato). L’approccio non è sistematico, è lasciata ampia libertà alle scuole su come organizzare l’inserimento. La normativa italiana è una di quelle più avanzate, ma non si traduce concretamente in azioni di sostegno efficaci (formazione insegnanti, progetti etc etc).
Che cosa si intende con politica linguistica?
In inglese si parla di Language policy and planning (LPP).
E’ una disciplina fortemente interdisciplinare che si occupa si studiare le pratiche di pianificazione linguistica.
Con lo stesso termine si intendono anche le pratiche di pianificazione linguistica in sé, adottate e portate avanti prevalentemente (ma non solo) da governi, istituzioni e organizzazioni.
La politica linguistica è sì incentrata sulle lingue, ma esiste all’interno di un complesso insieme di fattori sociali, politici, economici, religiosi, democratici, educativi e culturali, che contribuiscono alla creazione dell’intera ecologia della vita umana.
(Complessità del modello di Joe Lo Bianco: 3 Authority x 4 Participation x 6 Goals - slide 11 lezione 9)
Riconosciamo nelle politiche linguistiche una componente esplicita (overt, de jure), ma anche una implicita (covert, de facto), osservabile nelle pratiche linguistiche degli individui, nelle loro ideologie e convinzioni e in tutti i domini (famiglia, scuola, lavoro ecc.), a tutti i livelli della società (sia top-down, sia bottom-up); ovunque e ogni volta che vengono prese decisioni, anche inconsapevoli, sulle lingue.
Come si articola la storia delle politiche linguistiche?
In tre fasi, ognuna caratterizzata da diversi eventi, paradigmi teorici e strategie differenti. Dal 1990 ad oggi si è aperta la terza fase, caratterizzata da un nuovo ordine mondiale, dal post-modernismo e dal desiderio di tutelare i diritti umani linguistici.
Cosa si intende con language planning?
Insieme delle misure (linguistiche, legislative, scolastiche e sociali) che si adottano per alterare deliberatamente la composizione del repertorio linguistico di una comunità. Si tratta dell’attuazione effettiva di una serie di politiche linguistiche.
(C’è molta confusione terminologica nella letteratura LPP: alcuni studiosi utilizzano i termini language planning e language policy come sinonimi, altri in maniera interscambiabile.)
Si suddivide in Status planning (lingua come uso)/ Corpus planning (lingua come struttura)/ Acquisition planning
Cosa si intende con CORPUS planning?
Il lavoro sulle caratteristiche interne della lingua, dalla codificazione o riforma ortografica, fonetica, morfologica all’ammodernamento lessicale.
Necessario affinché una lingua possa far fronte alle diverse funzioni cui è chiamata a rispondere nei domini della società. Azioni di corpus planning vengono compiute in maniera particolare per le lingue appena divenute ufficiali in nuovi stati indipendenti, ad esempio ex Paesi coloniali, ma anche per motivi ideologici.
Cosa si intende con STATUS planning?
Si riferisce agli usi di una lingua in un dato contesto: sta ad indicare gli accordi di ufficializzazione, che possono essere inclusi o meno nella Costituzione di uno Stato e servono a permettere l’uso di una o più lingue nei diversi domini.
E’ tutto l’apparato normativo e legislativo che assicura (o meno) il supporto a una lingua, mettendo in atto operazioni di promozione sociale volte ad aumentarne o consolidarne (o di contro, sminuirne) il prestigio.
Ha due dimensioni
Forma linguistica: l’ufficializzazione e la nazionalizzazione o, di contro, la proscrizione della lingua
Funzione linguistica: la diffusione, il mantenimento o la rivitalizzazione della lingua
Cosa si intende con ACQUISITION planning?
L’insieme di interventi pubblici che mirano ad aumentare il numero degli utenti potenziali di una lingua.
Aumentare il numero degli utenti non significa solo costruire capacità (attraverso l’istruzione), ma estendere le opportunità di uso in domini in cui la lingua possa acquisire capacità funzionale e far nascere nelle persone il desiderio di impararla e usarla.
Operazioni di acquisition planning riguardano l’accettazione della lingua target da parte della popolazione e attività e iniziative a suo sostegno.
CHe componenti individua il modello di SPolsky sulle politiche linguistiche?
Le language policy sono legate da frecce bidirezionali a tre componenti, tra loro interconnessi:
-language MANAGEMENT - GESTIONE: interventi specifici volti a controllare, modificare o influenzare una determinata situazione linguistica
-language PRACTICES - PRATICHE: insieme di suoni, parole e scelte grammaticali compiute dagli individui (in maniera più o meno consapevole) che forma il modello convenzionale non marcato di una varietà di una lingua
-language IDEOLOGIES - IDEOLOGIE: Convinzioni e credenze sull’appropriatezza di usi linguistici
Come nasce l’educazione linguistica democratica?
Nasce in Italia verso la fine degli anni 1960 in aperta opposizione alla pedagogia linguistica tradizionale della quale denuncia i limiti, l’inefficienza e i fallimenti. Ha dato origine a un vasto movimento di innovazione dell’insegnamento della lingua italiana.
Negli anni ‘60 il 50% circa degli italiana parla prevalentemente il dialetto e non conosce l’italiano. Nel 1962 con l’introduzione della Scuola media unificata nuovo pubblico di alunni, per la stragrande maggioranza dialettofono e proveniente da famiglie non scolarizzate, si affaccia per la prima volta alla scuola superiore. Il sistema scolastico italiano prediligeva e incoraggiava un modello di lingua di insegnamento che fosse il più possibile vicino ai registri formali dell’italiano standard, e poco tollerante verso le deviazioni dalla norma (pedagogia linguistica tradizionale).
Con una prospettiva “monomodale” privilegiava la scrittura formale come unica forma di insegnamento/apprendimento.
In questo contesto nasce “Lettera a una professoressa” 1967 Barbiana Don Milani scrittura collettiva.
Nasce da una spinta dal basso, da associazioni di insegnanti e accademici: il GISCEL (Gruppo di intervento e studio nel campo dell’Educazione Linguistica), alla quale partecipa De Mauro e che nasce nel 1973.
Le Dieci Tesi per l’Educazione Linguistica Democratica
Vengono pubblicate dal GISCEL nel 1975. Contengono una serie di principi cardine che dovrebbero guidare la scuola verso la promozione di principi didattici più equi.
I primi quattro punti riguardano principi di carattere generale (centralità del linguaggio verbale/ suo radicamento nella vita biologica,emozionale,intellettuale,sociale: mangiare bene, essere accolti/ pluralità e complessità delle capacità linguistiche: la comprensione!/ I diritti linguistici nella Costituzione - art.3 e 6)
I punti da 5 a 7 CRITICANO la pedagogia linguistica tradizionale:
-Caratteri della plt: grafismo, ortografia, produzione scritta, analisi logica e grammaticale, paradigmi verbali, correzioni
-Inefficacia della plt: un cittadino su tre semianalfabeta (contesto!!)
-Limiti della plt: ingora capacità ricettive e comprensione, ignora produzione orale, ignora capacità di schematizzare, sintetizzare, prendere appunti, saper scegliere in base al contesto, trascura realtà linguistica di partenza, limiti insegnamento grammaticale, ha visione settoriale e non ampia dell’alunno.
Il punto 8 presenta i PRINCIPI dell’EDUCAZIONE LINGUISTICA DEMOCRATICA (sono 10)
sviluppo verbale in relazione sviluppo globale, motivare sempre il fine, partire da retrotetrra linguistico, pluriliguismo come risorsa, capacità ricettive e non solo produttive, sia orale che scritto, muoversi nello spazio linguistico in modo efficiente, conoscenza diversi linguaggi, affinare la capacità di parlare e riflettere sul linguaggio, centrale la funzionalità comunicativa dei testi
I punti 9 e 10 presentano idee per il rinnovamento: servono fondi e formazione:
9- Per un nuovo curriculum degli insegnanti
10 - Conclusione
Quali sono le tre associazioni che hanno contribuito alla nascita e sviluppo dell’educazione linguistica democratica?
Il GISCEL (Gruppo di INtervento e STudio nel Campo dell’Educazione Liguistica) che nasce nel 1973 nell’ambito della Società Linguistica Italiana (SLI).
L’associazione LEND (Lingua e Nuova Didattica) fondata nel 1971, ancora attiva e radicata.
Il MCE (Movimento di Cooperazione Educativa) fondato nel 1951 e ancora attivo, anche recentemente ha pubblicato un Manifesto per l’educazione linguistica democratica (2018)
Sette tesi per la promozione di politiche linguistiche democratiche
E’ un documento pubblicato nel 2013 dal Gruppo di Studio sulle politiche linguistiche (SLI).
Sottolinea l’importanza del multilinguismo e del plurilinguismo, del rispetto dei diritti linguistici e chiede alle istituzioni della Repubblica di promuovere attività di formazione e di aggiornamento nel campo delle Scienze del linguaggio.
Dove si collocano le politiche educative italiane in confronto a quelle europee?
Su un continuum che va dalla “diversity dimension” (differenze protette ma sottolineate) al “whole-child approach” (Non promuovere solo conoscenze accademiche, ma supportare principalmente i bisogni sociali ed emotivi degli studenti. Questo a volte significa dimenticare differenze e bisogni specifici, come il mantenimento del patrimonio linguistico) l’Italia si pone completamente su quest’ultimo polo. L’ideale sarebbe invece collocarsi al centro.
Come sono visti i NAI nella normativa italiana?
Sono inclusi tra i BES (bisogni educativi speciali), normativa del 2012 e possibilità di redarre un PDP.
Rappresentazioni in negativo dei NAI («Non parla una parola di italiano») VS comprendere e valorizzare le competenze già acquisite, incluse quelle linguistiche -> sarebbe meglio parlare di bilingui emergenti
Linee Guida per l’accoglienza e l’integrazione degli alunni stranieri 2014.
Aggiornano le precedenti linee guida del 2006.
Richiamano la normativa precedente (Via italiana per scuola interculturale 2007, IN 2012…)
Chi sono gli alunni di origine straniera? ambiente familiare non italofono, minori non accompagnati, figli di coppie miste, adottati, rom sinti e caminanti
Inadeguatezza della legge sulla cittadinanza a 18 anni, tranguardo troppo lontano
Declina poi una serie di indicazioni operative sull’accoglienza (es. iscrizione in qualsiasi momento dell’anno, tetto flessibile del 30%, ruolo uffici scolastici regionali nel ridefinire i bacini d’utenza delle scuole, valutazione, esami, coinvolgimento famiglie, orientamento e contrasto del ritardo)
Individua tre fasi che attraversano gli alunni stranieri inseriti nella scuola:
-Fase dell’apprendimento dell’italiano L2 per comunicare (intervento intenso e “a scalare”, contributo dei pari)
-Fase di accesso all’italiano dello studio (responsabilità di ogni insegnante con ausili come glossari multilingue)
-Fase degli apprendimenti comuni (loro punto di vista e consapevolezza metalinguistica come risorsa)
Fornisce indicazioni specifiche per studenti neo-arrivati per mantenimento della lingua di origine in riferimento ai vantaggi del bilinguismo: messaggi di accoglienza plurilingui, letture bilingui, glossari bilingui per lo studio, analisi di prestiti e somiglianze tra lingue, ecc.
Dal 2009 ottenimento della cittadinanza italiana solo con conoscenza della lingua a livello almeno A2 del Quadro COmune Europeo
Cos’è il GLOTTO-KIT?
è uno strumento capace di fotografare il profilo linguistico dell’apprendente e del suo ambiente. Ha due sezioni: socioculturale/di test linguistico