Sport - Cap. 3 - Le motivazioni Flashcards
(9 cards)
Spiegate la differenza fra istinto, pulsione, bisogno, motivo, incentivo e scopo.
- Col concetto di istinto si intende un’entità preformata, innata, indistintamente riferita sia alle forze interne che spingono verso certi esiti, sia ai fini ultimi di tutte le condotte, sia all’attributo di un comportamento, visto come innato, involontario, impulsivo.
- Nella teorizzazione di Freud, si sostituisce la concezione di istinto con quella di “pulsione”: un’entità dinamica che consta di una fonte, una meta e un oggetto. In questa visione sono centrali il principio del piacere e il principio di realtà. La pulsione da sola, in questa teoria, non rende però ragione di desideri, conflitti, relazioni, la cui spiegazione si ricerca nell’interazione individuo-ambiente che ne scandisce la biografia (visione meno assolutistica rispetto agli istinti)
- con bisogno ci si riferisce a stati di carenza, legati alla percezione di mancanza di un qualche elemento ritenuto essenziale o importante. E’ sempre in riferimento a un oggetto (cibo, amore, affiliazione)
- il “motivo” è, generalmente, un bisogno appreso connesso all’anticipazione di uno stato finale che ne rappresenta la soddisfazione. I motivi sono costellazioni motivazionali croniche, che inducono ad impegnarsi verso il raggiungimento di una meta, sacrificando, in qualche misura, un’altra.
- “Incentivo”: oggetti o eventi al cui conseguimento si associa, percettivamente, il soddisfacimento di specifici bisogni. E’ anche usato come sinonimo di scopo o per indicare un elemento che ne aumenta l’attrattiva e ne promuove il conseguimento.
- “scopo” indica in genere la meta ultima di un comportamento
Motivi, incentivi e scopi presuppongono un certo grado di anticipazione, consapevolezza e pianificazione
Come vengono usati i concetti di “abitudine”, “bisogno”, e “aspettativa” negli studi sulla motivazione?
Nell’ottica degli studi di Hull (‘43, ‘52), che rientra nel quadro del modello stimolo-risposta, il bisogno (o pulsione) è intesa come forza energizzante, l’abitudine come insieme di risposte apprese con funzione direttiva dell’azione, le aspettative (incentivi attesi e valutazione) con anch’essi funzione energizzante.
Spiegate con parole vostre i differenti processi implicati in un percorso motivazionale.
Superata la concezione istintuale o pulsionale, ha assunto un ruolo centrale nella “psicologia delle motivazioni” il ragionamento individuale, che dà peso e priorità a determinate condotte e scelte rispetto ad altre.
in questo senso, sono centrali le capacità di simbolizzazione, di anticipazione, di comunicazione, di apprendimento osservativo, di autoriflessione e di autoregolazione.
Il percorso motivazionale, inteso come percorso (catene di comportamenti coordinati) che ha dei fini e delle cause esplicitabili (dall’individuo), non può prescindere da:
i propositi, cioè le decisioni che hanno portato a preferire determinati scopi e bisogni;
la volontà, cioè la capacità di regolare l’azione in coerenza con le proprie decisioni
Cosa sono le motivazioni “intrinseche”?
Nella teoria di Deci (1975) sono motivazioni legate a comportamenti che assolvono una funzione principalmente privata, di riconoscimento di sé e di autodeterminazione, entro una dimensione di autovalutazione e di espansione di competenza ed emozioni. Alla base di queste vi è il desiderio (innato) di sentirsi competenti e autonomi, senza il vincolo di pressioni esterne.
Quest’ultimo punto spiega perché, rispetto alle motivazioni intrinseche, l’introduzione di un rinforzo può ridurre l’attrattività del comportamento (aumento delle pressioni esterne). Un rinforzo “tollerato” è rappresentato dal riconoscimento della competenza.
L’anticipazione di vantaggi e svantaggi è invece centrale nella motivazione estrinseca.
Cosa determina il fatto che una persona abbia una forte motivazione alla riuscita ed un’altra persona una bassa motivazione alla riuscita?
Nella formulazione di Atkinson (1964), la motivazione alla riuscita è determinata da alcune caratteristiche individuali (i motivi), formate sulla base delle esperienze individuali e da altre variabili contingenti (le aspettative e i valori) come la probabilità percepita (di successo o fallimento) e gli incentivi (negativi o positivi) di un possibile fallimento o successo.
In versione formale:
TS=(Ms x Ps x Is) - (Mef x Pf x If)
dove:
Ts = tendenza alla riuscita
Ms = forza del motivo a riuscire (differenza individuale)
Ps = probabilità soggettiva del successo
Is = Incentivo positivo del successo (valutazione dei vantaggi)
Mef = motivazione a evitare il fallimento (differenza individuale
Pf = probabilità soggettiva del fallimento
If = incentivo negativo del fallimento (valutazione degli svantaggi
Questa formulazione riesce a spiegare i dati empirici secondo i quali, persone con alta tendenza alla riuscita tendono ad evitare compiti troppo facili o impossibili, e preferire quelli moderatamente difficili.
Viceversa, persone con bassa tendenza alla riuscita (maggiore paura del fallimento) evitano compiti moderatamente difficili, mentre ricercano quelli facili o quelli impossibili (non si può fallire, visto che nessuno ha successo)
In che modo i processi di attribuzione possono influenzare il percorso motivazionale?
L’attribuzione di causalità (di un successo o di un fallimento), che può essere esterna (caso o azioni altrui) o interna (impegno e capacità personali), è pervasiva lungo tutto il percorso motivazionale in quanto influenza le valutazioni (aspettative e valori), le decisioni/intenzioni conseguenti, gli stati d’animo (affetti) e le responsabilità che accompagnano il successo o il fallimento.
Cosa si intende con “orientamento allo stato”?
E’, insieme all’orientamento all’azione (di cui rappresenta l’opposto), un’altra variabile interveniente nel processo volitivo, ovvero quell’insieme di processi che conduce da una presa di decisione alla realizzazione.
L’orientamento allo stato riflette la pressione di stati di urgenza, eccitazione, preoccupazione e incertezza che mettono costantemente in discussione le decisioni e le strade intraprese, distraggono l’attenzione, minano la determinazione e rendono più impacciata l’azione.
In linea di massima, l’orientamento allo stato, al contrario di quello all’azione, è caratterizzato da continue esitazioni, ruminazioni, fissazioni, ripensamenti, paure: distoglie consistenti risorse mentali dell’individuo dal perseguimento degli scopi
In che modo le condizioni di autoefficacia di un individuo si legano alle sue motivazioni?
Secondo Bandura (1997), la variabile chiave, ancora prima delle aspettative e dei valori, in un processo motivazionale, è la convinzione di autoefficacia, cioè la convinzione circa le proprie capacità di essere all'altezza delle situazioni. Tali convinzioni di essere all'altezza della situazione, che sono contesto-dipendenti, relative a una specifica attività e derivate dall'esperienza, sono fondamentali sia nella formazione dei propositi che, soprattutto, nella realizzazione degli stessi, soprattutto in presenza di imprevisti e avversità. Bassa autoefficacia porta ad una sottostima delle proprie potenzialità e delle opportunità, una sovrastima delle avversità e delle difficoltà, predisponendo così l'individuo al fallimento (e viceversa), dando così inizio a un circolo vizioso (o virtuoso, nel caso di alta autoefficacia)
Quali sono i determinanti personali della riuscita in ambito sportivo?
Tra le determinanti più importanti, che rientrano nel più ampio concetto di “autoefficacia”, si riscontrano:
- le convinzioni di efficacia nel far fronte ad imprevisti e ai rischi delle competizioni,
- le convinzioni di efficacia nel controllo dei pensieri nel far fronte ai fallimenti e allo stress competitivo,
- le convinzioni di far fronte (coping) e di resistere alla fatica e al dolore fisico
Al fianco di queste, rientrano variabili “esterne” come il goal setting (che può essere anche “interno” all’atleta), il feedback (idem), il modeling