P1C1 Principio di legalità Flashcards

1
Q

Perché nasce il principio di legalità del diritto penale?

A

La sua genesi è più politica che strettamente penalistica, nascendo dall’esigenza di porre limiti alla potestà punitiva dello Stato a garanzia dei diritti dei cittadini

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2
Q

Quale corrente di pensiero è matrice del principio di legalità del diritto penale?

A

Il pensiero illuministico, che mirava alla necessità di vincolare l’esercizio di ogni potere dello Stato alla legge, in una stretta osservanza della separazione dei poteri, ponendosi tale principio di legalità come principio garantistico contro il potere assoluto e di salvaguardia delle libertà del singolo individuo (favor libertatis)

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3
Q

In quali brocardi latini si traduce il principio di legalità del diritto penale?

A
  • nulla poena sine lege
  • nullum crimen, nulla poena sine previa lege poenali (sua evoluzione)
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4
Q

Dove ha trovato accoglimento il principio di legalità nel nostro ordinamento?

A

Prima nel codice Zanardelli, poi nel codice Rocco, e infine nell’art. 25 c.2 della Costituzione

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5
Q

Art. 25 Cost.

A

Nessuno può essere distolto dal giudice naturale precostituito per legge.

Nessuno può essere punito se non in forza di una legge che sia entrata in vigore prima del fatto commesso.
[Principio di legalità]

Nessuno può essere sottoposto a misure di sicurezza se non nei casi previsti dalla legge

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6
Q

Quali sono i corollari del principio di stretta legalità?

A
  • Riserva di legge (competenza in materia penale spetta solo al Parlamento e agli atti equiparati)
  • Determinatezza e tassatività (precetto e sanzione devono essere descritti in modo chiaro e determinato dal legislatore)
  • Divieto di analogia (divieto del giudice di applicare la fattispecie oltre i casi da questa previsti)
  • Irretroattività (la norma incriminatrice non può essere applicata a fatti commessi prima della sua entrata in vigore)
  • CORT COST: Intellegibilità (il giudice penale è incaricato di scrutare le zone d’ombra individuando il significato della disposizione tra le sole opzioni che il testo autorizza)
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7
Q

A quali esigenza garantista risponde il corollario del principio di legalità della RISERVA DI LEGGE?

A

Impedisce l’intervento normativo dell’esecutivo, assicurando, da un lato, il funzionamento oggettivo della giustizia, e dall’altro, la salvaguardia delle libertà individuali.

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8
Q

A quali esigenza garantista risponde il corollario del principio di legalità della DETERMINATEZZA E TASSATIVITA’?

A

Evitano l’arbitrio del giudice

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9
Q

A quali esigenza garantista risponde il corollario del principio di legalità della DIVIETO DI ANALOGIA?

A

Impedisce che il potere creativo sia sottratto al Parlamento

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10
Q

A quali esigenza garantista risponde il corollario del principio di legalità della IRRETROATTIVITA’?

A

Rappresenta una garanzia contro gli arbitri del legislatore

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11
Q

Quale idea si pone alla base del principio di legalità?

A

L’idea secondo la quale, poiché il diritto penale incide sulla libertà personale degli individui, l’unica fonte che può intervenire è la legge, in quanto atto normativo promanante dal Parlamento, e in particolar modo nella misura in cui garantisce la partecipazione sia della maggioranza che della minoranza nella formazione delle leggi in una più equilibrata dialettica tra le forze politiche rappresentative dell’intero elettorato.

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12
Q

Art. 1 cp

A

Nessuno può essere punito per un fatto che non sia espressamente preveduto come reato dalla
legge, né con pene che non siano da essa stabilite

[Assieme all’art. 25, la riserva di legge qui espressa legittima la norma penale solo quando il contenuto sia previsto da una legge]

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13
Q

Cos’è propriamente la legge richiesta dalla riserva di legge?

A

È certamente legge l’atto normativo del Parlamento , promulgato dal PdR.

Con riferimento al decreto legge, il suo uso quale fonte di norme incriminatrici in casi straordinari di necessità e urgenza consente in qualche misura, nel periodo di vigenza prima della conversione, l’elusione delle garanzie legate alla legge quale atto del Parlamento, ma la necessità di conversione entro 60 giorni dalla pubblicazione assicura un vaglio parlamentare idoneo [Qualora non sia convertito, tutti i suoi effetti saranno travolti da inefficacia]

Con riferimento al decreto legislativo delegato, la delega è subordinata ai limiti imposti dall’art. 76 Cost, che vincolano l’esercizio della potestà legislativa delegata e permettono un controllo circa il rispetto della volontà manifestata del delegante.

[Notare che rispetto al DL e al DLGS, negli ultimi anni si è assistito a un vero e proprio abuso di tali strumenti, snaturando la riserva di legge -> Crisi della legge (penale)]

Regolamenti, vd flashcard successiva

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14
Q

La riserva di legge va intesa in senso relativo o assoluto?

A

La riserva di legge va intesa in senso tendenzialmente assoluto.

Tale principio deve necessariamente raffrontarsi con sempre più inevitabili esigenze di intervento delle fonti secondarie nella delimitazione di efficacia degli illeciti penali.

La Corte Cost. ha ribadito che il principio di legalità “non può considerarsi soddisfatto quando non sia una legge (o un atto equiparato) dello Stato a indicarne con sufficiente specificazione i presupposti, i caratteri, il contenuto e i limiti dei provvedimenti dell’autorità non legislativa, alla trasgressione dei quali deve seguire la pena”

[La nomodinamicità del nostro sistema non permette di prevedere una riserva totalmente assoluta, e ciò emerge chiaramente all’affievolimento della riserva di legge con rimando a fonti regolamentari per la specificazione di elementi costitutivi della fattispecie, ad esempio la specificazione regolamentare in tema di stupefacenti]

La fonte secondaria deve funzionare da cornice per la fonte primaria. Problematica è l’incidenza che la prima può avere sulla seconda, tema eluso dal legislatore.

Diversamente accade per la sanzione, la cui determinazione può essere stabilita solo dalla legge o da atti ad essa equiparati, senza possibilità di rinvio a fonti regolamentari.

“La riserva di legge appare assoluta in riferimento alla sanzione, e relativa in riferimento al precetto”

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15
Q

Riserva di codice

A

L’art. 3 bis del c.p. stabilisce che:

Nuove disposizioni che prevedono reati possono essere introdotte nell’ordinamento solo se modificano il codice penale ovvero sono inserite in leggi che disciplinano in modo organico la materia

Tuttavia, essendo una disposizione di fonte primaria, un’altra norma incriminatrice contrastante con tale precetto non subirebbe alcuna conseguenza con inevitabile ridimensionamento della cogenza (funzione coattiva) del principio della riserva di codice.

rvd. de iure condito e de iure condendo pag. 6

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16
Q

Perché la riserva di legge penale è in crisi?

A

Per via di cause endogene dovute essenzialmente alla crisi del sistema della rappresentanza parlamentare, non più in grado di descrivere la volontà generale, aggravato certamente dalla recente degenerazione del sistema del bicameralismo perfetto.

Gia a partire dagli anni 80, si è assistito ad un affievolimento del carattere assoluto della riserva di legge a danno della quale sono stati favoriti interventi normativi dell’esecutivo giustificati dal carattere dell’urgenza.

Altre ragioni sono state sicuramente la proliferazione delle fonti normative, l’incidenza del diritto comunitario (che spesso riserva al Parlamento il mero ruolo di ratifica di obblighi comunitari) e lo squilibrio tra legge e potere giudiziario, nonché l’avvento delle derive populistiche delle maggioranze governative, con indebolimento del dialogo maggioranza-opposizione, punto focale del garantismo della legalità, e del ruolo della discussione in Parlamento, con maxi-emendamenti e abuso del voto di fiducia.

Le prerogative del Parlamento subiscono anche un’erosione a causa dell’intromissione della giurisprudenza costituzionale e ordinaria, fenomeno detto “processualizzazione della tipicità penale”, indotto dallo stesso legislatore per il tramite dell’introduzione di norme incriminatrici costruite in chiave prettamente probatoria proprio per consentire la necessaria integrazione giudiziaria. Si assiste ad un accentramento dei poteri nel potere giudiziario, in forza di nuovi strumenti come l’interpretazione adeguatrice e la sempre maggiore rilevanza data alla giurisprudenza, anche comunitaria (sentenza Beschi, Strasburgo concorre al potere legislativo)

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17
Q

Cos’è la Riforma Orlando?

A

Un tentativo di superare i disorientamenti dati dal moltiplicarsi di precedenti contrastanti tra loro, che con l’introduzione del comma 1 bis all’art. 618 c.p.p. rappresenta un tentativo di garantire al cittadino la previa conoscenza delle leggi scritte.

Nasce quindi dal fenomeno della convergenza dei formanti normativi tra sistemi di common law (sempre più scritti) e sistemi di civil law (sempre più basati sulla giurisprudenza, seppur non vincolante, mancando il principio dello stare decisis)

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18
Q

Quali problemi si pongono relativamente al corollario della tassatività?

A

In tempi recenti, si profila una vera e propria abdicazione del legislatore al suo ruolo dell’ars legiferandi, con una produzione di norme volontariamente lacunosa (non colmabile neanche con l’interpretazione autentica non essendo rilevabile la ratio legis).

Nonostante si indichi spesso l’impossibilità di dettare poche e chiare regole nella complessa e moderna società globalizzata, la ragione della mancanza di tassatività può rintracciarsi anche in fattori politici, che vede una produzione normativa ipertrofica e di scarsa qualità tecnica per scopi meramente propagandistici (diritto penale simbolico).

Si assiste anche a un laissez-faire da parte della Corte di Cassazione, che non si pronuncia sull’evidente contrarietà delle norme rispetto alla tassatività e determinatezza, portando quindi tali norme a conferire ai giudici ampio margine discrezionale in sede applicativa.

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19
Q

Quale corollario trova fonte nel Codice Civile? E in quale articolo?

A

L’irretroattività.

All’art. 11 delle disp. prel. c.c. si stabilisce che la legge dispone solo per l’avvenire.

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20
Q

A chi si rivolge il corollario della determinatezza, tassatività e pregnanza della legge penale?

A

Il canone della determinatezza di rivolge direttamente al legislatore nel momento di creazione delle norme, richiedendosi un preciso standard di minima e accettabile previsione nella descrizione della materia del punibile.

Il diverso principio di tassatività ha come terminale il giudice, che in sede applicativa è obbligato a ricondurre il fatto storico alle fattispecie di reato che siano espressamente prevedute come tali dalla legge penale (divieto di analogia).

La pregnanza, infine, si riferisce alla caratteristica della verificabilità empirica in sede di accertamento processuale della descrizione normativa dei fatti costituenti reato.

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21
Q

Che esigenze soddisfa il corollario della determinatezza, tassatività e pregnanza della legge penale?

A

Da un lato, garantire la separazione dei poteri (riserva di legge statale) impedendo al giudice di sostituirsi al legislatore nell’individuazione dei fatti dai quali far discendere una responsabilità penale.

D’altro lato, assicurare la libertà di determinazione dei consociati, mettendoli in grado di conformare i loro comportamenti alle condotte doverose sanzionate penalmente e accuratamente determinate dal precetto.

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22
Q

Quale sotto-principio del corollario della determinatezza, tassatività e pregnanza della legge penale ha enucleato la Corte EDU?

A

Quello della “prevedibilità” della norma penale, ossia la possibilità di assicurare che i destinatari dei divieti penalmente sanzionati possano conformare i propri comportamenti alle prescrizioni normative, individuando le conseguenze applicative che si ricollegano a ciascuna fattispecie penale

[ART. 7 CEDU – Nulla poena sine lege
Nessuno può essere condannato per una azione o una omissione che, al momento in cui è stata commessa, non costituiva reato secondo il diritto interno o internazionale.]

Non basta che la norma sia chiara e intellegibile, ma deve dare la possibilità ai consociati di approssimare il risultato interpretativo della norma (la sua concreta operatività) con un grado di ragionevole approssimazione.

Tali considerazioni si inseriscono nel solco della sentenza della Corte Costituzionale 364/1988, in occasione della quale la corte nell’affermare la necessaria “riconoscibilità del precetto”, predilige una visione dei principi di determinatezza e tassatività conforme con il principio costituzionale della personalità della responsabilità penale

Articolo 27 comma 1 Cost
La responsabilità penale è personale.

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23
Q

QUESITO: Quando una norma incriminatrice può dirsi conforme ai canoni di determinatezza e tassatività?

A

«La verifica del rispetto del principio di determinatezza va, del resto, condotta non già valutando il singolo elemento descrittivo dell’illecito, ma raccordandolo con gli altri elementi costitutivi della fattispecie, nell’ambito della disciplina in cui si inserisce. In particolare, inclusione nella formula descrittiva dell’illecito di espressioni sommarie, di vocaboli polisensi, ovvero di clausole generali o concetti elastici, non comporta un vulnus (DANNO) del parametro costituzionale evocato, quando la descrizione complessiva del fatto incriminato consenta al giudice - avuto riguardo alle finalità perseguite dall’incriminazione ed al più ampio contesto ordinamentale in cui essa si colloca - di stabilire il significato di tale elemento mediante un’operazione interpretativa non esorbitante dall’ordinario compito a lui affidato, permettendo, al contempo, al destinatario della norma, di avere una percezione sufficientemente chiara ed immediata del relativo valore precettivo» [Corte cost., 1° agosto 2008, n. 327].

Spetta quindi al giudice dare certezza a quei (leciti per la corte) vocaboli polisensi, clausole generali o concetti elastici che prima facie sembrano indeterminati.

24
Q

QUESITO: Il riferimento a «quantità ingenti» di sostanze stupefacenti o psicotrope contenuto nella circostanza aggravante di cui all’art. 80, co. 2, d.p.r. n. 309 del 1990 è in grado di soddisfare le esigenze di determinatezza e tassatività del precetto penale?

A

«Il presupposto di operatività della aggravante, per quanto ampio, non può ritenersi indeterminato, rispondendo all’esigenza di evitare l’introduzione di parametri legali precostituiti, i quali impedirebbero al giudice di apprezzare in concreto la gravità del fatto e quindi rideterminare la pena in termini di coerente proporzionalità rispetto al suo effettivo profilo e alla personalità dell’autore» Cass. pen., Sez.
Un., 20 settembre 2012, n. 30250].

Secondo la Cassazione, il legislatore con l’indeterminata espressione “ingenti quantità” vuole lasciare al giudicante il potere di considerare un fatto aggravato o attenuato in relazione agli innumerevoli, e mai predeterminabili, casi della vita.

Si è detto che, per avvicinarsi ad una certa una determinatezza della legge penale in materia, si debba fare riferimento ai limiti tabellari, ma anche questi limiti non sarebbero idonei a vedersi attribuito un valore probatorio assoluto, sicché se invece fosse cosi si vedrebbe violata la riserva di legge in materia penale.

25
Q

Che cosa ha prodotto la recente nomodinamica del sistema penale??

A

Oltre a porre l’interprete davanti a notevoli problemi interpretativi dettati dal difficile coordinamento tra le disposizioni normative, da tali disarmonie/distonie del sistema si è arrivati ad avere, come conseguenze, sia un’evidente oscurità del testo normativo derivante dalla presenza di antinomie giuridiche, sia l’impossibilità pratica di orientare il proprio comportamento in modo conforme ai dettami normativi.

Ciò ha portato inoltre ad una “deprecabile” tecnica sistematica del rinvio operato dalla disposizione penale alla normativa extrapenale, per il tramite di elementi normativi presenti all’interno del precetto, la cui modificazione può comportare significativi margini di diversificazione delle norme in fase applicativa

26
Q

QUESITO: Può, in seguito ad un rinvio mobile, aversi integrazione normativa della fattispecie penale?

A

«[…] non vi è spazio per appellarsi ad ipotesi di integrazione normativa della fattispecie, a mezzo di un possibile rinvio c.d. ‘mobile’, poiché - al di là di qualsiasi quesito coinvolgente questa delicata materia - la volontà legislativa risulta evidente, senza postulare ulteriori apporti ermeneutici, quando sia inquadrata nella complessiva operazione riformatrice disposta dal legislatore mediante il d.lgs. n. 39 del 2010». (Cass. pen., sez. un., n. 34476 del 23 giugno 2011).

Nonostante ciò, l’integrazione della fattispecie in sede extrapenale è alle volte necessaria, seppur non auspicabile, in numerosi settori, visto il continuo bisogno di aggiornamento che impone al legislatore di ricorrere a strumenti più flessibili e rapidi della legge ordinaria. Tuttavia, nella prassi il ricorso a questa tecnica risulta non ben congegnato
(es. disposizione che punisce chi effettua una spedizione di rifiuti richiamando un regolamento comunitario non più in vigore mette in crisi la determinatezza e l’intellegibilità della norma penale)

Le norme penali lasciate per cosi dire “in bianco” dimostrano, da una parte, una certa sciatteria del legislatore, e dall’altra, una difficoltà oggettiva nell’armonizzare la materia penale con la pluralità degli ordinamenti.

Altro esempio, d.lgs. 231/2001 che faceva riferimento all’art. 2624, abrogato, portando ad evidenti problemi applicativi. Si potrebbe pensare ad un rinvio mobile, ossia il riferimento ad una disposizione in continuità normativa con quella abrogata, ma le Sez. Un. della Cass. hanno appunto affermato la non legittimità di un tale richiamo extra-codicistico.

27
Q

Legge penale e il rapporto tra Costituzione e fonti sovranazionali

A

Nonostante l’apertura costituzionale alle disposizioni di diritto internazionale e sovranazionale, il precetto dell’art. 25 Cost sembrava porsi come una conventio ad excludendum che sottraeva la materia penale a qualsiasi infiltrazione esterna.

Ad oggi, persino il riferimento alla Grundnorm (Costituzione) perde valore con l’avanzare della rivoluzione delle fonti in un ottica di unificazione e integrazione sovranazionale, e anche la legge penale, seppur dura a cedere, è stata investita dal processo c.d. di europeizzazione del diritto penale:
a) da un lato, l’affidamento sempre più intenso all’UE per il contrasto alla criminalità transnazionale
b) dall’altro, l’irrompere di un nuovo protagonista, la CEDU

28
Q

Cosa si intende quando si parla di diritto penale europeo?

A

Sia il diritto europeo in senso stretto (comunitario), sia del sistema CEDU, sistemi questi che contribuiscono in un ottica di tutela multilevel alla formazione di un diritto comune europeo della tutela dei diritti dell’uomo, con l’indebolimento del ruolo esclusivo dello Stato a vantaggio di sistemi di garanzia sovranazionali

29
Q

In che modo il sistema CEDU può essere definito originale?

A

Per almeno tre ragioni:
1) la ratio e le peculiarità contenutistiche
2) la struttura del sistema di tutela, non basata sulla reciprocità tra Stato e CEDU e che dunque non consente a uno stato dall’esimersi dagli impegni assunti
3) l’operare congiunto di un organo giurisdizionale (Corte EDU) e di un organo politico (Comitato del Consiglio dei Ministri del Consiglio d’Europa) al fine di controllare il rispetto da parte degli Stati degli impegni assunti con la ratifica del testo convenzionale e verificare che gli Stati diano esecuzione alle sentenze emanate dalla Corte EDU.

30
Q

Come si è risolto il problema di fonti tra CEDU e ordinamento nazionale?

A

Con le due sentenze gemelle della Consulta (348/2007 e 249/2007), che hanno dettato una serie di principi fondamentali e hanno ridefinito il rilievo che le norme e i principi della Convenzione e i suoi protocolli assumono rispetto alle previsioni del diritto interno.
[A onor del vero, tali sentenze si riferiscono alla generalità delle norme sovranazionali che vincolano l’ordinamento italiano e anche quelle UE non dotate di efficacia immediata]

Con tali sentenze, si è affermata la regola per cui il giudice nazionale non ha il potere di disapplicare la norma legislativa ordinaria ritenuta in contrasto con una norma CEDU, diversamente da quanto da tempo ammesso per il caso in cui il conflitto venga registrato rispetto ad una norma comunitaria (Impossibile quindi l’adattamento automatico delle norme nell’ordinamento nazionale)

Pertanto, l’asserita incompatibilità tra norma nazionale e norma convenzionale rileva come una questione di costituzionalità di esclusiva competenza della Corte Costituzionale per eventuale violazione dell’art. 117 C.1 (Norme CEDU sono quindi insuscettibili di diretta applicazione ma, come norma interposta, suscettibili di immediata giustiziabilità davanti la Consulta)

ART. 117 C.1
La potestà legislativa è esercitata dallo Stato e dalle Regioni nel rispetto della Costituzione, nonchè dei vincoli derivanti dall’ordinamento comunitario e dagli obblighi internazionali.

31
Q

L’adesione dell’UE alla CEDU non crea problemi rispetto all’immediatezza di operatività delle disposizioni?

A

La Corte Costituzionale rigetta la concezione per cui le disposizioni della Convenzione EDU, di regola non immediatamente applicabili, lo siano in forza del fatto che l’UE, che invece spesso impone l’immediata applicabilità, abbia aderito alla CEDU.

32
Q

CEDU e influenza nel diritto penale

A

La CEDU, al netto dell’interpretazione che ne da la Corte EDU, ha sul diritto penale nazionale alcuni effetti, sia limitativi sia espansivi

Inoltre, dalla proibizione della tortura e dei trattamenti degradanti e inumani di cui all’art. 3 CEDU discende il c.d principio di non refoulement, ossia il divieto di procedere all’espulsione di cittadini extracomunitari laddove gli stessi corrano il rischio di essere assoggettati nello Stato di destinazione a trattamenti contrari a detta norma

Inoltre, come nel caso della lacuna presente nel nostro ordinamento per il reato di tortura, i principi della CEDU portano ad estendere la potestà punitiva nazionale, criminalizzando condotte potenzialmente lesive dei diritti dalla Convenzione riconosciuti.

CESTARO V. ITALY
Emblematica è la sentenza della Corte EDU (Cestaro c. Italia) che ha condannato lo Stato Italiano riconoscendone la responsabilità in relazione ai fatti del G8 di Genova, ponendo a carico di questo l’obbligo di adottare “strumenti giuridici idonei a sanzionare in maniera adeguata i responsabili di atti di tortura”

Tale sentenza ha portato infine all’introduzione del reato di tortura con il ddl del 5 luglio 2017

33
Q

Quale tema spinoso riguarda la dialettica tra giudice penale e atti amministrativi?

A

Tema molto discusso nella giurisprudenza. La questione è circoscrivere la portata dell’intervento del giudice penale che si trovi ad accertare che l’Autorità amministrativa, in base alla legge, non avrebbe potuto concedere l’autorizzazione o emanare l’ordine, e che dunque l’autorizzazione, che esclude il reato, o l’ordine, la cui inosservanza renderebbe quel fatto punibile, sono illegittimi.

Problematica ha trovato suo campo elettivo negli illeciti penali in materia urbanistica.

34
Q

QUESITO: Può il giudice penale disapplicare un atto amministrativo illegittimo?

A

«Poiché la fattispecie della esecuzione dei lavori in assenza di concessione edilizia si differenzia dall’altra della edificazione in base a concessione illegittima, il giudice non può disapplicare quest’ultima ai fini della configurazione del reato previsto dall art. 17, lett. b), I. 28 gennaio 19// n. 10» [Cass. pen., Sez. Un., 3 gennaio
1987 n. 3, in Cass. pen., 1987, 878 (c.d. «sentenza Giordano»)].

La disciplina dei rapporti tra giurisdizione ordinaria e PA è piuttosto risalente, e prevede che l’atto amministrativo ritenuto illegittimo dal giudice ordinario può essere sottoposto ad un’unica sanzione: la disapplicazione. In altre parole, il giudice ordinario che incontri incidentalmente un atto amministrativo illecito non può revocarlo o annullarlo, ma solo disapplicarlo, procedendo alla risoluzione del caso come se quell’atto non fosse mai stato emesso dall’amministrazione competente.

35
Q

Quali indirizzi giurisprudenziali è importante richiamare in merito alla disapplicazione dell’atto amministrativo in sede penale?

A

Due pronunce della Cassazione a Sezioni Unite, che formano due veri e propri leading cases

La sentenza Giordano del 1987, che concludeva per una limitatissima applicabilità della disapplicazione in materia penale: tale indirizzo vedeva come presupposto quello per cui il controllo del giudice ordinario sulla legittimità degli atti amministrativi deve operare quale strumento di tutela del cittadino dall’intervento della PA nella sua sfera privata, quindi solo a favore e non contro il singolo (in bonam partem).

A diversa conclusione arriva la sentenza Borgia del 1993, che riporta l’istituto della disapplicazione nell’alveo del consueto procedimento di valutazione della sussistenza della responsabilità penale del singolo. La sentenza infatti conclude che la disapplicazione non sarebbe altro che il risultato del consueto accertamento, da parte del giudice penale, della conformità del fatto storico alla fattispecie astratta.

Rivedi pag. 32 pezzo evidenziato

La dottrina invece esclude la possibilità di ricorrere alla disapplicazione in sede penale, mediante due critiche:
1) Si contesta la possibilità che, attraverso il ricorso alla disapplicazione, possa realizzarsi un caso tipico di analogia in malam partem (incompatibile con il principio di legalità) laddove si estenda la pena stabilita dalla legge per le condotte non autorizzate anche a quelle autorizzate in modo illegittimo.
2) Utilizzando la disapplicazione come elemento discretivo della punibilità dell’agente, si prescinderebbe da qualsiasi valutazione circa la consapevolezza del reo di aver agito sulla base di un’autorizzazione illegittima e dunque dall’analisi circa la sussistenza di un giudizio di rimproverabilità fondato sul dolo o, quantomeno, sula colpa.

Inoltre, sorgono perplessità anche a livello di politica criminale, rendendo lecito domandarsi se, escludendo l’ipotesi di accordo criminoso, sia possibile punire un soggetto terzo per l’illegittimità di un atto che egli non ha contribuito a realizzare.

36
Q

Cos’è l’analogia?

A

Lo strumento interpretativo in base al quale determinate fattispecie, apparentemente non disciplinata normativamente, vengono regolate mediante:
- applicazione di disposizioni che disciplinano casi simili (analogia legis)
- ricorso a principi desumibili dall’ordinamento giuridico (analogia iuris)

[Art. 12 disposizioni preliminari al codice civile]

37
Q

Come si procede all’interpretazione delle norme?

A

Secondo i due commi dell’Art. 12 disposizioni preliminari al codice civile, l’interprete è chiamato in prima battuta a tener conto del significato grammaticale delle parole considerate nella loro connessione sintattica (non isolatamente, e si parla di interpretazione letterale.

Qualora si sia in presenza di problemi interpretativi per insufficienza del dato letterale o equivocità, deve anche considerarsi in seconda battuta l’intenzione del legislatore riferita, non soltanto alla volontà di coloro che hanno formulato il testo, ma anche alla norma inserita nel sistema di disposizioni che disciplinano la stessa materia, e si parla di interpretazione logica o sistematica

38
Q

Quale limite incontra lo strumento interpretativo dell’analogia?

A

Il rispetto del principio di legalità, e in particolare del suo corollario costituito dal principio di tassatività.

39
Q

Differenza tra analogia e interpretazione estensiva

A

L’analogia opera una sorta di “raddoppio” nel colmare una lacuna, estendendo una conseguenza giuridica ad una fattispecie regolata da una norma.

Nell’interpretazione estensiva, invece, il significato della norma viene esteso sino a ricomprendervi una fattispecie esclusa da una interpretazione precedente

40
Q

Quale problema si pone rispetto all’analogia, nel diritto penale?

A

Il problema che gira attorno all’interpretazione della legge è stabilire se, in fase applicativa, possano essere lasciati margini di creatività, rimanendo nei limiti del testo di legge.

Si tratta di superare l’aforisma del “giudice schiavo della legge” senza però scalfire le garanzie di certezza del diritto, e quindi non creare soluzioni diverse caso per caso che possano determinare disparità di trattamento.

Occorre quindi determinare caso per caso se, nell’estensione di interpretazione, questa sia estensiva (ammessa) o analogica (oggetto di divieto in materia penale - art. 25 cost. e art. 14 Preleggi, ma anche artt. 1 e 199 del c.p.)

ART. 14 PRELEGGI (DISP. PREL. C.C.)
Le leggi penali e quelle che fanno eccezione a regole generali o ad altre leggi non si applicano oltre i casi e i tempi in esse considerati

ART. 199 CP
Nessuno può essere sottoposto a misure di sicurezza che non siano espressamente stabilite dalla legge e fuori dei casi dalla legge stessa preveduti

41
Q

Quali limitazioni espresse possono essere individuate rispetto all’argomentum a contrario?

A

Descrizione di condotte alternative di realizzazione di un fatto o di una norma permissiva (c.d. fattispecie ad elenco minuzioso, cosi come tutte le ipotesi di numerus clausus.

In sostanza, la lettera stessa della legge costituisce limite invalicabile che fa da parametro esterno per l’interpretazione.

42
Q

Il divieto di analogia è assoluto o relativo?

A

La questione del divieto di analogia riguarda la discussione se l’analogia nella legge penale debba essere espunta sic et simpliciter (divieto assoluto) o se tale divieto possa essere limitato all’analogia in malam partem (divieto relativo).

43
Q

Cos’è l’analogia in bonam partem?

A

Con tale espressione si fa riferimento alle norme penali di favore, ovvero ogni norma penale che preveda una disciplina più favorevole al reo, rispetto a preesistenti incriminazioni.

Tale categoria si individua in modo ampio, ricomprendendo le disposizioni penali che abrogano un’incriminazione, che rendono meno grave la punizione del reato, che restringono la fattispecie legale, che degradano un delitto in contravvenzione.

In generale, quelle norme che si risolvono in un regime penalistico meno grave per l’imputato.

44
Q

Le esimenti costituiscono la regola o l’eccezione?

A

Nel rapporto tra norme incriminatrici ed esimenti, ossia le disposizioni che prevedono cause di giustificazione o esclusione dell’imputabilità/punibilità, sono da considerarsi eccezioni le prime, mentre le seconde rappresentano il ripristino alla regolarità dei fenomeni che governano i rapporti sociali.

45
Q

Quale limite si pone in capo all’applicazione analogica delle norme di favore o permissive?

A

Il possibile carattere di eccezionalità delle norme di favore o permissive, come nel caso dell’immunità.

Si definisce diritto eccezionale quel complesso di norme che regola il minor numero di ipotesi contemplate in una data materia in modo diverso ed antitetico rispetto al complesso normativo che ne disciplina il maggior numero.

Altro limite dell’analogia in bonam partem è costituito dalla necessità di individuare l’eadem ratio rispetto al diritto scritto di cui si intende ampliare la portata, nonché di rispettare il principio di tassatività.

46
Q

In quali casi l’analogia è consentita rispetto alle scriminanti? E in quali casi è preclusa?

A

Rispetto alle scriminanti, l’analogia è preclusa con riferimento a quelle norme di favore che sono già previste a livello legislativo nella loro massima portata logica, o rispetto alle quali l’applicazione analogica finirebbe per non rispettare il limite dell’eadem ratio di disciplina, dando sostanzialmente vita a nuove scriminanti.

Viceversa, l’appl. anal. è consentita rispetto a quelle norme scriminanti i cui elementi costitutivi pur se ampliati per effetto dell’analogia, non fuoriescano dal confine dell’eadem ratio della disciplina.

Diverso è il rapporto tra analogia e cause che escludono l’imputabilità (capacità di intendere di volere)

47
Q

Rapporto tra analogia e cause che escludono l’imputabilità

A

Il rapporto tra analogia e cause che escludono l’imputabilità è complicato, ove per quest’ultima si intenda ai sensi dell’art. 85 cp, la capacità di intendere e di volere, ovvero il criterio minimo dell’attitudine ad autodeterminarsi e di conseguenza a comprendere il significato della condotta illecita eventualmente commessa.

ART. 85 CP
Nessuno può essere punito per un fatto preveduto dalla legge come reato, se, al momento in cui lo ha commesso, non era imputabile.

Tali cause sono espressamente previste dal codice civile e possono essere determinate da situazioni patologiche, condizioni di immaturità fisiologica o para-fisiologiche, fenomeni di intossicazione da droghe o alcol.

In tal caso, l’analogia in bonam partem (favorevole al reo) può affermare l’inimputabilità di quei soggetti che non sono in grado di intendere i valori della nostra società, pur non corrispondendo alle cause previste dal codice civile (es. uomini-lupo o soggetti vissuti in completo isolamento socio-culturale)

48
Q

Cos’è l’inesigibilità

A

L’inesigibilità corrisponde alla situazione in cui tanto il dolo quanto la colpa sono sempre esclusi allorché l’agente si sia trovato in condizioni tali da non potersi umanamente pretendere dal medesimo una condotta diversa da quella tenuta in concreto e, quindi, da non potersi esigere un comportamento conforme al precetto penale.

Secondo tale impostazione, l’inesigibilità dovrebbe essere annoverata tra le cause di esclusione della colpevolezza, che sono situazioni in presenza delle quali il legislatore esclude la punibilità per mancanza di rimproverabilità dell’agente rispetto ad un fatto oggettivamente illecito.

Essa costituisce una causa di esclusione della colpevolezza “ultra-legale”, in quanto non ne si riscontra una sua “positivizzazione” espressa nell’ordinamento.

ART. 384 CP
Nei casi previsti dagli articoli 361, 362, 363, 364, 365, 366, 369, 371 bis, 371 ter(1), 372, 373, 374 e 378, non è punibile chi ha commesso il fatto per esservi stato costretto dalla necessità di salvare sé medesimo o un prossimo congiunto

Il fondamento teorico della previsione normativa sarebbe l’assunto secondo cui la colpevolezza, normativamente intesa, richiede anche la c.d. esigibilità del comportamento conforme al precetto penale, dovendo la volontà formarsi in “circostanze concomitanti normali” tali da consentire un fisiologico processo motivazionale e decisionale, e in presenza delle quali soltanto l’ordinamento giuridico può esigere che l’agente si comporti conformemente alla norma.

In tali situazioni, il soggetto sarebbe inesigibile di ciò, essendo costretto a porre in essere una condotta contraria al precetto penale.

Ad impossibilia nemo tenetur
“Nessuno è tenuto alle cose impossibili”.

49
Q

Rapporto tra analogia e inesigibilità

A

L’inesigibilità sarebbe causa di esclusione della colpevolezza, mediante analogia juris, essendo la punizione ingiustificata.

50
Q

In che modo rileva la conoscenza o conoscibilità della legge penale?

A

La conoscenza o conoscibilità della legge penale costituisce uno dei presupposti indefettibili di una moderna versione della colpevolezza intesa in senso normativo quale giudizio di rimproverabilità individuale per il fatto commesso.

Si implica cioè che si possa applicare la pena ad un soggetto soltanto nella misura in cui tale individuo abbia perfettamente compreso nei suoi termini essenziali, cioè nella valutazione in una sfera parallela laica socialmente diffusa, l’antisocialità e illiceità del proprio comportamento, offensivo dei valori tutelati dall’ordinamento giuridico.

Tale impostazione trae fondamento dal raccordo tra la finalità della pena, specialmente se orientata in senso rieducativo, e i fondamenti e limiti del giudizio di colpevolezza.

L’iniziale inclusione dell’art. 5 cp (ignorantia legis non excusat), si può spiegare nell’ambito del preponderante riconoscimento del primato della concezione psicologica della colpevolezza che, basandosi su di un giudizio limitato all’esistenza dell’elemento psicologico (dolo, colpa) , sospingeva la conoscenza dell’illeicità agganciandola alla semplice corretta applicazione della legge penale (in forza dell’obbligatorietà all’art. 3 cp

Con l’avvento della Costituzione e dell’art. 27, che sancisce la personalità della responsabilità penale in connessione con gli scopi rieducativi e risocializzanti della pena, non si è potuto più prescindere dall’operare un giudizio di rimproverabilità di un soggetto che in tanto è punibile in quanto abbia percepito e sia stato messo in condizione di conoscere i precetti penali.

Ad oggi, l’ordinamento non richiede una conoscenza effettiva della legge penale, ma una sua mera conoscibilità, ed esige la mera conoscenza dell’antisocialità del fatto, e non una sua conoscenza specificamente tecnica.

51
Q

Quali sono le cause che hanno portato in rilievo la conoscenza o conoscibilità della legge penale?

A

Sempre piu intensi ed estesi risultano gli obblighi solidaristici di informazione ed aggiornamento che l’ordinamento giuridico e il sistema penale richiedono al cittadino per lo svolgimento delle sue attività. Basti pensare al notevole incremento dei c.d. reati di pura creazione legislativa, di ardua decifrazione per i parametri medi dei comuni destinatari dei precetti penali, e che hanno ampiamente integrato il novero dei delitti c.d naturali, il cui contenuto di illiceità è di più facile comprensione.

La conoscibilità/conoscenza della legge penale prende rilievo anche di fronte al fenomeno del multiculturalismo, che è il portato della convivenza nelle società moderne della compresenza di individui provenienti da diverse etnie e culture.

52
Q

Errore sul fatto, errore sul precetto, ignoranza e dubbio

A

L’errore, che è falsa rappresentazione della realtà sia naturalistica che normativa, va distinto dall’ignoranza, che costituisce una totale mancanza di conoscenza di un fatto (senza quindi erroneo convincimento).

Mentre l’errore sul fatto determina un’errata percezione della realtà che esclude il dolo (non può dirsi che voleva uccidere un uomo chi spari verso un bersaglio credendolo erroneamente un animale) ma non la colpa, nel caso di errore sul precetto il soggetto è invece ben consapevole dell’azione che va compiendo, ignorandone soltanto l’illiceità penale: coscienza e volontà dell’azione, e quindi il dolo, non sono esclusi.

Vanno entrambi distinti dal dubbio, che riguarda invece situazione di incertezza tra due possibili opzioni valutative, incompatibili logicamente ancorché ragionevolmente plausibili agli occhi dell’interprete. Quest’ultimo non è una scusante.

La previsione dell’art. 5 cp prendeva in considerazione sia l’ignoranza pura, che l’errore sul precetto.

53
Q

Sent. Cost. 364/1988

A

La sentenza costituzionale 364/1988 ha, con una pronuncia additiva di fatto accolto la tesi della scusabilità relativa, dichiarando incostituzionale la disposizione dell’art. 5 cp nella parte in cui non ammette la scusabilità dell’ignoranza inevitabile e la inescusabilità dell’ignoranza evitabile.

Il nuovo precetto dell’art. 5 cp risulta cosi formulato:
“L’ignoranza della legge penale non scusa tranne che si tratti di ignoranza inevitabile”

Secondo la Corte, l’applicazione dell’art. 5 cp significava sottoporre il soggetto alla sanzione più grave senza alcuna prova della sua consapevole ribellione od indifferenza all’ordinamento tutto, che di fatto equivale a scardinare le garanzie fondamentali che lo stato democratico offre al cittadino.

54
Q

Quando, per la nuova formulazione dell’art. 5 cp, l’ignoranza risulta inevitabile?

A

In premessa, la Corte sottolinea l’esistenza dei c.d. doveri strumentali (diligenza, prudenza, attenzione) per il cittadino, che costantemente lo obbligano ad informarsi in virtù del principio solidaristico, e a mettersi nella condizione di conoscere i precetti penali dettati dall’ordinamento giuridico.

L’inevitabilità dell’errore va anche commisurata con alcuni criteri non puramente soggettivi, che scontano la loro limitatezza con le caratteristiche della personalità del singolo autore, ma oggettivi puri come:
- impossibilità di conoscenza della legge penale per chicchessia
- oggettiva mancanza di riconoscibilità delle disposizioni normative (oscurità)
- gravemente caotico atteggiamento interpretativo degli organi giudiziari

ma anche criteri, per c.d. oggettivi misti, come:
- assicurazione erronea di persone destinate istituzionalmente a giudicare sui fatti da realizzare
- precedenti assoluzioni dell’agente per il medesimo fatto
- generalizzazione dell’errore (qualunque consociato sarebbe caduto in errore, in linea di massima)

55
Q

QUESITO: Può, da solo, il contrasto tra indirizzi giurisprudenziali rilevare ai fini dell’inevitabilità dell’ignoranza della legge penale e, quindi, della scusabilità del privato? E a quali condizioni?

A

«L’incertezza che potrebbe derivare da contrastanti indirizzi giurisprudenziali, nell’interpretazione ed applicazione di una norma, non abilita da sola ad invocare la condizione soggettiva di ignoranza inevitabile della legge penale. Al contrario, il dubbio sulla liceità o meno, così originato, deve indurre il soggetto ad un atteggiamento più attento, fino, cioè (secondo l’esplicito pensiero espresso nella sentenza della Corte 364/1988) all’astensione dall’azione, se, nonostante tutte le informazioni assunte, permanga l’incertezza sulla liceità dell’azione stessa; e ciò perché il dubbio, non essendo equiparabile allo stato di inevitabile ed invincibile ignoranza, non esclude la consapevolezza della illiceità»
[Cass. pen., sez. III, 2 luglio 1994, n. 7550).

Si impone quindi il rispetto di una sorta di principio di precauzione, in quanto il dubbio non equivale ad ignoranza ed invita il destinatario del precetto alla massima cautela nell’intrapresa dell’azione.

56
Q

Rivedi pag. 47-48 da “Cruciale rimane..”

A

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