P5C4 Esecuzione della pena Flashcards

1
Q

Rinvio dell’esecuzione della pena

A

Nel caso in cui le condizioni del condannato ostacolino lo stato di detenzione è previsto l’istituto del rinvio dell’esecuzione.

RINVIO DELL’ESECUZIONE
L’art. 146 c.p. dispone che l’esecuzione della pena debba essere obbligatoriamente rinviata qualora il condannato sia una donna incinta o madre di un infante di età inferiore ad 1 anno, oppure sia affetto da una malattia particolarmente grave (tale da essere totalmente incompatibile con lo stato di detenzione).

REVOCA DEL DIFFERIMENTO
Al contrario, il differimento dell’esecuzione, se già concesso, deve essere revocato qualora la gravidanza si interrompa, venga meno la potestà genitoriale, oppure il figlio muoia, sia abbandonato o venga affidato a terzi.

RINVIO (FACOLTATIVO) DELL’ESECUZIONE
Il rinvio facoltativo dell’esecuzione della pena (art. 147 c.p.) è rimesso alla discrezionalità del giudice che potrebbe ritenere opportuno differirla nel caso in cui sia presentata domanda di grazia, il condannato si trovi in condizioni di grave infermità fisica, oppure se si tratti di madre di prole inferiore a 3 anni.

CHIARIMENTI DELLA CASSAZIONE SUI REQUISITI
Secondo la Cassazione, il differimento facoltativo dell’esecuzione della pena detentiva, pur non richiedendo un’incompatibilità assoluta tra la patologia da cui è affetto il condannato e il suo stato di detenzione carceraria, richiede che l’infermità o la malattia sia tale da comportare un serio pericolo di vita, tale da non poter essere adeguatamente trattata in ambito carcerario o comunque tale che l’espiazione della pena, per le sofferenze aggiuntive, eccessive ed ingiustificate che ne derivano, avvenga in aperto dispregio del diritto alla salute e del senso di umanità. E pertanto anche in presenza di una patologia grave il giudice non è tenuto a concedere il rinvio dell’esecuzione della pena o la misura alternativa della detenzione domiciliare, dovendo verificare se la situazione morbosa sia fronteggiabile in ambiente carcerario senza che ciò contrasti con il senso di umanità e soprattutto che impedisca il normale regime di trattamento.

GRAVE INFERMITA’, MALATTIA GRAVE E INFERMITA’ PSICHICA
L’art. 147 precisa che il rinvio dell’esecuzione può essere disposto in presenza di una «grave infermità fisica», mentre secondo l’art. 146 il rinvio deve essere disposto in presenza di una «malattia particolarmente grave». L’art. 148 invece stabiliva il rinvio anche per l’infermità psichica. Tuttavia, a seguito delle censure della Corte costituzionale, oggi il ricovero in uno degli ambienti previsti dall’art. 148 non rappresenta più una causa di sospensione dell’esecuzione, ma una particolare modalità di esecuzione della pena per gli infermi di mente, il cui periodo deve essere computato nella durata della pena detentiva da espiare.

ALTERNATIVA DELLA DETENZIONE DOMICILIARE
Qualora ricorrano i presupposti per il rinvio dell’esecuzione, infine, l’art. 47 ter, co. 1 ter, ord. pen. stabilisce che il tribunale di sorveglianza possa disporre l’applicazione della misura alternativa della detenzione domiciliare anche qualora la pena superi il limite di quattro anni, stabilendo per essa un termine di durata prorogabile.
Per quanto riguarda le condizioni, in base alle quali il giudice sceglie di applicare la detenzione domiciliare invece di rinviare l’esecuzione della pena, la Cassazione ha affermato che** il margine di scelta del giudice sia subordinato alla valutazione delle prospettive rieducative del condannato, nonché alla sussistenza di un residuo di pericolosità sociale che renda necessaria l’esecuzione della pena, sia pure attraverso la misura alternativa in questione**.

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Q

[1] L’esecuzione della pena: norme dell’ord. pen., rinvio dell’esecuz.

Norme dell’ord. pen sull’esecuzione della pena

A

L’esecuzione della pena viene disciplinata quasi interamente dalla l. n. 354/1975 (Legge sull’ordinamento penitenziario), tale normativa stabilisce in primo luogo, che le funzioni di sorveglianza in materia di esecuzione delle pene detentive spettano al magistrato e al tribunale di sorveglianza.

ART. 1 ORD. PEN.
La rieducazione del condannato è una costante dell’intero ordinamento penitenziario e la centralità di questo obiettivo viene sancita in apertura dallo stesso art. 1 ord. pen.
La norma, riecheggiando l’art. 27 Cost., stabilisce che il trattamento penitenziario deve essere conforme ad umanità e non consistere in trattamenti disumani e degradanti, disponendo altresì che nei confronti del condannato sia attuato un trattamento rieducativo che consenta un graduale reinserimento nella società.

ART. 13 ORD. PEN.
Sempre al fine di consentire un efficace trattamento penitenziario, l’art. 13 stabilisce che questo debba essere individualizzato e rispondere alle esigenze della personalità di ciascun individuo.

ART. 15 ORD. PEN.
L’art. 15 stabilisce che a richiesta degli imputati, essi possono essere chiamati a svolgere attività lavorative o di formazione professionale nonché a partecipare ad attività educative, culturali e ricreative.

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2
Q

[2] Success. di leggi nel tempo e disciplina dell’esecuzione della pena

Successione di leggi nel tempo e disciplina dell’esecuzione della pena: caso della Spazzacorrotti

A

COSA PREVEDEVA LA SPAZZACORROTTI
Al dichiarato fine di rafforzare la lotta contro i fenomeni corruttivi e assicurare la certezza della pena, la l. n. 3/2019 (c.d. “spazzacorrotti”) è intervenuta ad interpolare l’art. 4 bis ord. pen., inserendo la maggior parte dei delitti contro la P.A. tra i reati “ostativi”, per i quali non è possibile accedere alle misure alternative alla detenzione – e, di conseguenza, alla sospensione dell’ordine di esecuzione di cui all’art. 656 c.p.p. – a meno che il condannato non abbia collaborato con la giustiziaTALE DISCIPLINA È SUPERATA

QUESTIONI DI LEGITTIMITA’ COSTITUZIONALE
La riforma ha dato vita ad una serie di dubbi di compatibilità costituzionale, sia in dottrina che nelle varie ordinanze con cui sono state sollevate immediatamente numerose questioni di legittimità costituzionale. I dubbi hanno riguardato essenzialmente:
- la ragionevolezza della scelta di equiparare forme così diverse di criminalità quanto alla possibilità di accedere alle misure alternative
- l’assenza di una disciplina transitoria.

L’orientamento maggioritario nella giurisprudenza di legittimità, infatti, ha sempre ritenuto che le materie dell’esecuzione della pena e delle misure alternative alla detenzione fossero disciplinate dal principio “tempus regit actum”, e che alle stesse non fosse applicabile il divieto di applicazione retroattiva delle modifiche sfavorevoli ai sensi dell’art. 25 Cost.
Il principio “tempus regit actum”, se applicato alla riforma operata con la l. 3/2019, avrebbe dovuto comportare che per tutti i soggetti indagati, imputati o anche già condannati per i “nuovi” reati ostativi avrebbe operato il più severo regime di cui all’art. 4 bis ord. pen., con l’impossibilità di accedere alle misure alternative se non collaborando (e con la conseguente impossibilità di ottenere la sospensione dell’ordine di esecuzione).

Con la cruciale sentenza n. 32/2020 la Corte costituzionale ha accolto le questioni di legittimità costituzionale sollevate e chiarito che il principio di cui all’art. 25 Cost. deve trovare applicazione anche alla riforma dell’art. 4 bis ord. pen. operata dalla L. 3/2019. Secondo la Consulta, il principio del tempus regit actum deve «soffrire un’eccezione allorché la normativa sopravvenuta non comporti mere modifiche delle modalità della pena prevista dalla legge al momento del reato, bensì una trasformazione della natura della pena, e della sua concreta incidenza sulla libertà personale del condannato. […] Ciò si verifica, paradigmaticamente, allorché al momento del fatto fosse prevista una pena suscettibile di essere eseguita “fuori” dal carcere, la quale – per effetto di una modifica normativa sopravvenuta al fatto – divenga una pena che, pur non mutando formalmente il proprio nomen iuris, va eseguita di norma “dentro” il carcere».

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